Raffaello a Roma

Materie:Tesina
Categoria:Storia Dell'arte
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Testo

Uscita scolastica a Roma, 9-12 Marzo
RAFFAELLO
La biografia
Raffaello Sanzio (Urbino 1483 - Roma 1520), pittore e architetto italiano, figura centrale del Rinascimento. Figlio del pittore Giovanni Santi, esordì nella bottega del padre, da cui si staccò a partire dal 1500. Nel primo periodo di attività dipinse sotto l'influenza dello stile del Perugino
Il periodo fiorentino
Alla fine del 1504 Raffaello si recò a Firenze con l'intento dichiarato di studiare le opere di Leonardo da Vinci, Michelangelo e fra Bartolomeo. La sua evoluzione artistica nel corso del soggiorno fiorentino può essere ripercorsa esaminando i numerosi dipinti da lui creati.
Fra il 1504 e il 1508 Raffaello lavorò anche per la corte dei Montefeltro a Urbino, dipingendo molte tavole tra cui San Giorgio e il drago. Ma l'esito più alto di questi anni è rappresentato dal Trasporto di Cristo morto (1507, Galleria Borghese, Roma).
Il periodo romano
Nel 1508 Raffaello fu chiamato a Roma da papa Giulio II, che gli commissionò la decorazione ad affresco di quattro stanze in Vaticano: dopo aver dipinto la prima e la seconda stanza (rispettivamente della Segnatura e di Eliodoro), nel 1514, dopo la morte di Giulio II, il successore Leone X nominò Raffaello "architetto della fabbrica di San Pietro" e un anno dopo "conservatore delle antichità romane". Preso da molteplici impegni e assorbito da varie attività, Raffaello dipinse solo una parte della terza stanza, la Stanza dell'incendio di Borgo (1514-1517), mentre la quarta, la Stanza di Costantino, fu realizzata dagli allievi dopo la sua morte. Tra il 1514 e il 1517 Raffaello realizzò dieci cartoni raffiguranti episodi della vita degli apostoli per gli arazzi della Cappella Sistina. Inoltre progettò la Cappella Chigi per la chiesa di Santa Maria del Popolo, terminata dal Bernini, e numerose altre opere. Oltre a queste universalmente note, Raffaello dipinse molte tele di analogo pregio. Tra i ritratti, in cui eccelleva per l'estremo realismo e la capacità di introspezione psicologica, si ricordano quelli di Giulio II e di Leone X con due cardinali. Famosi e interessanti sono pure i ritratti di donne, tra cui la Velata e la Fornarina (1518-19, Palazzo Barberini, Roma), forse entrambi dedicati all'amante dell’artista, la cui immagine è resa con delicatezza di tratto e verità rappresentativa. Un altro tema prediletto fu la Madonna (Madonna Sistina, 1514, Gemäldegalerie, Dresda; Madonna della seggiola, 1514, Palazzo Pitti). Tra i quadri di soggetto religioso è infine doveroso ricordare la Trasfigurazione (1517-1520, Pinacoteca Vaticana), rimasta incompiuta alla morte di Raffaello e completata nella parte inferiore dall’allievo Giulio Romano: la tela costituirà un modello importante per i pittori del Seicento, in particolare per Caravaggio e Rubens.
1. Raffaello e la chiesa di Sant’Agostino
In questa chiesa Raffaello rappresenta il profeta Isaia assiso; tale opera si trova sul terzo pilastro, a sinistra, della navata maggiore dove il profeta è raffigurato in trono fra due putti che reggono in alto una targa con la dedica in greco: "A Sant'Anna, madre della Vergine, alla santa Vergine, madre di Dio, a Gesù Salvatore, Giovanni Goritius"; sulla pergamena srotolata dal profeta si legge in caratteri ebraici: "Aprite le porte onde il popolo che crede entri" [/sa/a, XXVI 2).
Fu commessa dal protonotario apostolico Giovanni Goritz ed eseguita fra il 1511 e il 1512.
Secondo il Vasari, Raffaello la rifece dopo aver visto i profeti michelangioleschi della Cappella Sistina, infatti sembra che qui il pittore si rifaccia, per principi compositivi, all’opera del Buonarroti.
L'affresco, lavato da un sacrestano, secondo la testimonianza del Celio [Pitture ...in Roma, 1638] venne ripreso da Daniele da Volterra; recentemente è stato restaurato dal Cellini, che l’ha liberato da rielaborazioni a tempera e acquerello eseguite nel 18OO, e da più antiche ridipinture a olio. Sono note varie copie: una, fatta eseguire dal cardinale Federico Borromeo, nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano; un'altra nella galleria del Belvedere a Vienna, attribuita ad Annibale Carracci; una terza di Giovan Battista Casanova a Dresda.
2. Raffaello e la Chiesa di Santa Maria della Pace
Sita in Roma nell’omonima piazza, S. Maria della Pace, già S. Andrea de Aquarizariis, riedificata a partire dal 1482 forse da Baccio Pontelli; nel 1656 Pietro da Cortona la restaurò per volere di Alessandro VII e aggiunse la convessa facciata barocca a esedra, preceduta da un pronao semicircolare a colonne doriche binate. L'insieme stabilisce un indissolubile intreccio tra esterni e interni.
L'interno è costituito da una breve navata a due campate con volte a crociera, che conserva intatta la struttura quattrocentesca, e da una tribuna a cupola.
Navata
• Nella cosiddetta Cappella Chigi troviamo una celebre opera del Raffaello, Sibille e angeli e Quattro santi e angeli, dipinte nel 1514 su commissione di Agostino Chigi da Raffaello, che qui rivela l'influenza di Michelangelo dopo lo scoprimento della volta della Cappella Sistina.
Si estende intorno all'arco della prima cappella a destra. Nel centro un putto regge la fiaccola, simbolo della luce profetica; alla sua sinistra, la sibilla Cumana in atto di sollevare la mano verso un cartiglio, retto da un angelo in volo, su cui è scritto in caratteri greci (come in tutte le iscrizioni, tranne la penultima): "La resurrezione dei morti"; un putto con una tavola e la leggenda "Verrà alla luce"; la sibilla Persica in atto di scrivere sulla tabella retta .da un angelo: "Egli avrà il destino della morte"; a destra un angelo indica alla sibilla Frigia (o Tiburtina) una tavola con la scritta: "II cielo circonda il vaso della terra"; seguono un putto, appoggiato a una lapide con la leggenda: "lam no[va] proge[nies]", e la sibilla Tiburtina (o Cumana), al di sopra della quale un angelo srotola una pergamena su cui è scritto "lo aprirò e resusciterò".
