Europa tra 1600 e 1700

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Testo

ISTITUTO SCIENTIFICO SUPERIORE “RAFFAELE LOMBARDI SATRIANI”
PETILIA POLICASTRO
RELAZIONE DI STORIA
EUROPA TRA ‘600 E INIZIO ‘700
ASPETTI ECONOMICI, COMMERCIALI, POLITICI E CULTURALI
Di
Gigliotti Rosalinda
Lucà Marina
Nicolazzi Monica

Classe 4 A
ANNO SCOLASTICO 2006-2007
INDICE
1. Introduzione
2. Situazione Europea nel Seicento
3. Condizione delle varie nazioni
Italia
Inghilterra
Francia
Polonia e Prussia
Spagna
Russia
Impero Ottomano
4. L’Europa agli inizi del Settecento
5. Conclusioni

1. INTRODUZIONE
I vari problemi che verranno esposti nella seguente relazione riguardano il periodo storico che comprende tutto il secolo del seicento e l’inizio del settecento.
Si cercherà di esporre nella maniera più chiara possibile gli avvenimenti che hanno caratterizzato quest’epoca, seguendo una divisione che si adatterà agli argomenti trattati, partendo innanzitutto dalla visione generale dell’Europa, per poi passare all’analisi dei singoli Paesi e degli avvenimenti che li caratterizzarono.
2. SITUAZIONE EUROPEA
Il XVI secolo, cronologicamente chiuso dalla morte di due grandi sovrani, Filippo II (1598) e Elisabetta d’Inghilterra (1603), era stato un periodo di espansione economica e di incremento demografico. Nei primi decenni del XVII secolo ebbe invece inizio un complicato processo di crisi che, per certi aspetti, colpì indistintamente tutti i paesi europei e, per altri, penalizzò particolarmente l’area mediterranea, in primo luogo Spagna e Italia. Essa fu non solo una battuta d’arresto nel processo di crescite avviatosi nel secolo precedente, ma una fase di profonde ed ineguali trasformazioni che ridisegnarono in modo quasi definitivo il volto dell’Europa moderna, determinando quello squilibrio tra Nord e Sud del continente che ancora oggi fa sentire il suo peso. Nel corso dei Seicento si formarono le prime colonie inglesi d'America: il popolamento delle nuove terre, dove trovarono rifugio anche le minoranze religiose, consentì lo sviluppo di una solida economia. La prima colonia inglese fu fondata nel 1620 nel Massachusetts da un gruppo di puritani scozzesi (i "padri pellegrini").Nella prima metà del Seicento in Europa si affermò nel Baltico la potenza della Svezia. Sotto la monarchia di Gustavo Adolfo (1611-1632) furono gettate le basi dello sviluppo economico del paese e si formò il primo esercito nazionale del tempo. Altri Stati emergenti furono la Prussia (sotto la guida dei sovrani Federico I e Federico Guglielmo I) e la Russia, che sotto Pietro il Grande (1689-1 725) avviò un grande processo di modernizzazione. La Polonia, invece, perse l'indipendenza e fu divisa fra Prussia, Russia e Austria. L'Olanda si impadronì delle colonie portoghesi in Oriente e vi pose delle basi commerciali. L'Atto di navigazione inglese del 1651 vietò i traffici con le colonie inglesi alle navi di altri paesi. Questo provvedimento colpì duramente la marina olandese. La guerra fra i due Stati che seguì si concluse con la vittoria dell'Inghilterra.
Come possiamo notare emersero in questi anni le capacità capitalistiche delle diverse potenze Europee. Ogni grandezza viene esercitata attraverso un sistema di azione e di vigilanza, ossia attraverso un sistema economico cui viene ad aggiungersi un sistema politico. Per essere efficace è necessario che questi sistemi si stringano insieme, si coordino, e che mezzi di produzione, organismi di decisione, intermediari, istituzioni, scopi privilegiati da perseguire formino un tutto coerente. Che esista, insomma, già in quel periodo, un sistema capitalistico efficace. Certamente le parole capitalista e capitalismo sono anacronistiche rispetto a quell’epoca, ma servono ad inquadrare bene l’argomento.
