storia dell'arte

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Categoria:Storia Dell'arte
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Testo

Gustave Courbert (1819-1877)
Lo spaccapietre, 1849→ rappresenta un manovale che frantuma dei sassi per ricavarne di più piccoli. L’artista indaga nella realtà: ecco allora le toppe sulle maniche, il panciotto strappato sotto l’ascella, i calzini bucati. A sx, sotto ad un cespuglio, ci sono pentola e del pane (il suo pranzo). Il paesaggio è essenziale e povero.
L’atelier del pittore, 1855→ al centro c’è l’artista stesso che rappresenta un paesaggio realistico e anticonvenzionale. Intorno ci sono una trentina di personaggi; a sx ci sono ubriaconi, saltimbanchi, balordi; a dx, con sembianze di suoi amici, ci sono le allegorie di amore, filosofia e letteratura; accanto a lui c’è la Verità, nuda, che osserva l’opera. Di fronte c’è un bimbetto con i vestiti rotti che guarda il dipinto incuriosito. La morale del quadro è che la verità oltre ad essere nuda, è anche semplice ed innocente.
Le signorine sulla riva della Senna, 1857→ in questo quadro Courbert non rappresenta personaggi mitologici e la scena è situata in mondo reale. Le due ragazze sdraiate sono vestite secondo la moda del tempo. Nei loro volti un po’ volgari, si vede la loro storia: sono due amiche andate a fare una passeggiata. L’artista le ha ritratte come di sorpresa, in posizione goffe e sgraziate: una assopita e l’altra immersa nei propri pensieri. Per questo dipinto sono stati preparati molti bozzetti preparativi.

Il fenomeno dei Macchiaioli
L’Italia, dopo il congresso di Vienna del 1815, fu soggetta a tre grandi aree d’influenza: il nord sotto gli austriaci, il centro sotto il potere del papa e il sud sotto i Borboni.
Al granducato di toscana fu assicurata una certa autonomia culturale e politica, seppur limitata, data dal fatto che il controllo austriaco non fu mai esercitato in maniera troppo repressiva. Di conseguenza Firenze, negli anni ’40 dell’800, divenne il punto di riferimento preferito da giovani artisti ed intellettuali: essi utilizzavano come luogo di ritrovo il centralissimo “caffè Michelangelo”. Tra loro ricordiamo Diego Martelli (1838-1896), scrittore e critico d’arte fiorentino, che non solo fu primo a teorizzare “la macchia in opposizione alla forma” ma fece anche entrare in contatto, grazie a riviste da lui fondate, i giovani artisti fiorentini con le esperienze pittoriche francesi.
Altro importante ideologo fu Telemaco Signorini (1835-1901), il quale propose il soprannome di “macchiaioli”, accettando un aggettivo denigratorio ideato dalla stampa del tempo. L’arco di sviluppo del movimento macchiaiolo andò dal 1855 al 1867, ma i suoi influssi sulla pittura italiana furono vivi fino agli inizi del ’900.
La nascita e lo sviluppo della “macchia” furono causati dalla rivolta contro l’accademismo e dalla voglia di ripristinare il senso del vero. Secondo questi giovani artisti, poiché le percezioni visive umane avvengono grazie alla luce, la pittura realistica doveva riprodurre la sensazione della luce attraverso la modulazione e la gradazione di colori ed ombre. Dal momento che, nella realtà non esiste né disegno né linea di contorno, l’occhio è colpito solo dai colori formati da macchie contrapposte. Inoltre i limiti di un oggetto sono dati dal brusco passaggio da un colore ad un altro: la pittura deve pertanto cercare di ricostruire la realtà con l’utilizzo di macchie → scompare il disegno, sensazione di gran solidità data dalla corposità delle macchie, interesse del sociale derivante dall’attenzione degli artisti al vero e al quotidiano.

Giovanni Fattori (1825-1908)
Esordì nella tradizione della pittura epico – celebrativa, poi dagli anni ’50 cominciò a frequentare il Caffè Michelangelo dove entra in contatto con i Macchiaioli e dei quali entra a far parte. La macchia per Fattori è lo strumento per arrivare al verismo pittorico → a differenza del suo primo e poco stimato maestro G. Bezzuoli e dai grandi accademici, i quali amavano rappresentare grandi battaglia per esaltare i sentimenti dell’amor di patria e del coraggio civile, Fattori indagò le situazioni più quotidiane, meno appariscenti e per questo spesso più dolorose.