• La composizione si snoda a mo' di festone, riprendendo con ritmo più complesso l'idea già sviluppata nelle Virtù della Stanza della Segnatura
• Nella soprastante lunetta, profeti (a d. David e Daniel, a sin. Abacuc e Giona) di Timoteo Viti, su disegno del Sanzio
• Nella cappella di fronte: all'esterno, monumenti funebri detta famiglia Ponzetti (1505 e 1509); all'altare, Madonna con le Ss. Brigida e Caterina e il cardinale Ferdinando Ponzetti, affresco di Baldassarre Peruzzi (1516; sue le storie del Vecchio e Nuovo Testamento nel catino absidale).
• Nella cappella di fianco alla cappella chigi: su disegno di Antonio da Sangallo il Giovane (1525): sull'arco esterno, ornamentazione rinascimentale di Simone Mosca; le statue nelle nicchie (Ss. Pietro e Paolo) e gli altorilievi ai lati dell'arco (profeti e angeli) sono di Vincenzo de Rossi, autore anche delle figure dormienti sulle tombe di Angelo Cesi e della moglie Francesca Carduli Cesi; sull'altare, Sacra famiglia e S. Anna di Carlo Cesi; nel lunettone sopra l'arco esterno, Creazione di Èva e Peccato originale di Rosso Fiorentino (1524).
• Nella cappelle di fronte: Madonna in gloria e i Ss. Ubaldo e Girolamo di Marcelle Venusti; nella lunetta sopra l'arco esterno, Cacciata dal Paradiso terrestre e Famiglia di Adamo di Filippo Lauri.
Tribuna
Ottagonale a cupola fu disegnata dal Sangallo e decorata a stucco su disegno del da Cortona:
• nel tamburo, partendo da destra, Visitazione di Carlo Maratta (1655), Presentazione al tempio del Peruzzi (1524), Nascita della Vergine di Raffaele Vanni e Transito della Vergine di Giovanni Maria Morandi. Nella cappella a destra dell'altare maggiore (Battesimo di Gesù di Grazio Gentileschi (1603).
• Il coro e l'altare maggiore sono di Carlo Maderno (1611), le statue del timpano di Stefano Maderno (1616); sull'altare, venerata immagine della Madonna della Pace (sec. xv), che, colpita da un sasso, avrebbe, secondo la tradizione, versato sangue e per la quale venne costruita la chiesa; la Natività e I'Annunciazione sono del Passignano, la decorazione della volta e del catino absidale di Francesco Albani (1612-14); le sante nel sottarco di Lavinia Fontana (1611-14). Nella cappella a sin. dell'altare maggiore (8), Crocifisso ligneo quattrocentesco, su altare marmoreo di Innocenze Vili della scuola di Andrea Bregno (e. 1490).
• Nella cappella sinistra , Adorazione dei pastori del Sermoneta (1565).
Annesso alla chiesa, il chiostro, prima opera di Bramante a Roma (1500-04): di mirabili proporzioni e inalterato in ogni sua parte, è circondato da un portico ad arcate su pilastri (monumento funebre del vescovo Giovanni Andrea Bocciamo attribuito a Luigi Capponi), cui sono addossate lesene ioniche su alti plinti e reggenti una trabeazione continua con lunga iscrizione nel fregio; il loggiato superiore ha pilastri con lesene a fascio alternati a colonne di ritmo doppio, e cornicione terminale a mensole.
3. Raffaello e la Chiesa di Santa Maria del Popolo: la cappella Chigi
Sita nella chiesa di S. Maria del Popolo, la cappella Chigi è uno straordinario tappeto musivo ideato da Raffaello; il rivestimento della cupola della cappella, conclude una costruzione interamente concepita dal Sanzio che preparò anche i cartoni per i mosaici, tradotti in tessere da Luigi de Pace da Venezia e datati 1516. Non sono pervenuti i cartoni ma alcuni studi su Raffaello, giudicati tra i suoi disegni più significativi. Negli otto scomparti della cupola sono presentate, sotto arcate raffiguranti le volte dei eieli, divinità pagane a mezzo busto, simboleggianti i pianeti, sormontate da figure angeliche che, secondo la dottrina neoplatonica, limitano la potenza degli astri dirigendone il corso . Al centro appare fra gli angeli il Creatore, audacemente scorciato, che con gesto impetuoso da impulso, dominandoli, al cerchio dei pianeti. L'originalissima decorazione, evocante insieme motivi paleocristiani e pagani, è intimamente legata al ritmo delle strutture architettoniche.
4. LE STANZE DI RAFFAELLO
Site al piano superiore del palazzo di Niccolo III in Vaticano, nell'ala settentrionale, parzialmente ricostruita da Niccolo V, le Stanze furono scelte per il suo nuovo appartamento da Giulio II, che non gradiva abitare nei sottostanti locali decorati dal Pinturicchio per Alessandro VI Borgia.
Procedendo da ovest a est si susseguono nell'ordine: la Stanza dell'Incendio, la Stanza della Segnatura, la Stanza di Eliodoro, la Sala di Costantino.
Secondo la testimonianza del Vasari, già prima che Giulio II commissionasse il ciclo ornamentale, alcune pareti presentavano affreschi di Piero della Francesca, Luca Signorelli e fra' Bartolomeo della Gatta. L'incarico della nuova decorazione fu in un primo tempo affidato a un gruppo di artisti di cui facevano parte il Sodoma, Peruzzi, Bramantino e il Lotto. Data la maestria dimostrata da Raffaello nella prima Stanza, il papa decide di affidargli l'incarico dell'intera decorazione, liquidando tutti gli altri artisti. La realizzazione delle Stanze vaticane impegna Raffaello dal 1508 sino alla fine dei suoi giorni (1520), fissando le magistrali tappe del suo percorso artistico in un grandioso complesso decorativo, incentrato su un programma dettato prima da Giulio II e poi da Leone X.