L’illustrazione qui di seguito ritrae la spartizione Europea tra XVI e XVII secolo.
3. CONDIZIONI DELLE VARIE NAZIONI
Ora vedremo in che condizioni politiche ed economiche versavano i vari Paesi agli inizi del Seicento.
ITALIA
Tra il 1628 e il 1631 in Italia fecero la loro apparizione la guerra, il disordine politico e le carestie.
La guerra si sviluppò a seguito dei contrasti intervenuti per la successione nei ducati di Mantova e del Monferrato. Eserciti di varie nazionalità in lotta marciarono in lungo e in largo in tutto il Nord Italia. Francesi, Spagnoli, Tedeschi e gli Italiani stessi diedero prova della loro crudeltà e delle loro capacità distruttive, combatterono gli uni contro gli altri, coinvolsero le popolazioni civili e desolarono intere regioni e province.
Tutto ciò solo per ampliare i domini territoriali e aumentare la gloria dei monarchi dell’epoca assetati di potere e di ricchezza. La carestia fu dovuta alla siccità nonché alle terribili conseguenze della guerra. Nella loro ricerca di mezzi di sostentamento infatti i numerosi eserciti in lotta razziarono quanto più poterono causando il parziale abbandono delle campagne da parte delle popolazioni indifese ed il progressivo impoverimento del territorio soggetto alle loro esigenze di saccheggio.
La morte colpì in unione con le carestie, con la guerra, con i tumulti popolari e per il tramite del tremendo morbo della peste, portata secondo le cronache dalle masse mercenarie tedesche in avanzata lungo i territori del Nord Italia. Ne furono colpiti in particolare il Piemonte, la Lombardia, il Veneto nonché altre zone d’Italia. La numerosità dei colpiti dal morbo ebbe come conseguenza la ricerca quasi ossessiva di chi ne fosse responsabile. Manzoni nei suoi romanzi narrò a questo proposito alcune vicende rendendole famose in tutto il mondo, ma non è questa la sede adatta in cui discuterne.
Inoltre l’Italia della prima metà del seicento risultò costituita da molti piccolo Stati sotto l’influenza di potenze straniere, tra cui Francia, Spagna e Impero Asburgico. A conclusione delle campagne medioevali fino all’inizio del 1600 nel Sud Italia e nel Ducato di Milano si stabilizzò la dominazione degli Asburgo di Spagna; nel centro restarono in vita il Marchesato del Monferrato e il Ducato di Mantova, malgrado la distanza territoriale, riuniti sotto i Gonzaga; il Ducato di Parma e Piacenza; il Ducato di Ferrara, Modena, e Reggio sotto gli Estensi; la Toscana e lo Stato Pontificio. La repubblica di Venezia conservò intatta la sua dimensione territoriale a nord-est della pianura Padana e nell’Adriatico; a nord-ovest prese consistenza il Ducato di Savoia, collocato a ridosso delle Alpi. In Liguria la repubblica di Genova ormai in declino.
Il Seicento è definito, per quanto concerne l’Italia, come “secolo di ferro”, dal momento che rappresentò un’epoca di grande decadimento con conseguente calo demografico. Si ha infatti la perdita del primato sulle manifatture tessili che passa all’Olanda e all’Inghilterra, e lo sviluppo commerciale che passa ai porti atlantici a discapito di quelli mediterranei.
In Piemonte si diffuse, grazie a Emanuele II, ispirato dalla nuova politica di Colbert, il mercantilismo, che nasce dalla consapevolezza dell’importanza raggiunta dal commercio internazionale nel determinare la ricchezza delle Nazioni.
Questa nuova dottrina economica, fondata sul principio che la ricchezza di un Paese si identifica con la quantità di moneta posseduta, è sostenitrice di una politica protezionistica da parte dello Stato nei confronti delle esportazioni, al fine di rendere sempre più attiva la bilancia commerciale del Paese, che tuttavia si risolse in un insuccesso.