I soggetti fondamentali sono: soldati, operai al lavoro → uomini e animali uniti da un unico destino di miseria, sofferenza e fame. La stessa attenzione che Fattori pone all’osservazione della figura umana, è data anche alla natura e agli animali.
Campo italiano alla battaglia di Magenta, 1861-62→ non rappresenta un momento di battaglia, bensì il ritorno dei feriti: alcuni precedono a piedi, altri si trovano su di un carro assistiti da due monache. L’opera non può essere definita macchiaiola poiché il disegno e il chiaroscuro sono usati in maniera accademica, anche se è chiara la ricerca verista condotta in modo asciutto ed equilibrato, senza alcuna traccia del sentimento romantico allora molto di moda.
Soldati francesi del ’59, 1859→ nell’opera che rappresenta un gruppo di soldati e di un ufficiale in attesa, le regole accademiche sono contraddette dalla banale quotidianità del soggetto. Fattori abbandona il tradizionale chiaroscuro, preferendo accostare semplici macchie di colore di tonalità diversa → perfettamente riconoscibili i tratti della pittura macchiaiola. Il dipinto è organizzato per sovrapposizione di fasce di colore diverse: la prima, di colore ocra, è costituita dal terreno; la seconda, grigiastra, rappresenta un muro contro il quale sembra spezzarsi l’immensità dell’orizzonte; la terza, sottilissima e di un azzurro pallido, mostra il cielo al di là del muro dando molta profondità alla scena. I personaggi sono ritratti in modo sintetico con pennellate di colori quasi puri e sono messi in risalto dalla predominante colorazione neutra degli sfondi.
Rotonda di Palmieri, 1866→ rappresenta alcune ricche signore che prendono aria di mare sedute sotto il tendone di uno degli stabilimenti balneari più in voga di Livorno. Il dipinto si sviluppa, come consueto, in orizzontale per dare più efficacemente il senso dell’immensità dell’orizzonte. Esso è ripartito in fasce di colori sovrapposti accordati o per assonanza (colore caldo con colore caldo) o per dissonanza (colore freddo con colore caldo): partendo dal basso si vedono l’ocra dell’ombra della rotonda, il giallo della parte al sole, l’azzurro del mare con qualche tocco di bianco, il bruno rossiccio delle rocce, l’azzurro grigiastro del cielo e l’arancio dorato della tenda. Le macchie delle figure si addensano al centro e si stagliano contro un cielo bianchiccio → immagine solidamente costruita, tipica della tradizione pittorica toscana, attenta più ai volumi che ai fugaci stati d’animo.
In vedetta (o il muro bianco), 1872→ la prospettiva è data dalla perfetta geometria della parete che taglia la linea dell’orizzonte, dove l’ocra della pianura si confonde con l’azzurro violaceo del cielo. Il soldato e il cavallo in primo piano si stagliano sul muro bianco-giallastro alle loro spalle; gli altri due cavalieri in lontananza equilibrano compositivamente il dipinto, proseguendo idealmente la prospettiva della parete. I forti contrasti delle macchie suscitano una sensazione di una giornata estiva afosa, immobile e sonnolenta.
Bovi al carro, 1867→ rappresenta un carro trainato da una coppia di buoi sullo sfondo di un’assoluta campagna maremmana. L’orizzonte è nuovamente realizzato per campiture di colore sovrapposte in fasce: dal giallo brunastro delle stoppie, al grigio-azzurro del cielo e al verde-brunastro delle colline che degradano verso una lingua di mare turchese. La profondità prospettica è sottolineata non solo dalla preponderanza della larghezza rispetto all’altezza, ma anche dal viottolo che solca diagonalmente la campagna. La composizione, squilibrata verso dx, fa risaltare la vastità degli spazi e mette in risalto la macchia compatta delle figure che, immobili sotto il sole di un pomeriggio estivo, sembrano far parte della natura aspra che fa loro da sfondo. Grande invenzione fattorina → paesaggio e figure si controbilanciano perfettamente.
Lo staffato, 1880→ nella scena si osserva un cavallo, forse spaventato da uno sparo, si lancia in un galoppo forsennato trascinandosi il cavaliere che, ferito e disarcionato, è rimasto con un piede impigliato nella staffa. Il dipinto è diviso in due fasce: in basso la terra giallognola e polverosa di una strada di campagna; in alto il cielo bianchiccio di una giornata senza sole, contro il quale il cavallo si staglia con violenza. Nonostante esso sia ritratto con macchie sfumate per dare il senso del movimento, la scena assume una compostezza quasi solenne → il dramma si consuma in una natura solitaria e indifferente → il dolore del singolo uomo diventa simbolo del dolore universale.