STANZA DELLA SEGNATURA
La decorazione dell'appartamento di Giulio II fu intrapresa partendo dalla Stanza della Segnatura, il cui ciclo, iniziato nel 1508, fu completato nel 1511, come attestano le iscrizioni sull'affresco del Parnaso e sull'architrave della finestra sottostante alla lunetta delle Virtù. Negli stessi anni Michelangelo lavorava alla Volta della Cappella Sistina, di cui fu scoperta una parte nell'agosto 1511. La denominazione della Stanza deriva dal fatto che venne adibita, subito dopo il compimento dei lavori, a sede del tribunale della Segnatura gratiae (il tribunale supremo della curia, presieduto dal papa), e sebbene tale designazione sia in uso ancora oggi, in origine era destinato a ospitare la biblioteca privata di Giulio II, umanisticamente ripartita nei settori filosofico, teologico, poetico e giuridico. Raffaello allestisce un complesso programma decorativo il cui motivo dominante è l'esaltazione delle idee del vero, del bene e del bello; il vero, nei due aspetti di verità rivelata, nella teologia (Disputa del Sacramento), e di verità naturale o razionale, nella filosofia (Scuola d'Atene); il bene nelle virtù cardinali e teologali e nella legge, intesa sia sotto l'aspetto canonico (Gregorio IX approva le decretali), sia sotto l'aspetto civile (Triboniano consegna le pandette a Giustiniano); il bello rappresentato dalla Poesia (Parnaso). Nelle storie delle pareti sono tuttavia raffigurate non immagini astratte, ma gli uomini illustri, personaggi storici che, pur assumendo valore di simboli, vengono accuratamente tipicizzati nelle fisionomie e nelle attitudini. Fin dall'arrivo a Roma, Raffaello mostra di saper entrare, con straordinaria apertura capacità di assimilazione, in perfetta consonanza con l'ambiente culturale della corte pontificia che stava riportando l’Urbe all’ antico splendore imperiale.
LA VOLTA
Cornici dipinte a grottesche dividono la superficie in tredici scomparti; intorno a un ottagono centrale, con putti reggenti lo stemma papale, stanno quattro medaglioni, in corrispondenza delle lunette delle pareti, con le personificazioni della teologia, giustizia, filosofia e poesia. Agli angoli, in quattro scomparti rettangolari, sono raffigurati Adamo ed Eva, il giudizio di Salomone, il primo moto (o l'Astronomia) e Apollo e Marsia. Fra l'ottagono e i rettangoli sono inseriti scomparti minori, ciascuno con due 'storie': una a monocromo, in alto, di soggetto storico derivato da Tito Livio; l'altra policroma, in basso, di tema mitologico derivato da Igino. Negli scomparti maggiori le figure appaiono come a rilievo su un fondo simulato a mosaico d'oro. La decorazione della volta, concepita unitariamente, è in diretta relazione con la distribuzione delle 'storie' sulle pareti: la Teologia, avente a destra Adamo ed Èva, sta sopra la Disputa; la Giustizia, seguita dal Giudizio di Salomone, sopra le Virtù; la Filosofia, seguita dal Primo moto, sopra la Scuola d'Atene; la Poesia, seguita da Apollo e Marsia, sopra il Parnaso. Le doppie scene degli scomparti minori stanno a significare l'accordo degli elementi con le discipline raffigurate nei medaglioni, secondo le coppie giustizia-terra, filosofia-acqua, poesia-aria, teologia-fuoco. Tale corrispondenza viene ripresa, ma non con la medesima disposizione, nei putti alati, al sommo degli archi sormontanti le 'storie', recanti emblemi che li fanno riconoscere come geni degli elementi: infatti il genietto dell'aria sta sopra la Disputa e quello del fuoco sopra il Parnaso. Opera del Sanzio sono comunque generalmente considerati soltanto i quattro medaglioni e gli scomparti angolari; le altre figurazioni, unitamente alle cornici a grottesche, spettano ai suoi predecessori , in particolare al Sodoma. L'esecuzione della volta va posta cronologicamente alla fine del 1508.
A. Il Primo moto o l’astronomia
La figurazione è variamente interpretata come una allegoria dell'inizio dell'universo, oggetto di studio della filosofia, oppure come la scienza astronomica in atto di contemplare il globo celeste.
B. Il Giudizio di Salomone
Sono stati notati echi della statuaria antica: la figura del carnefice deriva da uno dei Dioscuri del Quirinale a Roma.
C. Adamo ed Eva
Accanto a ricordi classici compaiono elementi leonardeschi nella figura di Eva. I progenitori sono rappresentati come i responsabili della "felix culpa" che causò la venuta del Redentore. L'esecuzione dello scomparto è stata attribuita al Sodoma.
D. Apollo e Marsia
All'episodio di Apollo e Marsia i neoplatonici fiorentini, riprendendo un motivo pitagorico presente anche in Dante (Paradiso, I 19 e 21), attribuivano un valore simbolico preciso: la vittoria dell'armonia divina sulle passioni terrestri, cui l'anima è strappata. L'esecuzione dello scomparto è stata attribuita al Peruzzi e al Sodoma.
E. La Teologia
La figura femminile, con velo bianco, manto verde e veste rossa (colori delle virtù teologali), ha ai lati due putti recanti tabelle con la scritta "Divinarum] rerum notizia. Dai disegni risulterebbe che in un primo tempo la Teologia era rappresentata da Beatrice.
F. La Giustizia
Figura femminile reggente le bilance e la spada. Ai lati quattro putti con tabelle e la scritta "lus suum unicuique tribuit", tratta da Giustiniano.
G. La Filosofia
Figura femminile indossante una veste con i colori dei quattro elementi (celeste, rosso, verde, giallo), assisa in un trono con ai lati due immagini di Artemide d'Efeso, simbolo della fecondità della natura, recante in mano due volumi intitolati "Moralis" e "Naturalis". Due genietti reggono la leggenda "Causarum cognitio", tratta da Cicerone.
H. La Poesia
Figura femminile coronata di alloro, con le ali spiegate e in mano la lira e un libro. Ai lati due putti reggono tabelle con la scritta "Numine afflatur", tratta da Virgilio [Eneide, VI 50].
LE STORIE PARIETALI
I. La Disputa sul Sacramento
La denominazione tradizionale dell'affresco deriva da una erronea interpretazione secentesca di un passo del Vasari; titolo più appropriato sarebbe quello di “Trionfo dell'Eucaristia” o “Trionfo della Chiesa”. Centro della composizione è infatti l'ostia consacrata, elevata contro il cielo nell'ostensorio al di sopra dell'altare, messa in evidenza dal convergere delle linee prospettiche.
