La belle epoque

Materie:Tesina
Categoria:Storia
Download:2540
Data:27.06.2006
Numero di pagine:10
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
belle-epoque_2.zip (Dimensione: 242.77 Kb)
trucheck.it_la-belle-epoque.doc     301 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

La Belle Epoque
Il periodo di storia Europea compreso tra il 1870 e lo scoppio della prima guerra mondiale è stato definito la belle èpoque. In questo periodo ci furono molte scoperte scientifiche e tecniche soprattutto nel settore siderurgico e chimico. La novità per eccellenza fu l’introduzione della catena di montaggio da parte di Ford e Taylor che migliorò di granlunga la vita dei lavoratori che videro aumentarsi i salari e il tenore di vita. C’era in tutta Europa questo continuo tendere all’espansionismo, sia economico che politico, che fu definito ‘’imperialismo’’.
Lo Stato Liberale
Ponendo particolare attenzione alla struttura e all’organizzazione, possiamo evidenziare alcuni punti fondamentali di questa forma di stato:

Ж è uno stato costituzionale, dunque il potere politico è assoggettato alle norme stabilite da una costituzione che stabilisce diritti e doveri dei cittadini (prima forma di stato di diritto).
Ж si ha una separazione dei poteri, ove il re detiene il potere esecutivo, il parlamento quello legislativo e i giudici quello giudiziario
Ж è fondato su una base sociale ristretta, applicando un suffragio limitato in base al censo
Più che costituzione, è bene parlare di statuto, giacché esso viene concesso direttamente dall’alto sotto la spinta delle pressioni popolari: in questo modo, il re concede la costituzione attraverso un atto unilaterale, che non considera dunque la parte sociale, stabilendo così diritti e doveri che rimangono in ogni caso formali.
La costituzione, in questo modo, viene sfruttata dalla classe borghese al fine di aumentare la propria sfera d’influenza nel sistema economico, ed è per questo che in molti casi la costituzione viene definita elastica, ossia modificabile tramite legge ordinaria (come lo era lo Statuto albertino).
Il parlamento è formato da una camera alta, nominata dal re tra clero e aristocrazia e a carattere ereditario, e una camera bassa, eletta dal popolo a suffragio censitario. Considerando, dunque, che il potere legislativo è in mano alla borghesia, essa non avrebbe mai modificato la costituzione a favore del popolo.
L’ultimo punto da tenere in considerazione è il seguente:
Ж lo Stato liberale è uno stato minimo, o stato guardiano
I suoi compiti sono solo quelli di garantire ordine, giustizia e difesa all’interno del sistema economico, lasciando ai privati la libertà di realizzare il proprio benessere e la propria felicità. In campo economico viene dunque applicata la politica liberista del "laissez faire", che manifesta l’intervento dello stato come negativo, poiché sottrae risorse ai privati che ne avrebbero fatto un uso più redditizio. Il mercato è automaticamente in grado di raggiungere la piena occupazione dei fattori produttivi tramite l’incontro tra domanda e offerta, perciò lo stato deve limitarsi a fornire quei servizi d’interesse generale, realizzando così il pareggio di bilancio annuale. Le imposte vengono definite dai liberisti come “grandine che distrugge il raccolto”.
E’ questa la dottrina che sta alla base della finanza neutrale, ove lo stato deve limitare al massimo l’attività finanziaria, evitando così di turbare l’equilibrio economico raggiunto autonomamente dal mercato.
Lo Stato liberale mostra tutti i suoi punti di debolezza già a partire dall’ultimo quarto dell’Ottocento, a causa della graduale diffusione dei partiti di massa. Gli operai non dispongono di alcun diritto che possa tutelarli, e anzi sono costretti a lavorare a condizioni proibitive pur di riuscire a mangiare. Nasce così l’esigenza da parte del movimento operaio di provocare una rivoluzione, così come fece la stessa borghesia a suo tempo per il riconoscimento dei propri interessi.