Impressionismo
- 1870→ sconfitta di Sedan, caduta di Napoleone III, nascita Terza Repubblica. Ascesa della borghesia, boom di novità e progresso (metropolitana, lampioni a gas, grandi magazzini), Parigi → culla dell’impressionismo, piena di teatri, musei, ristoranti, casinò e caffè.
- Gli impressionisti sono figli di tale borghesia, di cui criticano l’accademismo artistico.
- Non era un movimento organizzato, ma si costituì per aggregazione spontanea: giovani artisti insofferenti alla pittura ufficiale iniziarono a riunirsi al numero 11 della Grande Rue des Batignolles, il Cafè Guerbois (scritti da Monet).
- Movimento privo di base culturale omogenea, artisti provenienti da diverse realtà sociali ed esperienze artistiche.
- Diversità dell’impressionismo da ogni altra forma di pittura: modo di porsi con la realtà esterna. Tutto ciò che percepiamo continua al di là del nostro campo visivo → quasi totale abolizione della prospettiva geometrica (non si possono imprigionare gli spazi nella ristretta visione del reticolo prospettico); nulla potrà essere definito con un disegno netto e meticoloso.
- Ciò che conta è l’impressione suscitata dallo stimolo esterno nell’artista, che partendo dalle proprie sensazioni cerca di eliminare il superfluo per cogliere la sostanza delle cose e delle situazioni (impressione pura); es: grappolo d’uva non avrà lo stesso numero di acini dell’originale, ma verrà rappresentato come giustapposizione di colori puri, tendenti a dare l’idea complessiva del grappolo.
- Abolizione del disegno e delle linee di contorno.
- Colore: abolire i forti contrasti chiaroscurali e dissolvere il colore locale (quello proprio degli oggetti) in accostamenti di colori puri. Ogni colore non esiste di per sé ma in rapporto a quelli che ha vicino → ombre colorate.
- Anche la luce determina la percezione dei colori.
Pittura impressionista: cogliere l’attimo fuggente, le sensazioni di un istante, con la consapevolezza che l’istante successivo potrà generare sensazioni del tutto diverse → le pennellate non sono fluide e studiate, ma date per veloci tocchi virgolati, picchiettature, trattini, macchiette, con l’uso di colori puri e esclusione del nero e del bianco (non colori).
Dipingere rapidamente → per evitare che le condizioni che determinano nell’artista l’impressione che sta rappresentando, vengano meno.
- Gli impressionisti rifuggono gli atelier e le scene teatrali, dipingono en plein air o interni autentici come un bistrot, una scuola, un cabaret.
La realtà è soggetto a una continua evoluzione → rappresentare la mobilità.
- È importante il progredire della tecnica: esperimenti ottici (maxulle); avvento della fotografia e del cinema → revisione del ruolo dell’artista; colori ad olio in tubetto rendono possibile dipingere en plein air. Non è importante ciò che si narra, ma come lo narri (impressioni e stati d’animo, l’artista non ha più l’obbligo di riprodurre la realtà).
- Nello stesso periodo hanno successo le stampe giapponesi: colori squillanti in disegni semplici e netti, molto decorativi, soggetti estraniati da tempo e spazio.
- 15 Aprile 1874: un gruppo di giovani (Monet, Degas, Cezanne, Pissarro, Renoir,...) organizza una mostra dei loro lavori, rifiutati dalle esposizioni ufficiali, nello studio al 35 del Boulevard des capucines, offerto gratuitamente dal fotografo Felix Nadar, col nome di “società anonima degli artisti, pittori, scultori, incisori”.
- Fallimento. Il critico Louis Leroy nella spietata recensione di “impressione, sole nascente” di Monet estende a tutti gli artisti del gruppo l’appellativo derisorio di Impressionisti.
- Dal 1880 contrasti ideologici e rivalità artistiche dividono il gruppo, gli artisti cominciano a partecipare autonomamente ai Salons, che cominciano ad accettare i loro dipinti.
- 1886 → ottava e ultima esposizione degli impressionisti. Il loro movimento non poteva durare e fare scuola e lo sapevano. Questo porterà al post-impressionismo che tenterà di recuperare in vari modi il valore artistico delle forme e dei volumi.