In seguito nacque una nuova classe sociale, appartenente al ceto medio-imprenditoriale, che diede vita al capitalismo feudale, che rappresenta un’attività finanziaria esercitata da un ceto feudale arricchitosi con la produzione agricola.
Nella cartina sono evidenziate le divisioni dei vari stati Italiani.
INGHILTERRA
Nei primi quarant’anni del 1600 si era accentuato in Inghilterra lo scontro tra la monarchia e il parlamento. La Camera dei Comuni, che rappresentava la borghesia degli affari, e cioè la piccola nobiltà terriera e i piccoli contadini proprietari erano decisi ad abbattere i vincoli feudali e ad affermare i principi religiosi del Puritanesimo, contro l’Assolutismo del re e della Chiesa Anglicana. Inizialmente Carlo I dovette riconoscere i diritti del Parlamento, attraverso la petizione dei diritti. Dopo che il re avesse sciolto e ricomposto il Parlamento, le forze parlamentari misero sotto accusa i più stretti collaboratori del re, quali il vescovo di Canterbury, guidato dall’esercito regio, detto dei Cavalieri. A questo si contrapponeva quello parlamentare, composto dai ceti subalterni e puritani.
Dopo una serie di insuccessi le truppe parlamentari passarono sotto il controllo di Cromwell, formando un esercito di nuovo tipo, detto “Teste Rotonde”. Queste, al contrario delle truppe mercenarie del re, si basavano su adesioni volontarie ed erano sostenute da profonde motivazioni politico-religiose, tali da consentire alle persone più capaci di giungere alle cariche più alte. La questione andò degenerando dal momento che queste persone sopraffecero le forze del re catturandolo e procedendo allo smantellamento delle istituzioni feudali su cui si fondava il potere monarchico.
Nel 1653 Cromwell sciolse il Parlamento, ma a seguito della sua morte nel 1660 l’esercito richiamò il Parlamento. In seguito, fino al 1670, i poteri del re e del parlamento rimasero in equilibrio fino a quando cominciarono a emergere dei contrasti, in quanto Carlo II appariva troppo sottoposto al re Luigi XIV, così il Parlamento cercò di bloccare questa dipendenza dalla Francia, costringendo il re a firmare la pace con le Province Unite.
In seguito salì al trono il fratello Giacomo, convertitosi al cattolicesimo, che venne ostacolato perché l’assolutismo e il cattolicesimo non ritornassero nel Paese, stabilendo, attraverso il Test Act l’esclusione dalle cariche pubbliche dei non anglicani.
Nacquero nuove tensioni fra i tories e i wight, i primi sostenitori del re, e gli altri espressione dei ceti mercantili favorevoli alla tolleranza religiosa-progressista. Comune a entrambi era la simpatia del re per il cattolicesimo quindi offrirono la corona a Guglielmo III D’Orange, protestante, che diventò re d’Inghilterra, difensore della libertà religiosa e garante del Parlamento. Fu una gloriosa rivoluzione in quanto si compì senza spargimento di sangue. In seguito ci fu la dichiarazione dei diritti che davano al parlamento di decidere sulle proposte del re e negargli una forza armata (governo parlamentare).
Ecco una cartina che riporta il vasto impero coloniale britannico.
3.3 FRANCIA
In Francia vigeva ancora la struttura feudale. Le classi sociali erano: Aristocrazia, Clero e terzo stato.
Ma Luigi XIV sviluppò l’assolutismo monarchico.
Anche in Francia all’inizi del 1600 la monarchia aveva subito ripetuti attacchi da parte della nobiltà di sangue contraria sia al centralismo dei sovrani sia al potere assunto dalla borghesia di corte.
