Fascismo e nazismo

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IL FASCISMO
Negli anni 20, Benito Mussolini diede inizio in Italia ad un sistema politico nuovo: il fascismo. In questo periodo l’Italia stava attraversando la crisi del dopoguerra. C’era una crisi economica a causa dei costi della guerra, una crisi sociale caratterizzata dalla disoccupazione che accrebbe le tensioni sociali, una crisi morale per la perdita dei valori che c’erano invece prima della guerra e una crisi politica in quanto la classe liberale si dimostrava inadeguata ad affrontare i problemi del paese e la borghesia comincia ad illudersi che uno stato “forte” possa essere la soluzione dei problemi. Durante la guerra l’Italia si era enormemente indebitata per importare le materie prime ed i prodotti di cui aveva bidogno, poi c’era no problemi legati alla riconversione industriale, il costo della vita aumentava senza essere assecondato dagli stipendi, la disoccupazione era moltissima e tutto ciò rendeva il clima politico e sociale molto teso. Su tutta questa amarezza speculavano i nazionalisti. D’Annunzio nel 1919 occupò con un gruppo di volontari la città di Fiume e la “reggenza del Carnaso” durò ben 15 mesi dopodiché Giolitti, tornato al governo, li cacciò con la forza. Un profondo disagio invadeva tutte le classi sociali, la piccola e la media borghesia era oppressa da tasse sempre più alte ed aspiravano ad un radicale mutamento, infatti ci furono molti scioperi.
Nel 1919 i cattolici entrarono in politica con don Luigi Sturzo che diede vita al Partito popolare italiano. In questo modo le masse incominciarono ad interessarsi ai problemi del paese e a contribuire per risolverli. Papa Benedetto 15° revocò il non expedit. In seguito Benito Mussolini fonfa i Fasci di combattimento, un movimento d’ispirazione nazionalistica e antisocialista. La media borghesia, investita anche lei dalla crisi economica, stava perdendo il proprio ruolo sociale ed era preoccupata dall’avanzata del proletariato. Nello stesso momento, i proprietari terrieri non vedevano nei deboli regimi parlamentari uno strumento per “difendersi”. In questa situazione assunsero un ruolo importante i movimenti di estrema destra, nazionalisti. Mussolini, per accaparrarsi più voti dal popolo impose alte tasse sui capitali, sul diritto di successione, l’ingresso degli operai nelle fabbriche e la confisca dei beni agli ecclesiastici e per avere più voti da parte delle forze conservatrici fece fare agli squadroni fascisti delle spedizioni punitive contro i socialisti, i sindacalisti e le loro organizzazioni.
In questo periodo si alternarono al governo molti liberali come Giolitti e Francesco Saverio Nitti. La loro azione politica, però, finì con il rispecchiare la debolezza della classe dirigente liberale. Inoltre la grandi masse che erano state protagoniste volevano essere ricompensate e rappresentate così le elezioni del 1919 furono le prime con il sistema proporzionale e aggravarono la situazione dei liberali.
Sul finire del 1920 le squadre fasciste intensificarono gli attacchi contro i comunisti, anche perché le camicie nere avevano l’appoggio finanziario dei grandi proprietari terrieri, degli industriali e di vari organi dello stato. Giolitti cercò di neutralizzarli inserendoli in una lista unitaria chiamata “blocco nazionale” che presentò alle elezioni ma fu un grave errore perché consentì ai fascisti l’entrata in politica. In seguito Mussolini fondò il Partito Nazionale Fascista ed il congresso fascista di Napoli decise di fare una marcia su Roma di tutte le camicie nere. Il governo decretò lo stato d’assedio , anche se l’esercito avrebbe potuto sbaragliare tutti i fascisti, Vittorio Emanuele III rifiutò di farlo e incaricò Mussolini di formare il governo. Egli cercò subito di rassicurare l’opinione pubblica inserendo solamente 5 fascisti nel suo ministero ma contemporaneamente istituì il Gran consiglio del fascismo e inserì le squadre fasciste nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Col passare del tempo il governo fascista diventò sempre più violento fino a sfociare nell’assassinio di Matteotti che sollevò un’ondata di indignazione. L’unica colpa di Giacomo Matteotti era stata quella di denunciare gli imbrogli e la violenza dei fascisti, e pagò con la morte il suo coraggio. In questa situazione d’incertezza Mussolini passò all’offensiva e proclamò la soppressione di ogni libertà. Allargò i suoi poteri; i giornali divennero portavoce del regime, i partiti antifascisti furono disciolti ed i sindacati soppressi.

IL NAZISMO
L’umiliazione subita dalla Germania con la sconfitta nella guerra mondiale preparò l’affermazione del nazismo.
La repubblica di Weimar nacque in un clima rivoluzionario, succeduto alla disfatta militare ed era politicamente debole.
Il 24 febbraio 1920 fu fondato il Partito nazionalsocialista. All’inizio gli iscritti furono poche migliaia e tra loro c’era un caporale sopravvissuto alla guerra: Adolf Hitler. Egli si iscrisse a Monaco al partito nazista e la sua tenacia, il suo razzismo, l’oratoria violenta e isterica gli consentirono di entrarci. Hitler tentò subito un colpo di stato a Monaco, ma fallì. Nell’anno che trascorse in prigione scrisse un libro, “Mein Kampf”, dove espose le sue idee politiche. Quelle pagine già annunciavano quale sarebbe stata la sua strategia se fosse andato al potere. Egli sosteneva che i nazisti e la nazione tedesca erano destinati a governare il mondo a motivo della loro razza ariana. Respingeva i valori cristiani e democratici e mirava ad uno stato forte.
Pochi presero sul serio quel libro ma, quando giunse il momento, se ne resero conto.

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