Edouard Manet (1832 – 1883)
Fin da giovane si mostra poco incline agli studi e molto attratto dal disegno e dalla pittura. Dopo aver abbandonato l’atelier del suo maestro, il pittore accademico Thomas Couture, la cui arte era giudicata da Manet vuota e innaturale, comincia a viaggiare. Ammirò soprattutto i grandi coloristi: Tiziano, Rembrandt, Tintoretto, Velasquez e Delacroix.
Grande amico di Degas, realizzerà opere sia in atelier che en plein air.
Colazione sull’erba, 1863→ l’autore fu criticato per aver rappresentato una donna nuda, non tanto perché era nuda quanto perché rappresentava una donna francese del tempo; inoltre fu accusato di non saper né usare la prospettiva né il chiaroscuro. Rappresenta una ragazza che si lava in un ruscelletto, una donna nuda, con accanto due uomini al suo fianco. I personaggi dell’opera sembrano essere figure senza volume e consistenza propria. La profondità è data dai piani successivi degli alberi e delle fronde che creano anche zone di luce e ombra; i colori sono stesi con pennellate veloci, giustapponendo toni caldi e freddi. L’atmosfera è fresca e luminosa; con quest’opera Manet si proclama pittore di sensazioni e diventa l’ispiratore dell’Impressionismo.
Olympia, 1863→ il dipinto si ispira alla “Venere di Urbino” del Tiziano; rappresenta una donna nuda e semisdraiata su un letto disfatto. Ai suoi piedi vi è un gatto nero mentre sul retro una domestica nera porta un mazzo di fiori. Ci fu un duplice scandalo: la rappresentazione di una prostituta nel posto di lavoro e fu accusato di non sapere usare il chiaroscuro. La ragazza ha il corpo acerbo e sgraziato, privo di sinuosità. La cruda nudità della donna viene evidenziato dal nastrino di raso sul suo collo; lo sguardo è beffardo, la mano sx sul ventre ricorda foto pornografiche. La caratteristica principale non è il soggetto ma bensì la tecnica usata: i colori sono contrapposti alla prospettiva e chiaroscuri rinascimentali: avevano forti contrasti, la piattezza delle forme, i contorni nitidi. Nel mazzo di fiori l’autore è già del tutto impressionista: sono, infatti, macchie di colore che in lontananza creano uno strano realismo.
Bar delle Folies-Bergeres, 1881→ rappresenta il testamento spirituale dell’artista. Contiene tutte le caratteristiche della sua pittura: l’amore per il quotidiano (la cameriera bionda che ci fissa con gli occhi tristi), per la natura morta (bottiglie, fruttiera, le rose), l’uso di colori piatti, senza chiaroscuri, la suggestione dei riflessi nello specchio dietro al bancone. Sullo specchio si vede il grande salone delle Folies-Bergeres, locale alla moda del tempo. Dai riflessi si intuisce anche l’atmosfera del luogo. Altre importanti caratteristiche sono la chiarezza della luce e la semplicità del soggetto.

Claude Monet (1840-1926)
Fin da giovanissimo si dimostra assai dotato nel disegno. Dalla sua permanenza per un periodo in Africa nacque in lui la passione per la natura e per le sensazioni; a Parigi conobbe Pissarro, Degas e Manet, il quale arricchì enormemente il suo bagaglio d’esperienze. Preferì sempre la pittura en plein air e fu molto interessato alle sperimentazioni sulla luce e sulla percezione dei colori. Famosissimo il giardino della sua villa di Giverny, dal quale lui trasse ispirazione per la realizzazione di numerosissime tele.
Impressione, sole nascente, 1872→ questo quadro diede il nome all’intero movimento impressionista e fu realizzato da Monet senza alcun disegno preparatorio: il colore è dato direttamente sulla tela con pennellate brevi e veloci. L’autore inoltre supera l’oggettività del soggetto naturale con la volontà non di descrivere la realtà, ma bensì di cogliere l’impressione soggettiva di un attimo. La giustapposizione di colori caldi e freddi rende il senso della nebbia mattutina, in cui si alza un sole i cui riflessi guizzano, con pochi e sapienti tocchi di pennello, sul mare.

I papaveri, 1873→ Monet vuole trasmettere l’allegria e la tenerezza che gli procura la vista della moglie e del figlio che passeggiano in un campo di papaveri: dal verde del campo emergono brillanti puntini rossi (i papaveri appunto), che conferiscono al paesaggio serenità a freschezza.