Alla morte del cardinale Mazarino (suo tutore) Luigi XIV procedette ad una radicale ristrutturazione del potere esecutivo attraverso uno stato-macchina completamente asservito alla sua volontà. Non vi era più un solo ministro ma tre nei settori chiave dello Stato: le finanze, la guerra e gli affari esteri affiancati da consiglieri. Si trattava di una Burocrazia in cui alcuni borghesi, emissari del potere centrale, dovevano controllare che venissero applicate le disposizioni del re. L’assolutismo riuscì in ciò che non riusciva al sistema feudale, con una tempestiva informazione nello stato sociale e economico del paese, sicché la burocrazia si moltiplicò a dismisura favorendo l’ascesa al potere della ricca e titolata borghesia. Colbert fu il principale collaboratore del re come ministro delle finanze e varò la teoria del Mercantilismo, vale a dire massimizzare le esportazioni e comprimere le importazioni. Ciò stimolò lo sviluppo coloniale, determinò la costruzione di strade e canali per facilitare i trasporti oltre al fatto dell’inasprimento delle relazioni fra gli altri stati per l’eccessiva aggressività francese. Per frenare il potere dell’aristocrazia, la monarchia aveva operato in due direzioni: in primo luogo affidando la macchina dello stato alla classe borghese e in secondo, trasformando la nobiltà in una corte fastosa, ma priva di potere governativo. L’apparato burocratico, con il moltiplicarsi di incarichi, favorì le rendite e finì per diventare sempre più lento e ingiusto. Per evitare gli abusi di potere e i ritardi, si moltiplicarono i controlli: i loro incarichi erano a tempo determinato, godevano di pieni poteri, ma spesso le incombenze erano eccessive ed essi si servivano di altri funzionari a cui delegavano incarichi, diventando sempre più potenti e odiati. Nel secondo caso, per far sì che la nobiltà cedesse all’obbedienza e all’impotenza, il re fece costruire la reggia di Versailles dove vennero organizzate continuamente delle feste, obbligando l’aristocrazia ad alienare parte delle sue proprietà per partecipare alla vita di corte. Il sovrano ottenne l’epiteto di Re Sole, a indicare, oltre al fasto e al potere del sovrano, l’idea che sul suo regno non tramontasse mai il sole, immagine questa molto esemplare per ricordare i suoi possedimenti sia Europei che d’oltremare.
La pace religiosa, conseguibile attraverso il cattolicesimo, era uno degli obbiettivi fondamentali della politica interna di Luigi XIV, in quanto significava per lui creare una nazione confessionalmente unita, guidata da un clero più ossequiente al re piuttosto che a Roma, sede del potere Pontificio. Il re aveva la possibilità di eleggere i vescovi assoggettati alla corte di Versailles, atteggiamento questo che viene indicato come linea gallicana che aprì un dissidio con la chiesa romana.
Fu anche molto dura l’opposizione del re al giansenismo, una corrente religiosa che fondeva il cattolicesimo al calvinismo, denunciando le ingerenze del potere politico negli affari religiosi.
Drastico fu il suo intervento contro gli ugonotti, che erano ormai diventati una comunità autonoma rappresentanti un ostacolo per l’assolutismo monarchico. Parte dei protestanti appartenenti alla borghesia più attiva abbandonarono la Francia per dirigersi verso l’Inghilterra, l’Olanda e la Germania, andando ad arricchire con i loro capitali e le loro competenze questi stati. Coloro che rimasero dovettero accettare il culto cattolico ridotto a pura disciplina esteriore.