II mistero dell'Eucaristia, miracolo per eccellenza, legame tra cielo e terra, è contemplato dalla Chiesa trionfante e militante, adombrate rispettivamente da un'adunanza di profeti, apostoli e santi e da un concilio di dottori della Chiesa, pontefici e fedeli, disposti in modo da formare due emicicli concentrici e sovrapposti intorno all'asse centrale che collega l'ostia santa alla Trinità. Al sommo della lunetta sta Dio benedicente, fra due gruppi di angeli: più in basso, entro una grande aureola, Cristo con la Vergine e san Giovanni Battista. Sul semicerchio di nubi, assisi ai lati delle tre figure centrali sono, a sinistra: San Pietro, Adamo, San Giovanni Evangelista, David, Santo Stefano e Geremia: a destra: Giuda Maccabeo, San Lorenzo, Mosè, San Matteo, Abramo e San Paolo. Solo alcuni dei personaggi della zona terrena sono stati identificati; tra questi, a sinistra dell'altare: il Beato Angelico, in abito domenicano: Bramante, appoggiato alla balaustra in atto di volgersi verso uno sconosciuto; L'estrema semplicità di struttura e di invenzione dell'affresco, cui tuttavia Raffaello giunse solo molto lentamente e non senza esitazioni, manifesta il simbolo con assoluta immediatezza e geometrica evidenza. I particolari, le singole figure, sono rigorosamente subordinate all'insieme, sia per la disposizione che assume carattere di 'necessità' dalla continua ricerca di simmetrie, rapporti e intervalli, in modo che lo spazio stesso diviene simbolo di un universo spirituale gerarchicamente ordinato, sia mediante le attitudini e i moti, variati da persona a persona, ma unificati nell'unico slancio di adorazione.
J. La scuola d’Atene
Collocata di fronte alla Disputa, che esalta la verità rivelata, la Scuola d'Atene celebra la ricerca razionale del vero. Le figure dei filosofi e dei saggi dell'antichità sono disposte all'interno di un edificio di solenni e grandiose proporzioni, echeggiante motivi dell'architettura romana tardo-imperiale e probabilmente ispirato ai progetti di Bramante per il nuovo San Pietro. Entro nicchie, ai lati del primo arcone, stanno le statue di Apollo e di Minerva, riferibili a modelli classici; il significato delle due figure è chiarito dai bassorilievi situati sotto di esse: una Lotta di ignudi e un Tritone che rapisce una nereide simboleggiano la violenza e le brame sensuali che dominano la parte inferiore dell'animo umano e devono essere guidate dall'autorità della ragione, rappresentata da Apollo; meno decifrabili le allegorie sotto Minerva, che sembrano tuttavia simboleggiare l'attività dell'intelligenza governata dalla divinità. Altre nicchie con statue e bassorilievi si intravedono di scorcio nelle pareti della navata. I medaglioni nei pennacchi della cupola raffigurano un uomo in atto di alzare gli occhi da un libro e una donna che posa un braccio sul globo terrestre; tali gesti sembrano ripetere quelli dei due personaggi centrali, ritti in cima alla scalinata: Platone che, reggendo il Timeo, e Aristotele col volume dell'Etica.
Nei gesti dei due filosofi è racchiusa l'essenza della loro dottrina secondo un procedimento tipico di Raffaello che riesce a concretare in immagini semplici le idee più complesse.
Pitagora, assiso più a destra, in primo piano, e annotante un grosso volume, mentre Telange gli regge una tavoletta; alle sue spalle Averroè che, indossando un turbante bianco, si china su di lui; Eraclito, che poggia il gomito su un gran blocco; Diogene, sdraiato sulla scalinata; l'uomo in piedi accanto a Eraclito, verso il quale è rivolto, indicando un libro aperto, poggiato su un ginocchio, è variamente identificato come Parmenide o Senocrate o Aristosseno. A destra, sempre in primo piano, Euclide si china fra i discepoli a misurare col compasso una figura geometrica; alle sue spalle Zoroastro, di fronte, e Tolomeo, con la corona perché confuso con un re egizio, reggono il primo la sfera celeste, il secondo il globo terracqueo. L'evocazione del tempio della sapienza attraverso 'uomini illustri' del passato è inoltre strettamente collegata alla concezione delle sette arti liberali: in primo piano, a sinistra, grammatica, aritmetica e musica; a destra, geometria e astronomia; in cima alla scalinata, retorica e dialettica. I due gruppi Sul proscenio simboleggiano la scienza dei numeri nei suoi due aspetti, musicale e astronomico.
Mediante corrispondenze tra i personaggi dell'antichità e contemporanei, Raffaello crea un complesso molto particolare: le figure di alcuni dei saggi umanisti e principi della corte pontificia; Platone ha le sembianze di Leonardo, Eraclito di Michelangelo, Euclide di Bramante;; Raffaello stesso si è raffigurato, accanto al Sodoma, nel giovane con berretto nero all'estrema destra.
K. Il Parnaso
La composizione si estende anche a parte delle zone ai lati della finestra. Sulla sommità del colle, Apollo suona una lira con assise ai lati Calliope e Erato che presiedono al coro delle altre muse: Talia, Clio e Euterpe, a sinistra, dietro a Calliope; Polimnia, Melpomene, Tersicore e Urania, a destra, dietro a Erato. I diciotto poeti che circondano il dio sono stati cosi identificati: in basso, a sinistra, Alceo, Corinna, il Petrarca, Anacreonte e Saffo.
Più in alto, Ennio ascolta rapito il canto di Omero, mentre Dante, più indietro, fra i due, guarda Virgilio, che a lui si rivolge con accanto Stazio. A destra discendono l'altura il Tebaldeo (o il Castiglione), il Boccaccio, Tibullo, l'Ariosto, Properzio, Ovidio e il Sannazzaro. In basso, in primo piano, siede Orazio. L'individuazione dei diversi personaggi è tuttavia ancora controversa e ipotetica. D'altra parte i poeti antichi del Parnaso hanno probabilmente le sembianze di umanisti contemporanei del Sanzio. L'interesse di Raffaello per la classicità, inizialmente improntato a un vivo ma generico entusiasmo, che lo spingeva soprattutto alla ricerca di effetti monumentali, si va gradualmente facendo più preciso e archeologico, in accordo con gli orientamenti degli umanisti.