Cattedrale di Rouen, pieno sole, armonia blu e oro, 1894 (una delle 50 tele con questo soggetto → quella conservata al Musee d’Orsay di Parigi) → egli, come confermato dalla sua completa indifferenza alla struttura architettonica gotica, si concentra solo sul gioco e ombre del sole mattutino sulla superficie della facciata, creando quell’armonia di colori che vanno dal giallo oro delle zone in piena luce all’azzurro delle ombre, fino al blu intenso del cielo.
Stagno delle ninfee, 1899→ il soggetto è il ponte giapponese all’interno della sua villa. La luce verdastra schermata dalle fronde dei salici piangenti genera una sensazione di placida frescura, alla quale si somma quella originata dall’acqua si somma quella originata dall’acqua dello stagno, sulla quale affiorano alcune ninfee in fiore. L’atmosfera è simile a quella di una fiaba, nella quale la realtà è solo un pretesto per l’espressione delle sensazioni dell’artista.

Edgar Degas (1834-1917)
La prima formazione pittorica di Degas avviene accademico → il suo principale punto di riferimento è Ingres, del quale ammira soprattutto la straordinaria purezza del disegno. Tuttavia abbandonò ben presto la scuola di belle arti e intraprese un viaggio in Italia dove studiò i grandi del Rinascimento: Mantegna e Veronese. Tornato in Francia continuò lo studio dei classici, prestando particolare attenzione a Delacroix. Per tutta la vita Degas rimase sempre convinto assertore del disegno e della pittura in Atelier → secondo lui, anche l’impressione di un istante è così complessa e ricca di significati, che l’immediatezza della pittura en plein air non poteva che coglierla in modo riduttivo e superficiale.
Convinto che ciò che si dovesse rappresentare fosse principalmente l’essenzialità delle cose, Degas riservò una cura meticolosa e per nulla impressionista ai disegni e agli schizzi preparatori. All’apice della sua maturità, negli anni ’60, la sua pittura si caratterizza sempre più in senso realistico → la natura di Degas non deriva dalla sensazione visiva, come in Monet, bensì è il frutto di studi e riflessioni successive.
Con la sua morte, nel 1917, la grande stagione dell’impressionismo poteva dirsi conclusa.
La lezione di ballo, 1873→ l’artista rappresenta una ballerina mentre prova dei passi di danza sotto l’occhio vigile del maestro; le altre stanno in semicerchio ad aspettare il loro turno. Il taglio dato dal pittore è fotografico e le figure sembrano fuoriuscire dall’inquadratura; Degas lavorò per tre anni nel suo atelier. I gesti delle ragazze sono molto studiati: c’è chi si gratta la schiena, chi si fa aria con un ventaglio, chi si sistema l’orecchino, chi i capelli, c’è chi osserva, chi ride, chi parla: l’atmosfera è rilassata ed informale. I personaggi, grazie a tutti questi particolari, sembrano essere spiati dalla serratura. Le ragazze sono immerse in una luce morbida che ne ingentilisce ulteriormente le movenze. In opposizione all’impressionismo egli non rifiuta né il disegno, né l’uso del bianco (i tutù) e del nero (nastrini di raso al collo).
L’assenzio, 1875-76→ l’opera è ambientata all’interno del Cafè Nouvelle-Athenes che, con il Cafè Guerbois, era uno dei luoghi di ritrovo degli impressionisti. La composizione è volutamente squilibrata, per dare il senso di una visione improvvisa e casuale. L’immagine inoltre è costituita in modo rigoroso e quasi scientifico. La prospettiva obliqua secondo cui sono disposti i tavolini dà l’idea che l’artista voglia introdurre l’osservatore nel locale seguendo il loro allineamento. Il punto di vista è quello di un osservatore alto, decentrato che, potendo vedere senza essere visto, può cogliere la naturalezza d’ogni gesto dei due personaggi che ha davanti: una prostituta agghindata in modo appariscente e un clochard dall’aria burbera e trasandata, davanti ai quali si trova un tavolino con sopra rispettivamente un bicchiere d’assenzio e uno di vino. Entrambi i personaggi hanno lo sguardo perso nel vuoto e, pur essendo seduti vicini, sono, in realtà, lontanissimi: Degas vuole infatti rappresentare come la solitudine possa renderci estranei e incapaci di comunicare. L’atmosfera del locale è pesante come lo stato d’animo dei due personaggi, che si trovano in uno spazio squallido e angusto ritratto da Degas in un modo impietosamente realistico. L’attenzione di Degas ai giochi di luce e di colore è sottolineata dallo specchio appannato alle spalle dei due avventori, il quale riflette le loro sagome in modo confuso ed evanescente.