Dopo un tentativo non riuscito di conquistare i paesi bassi, Luigi XIV decise di attaccare l’Olanda che però si difese molto bene sotto la guida di Guglielmo III d’Orange e quindi dovette accontentarsi delle Fiandre, a spese della Spagna. Dopo che il re Sole annesse al suo stato anche due regioni della Germania, nacque una coalizione antifrancese per contrastare la sua aggressività, comprendente Austria, Olanda, Svezia, Spagna e Inghilterra. La lunga guerra seguente stremò la Francia che dovette restituire parte dei territori conquistati. Alla morte di Carlo II, re di Spagna. Nacque una nuova guerra tra Francia e Germania per il possedimento del trono Spagnolo, con conseguente lega antifrancese (1702): Inghilterra, Austria, Portogallo e Germania. Dopo poche vittorie, ottenute soprattutto per via terrestre, la Francia era sul punto di cedere, quando morì l’imperatore di Germania e per paura che il figlio del suo successore, Carlo VI, candidato anche alla corona di Spagna, divenisse troppo potente, si concluse la pace tra Francia, Olanda e Austria con il trattato di Utrecht. La Francia perse però il monopolio sul commercio degli schiavi passato all’Inghilterra che sembrò essere la versa vincitrice del conflitto ottenendo anche la supremazia sui mari. Filippo V di Brbone mantenne la corona di Spagna, anche se dovette cedere i domini italiani e fiamminghi all’Austria e all’Inghilterra, tra cui Gibilterra, che rappresentava il punto strategico principale per gli scambi commerciali.
3.4. POLONIA E PRUSSIA
All’inizio del 1600 nel panorama politico dell’Europa Orientale sorsero numerosi stati quali l’impero ottomano, la Russia e la Polonia, tra loro in precario equilibrio, perché divisi da profonde differenze e sottoposti a forti tensioni interne. La loro lontananza dal centro Europa faceva persistere in essi il sistema feudale, e la Russia addirittura era ancora più arretrata. In Polonia il predominio della nobiltà anche sulle elezioni e decisioni del re, rendeva lo stato debole nonostante si dovesse difendere dagli stati confinanti. I privilegi dell’aristocrazia fondiaria impedivano lo sviluppo della borghesia e c’era lo sfruttamento dei contadini. Nonostante che il re (Giovanni Sobiensky) si riunì in un ennesima lega antiturca con la Germania, riuscendo a contenere il loro avanzamento, i vantaggia andarono solamente a quest’ultima. Durante la guerra del nord, dovette cedere alla Svezia alcune regioni del nord. Al declino della Polonia corrispose l’ascesa del Brandeburgo grazie anche all’arrivo degli ugonotti che fuggirono dalla Francia, riprendendo un efficiente organizzazione economico-militare. Quando Federico I elevò a capitale Berlino, il nuovo stato Prussiano diventò la maggior potenza della Germania centro-settentrionale e il maggior antagonista della Svezia sul Baltico.
3.5 SPAGNA
Gli Spagnoli furono i primi a consolidare il proprio impero coloniale basandosi su un’amministrazione molto efficiente e controllata dalla madrepatria con il Consiglio delle Indie e con un'unica corporazione mercantile che faceva capo in Spagna, la Casa della Contratacion.
I territori controllati erano sedi di un'intensa immigrazione, dato l'ampio sfruttamento delle risorse minerarie. Le zone interessate rientravano nell'odierna America centrale, con il Messico e i Caraibi, il sud degli attuali Stati Uniti, con Florida, California e America Latina, con Cile, Plata e Paraguay.
Il modello dell'organizzazione del Brasile portoghese fu quello spagnolo. Nel 1604 fu costituito il Conselho de India e la medesima suddivisione in vicereami. Durante il '600 e anche nel secolo successivo, il Brasile dimostrò un notevole dinamismo che si tradusse in un'espansione territoriale riguardante le Ande: la zona occupata si estendeva per oltre 8,5 milioni di kmq.
Un'esperienza unica della colonizzazione americana fu quella realizzata dai Gesuiti nel Paraguay dove, nel '600, costituirono comunità di indiani, le riduzioni, organizzate su principi di eguaglianza sociale al fine di dar corpo ad un repubblica cristiana. Il tentativo terminò a metà del '700 quando le comunità furono chiuse dal Portogallo.