Nello sguancio della finestra è la scritta: "JVLIVS. II. LIGVR. PONT. MAX. ANN. CHRIST. MDXI. PONTIFICAI SVI. Vili.". La data 1511 può essere riferita sia alla conclusione della decorazione dell'intera Stanza, sia al termine dell'esecuzione della parete. L'affresco fu iniziato nel ,1510 o alla fine del 1509.
L. Augusto impedisce agli esecutori testamentari di Virgilio l’abbruciamento dell’ Eneide
M. Alessandro il Grande in atto di far deporre i libri omerici nella tomba d’Achille
N. Le Virtù
Conclude, nella parte superiore, la parete detta appunto “delle Virtù”, opposta a quella del Parnaso. Tre figure femminili sedenti sullo zoccolo di base simboleggiano, da sinistra a destra: la Forza, con l'elmo in capo e reggente un ramo di rovere allusivo al casato di Giulio II; la Prudenza, in vesti verdi e bianche, con un profilo virile inserito fra i capelli; la Temperanza, impugnante le redini. La quarta virtù cardinale, la Giustizia, domina il gruppo dal medaglione della volta: secondo la dottrina di Platone, ripresa da Sant'Agostino, essa è infatti gerarchicamente superiore alle altre. Cinque genietti alati collegano le tre figure con moti armoniosi, imprimendo all’insieme un andamento sciolto e aggraziato; tre di essi impersonano le virtù teologali: quello che coglie frutti dal ramo retto dalla Forza simboleggia la Carità, quello al centro reggente la fiaccola è l'emblema della Speranza, quello a destra, additante il cielo, della Fede.
O. Triboniano consegna le Pandette a Giustiniano.
Posto dal lato della Scuola d'Atene, celebra il diritto naturale. Subì gravi danni che lo rendono quasi illeggibile.
P. Gregorio IX approva le decretali.
Celebra il diritto ecclesiastico. Nella figura del pontefice è ritratto Giulio II; il cardinale a sinistra, reggente il piviale, ha le sembianze dì Giovanni de' Medici; negli altri due cardinali alle sue spalle sono stati riconosciuti Alessandro Farnese e Antonio dal Monte
STANZA DI ELIODORO
La seconda Stanza prende il nome da uno degli affreschi parietali. La decorazione fu iniziata nella seconda metà del 1511 e portata a termine nel 1514. Allo 'speculum doctrinale' della prima Stanza viene sostituito nel nuovo ciclo il tema storico dell' intervento di Dio in favore della Chiesa, secondo uno schema probabilmente steso dallo stesso Giulio II con chiaro riferimento ai propri programmi politico- religiosi, in un momento di crisi dovuta a una grave malattia, alla sfavorevole congiuntura internazionale, che oppone all’ alleanza pontificia (con gli svizzeri e i veneziani) una decisa riscossa francese, e agli attacchi di carattere dottrinario contro l'autorità papale, fomentati dal re di Francia. In tale contesto Giulio II decide di far affrescare la Stanza con narrazioni di episodi storici risoltisi grazie a salvataggi divini operati a favore della Chiesa, in modo da attribuire alla decorazione un fine politico e propagandistico, cui Raffaello conferisce un'enfasi drammatica mai sfiorata nella prima Stanza e che diviene un ineguagliato modello per la successiva pittura di storia.
Sulle pareti sono affrescate quattro 'storie': la Cacciata di Eliodoro dal Tempio, la Messa di Bolsena, la Liberazione di san Pietro e l'Incontro di Attila e Leone Magno. Nel soffitto quattro episodi biblici, rievocanti la protezione di Dio accordata al popolo di Israele, sono in relazione con le storie sottostanti. Lo zoccolo è decorato a chiaroscuro con undici cariatidi (allegorie del commercio, della religione, della legge, della pace, della protezione, della nobiltà, della navigazione, dell'abbondanza, della pastorizia, dell'agricoltura e della viticoltura) e quattro erme con interposte tavolette in finto marmo. Più in basso, in piccoli scomparti imitanti bassorilievi bronzei, sono dipinte scene raffiguranti la prosperità.
LA VOLTA
È divisa in quattro scomparti, intorno al medaglione centrale con lo stemma di Giulio II, da fasce diagonali decorate ad arabeschi su fondo oro. Negli scomparti le 'storie', concepite come teli triangolari di arazzo tesi fra le cornici e fissati con finti chiodi e anelli, raffigurano il Roveto ardente, la Scala di Giacobbe, l'Apparizione di Dio a Noè e il Sacrificio di Isacco. Altri spazi tra le incorniciature recano decorazioni probabilmente eseguite dal Peruzzi prima dell'intervento di Raffaello.
A. Il roveto ardente
Sito sopra la Cacciata di Eliodoro. L'episodio deriva dalla Bibbia [Esodo, III 2]
B. La scala di Giacobbe
Sovrasta la Liberazione di san Pietro: come Dio appare in sogno a Giacobbe, così per mezzo di un sogno libera San Pietro.
C. L’apparizione di Dio a Noè
Sovrasta l'Incontro di Attila e Leone Magno: l'apparizione divina salva Noè dal Diluvio, come Roma dagli unni.
D. Il sacrificio di Isacco
Mentre Abramo diede prova di fede incrollabile, il celebrante di Bolsena, raffigurato sulla parete sottostante, dubitò della realtà della transustanziazione.
LE STORIE PARIETALI
E. La cacciata di Eliodoro dal tempio
In basso, a destra, Eliodoro, profanatore del Tempio, viene atterrato e travolto sotto gli zoccoli del cavallo del messo divino, mentre il sacerdote Oria è assorto in preghiera in fondo, nella penombra rotta dalla luce oscillante del candelabro acceso sull'altare. A sinistra, Giulio II, assiste impassibile all'evento, che allude all'inviolabilità dei possessi della Chiesa e al suo fermo proposito di cacciarne gli usurpatori. La scena si svolge all'interno di un grandioso edificio che assume andamento vorticoso nella convulsa successione di arcate e cupole, scandita da bagliori luminosi e masse d'ombra profonda; la distribuzione delle figure oppone al vuoto centrale due nuclei drammatici laterali, in primo piano. L'impeto irresistibile dell'azione, in cui si manifesta la potenza dell'intervento divino, la violenta concitazione dei movimenti, i contrasti chiaroscurali spinti fino a effetti di luminismo indicano come gli interessi di Raffaello si siano spostati, in un brevissimo volgere di tempo, dalla serena meditazione intellettuale alla rappresentazione drammatica.