La tinozza, 1886→ la prospettiva dell’opera è anticonvenzionale: il punto di vista è molto alto ed essendo allineato col mobile di dx, quest’ultimo ci appare come se fosse un piano verticale anziché orizzontale. Il profilo dolce ma sicuro del giovane corpo accovacciato richiama la forma della tinozza, dalla quale si distacca per contrasto di colore. La plasticità del corpo femminile è resa con un incrocio di tratteggi, le cui sovrapposizioni dà un realistico senso di un volume nuovo e vivo che ci offre l’illusione del movimento.

Pierre Auguste Renoir (1841-1919)
Nasce in una famiglia modesta, a 13 anni diventa apprendistati un decoratore di porcellano. È un talento precoce e perciò il padre gli fa fare corsi serali di disegno per farne un artigiano.
Nel 1862 entra alla Scuola di Belle Arti, ai corsi di Charles Gleyre, dove conosce Bazille e Monet (Cafè Guerbois). Renoir era insofferente verso l’ambiente della Scuola, ma gradiva lo studio del disegno (studio di nudo per “le grandi bagnanti”, estremamente preciso come schizzo), che avrà grande importanza nella seconda parte della sua produzione (dopo il viaggio in Italia nel 1881).
Inizialmente vive una fase impressionista: per lui la pittura è gioia di vivere, stupore per le meraviglie del creato, per la marea d’emozioni e colori; come tutti gli impressionisti, vede rifiutati i suoi lavori, giudicati volgari e sommari.
1881→ viaggia in Italia, visitando Palermo, Napoli, Roma e Venezia. Rimane colpito dai colori mediterranei e dagli affreschi vaticani di Raffaello. La riflessione sulla “saggezza” pittorica di Raffaello mette in crisi la sua visione impressionista della realtà → il colore delle sua opere si fa più denso, spariscono i riferimenti al presente (i suoi nudi sembrano dee pagane immerse in una natura arcaica.
All’inizio del ‘900, Renoir è stimato anche a livello europeo; purtroppo una malattia reumatica lo porta alla paralisi degli arti inferiori e alla semiparalisi di quelli superiori. Continua a viaggiare fra Cagnes, Parigi e la campagna; dipinge molto e si dedica anche alla scultura guidando un allievo.
Nel 1919 si dispiace di sentirsi morire proprio quando “comincio a saper dipingere”.
Nel 1869, Renoir e Manet vanno a Bougival, un pittoresco villaggio sulla Senna, e dipingono entrambi, in poche ore, l’isolotto di Croissy, posto nel mezzo del fiume e attrezzato con ristorante all’aperto e stabilimenti balneari, detto Grenovillere (stagno delle rane). I due hanno lo stesso punto di vista ma un diverso modo d’essere impressionisti.

Monet, metropolitan museum, New York
Renoir, National Museum, Stockholm
- Favorisce l’immagine d’insieme, allontanando prospetticamente l’isolotto centrale, le persone sono tratteggiate come la natura in cui sono inserite → attenzione sintetica.
- Mobilità dell’acqua e dei suoi riflessi rappresentata con pochi colori dati a pennellate orizzontali, individuando luce e ombre con bruschi cambiamenti cromatici.
- Rappresentazione appariscente e più rigorosa.
- Più sensibile alle presenze umane, che appaiono più definite di quelle dell’amico, pur nella vaporosa indeterminatezza delle piccole e veloci pennellate.
- Acqua: pennellate più minute, luce frammentata in piccole chiazze di colore → sensazione di vivacità.
- Rappresentazione più festosa e squillante; colori mobili e brillanti, in continuo mutevole rapporto reciproco, sensibili agli infiniti filtraggi della luce.