3.6 RUSSIA
Gli zar tentarono di rafforzare un potere fondamentalmente religioso. Lo zar Michele Romanov realizzò un’organizzazione centralistica, traendo il personale necessario dalle file dell’aristocrazia fondiaria e accrescendo il controllo sui contadini. Essi cercarono di sottrarsi all’oppressione dei nobili con continue rivolte, e fuggendo verso le steppe della Siberia. Le cause dell’arretratezza russa erano l’assenza di un’organizzazione urbana, in quanto le popolazioni vivevano ancora in poveri villaggi, e un commercio esiguo e a breve raggio, non comparabile a quello europeo. Si ebbe, però una svolta con l’ascesa al potere dello zar Pietro Romanov che avviò un processo per superare l’isolamento russo. Egli si diresse in Occidente per approfondire le conoscenze su come progredire e al suo ritorno fu avviato un processo di occidentalizzazione, dalla chiesa ortodossa all’esercito con opposizione da parte del clero e dalla nobiltà. L’amministrazione fu resa più efficiente sostituendo i governatori locali con funzionari statali, la chiesa ortodossa fu asservita alla corona come quella anglicana, l’esercito e la flotta furono rese più moderne. Favorì il commercio sul mar baltico verso l’occidente facendo nascere la città di Pietroburgo. La rigidità politica economica protezionistica favorì lo sviluppo nei settori fondamentali e fu incentivata la produzione agricola. Privata del potere politico, la nobiltà dovette mettersi a studiare un metodo per entrare nell’amministrazione e nell’esercito e anche la burocrazia fu sottoposta a un controllo centrale e suddivisa in tre settori. Mentre lo svecchiamento dell’impero fu enorme, le condizioni dell’immenso mondo contadino erano destinate a peggiorare a causa del rafforzamento dei poteri riconosciuti su di esso all’aristocrazia fondiaria.
3.7 IMPERO OTTOMANO
L’ampiezza territoriale di questo antico impero ne impediva una coesione etnica e politica. L’autorità del sultano era ulteriormente indebolita dalle spinte autonomistiche e una burocrazia inefficiente.
Con l’emarginazione del Mediterraneo l’economia dell’impero ne risentì, e l’agricoltura era ancora arretrata. Elemento di forza era invece l’esercito come la fanteria dei giannizzeri e l’artiglieria. Contando su tale forza e volendo spostare i conflitti interni che lo laceravano, l’impero ottomano si spinse contro gli Asburgo. La conquista di Vienna fu l’inizio di una generale ripresa dell’iniziativa cristiana contro i turchi che portò alla formazione di una lega santa a cui parteciparono Polonia, Asburgo, Russia e il Papato. Dalla vittoria sui turchi trasse vantaggio l’Austria che conquistò l’Ungheria e si spinse verso la penisola balcanica. Costretti a retrocedere dall’Europa i Turchi tentarono di rifarsi in Asia minore, ma furono battuti da una nuova dinastia persiana. L’immobilismo e l’arretratezza di questo impero lo portarono al suo sfaldamento così come accadde a quello spagnolo.
L’Impero ottomano comprendeva varie zone del Mediterraneo, come si nota dall’immagine.
4. L’EUROPA AGLI INIZI DEL SETTECENTO
Nella maggior parte dell’Europa vigeva ancora un forte arretramento causato dalla persistenza del feudalesimo. La nobiltà e il clero, pur rappresentando solo una piccola parte della popolazione, nonostante il tentativo delle monarchie assolute di sottoporle al loro controllo, conservavano un’indiscussa egemonia e godevano di enormi privilegi. La base del sistema economico era l’agricoltura dove lavorava l’80% della popolazione, composta da piccoli proprietari e servi della gleba che dovevano sostenere anche il pagamento di tributi, le decime, verso la nobiltà e il clero. Il restante 17% della popolazione era costituito dalla borghesia, artigiani, mercanti, imprenditori, le cui attività erano destinate ad una rapida espansione. La borghesia prese esempio da Olanda e Inghilterra e si fece valere contro gli ordinamenti tradizionali, quindi iniziò ad acquisire importanti riconoscimenti, potendo contare sull’appoggio dei sovrani che desideravano una politica di sviluppo economico. Quindi questo ceto sociale iniziò il secolo con un forte rilancio come nei secoli successivi al mille. Cessò anche il verificarsi di calamità naturali e ci fu un aumento demografico. Le campagne, grazie al miglioramento delle condizioni climatiche, producevano di più. Inoltre con lo sviluppo del colonialismo il commercio si era ingrandito a livello mondiale e i paesi più progrediti iniziarono a impiegare le risorse economiche anche nell’industria. Sul piano culturale si affermò l’illuminismo, un ampio movimento di pensiero mosso dagli intellettuali borghesi che si impegnarono di illuminare le menti degli incolti per liberarli dai pregiudizi ed esaltavano il progresso dell’economia.