La cacciata di Eliodoro: Eliodoro di Antiochia (II secolo a.C.) fu ministro di Seleuco IV, re di Siria. Nel 175 B.C. uccise il sovrano, assumendo la reggenza per conto del figlio del re, Antioco, ma nello stesso anno fu abbattuto dallo stesso Antioco IV. L'episodio che ha ispirato Raffaello negli affreschi delle Stanze vaticane è quello in cui Eliodoro, recatesi a Gerusalemme su ordine del re Seleuco IV per impadronirsi del tesoro custodito nel tempio (// Maccabei, 3, 7-40), ne sarebbe stato scacciato dall'intervento di una misteriosa figura (un angelo) a cavallo che calpestò Eliodoro, poi percosso e ridotto in fin di vita da altri due personaggi.
F. La messa di Bolsena
L'affresco scende ai lati della finestra. Sulla medesima parete il Bramantino aveva precedentemente dipinto figure di condottieri. Raffaello raffigurò il miracolo occorso nel 1263 a Bolsena, dove un sacerdote boemo, dubbioso sulla realtà del mistero della transustanziazione, celebrando la messa sull'altare di Santa Cristina, vide stillar sangue dall'ostia consacrata: dal fatto trasse origine la festa del Corpus Domini. Tradizionalmente si attribuisce la scelta del tema a Giulio II, desideroso di celebrare la vittoria della Chiesa nel concilio lateranense aperto nel maggio 1512. Di fronte al sacerdote boemo, in atto di celebrare la messa, è raffigurato Giulio II in preghiera, con alle spalle un gruppo di cardinali. La difficoltà compositiva causata dal decentramento della finestra rispetto all'asse della lunetta è superata con estrema naturalezza e semplicità prolungando sulla destra il piano su cui sorge l'altare e con una diversa disposizione delle figure nelle zone inferiori; all'agitazione dei personaggi sulla sinistra viene contrapposta, dall'altro lato, l'immobilità del pontefice e della sua corte. Come nella Cacciata di Eliodoro, il Sanzio distingue le figure che partecipano all'azione da un gruppo di astanti, in attitudine contemplativa. Anche in questa storia appare intenso l'effetto luministico, ma l'impressione generale è di equilibrio
G. La liberazione di San Pietro
Sulla parete ove già aveva dipinto Piero della Francesca, l'affresco si estende in basso ai lati della finestra. Seguendo fedelmente il racconto degli Atti degli Apostoli [XII, 6 ss.], Raffaello accosta due momenti successivi dell'azione: al centro, oltre le grate della prigione di Gerusalemme, l'angelo sfolgorante di luce appare al santo; a destra, lo conduce per mano fuori del carcere, superando le guardie assopite, che appaiono, dall'altro lato, nello sbigottimento del risveglio, illuminate dalla fredda luce notturna, dal bagliore delle fiaccole, dai riflessi guizzanti sulle corazze. La luce è la gran protagonista della scena: piegandola ad effetti inediti con straordinaria libertà e moderna sensibilità, il Sanzio esprime l'evento miracoloso nella sua istantanea, concentrata drammaticità.
La liberazione di Pietro dal carcere: «Si avvicinava il giorno nel quale Erode voleva giudicare Pietro davanti al popolo. La notte prima del processo Pietro dormiva fra due soldati, legato con doppia catena. Davanti alla porta della prigione le sentinelle facevano la guardia. Quand'ecco improvvisamente entrò un angelo del Signore e la cella si riempì di luce. L'angelo toccò Pietro [...le subito le catene caddero dai polsi.» (Atti degli Apostoli, 12, 6-8)
H. L’incontro di Attila e Leone Magno
L’incontro fra il pontefice e il re degli Unni, avvenuto nei pressi del Mincio nel 452, è raffigurato dal Sanzio sullo sfondo di Roma: sono riconoscibili a sinistra una basilica, un acquedotto e il Colosseo, mentre a destra un incendio divampa su monte Mario; il pontefice muove incontro alle orde di Attila mentre nel cielo appaiono i santi Pietro e Paolo armati di spade, in luogo del vecchio in abiti sacerdotali di cui parla la tradizione. Nelle intenzioni di Giulio II la 'storia' doveva probabilmente alludere alla battaglia di Ravenna; dopo la morte del pontefice, però, Leone Magno ricevette le sembianze del nuovo eletto Leone X, la cui effigie appariva, già prima della sostituzione, nell'ultimo cardinale a sinistra. L'affresco presenta ormai lo schema compositivo a-simmetrico che dominerà nella Stanza successiva. L'esecuzione è in gran parte opera di scuola.
STANZA DELL’INCENDIO DI BORGO
Già detta Stanza di “torre Borgia”, prese il nome da una delle 'storie' parietali. È la prima dell'appartamento di Giulio II, e venne affrescata dopo quelle della Segnatura e di Eliodoro, dal 1514 al luglio 1517. Il tema storico-politico vi appare sviluppato con intonazione più apertamente encomiastica in quattro episodi
Mentre la decorazione della volta è incentrata sui temi dell'esaltazione della grazia e della giustizia divine, sulle pareti Raffaello è chiamato a glorificare le storie dei papi Leone III e Leone IV, che Leone X considera precursori e propiziatori del proprio pontificato. Qui la narrazione perde i toni di drammatica urgenza politica che avevano informato la seconda Stanza, per distendersi in un'enfasi celebrativa di stampo teatrale, più esibita,
A. L’incendio di Borgo L'affresco raffigura un episodio tratto dal Liber pontificalis : Leone IV, impartendo la benedizione, estingue prodigiosamente l'incendio divampante nel quartiere romano di Borgo. La storia appare trasposta su un piano di classicismo eroico e letterario, tramite l'inserzione di figure e architetture che alludono chiaramente alla descrizione virgiliana dell'incendio di Troia. A sinistra è riconoscibile il gruppo di Enea col padre Anchise sulle spalle e il figlio Ascanio a lato; il vicino colonnato corinzio si ispira a quello del tempio di Marte Ultore, mentre l'altro edificio sul proscenio, a destra, ricorda il tempio di Saturno;
L'intento dell'opera è quello di ideare un'allegoria politica riferibile a Leone X, che avrebbe voluto essere salutato dai contemporanei come il pacificatore che aveva spento le fiamme della guerra. L'impostazione scenografica e teatrale diventa qui dominante: il primo piano risulta affollatissimo di episodi e personaggi, mentre l'occhio è condotto verso il fondale architettonico dalle linee prospettiche del pavimento fino a inquadrare una loggia a serliana (cioè con una finestra a tre aperture, di cui quella centrale ad arco e le laterali architravate), dalla quale il papa impartisce la propria liberatoria benedizione. Accanto è raffigurata la facciata dell'antica basilica di San Pietro, decorata da mosaici. Il primo piano e lo sfondo sono direttamente collegati dalla figura di donna inginocchiata che leva le braccia supplicanti in direzione del papa, mentre un altro personaggio femminile rappresentato da tergo, la portatrice d'acqua eretta sulla destra, è colto in una posa modernamente sinuosa.