Moulin de la Galette, 1876→ questa tela dimostra la sua teoria delle ombre; venne abbozzato en plein air e ultimato in atelier. Rappresenta un ballo popolare all’aperto presso il moulin de la Galette, un mulino abbandonato di Montmartre, dove servivano come consumazione comprese nel prezzo, i galletes, dei dolcetti. Renoir, per dipingerlo al meglio, frequentò per sei mesi il Moulin dove venne in contatto con quel piccolo mondo. In quest’opero c’è un uso nuovo e libero del colore, che rende il senso del movimento, lo stato d’animo collettivo e la gioia spicciola. La forma e il colore sono un tutt’uno, il contrasto fra luci-ombre e toni caldi-freddi (coppie danzanti a sx: vestiti chiari delle ragazze spiccano contro gli abiti maschili → definiscono la forma dei corpi e la sensazione di moto). L’apparente casualità della scena, in realtà è un’attenta valutazione compositivo, frutto dello studio dei classici. Non ci sono piani stabiliti o un soggetto principale, ma nessun personaggio è isolato, in quanto inserito in un determinato gruppo → l’insieme dei gruppi, indotti dalla luce che filtra tra le fronde, determina la profondità prospettica della scena. Il disegno ha un ruolo molto marginale.
Colazione dei canottieri, 1881→ rappresenta una colazione al ristorante “la fournaise” a Chatou, villaggio sulla Senna, ambiente meno popolare della Grenovillere, frequentato da sportivi e dai loro amici. Rappresenta la veranda del locale con 14 personaggi che parlano tra loro. Questo era solo il pretesto per l’ennesima rappresentazione en plein air, abbozzata davanti a quei tavolini. La luce pomeridiana è filtrata dal tendone a righe → riflessi rosati sulla scena, in contrasto cromatico con la vegetazione sullo sfondo. Dalla giustapposizione dei colori (caldi-freddi, chiari-scuri, primari-complemetari) prendono corpo volumi e prospettiva. I volti sono tratteggiati per zone di colore, nessuna traccia di disegno → atmosfera di naturalezza, resa ancora più viva e festosa dal gioco di sguardi che lega tra loro i vari personaggi. Apparecchiatura della tavola: come Manet nel “bar delle folies-bergeres”, Renoir offre una superba natura morta, la leggerezza dei cristalli è in contrasto con la massa compatta della frutta e della botte di Cognac. Il naturalismo sconcertante, la composizione studiata e la libertà artistica sono caratteristiche principali della pittura di Renoir.
Bagnante seduta, 1883→ il pittore vuole dare consistenza ai contorni ripristinando la separazione tra personaggi e sfondo, concepito durante un soggiorno nell’isolotto di Guernsey, canale della Manica. Compone bozzetti en plein air degli scogli e del mare (uomini e donne ci fanno il bagno assieme). Tornato a Parigi, sovrappone al paesaggio impressionista una figura di bagnante dalle forme tornite (ricordo del’500 che ha visto in Italia), definita con campiture di colore larghe e uniformi (sfondo: giochi di luce e contrasti cromatici). Con quest’opera si capisce che l’impressionismo ha ormai esaurito la sua spinta e ciascuno di coloro che vi aveva aderito tentava ora di superarne i limiti in modo personale, secondo la propria formazione e sensibilità.

Paul Cezanne (1839-1906)
I tre periodi di Cezanne:
1. impressionista → realista/romantico;
2. geometrico-costruttivo;
3. ricerca di sintesi → percorso di semplificazione formale (monte sainte-Victoire).
Grande amico d’Emile Zola e di Pierre Renoir, trascorse tutta la sua vita in Francia: a Parigi entrò in contatto con gli impressionisti e partecipò alla loro prima esposizione del 1874.
Fin dal 1879 però se n’allontanò; d’altra parte le sue opere, fin dagli anni ’80, mostrano significative differenze rispetto a quelle degli impressionisti: molto marcato infatti è il suo distacco dalla loro visione effimera e fuggevole della realtà. Dall’impressionismo, Cezanne apprese la pittura en plein air e la ricerca della massima luminosità dei colori; tutta l’esperienza impressionista fu per lui solo l’inizio di una ricerca che lo vide tormentarsi continuamente nella speranza di giungere a quella verità essenziale delle cose che l’impressione visiva non poteva esaurire.
Il suo disegno è deciso ed è realizzato con linee ondulate che si sovrappongono nel delimitare i contorni, mentre un tratteggio rapido indica le zone in ombra e modella i volumi; talvolta al disegno a matita si aggiungono delle macchie d’acquerello. Gli acquerelli dell’artista vivono nel disegno sottostante matita, che individua la geometria dell’insieme e dei vari strati di trasparenze colorate, sovrapposti l’uno all’altro solo dopo che la pennellata sottostante si era già asciugata. In tal modo s’impedisce ai colori di mischiarsi e la loro sovrapposizione dà l’uomo a vari piani determinanti lo spazio. Cezanne lasciava bianco il foglio nei punti colpiti direttamente dalla luce. Neppure le masse venivano completamente rifinite, bastando il colore già dato a indicarne la forma.