Spagna e Portogallo avevano colonie in Africa, Asia e Americhe. In questi territori la monarchia spagnola aveva trasferito un sistema politico simile al feudalesimo della madrepatria. Il Portogallo aveva creato una serie di insediamenti lungo le coste per facilitare il commercio Europa-Africa-America degli schiavi negri. Il declino di questi due stati iniziò dopo il 1650 quando dovettero lasciare spazio a Olanda, Inghilterra e Francia, militarmente più potenti. Il punto di forza di questo nuovo colonialismo era rappresentato dalle grandi compagni, come la Compagnia Inglese delle Indie Orientali (EIC), la Compagnia Olandese (VOC) e la Compagnia Francese, che concentravano grandi risorse finanziarie e proponevano flotte armate poderose.
Mediante un complesso sistema di interscambi, detto commercio triangolare, le colonie vennero integrate nell’economia metropolitana, quali fornitrici a basso costo di beni di consumo o materie prime da trasformare in prodotti finiti e poi da riesportare. Con tali operazioni la borghesia commerciale si arricchì notevolmente. Si stava così formando il moderno sistema capitalistico.
Verso la metà del 1700 le imprese mercantili e finanziarie, per consolidare le loro fortune, compresero che la circolazione delle merci non avrebbe dovuto essere ostacolata dai dazi e privilegi feudali, anzi, doveva essere facilitata da un agile sistema di comunicazione. Occorreva anche che il lavoro umano fosse acquistabile come merce dagli imprenditori per incrementare i loro profitti. Ma tutto questo era difficile da realizzare con il persistere dei poteri della nobiltà e del clero e con un’attività manifatturiera. Perciò solo in Olanda e Inghilterra, dove la borghesia si era affermata politicamente gia nel ‘600, i capitali accumulati con il commercio e gestiti dalle banche, poterono liberamente riversarsi nell’agricoltura e nell’industria, dando vita alla rivoluzione agricola e industriale.
Gli imprenditori borghesi inglesi presero in affitto i latifondi degli aristocratici, realizzando moderne e efficienti aziende agrarie, la cui produzione anziché essere destinata all’autoconsumo,
veniva interamente commercializzata. Inoltre fu modificata la rotazione delle colture con l’aggiunta dei fertilizzanti, per produrre di più. L’incremento della produzione fu enorme e il grano entrò nel mercato internazionale. Anche i profitti della borghesia agraria crebbero a dismisura, ma solo una piccola parte dei contadini riuscì a trovare lavoro agricolo salariato, infatti la maggior parte fu costretta ad avviarsi verso le città o ad emigrare nelle colonie americane. Nell’ambito della manifattura, i mercanti del settore tessile diventarono imprenditori industriali affidando la produzione al lavoro di contadini-artigiani. Successivamente nel 1750, vennero trasformati dalla borghesia industriale in diretti dipendenti cominciando ad introdurre le prime macchine per filare la seta, sempre più richiesta. Nasceva in tal modo la fabbrica moderna, dove l’energia del vapore sostituiva quella dell’uomo. La produttività del lavoro crebbe molto e i prezzi dei tessuti diminuirono drasticamente, costringendo gli artigiani schiacciati dalla concorrenza della fabbrica a cercarsi un’occupazione come salariati.