B. La battaglia di Ostia
L'affresco, allusivo alla crociata contro i turchi vanamente invocata da Leone X, raffigura un episodio tratto dal Liber pontificalis: l'attacco sferrato nelle acque di Ostia contro le galee pontificie dalla flotta araba, che venne però dispersa da una tempesta (849).
A sinistra, nella figura di Leone IV in atto di render grazie, è ritratto Leone X.
C. L’incoronazione di Carlo Magno
Raffigura l'incoronazione dell'imperatore nella basilica vaticana (800), alludendo forse al concordato stipulato a Bologna nel 1515 fra Leone X e Francesco I di Francia, che sono ritratti nei personaggi di papa Leone III e Carlo Magno.
D. La Giustificazione di Leone III
Il dipinto, esteso ai lati delta finestra, raffigura un episodio tratto dal Liber pontificalis: Leone III, alla presenza di Carlo Magno e del clero nella basilica di San Pietro, si giustifica respingendo le calunnie dei nipoti di Adriano I, mentre dall’alto si odono le parole: "Dei non hominum est eplscopos iudicare" (23 dicembre 800). Risulta evidente l'allusione alla conferma data nel 1516 dal concilio lateranense alla bolla di Bonifacio VIII Unam sanctam, sanzionante il principio della responsabilità del pontefice appena di fronte a Dio.
STANZA DI COSTANTINO
Nelle 'vite' di Raffaello, il Vasari ricorda che la decorazione della quarta Stanza, nei Palazzi Vaticani a Roma, commessa da Leone X nel 1517, fu compiuta dagli scolari dopo la morte del maestro: Raffaello eseguì i cartoni e fece preparare una delle pareti per iniziare il dipinto a olio dopodichè morì.
Nella Sala trova compimento il motivo celebrativo storico-politico già sviluppato nella seconda e nella terza Stanza. Gli affreschi principali, simulanti arazzi fissati alle pareti, raffigurano il Battesimo di Costantino, la Visione della Croce, la Battaglia di Ponte Milvio e la Donazione di Roma al papa. Ai lati, entro nicchie, si trovano immagini di pontefici fra angeli e figure allegoriche.
Nello zoccolo a finto marmo cariatidi sormontanti lo stemma dei Medici si alternano a episodi della vita di Costantino, dipinti a monocromo simulando bassorilievi in bronzo. I motivi allegorici, gli episodi storici (Pagani convertiti che distruggono gli idoli, San Silvestro incatena il drago, Costantino torna con la madre da Gerusalemme, San Gregorio compone una omelia), situati negli sguanci delle finestre, furono dipinti da Perin del Vaga. I lavori furono terminati sotto Clemente VII.
A. La visione della croce
Si ispira, sia nella composizione generale, sia in alcuni particolari, al motivo della 'Adlocutio' più volte raffigurato sulla colonna Traiana. Sul basamento da cui Costantino arringa i soldati, prima della battaglia contro Massenzio, si legge: "ADLOCUTIO QUA DIVINITATIS IMPULSI CONSTANTINIANI VICTORIAM REPERERE". Nel cielo appare la Croce con la leggenda in caratteri greci:
B. La battaglia di Ponte Milvio
La composizione riecheggia estesamente motivi della plastica romana; la figura dell'imperatore è desunta dal rilievo traianeo nell'Arco di Costantino. Un edificio in alto a sinistra raffigura probabilmente villa Madama, allora in costruzione su progetti del Sanzio.
C. Il battesimo di Costantino
L'episodio si svolge in un edificio che richiama da vicino il battistero lateranense; papa Silvestro ha le sembianze di Clemente VII. Sul libro retto dal sacerdote si legge: "Hodie sa-lus Urbi et Imperio facta est", mentre ai lati, in basso, sono le Iscrizioni: "LAVACRUM RENASCENTIS VITAE C. VAL. CONSTANTINI" (a sinistra) e "CLEMENS VII PONT. MAX. A LEONE X COEPTUM CONSU-MAVIT MDXXIIII"
D. La Donazione di Roma
I pontefici medicei fecero porre a conclusione del ciclo storico celebrante il papato l'episodio della Donazione. In un edificio che ricorda la vecchia basilica vaticana, Costantino offre a papa Silvestro una statuetta della dea Roma, simboleggiante la sovranità temporale.
Sulle colonne in primo piano a sinistra e a destra, sono le scritte: "IAM TANDEM CHRISTUM LIBERE PROFITERI LlCET" e "ECCLESIAE DOS A CONSTANTINO TRIBUTA". Nei monocromi in basso sono raffigurati il Ritrovamento della Croce, Silvestre I guarisce Costantino dalla lebbra e l'Apparizione dei santi Pietro e Paolo a Costantino ammalato.
E. La Giustizia
Figura allegorica dipinta a olio presso l'effigie di Urbano I.
F. La Mansuetudine
Figura allegorica dipinta a olio presso l'effigie di..Clemente I.
LE STANZE A CONFRONTO
Se la prima Stanza condensa in scene equilibrate e monumentali la profondità dell'ideale umanistico conciliatorio tra l'antico e il presente e la seconda esprime la consapevolezza del tramonto di tale temperie, sostituita dal sentimento dell'irrequietezza e dell'incertezza del presente, la terza propone la ricostruzione di un universo figurativo più eclettico in cui ambientare le scene, legato alla crisi politica, morale e religiosa ormai serpeggiante. La storia della quarta Stanza, detta di Costantino (analisi in 16. L'età della Maniera e Venezia], commissionata da Leone X a Raffaello nel 1517 ma condotta a termine dagli allievi solo dopo la sua morte (1520), riguarda già un altro capitolo, in quanto preannuncia, sia nella strutturazione complessiva sia nelle impaginazioni delle scene di battaglia, gli esiti del Manierismo.