La casa dell’impiccato a Auvers, 1872→ è sia un’opera impressionista perché c’è la scelta dell’en plein air e piccoli tocchi di colore con molti chiari, sia post-impresionnista: il paese tra i due edifici in primo piano, la strada serrata che va verso il basso, l’enorme vallata limitata dal cielo che dal viola passa ad un azzurro intenso. Secondo Cezanne “nella pittura ci sono due cose: l’occhio e il cervello, ed entrambe devono aiutarsi tra loro”. Il cervello deve spingere il pittore a scoprire la verità nascosta dietro le apparenze. La geometria è dentro tutte le sue opere, per questo le sue figure sono monumentali e hanno una potenza architettonica. Il colore determina piani, curve, spigoli, inclinazioni, chiaroscuri..
I giocatori di carte, 1898→ rappresenta due uomini in un’osteria che giocano a carte di fronte a uno specchio; l’opera ricorda il bar alle Folies-Bergeres ma non è più impressionista perché lo specchio sembra far parte del rivestimento ligneo e l’attenzione dell’autore è solo per i due giocatori. Sembrano due manichini, e questa è la caratteristica del quadro; tutto è geometria: la calotta sferica dell’uomo a dx, il cilindro sormontato da una calotta sferica dell’uomo a sx, gli innesti delle superfici cilindriche e tronco-coniche delle maniche, il parallelepipedo del tavolino sul quale c’è una tovaglia quasi granitica. Le pennellate aiutano la resa volumetrica e sembrano colpi d’ascia su un tronco.
La montagna Sainte-Victoire, Filadelfia, 1904→ l’artista fece molte tele su questo soggetto. In questo dipinto l’artista scompone il paesaggio naturale e quello creato dall’uomo in essenzialità e gli ha ricomposti tramite superfici accostate, alla ricerca della profondità senza prospettiva ma con i colori. Anche l’aria e il cielo sono del colore delle case e degli alberi: solo un tenue contorno azzurro separa cielo e montagna. Quest’opera non è per niente impressionista: basta confrontarla con quella di Renoir con lo stesso soggetto: questa è giocosa e solare mentre quella di Cezanne rappresenta una natura vinta e svelata, pronta a essere consegnata ai pittori futuri.

Georges Seurat (1859-1891)
Une baignade à Asnières (un bagno ad Asnières), 1883→ se il tema e la tecnica sono impressionisti, non è tale il formato (201cm ∙ 301,5cm) perché non permetteva di dipingere en plein air. Neanche la statuaria immobilità delle figure è impressionista; queste sono pallide e geometriche, tutte con lo sguardo volto a dx e con la stessa arcatura della schiena contrariamente a quelle impressioniste sempre in un movimento concitato.
Un dimanche après-midi à l’Ile de la grande Jatte (una domenica pomeriggio all’Isola della grande Jatte), 1883→ rappresenta una folla di gitanti domenicali che si diverte su un’isola della Senna. Alcuni passeggiano, altri sono distesi all’ombra, alcuni pescano o sono affaccendati in varie attività. I puntini di colore sono molto fitti e ognuno è stato posato tenendo conto di quelli vicini, secondo la teoria del contrasto simultaneo. L’effetto generale è completamente diverso da quello d’altri quadri impressionisti: sulla scena dominano calma, silenzio e un’innaturale immobilità. Il caos è apparente, le persone sono state poste seguendo una logica compositivo; i loro rapporti sono studiatissimi e armoniosi. La somiglianza alla realtà è solo un’apparenza: le figure sono senza peso come bolle di sapone di forma inusuale, colte l’attimo prima della loro dissoluzione.
La chahut, 1889→ dei ballerini e delle ballerine danzano su un palcoscenico circondato da musicisti e borghesi (uomo col cappello in basso a dx). Tutte le linee puntano verso l’alto, ma i colori sono cupi e tendono alla monocromia. In questo dipinto Seurat voleva applicare la tecnica divisionista ( ideata per rappresentare la realtà diurna e per generare il massimo della luminosità) alle luci di un interno, il Moulin Rouge. La ballerina in primo piano è Grille d’Egout.

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