Ginsorg, storia dell'Italia dal dopoguerra ad oggi

Materie:Riassunto
Categoria:Storia
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Testo

Paul Ginsborg – Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi.

Relazione sui paragrafi 4.2, 4.3, 5.1

Contenuti e risultati della Riforma Agraria: uno sguardo d’insieme.
Le leggi di riforma agraria avevano in comune l’espropriazione di una parte dei latifondi e la ridistribuzione ai contadini. Gli enti di riforma divisero la terra espropriata tra circa 120 mila famiglie contadine. A chi veniva espropriato veniva consegnato l’equivalente in buoni del tesoro del valore della terra. Si vennero a creare due tipi di proprietà: Il podere per chi non aveva mai ricevuto terra alcuna, e la quota che era considerata un’aggiunta alla piccola porzione di terra che i contadini possedevano. Gli enti di riforma avrebbero anche dovuto aiutare i nuovi proprietari concedendo loro case e fornendo irrigazione. Fu evidente quasi subito che il carattere delle leggi era inadeguato infatti i latifondisti cercavano di evitare il più possibile gli espropri sfruttando i cavilli deboli delle leggi stesse. Inoltre la terra confiscata non era sufficiente a soddisfare tutti i contadini (in Sicilia su una lista di 67 mila famiglie considerate idonee solo il 26% ricevette qualche appezzamento). Infine, le riforme portarono alle stelle il prezzo della terra e gli enti di riforma non avevano rappresentanti provenienti dai contadini.
Il caso calabrese.
Per seguire l’evoluzione della riforma è opportuno focalizzare l’attenzione sulla regione della Calabria. L’area sottoposta alla legge Sila non comprendeva l’intera regione calabrese ma solo la parte orientale (1/3). La regione della Sila è montana, intensamente boscosa e sfruttabile, ma le zone intorno ad essa, collinare, costituiva uno dei peggiori terreni agricoli della penisola. La terza zona era il Marchesato di Crotone, con un clima mite ma con una costante mancanza d’acqua. Infine, l’ultima zona, la più fertile, era costituita dalle pianure costiere dello Ionio. Della terra espropriata, il 19,7 % apparteneva all’altopiano della Sila, il 39,7% era collinare, il 30% nel marchesato di Crotone e solo il 10,6 % nelle fertili pianure costiere. I poderi all’interno non davano alcuna possibilità di autosufficienza. Erano stati creati piuttosto come “tamponi” contro ogni malcontento. In un primo momento, l’ente di riforma assicurava materie prime e servizi per i contadini. Ma la riforma non prese la direzione che i contadini speravano negli anni ‘49-’50. Infatti un numero ristretto di nuovi proprietari venne incoraggiato a raggiungere le fila delle imprese capitalistiche. Gli altri vennero finanziati fino alla fine degli anni ’60, poi abbandonate a sé stesse.
Le altre aree di riforma.
Non è possibile ricondurre alla Calabria il quadro fornito dal resto del paese. Infatti alcune aree ebbero esiti migliori,come la Maremma, in cui gli enti scelsero di creare meno poderi ma più validi, e col passare degli anni le zone collinari finirono in modo analogo a quello calabrese, le zone costiere invece prosperarono; altre decisamente peggiori, come la Sicilia, nella quale la corruzione dilagò all’interno degli enti di riforma (anche se di riforma non si può parlare), portando ad una situazione molto arretrata in cui la consegna di nuove terre ridivise andava a rilento e le modifiche per l’irrigazione che erano state promesse quasi non vennero attuate (150 laghetti artificiali su 5000 promessi).
Conclusioni
La riforma agraria aveva suscitato un grande entusiasmo sia da parte dei responsabili che da parte degli osservatori. Essa fu il primo tentativo dello Stato unitario di modificare i rapporti di proprietà in favore dei contadini poveri. Manlio Rossi Doria, aperto sostenitore della riforma, in una intervista della BBC del 1957 dichiarò che lo Stato Italiano aveva trovato il coraggio di “attaccare la grande proprietà fondiaria assenteistica, attorno alla quale si erano sempre barricati l’immobilismo ed il conservatorismo meridionali”. Sottolineò anche che i problemi nelle zone collinari e montane del mezzogiorno erano ingenti e che in molti casi non esisteva soluzione. Lo stesso Rossi Doria ricordò anche quanto fosse stata male organizzata la riforma soprattutto nel sud. In effetti dal punto di vista delle aspirazioni dei contadini la riforma si rivelò una grande delusione. Inoltre le leggi del ’50 toccarono un solo aspetto della riforma: quello della ridistribuzione della terra, mentre i problemi dei patti agrari, di migliori salari e condizioni di lavoro per i braccianti non vennero né trattati né risolti.

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