Gli stati liberali non sono in grado di affrontare questa situazione, e i loro principi di libertà contrastano con quelli di uguaglianza sostenuti dalla classe sociale. La fine dell’Ottocento rappresenta un momento di transazione, ossia di passaggio dal modello di Stato liberale, ormai completamente inefficiente, alla nascita di un nuovo modello, non omogeneo in tutta Europa, che avrà attuazione nel corso del Novecento:
Ж modello autoritario completamente repressivo nei confronti della classe sociale (Stato fascista)
Ж modello autoritario che accoglie pienamente le idee socialiste (Stato socialista o comunista)
Ж modello fondato su un compromesso tra valori liberali e socialisti (Stato democratico)
La destra al governo:
Dal punto di vista politico dopo la guerra d’indipendenza del 1859 e l’unificazione d’Italia nel 1861il re Vittorio Emanuele II fu eletto re d’Italia. Al Governo si afferma la destra(1861-1876). Schieramento parlamentare di orientamento liberale, base sociale: gruppi borghesi del capitalismo industriale agrario e finanziario del Nord e grande proprietà fondiaria nobiliare del Meridione.
La destra affrontò vari problemi tra cui l’unificazione amministrativa, legislativa e finanziaria del regno e la questione dei rapporti con la Chiesa che mancavano per l’unificazione del veneto e Roma. Dal 1861 nel meridione si presentò il fenomeno del brigantaggio. Comparve la figura del prefetto nominato in ogni provincia dal ministero degli interni e il suo compito era quello di effettuare il controllo politico ed economico delle amministrazioni comunali e provinciali e di tutte le articolazioni locali dello stato. Il governo varò la legge Casati sulla pubblica istruzione che garantiva gratuità della scuola elementare e per risanare il debito pubblico fu introdotta una nuova tassa sul macinato.
Un altro dei difficili compiti che la destra storica fu chiamata ad assolvere fu quello di completare l’unità, cioè di riunire alla madrepatria quei territori abitati da popolazioni italiane che erano rimasti fuori dai confini politici del regno: obbiettivo conquista di Roma e la liberazione del Veneto.
Il Veneto fu conquistato alla fine della guerra combattuta accanto alla Prussia contro l’Austria.
Per la questione romana, mentre la Destra non voleva un piano rivoluzionario, Garibaldi con duemila volontari si mosse dalla Calabria verso Roma, ma Napoleone III comandò che venisse fermato nella battaglia di Aspromonte infatti i volontari vennero fermati, 1862. Ripresa attività diplomatica. Appena alla fine della guerra franco-prussiana, quando i francesi si ritirarono da Roma, l’Italia decise un’azione di forza, 20 settembre 1870, le truppe italiane entrarono nella città dalla breccia di Porta Pia, un successivo plebiscito sanzionò l’annessione all’Italia del Lazio e di Roma, proclamandola capitale nel 1871.
Caduta della destra:
a partire dalla depressione economica del 73 si sviluppò sfiducia nei riguardi della Destra. La Sinistra fece un programma di riforme tributarie e amministrative miranti ad alleggerire il carico fiscale e l’accentramento amministrativo, le valsero una positiva posizione alle elezioni del 74. Caduta della destra nel 76, cadde il governo Minghetti e Deprretis fu incaricato di formare un nuovo gabinetto.
La sinistra al governo:
Nel 1876 si affermò al governo la SINISTRA STORICA, con DePretis. egli adottò la politica del trasformismo che tendeva ad eliminare un’opposizione parlamentare. Queste furono le innovazioni della sua politica:
• Allargamento del suffragio elettorale fino 21 anni
• Approvata legge Coppino: istruzione obbligatoria fino a 9 anni
• Abolizione dell’imposta sul macinato, sostituita però con delle imposte indirette;
• Privilegi fiscali e provvedimenti protezionistici. Quest’ultimi accentuarono il divario tra nord e sud in quanto favoriva il settore industriale presente soprattutto al nord.
• Alleanza con Germania e Austria, rinuncia a Trento e Trieste
Nel 1887 entrò al governo Crispi che adottò una politica così divisa:
• Riorganizzazione dello stato: rafforzamento esecutivo, riforma dell’ordinamento amministrativo, codice sanitario e nuovo codice penale che aboliva la pena di morte e diritto di sciopero.
• repressione delle agitazioni sociali fra cui i fasci siciliani
• allargamento coloniale che però fallì.