LE LOGGE DI RAFFAELLO
Le Logge costituiscono il secondo gruppo dell'edificio progettato da Bramante per Giulio Si come prospetto del palazzo di Niccolo III in Vaticano, proseguito e compiuto, sotto Leone X, da Raffaello che ne ideò anche la decorazione a stucco e a fresco. La galleria è divisa in tredici campate, ornate nelle volte a padiglione ciascuna da quattro 'storie' a fresco entro cornici a stucco esagonali, rettangolari o centinate, con agli angoli decorazioni a grottesche e motivi architettonici in tutte le altre. Le 'storie' delle prime dodici volticelle raffigurano episodi del Vecchio Testamento; quelle della tredicesima, episodi tratti dal Nuovo. La decorazione a stucco e a grottesche si sviluppa anche lungo le pareti e sui pilastri; la maggior parte dei rilievi raffigura temi mitologici; altri riproducono opere famose, come il Torso del Belvedere, il San Giorgio di Donatelle, il Giona del Lorenzetto per la cappella Chigi in Santa Maria del Popolo; altri ancora rievocano avvenimenti contemporanei della corte pontificia: Leone X che impartisce la benedizione a un prelato nelle Logge, l'elefante Annone ecc. I monocromi dello zoccolo riprendono temi biblici. Raffaello si limitò a ideare la decorazione e sovrintese ai lavori, fornendo in qualche caso i disegni.
Gli affreschi soffrirono sia a causa delle intemperie, cui rimasero esposti per secoli finché l'ambiente non venne chiuso con vetri nella seconda metà dell'800, sia a causa di antichi maldestri restauri.
A. Storie della Genesi (I Volticella).
B. Storie di Adamo ed Eva (II Volticella).
Raffigurano la Creazione di Èva, il Peccato originale, la Cacciata dall'Eden e il Lavoro dei progenitori.
C. Storie di Noè (III Volticella).
Sono raffigurati la Costruzione dell'arca, il Diluvio, l'Uscita dall'arca e il Sacrificio.
D. Storie di Abramo (IV Volticella). Concernono gli episodi biblici di Abramo e Melchisedech, la promessa di Dio, l'Incontro con gli angeli, la Fuga da Sodoma,
E. Storie di Isacco (V Volticella).
I temi sono: Dio che appare a Isacco, Isacco e Rebecca spiati da Abimelech, la Benedizione di Giacobbe, la Primogenitura a Esaù.
F. Storie di Giacobbe (VI Volticeli).
Raffigurano il Sogno di Giacobbe, l'Incontro con Rachele, il Patto con Labano, l'Andata a Canaan.
G. Storie di Giuseppe (VII Volticella).
Di Giuseppe ebreo sono raffigurate la Spiegazione dei sogni ai fratelli, la Vendita da parte dei fratelli, la Tentazione da parte della moglie di Putifarre e la Spiegazione dèi sogni al faraone.
H. Storie di Mosè (Vili Volticella).
Raffigurano Mosè salvato dalle acque, il Roveto ardente, il Passaggio del mar Rosso e II Prodigio dell'acqua fatta scaturire dalla rupe.
I. Storie di Mosè e Giosuè (IX Volticella).
Concernono la Consegna delle tavole della Legge, l'Adorazione del vitello d'oro, la Colonna di fumo e la Presentazione agli ebrei delle tavole della Legge.
J. Storie di Giosuè (X Volticella).
Sono raffigurati il Passaggio del Giordano, la Caduta di Gerico, Giosuè che arresta il sole e la luna, la Divisione della terra promessa.
K. Storie di Davide (XI Volticella).
Sono raffigurati la Consacrazione, lo Scontro con Golia, il Trionfo sugli assiri e la Toletta di Betsabea.
L. Storie di Salomone (XII Volticella).
Gli episodi raffigurati sono la Consacrazione, il Giudizio, l'Incontro con la regina di Saba e la Costruzione del tempio
M. Storie di Cristo (XIII Volticella).
Si tratta della Natività.
5. Caravaggio e La Deposizione di Cristo
Nei primissimi anni del Seicento la fama di Caravaggio è attestata dal cospicuo numero di prestigiose commissioni pubbliche e private che l'artista si vede assegnare sino al momento della fuga da Roma, dopo l'omicidio di Ranuccio Tommasoni (1606). Le pale d'altare di questa stagione, con la loro travolgente carica di novità, testimoniano un fervore creativo e una volontà di sperimentazione assolutamente straordinari, i cui esiti avranno conseguenze profondissime e durature per le successive vicende dell'arte italiana ed europea. Tra il 1606 e il 1610, inseguito dalla condanna a morte in contumacia, Caravaggio è costretto a continui spostamenti dal Lazio
a Napoli, da Malta alla Sicilia e di nuovo a Napoli, sino alla tragica morte a Porto Èrcole. In questo periodo non cessa mai di lavorare, realizzando una mirabile sequenza di opere che influenzeranno le tradizioni artistiche locali, e in cui è riflessa, talora in modo drammatico, la sua condizione di omicida fuggiasco.
Tra le numerose opere del Caravaggio, ricordiamo la cosiddetta Deposizione di Cristo (olio su tela, Roma, Pinacoteca vaticana)
L'opera viene eseguita per la cappella Vittrice nella chiesa romana di Santa Maria in Vallicella, retta dai filippini. L'iconografia del seppellimento di Cristo appare rinnovata secondo un originale spunto figurativo che rag-gruppa i personaggi in un compatto nucleo plastico-cromatico. Sbalzato dalla luce, esso suggerisce l'idea di una pittura-scultura fi colori, volutamente discordanti e accesi con funzione ravvicinante, sono il rosso, il verde, l'arancione, l'azzurro marino) ulteriormente accentuata dal punto di vista ribassato e dall'illusivo protendersi verso l'osservatore del gomito di Nicodemo e della pietra tombale posta di spigolo. La disposizione dei personaggi, violentemente investiti dal raggio di luce "vera" spiovente da sinistra, delinea un dinamico schema a ventaglio, che dalla verticale della Maria di Cleofa a braccia levate (un gesto di disperazione che è anche allusione alla croce del martirio di Gesù) declina con moto antiorario nella bellissima Maddalena piangente, nella Madonna solcata di rughe, nel corpulento Nicodemo e nel san Giovanni, sino alla luminosa orizzontale del Cristo morto, della cui classica compostezza si ricorderà quasi due secoli dopo Jacques-Louis David per il suo Marat assassinato.
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