5. CONCLUSIONI
Per concludere possiamo definire il XVII secolo come un‘epoca di grandi trasformazioni, sia dal punto di vista territoriale, sia economico, che sociale.
È stato un secolo di innovazioni scientifiche e tecnologiche, anche se vide il continente europeo continuamente sconvolto da conflitti per la supremazia territoriale.
Come abbiamo visto, la grande crescita demografica del 1500 viene contrasta dal calo netto del 600. Le merci continuavano a diventare sempre più costose e inutili per la popolazione perché troppo lussuose così la richiesta diminuì notevolmente anche perché il popolo era sempre più povero, tanto da creare una crisi anche nell’industria e nel commercio. Le condizioni di vita andavano sempre peggiorando e diminuiva anche il reddito tanto da innescare un processo che iniziava con il ritardo dell’età da matrimonio, e che sfociava nel minor numero di figli per ogni famiglia. Nel seicento, inoltre ci furono grandissime e incessanti guerre che portarono altrettante carestie, devastazioni e pestilenze. La crisi in campo agricolo era dettata da un clima più rigido che puniva tutti quei coltivatori che avevano abbandonato la pastorizia e la coltura di vari tipi di prodotti in favore della sola cerealicoltura che in questo momento era in crisi. Il grande numero di morti di questo periodo portò molta paura negli uomini (come si vede anche nelle opere d’arte di questo periodo)della morte, infatti si riprende la caccia alle streghe e la persecuzione degli ebrei e la ricerca degli untori ritenuti responsabili di tutte le calamità. Anche i deformi e gli storpi venivano perseguitati perché ritenuti puniti da Dio per qualche loro peccato. Gli ebrei soprattutto vennero banditi e uccisi da molti stati e poterono rifugiarsi solo in Olanda, che si dimostrò lo stato più tollerante in fatto di religione. I bambini venivano ritenuti come degli adulti, ma mancanti, trattati male perché incapaci di ragionare come un adulto e quindi visti come esseri inferiori. Non si badava molto a loro e quindi anche il tasso di mortalità infantile era molto alto, e la loro morte era ritenuta del tutto naturale, viste anche le condizioni in cui dovevano vivere. I nobili decisero di investire nei beni fondiari, e si tornò a una rifeudalizzazione: i contadini tornarono ad essere schiavi senza diritti né retribuzione, e i loro padroni decidevano della loro vita. Questa profonda crisi agricola aggiunta all’imposizione di pesanti tasse per risanare l’economia disastrata dei vari imperi, causò ovunque numerose rivolte popolari. La maggior parte delle rivolte riguardava le imposizioni fiscali troppo gravose sulle tasche dei non abbienti, risparmiando i più ricchi. Le monete cominciarono a scarseggiare e il commercio subì una profonda crisi da cui solo Olanda e Inghilterra seppero uscire riorganizzando i loro traffici: l’Inghilterra iniziò a produrre nuovi tipi di stoffe meno pregiate e costose, l’Olanda fece lo stesso con molti altri prodotti indispensabili e esportando anche prodotti importati, ma ad un prezzo più alto. Inoltre rafforzarono le flotte mercantili, ponendo alle loro spalle solide compagnie commerciali.
Nonostante ciò, il 600 si distinse anche per le grandi novità nel campo delle scienze e del pensiero filosofico. Mentre si stanziavano quasi ovunque delle monarchie nazionali assolutistiche, grandi pensatori ipotizzavano nuovi tipi di stato più liberali, e gli scienziati mettevano in dubbio tutta una serie di dogmi imposti dalla chiesa.
Ecco dunque i motivi dell’importanza che questo periodo riveste ancora oggi, per le basi che ha gettato alla modernità ma anche per la nascita di crisi che a stento l’Europa, e in particolare il Sud, riuscì a superare.
Naturalmente, ciò che è stato trattato finora, può essere considerato solo un quadro generale, poiché descrivere tutti i singoli avvenimenti susseguitisi in un arco di tempo di più di cent’anni, occuperebbe più spazio e richiederebbe più tempo.
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