Gli anni di Crispi videro anche lo sviluppo del movimento operaio e la diffusione tra le masse del socialismo. Le conseguenze dello sviluppo in senso capitalista dell’industria e dell’agricoltura e il peggioramento delle condizioni di esistenza dei lavoratori dovuto a crisi agricola ed industriale, stimolarono la protesta del proletariato italiano. Nell’agosto 82 venne costituito, durante il congresso di Genova dei gruppi socialisti italiani, il Partito dei lavoratori italiani, che prese il nome nel 1895 il nome di Partito socialista italiano. Scoppiarono gravi moti, in Sicilia tra 91-94 movimento dei Fasci siciliani, mirava a spartizione delle terre dei latifondi. Crispi represse entrambe, sciolse il partito socialista, che potè riprendere la sua attività qualche mese dopo. La causa della caduta di Crispi fu la sua politica estera. Nel 95 riprese l’espansionismo italiano in Eritrea, la sconfitta ad Adua impose allo statista di dimettersi nel marzo 96.
A Crispi succedette di Rudinì, sostenuto da una maggioranza orientata in senso conservatore e reazionario.
E nel 1903 entrò al governo Giolitti, la cui politica si basava sul concetto di neutralità dello stato nei conflitti economici, ma questo portò ancor più ad un favorimento del settore industriale e alla crescita pacifica dei movimenti socialisti e operai
L’obiettivo di Giolitti
• Allargamento delle assicurazioni obbligatorie per gli infortuni sul lavoro
• Riduzione a 12 ore dell’orario di lavoro max per le donne
• Elevazione a 12 anni per l’età minima per il lavoro dei bambini
• Istituzione dell’ufficio del lavoro
• Statizzazione esercito telefonico e delle ferrovie
• Municipalizzazione dei servizi pubblici comunali
• Istituzione del monopolio statale delle assicurazioni sulla vita
Nel campo della letteratura, un nuovo movimento culturale si affaccia nella seconda metà dell’Ottocento, in pieno contrasto con le dottrine positiviste del periodo.
Il nuovo intellettuale prova ora disagio, distacco e ripudio verso quella realtà borghese che ha abbandonato la sua fase rivoluzionaria, caratterizzante il secolo precedente, per far posto ad una fase conservatrice e imperialista. Si ha, al tempo stesso, una sfiducia di quelle verità costantemente pronunciate dalle correnti positiviste, come la cieca fiducia nella scienza e nel progresso.
La scienza porta all’uomo nuove conoscenze, ma esse vengono a contrastare, se non a distruggere, quelle realtà e verità pronunciate in passato, e che ora vengono smentite. Non esiste, dunque, secondo la nuova corrente culturale del Decadentismo, Il DECADENTISMO è un moto di reazione alle certezze positiviste e alla fiducia nella scienza e nella ragione. La realtà era molto più complessa e misteriosa di quanto dicevano i naturalisti. La vera realtà non è quella che si vede ma è quella che si cela dietro alle apparenze. Per conoscerla bisogna quindi interpretarla, bisogna guardare al di la delle apparenze diradando così il mistero che l’avvolge. Questo era possibile grazie all’intuizione; una dote che solo particolari individui avevano. Nell’animo dei decadenti c’era poi vivo un culto esasperato per la bellezza (estetismo, che in Italia fu egregiamente rappresentato da D’Annunzio), questo atteggiamento fu presente non solo nelle opere d’arte ma anche nella vita stessa di queste persone. Gli esteti non si ritrovano in questa società, che ha distrutto quei valori di bellezza tipici dell’aristocrazia. Così, il poeta rifugge a questa situazione concedendosi così ad una vita dedita alla Bellezza (con la b maiuscola). La difesa della Bellezza va fatta contro “gli stallieri della Gran Bestia”, riscontrabile nella classe borghese. La poesia è la suprema attività dell’uomo, e il culto della bellezza giustifica anche violazioni della morale corrente. Avevano anche l’idea di essere delle persone elette, dei superuomini, muniti di doti fuori dal comune e capaci di imporre il proprio dominio sulla realtà e sulla masse (superomismo).D’annunzio scopre la filosofia di Nietzsche e le tesi sul ‘’SUPERUOMO’’ agli inizi degli anni novanta. Nietzsce diceva che all’inizio prevaleva il carattere Dionisiaco, perché era istintivo e esprimeva se stesso senza freni, poi con l’andare del tempo ha prevalso la ragione diventando Apollineo e in questo modo l’uomo ha tradito la sua natura che era quella di essere Dionisiaco. Ci sono però alcuni uomini (il superuomo) che si distinguono dalla massa, quelli che sono rimasti Dionisiaci, secondo lui sono migliori e sono in grado de essere veramente se stessi e è anche più forte e può dominare sugli altri ( che chiama gregge, cioè che non hanno iniziativa, ma seguono la prima), ma da questo gregge si distingue il Superuomo che può fare quello che vuole senza regole morali. Al contrario della gente che ha bisogno della legge per essere protetti e della religione che gli rassicuri, il superuomo ne può fare a meno perché lui ha in se tutto quello che serve. D’Annunzio avrà un ruolo anche nella prima guerra mondiale, si sentiva un superuomo e voleva fare le missioni più pericolose.
Età Giolittiana:

Giolitti voleva adattare le istituzioni a un paese che era in via di ammodernamento economico e sociale. Durante la sua politica ci fu un decollo industriale a cui l’Italia non aveva mai assistito. Questo grazie alla politica protezionistica che aveva agevolato l’economia interna e grazie al credito bancario, che aveva favorito la nascita di molte imprese. Però si assistette a un crollo dell’agricoltura che portò conseguentemente all’emigrazione soprattutto delle regioni meridionali.
La politica giolittiana diede vita ad un fenomeno urbanistico, che diede una forma alle città simile a quella odierna. Ovviamente questo comportò una crescita della popolazione operaia, e quindi del partito socialista. Inoltre l’estensione elettorale ai maschi di 21 anni, aumentò la forza parlamentare dei socialisti e grazie al Patto Gentiloni anche la Chiesa entrò a far parte della vita politica. Tutto come previsto dalla politica interna di Giolitti. Ma la fine del governo Giolitti si inizò a percepire con l’inizio dell’impresa libica alla fine del 1911. L’Italia, che aveva ottenuto la Libia, riportò più effetti negativi, che positivi. Infatti :
• Il bilancio statale subì un duro colpo per le spese militari;
• Il prestigio internazionale fu indebolito a causa delle condotta repressiva tenuta durente la guerra nei confronti dei popoli indigeni;
• La Libia era inoltre un paese povero di materie prime;
• Anche la vita politica fu destabilizzata in quanto fu cacciato dal partito socialista il gruppo riformista che aveva condotto la guerra, e prese “potere” un partito di estrema sinistra rivoluzionario, capeggiato da Benito Mussolini.
Con questa guerra e tutti gli antefatti, andò crescendo una società di massa, basata sulla propaganda, e così l’Italia si divide in due fazioni politiche:
• Sinistra: faceva proprie le richieste di informazione e di cultura avanzate soprattutto dal proletariato del nord;
• Destra: andava contro l’affermazione di una società di massa e contro questa nuova cultura di stampo popolare.
Le cause della prima guerra mondiale
CAUSE INDIRETTE
• Il contrasto austro – russo per l’egemonia nei Balcani.
• Il contrasto franco – tedesco nato nel 1870 per conflitto d’interessi, in qunato la Germania voleva unificarsi alla Francia, divenuta il paese europeo più potente, ma la Francia era ostile, tanto da dichiarargli guerra. Però venne sconfitta dalla Germania (ex – Prussia).
• Il contrasto anglo – tedesco, per i medesimi interessi coloniali e per i trasporti navali.
• L’irredentismo italiano, per i territori di Trieste e Trento che erano ancora sotto l’egemonia austriaca, e l’irredentismo serbo che aspirava a riappropriarsi dei territori della Bosnia e dell’Erzegovina.
CAUSA DIRETTA
• Assassinio dell’imperatore austro – ungarico Francesco Ferdinando da parte di un nazionalista serbo, Gavrilo Princip, il 28 giugno 1914 a Sarajevo.

Esempio