Museo del Louvre - Parigi

Materie:Tesina
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

LOUVRE
Parigi
STORIA
Nato nel 1783, il Louvre è uno dei primi musei europei. Oggi riveste un ruolo fondamentale nella vita culturale francese e internazionale. L’insieme dei 7 dipartimenti in cui documenta l’evoluzione dell’arte antica presso la civiltà del Mediterraneo e di quelle europea dell’alto medioevo alla prima metà del XIX sec. Nel 1190 Filippo Augusto ordina la costruzione del torrione e della fortezza del Louvre successivamente ampliata e modificata nel corso degli anni divenuto poi anche palazzo reale; nel quale vissero i più prestigiosi re perfino il re Sole e contribuirono alla raccolta delle collezioni del Louvre. Nel 1594 Enrico IV stabilisce di unire l’edificio alle Tuileries, il palazzo fatto costruire da Caterina de’Medici fuori dalle mura di Parigi, creando un unico gigantesco complesso. Nel 1674 il sovrano e la corte si trasferiscono a Versailles. Nel 1848 con la seconda Repubblica si progetta di fare del Louvre un Palazzo del Popolo consacrato alla scienze e alle arti che include il museo, la Biblioteca nazionale e alcuni saloni da esposizione. Durante il Secondo Impero (1852-72) il barone Haussmann demolisce i vecchi quartieri che lo univano alle Tuileries, palazzo che sarà poi abbattuto nel 1883 a seguito di un incendio, aprendo così la prospettiva dall’Arc du Carrousel a quello dell’Etoile. Con la proclamazione della Terza Repubblica il Louvre diventa definitivamente un museo nazionale. Ci fu una riorganizzazione delle sale –iniziata già alla vigilia della seconda guerra mondiale e continuata nel dopoguerra- culminata nel 1984 con l’avvio dei lavori per il Grand Louvre. Il simbolo di rinnovamento è la piramide di vetro, inaugurata nel 1989, che s’innalza al centro della Cour Napoleon. Progettata dall’architetto Leoh Ming Pei, segna l’ingresso principale.
PITTURA - ARTISTI ED OPERE
PISANELLO
RITRATTO DELLA PRINCIPESSA ESTENSE: cm 43*30, 1436-1438, tempera su tavola. L’emblema delle Casa d’Este è l’anfora ricamata sulla manica, si dice sia la principessa Ginevra d’Este sposa di Sigismondo Malatesta. Opera che si rifà al cosiddetto gotico internazionale poiché da una resa realistica della natura (fiori, farfalle, piante sullo sfondo) e all’importanza che da alla dama utilizzando una linea di contorno incisiva e astratta. Significato simbolico fiori garofano: matrimonio e fidanzamento. Acqualegia o colombina: passione di Cristo/passione amorosa.
LEVRIERO: cm 18.4*24.5, 1430, disegno a penna e acquerello. Ripreso nel quadro San Giorgio e la principessa a Verona nel museo di Castelvecchio. Dà molta importanza alle forme anatomiche, sembra quasi reale.
TESTA DI DONNA: cm 25*17, studio per l’affresco S.Giorgio e la principessa, penna e matita. Utilizza ancora la tecnica del profilo utilizzando una linea di contorno fluida che parte dalla fronte per arrivare al naso formando una S, e conferisce al ritratto l’espressione penosa e di quieta serenità. Il taglio così nettamente di profilo della figura si rifà alla tradizione delle medaglie celebrative con ritratti di principi di cui Pisanello fu uno dei max interpreti.
PAOLO UCCELLO
MAZZOCCHIO: cm 16*23, disegno a penna su traccia a punta di metallo, bistro a pennello. (Bistro: pigmento marrone ottenuto dalla bollitura di fuliggine del legno di faggio, usato per l’ombreggiatura dei disegni a penna e a inchiostro.) Studio struttura mazzocchio dell’affresco “Diluvio e Recessione delle acque a Firenze”. Mazzocchio è una struttura in materiale leggero, usato un tempo dai fiorentini quale ossatura di un copricapo al quale si avvolgeva una stoffa. Dal punto di vista geometrico si tratta di un solido il cui disegno in prospettiva è di grande complessità ma che Paolo riuscì a riportare perfettamente.
BATTAGLIA DI SAN ROMANO: cm 182*317, 1456-1460, particolare di tempera su tavola. Dipinto + conosciuto raffigurante il conflitto avvenuto nel giugno 1432 che oppose le armate fiorentine alle senesi. Evento raffigurato in 3 tavole (Uffizi a Firenze e National Gallery a Londra); commissionato dalla Famiglia Medici.
ANDREA MANTEGNA
S.SEBASTIANO: cm 275*142, 1480, olio su tavola. Dipinto dimostra il suo autentico interesse per il mondo classico e venerazione delle antichità. In primo piano il santo trafitto dalle frecce, legato ai resti di un edificio classico contro una colonna con capitello composito e un pilastro dai cui stipiti prende le mosse quel che resta di un arco. Sull’abaco del capitello esiste ancora una porzione di trabeazione, parti della quale cadute a terra costituiscono l’appoggio per S. Sebastiano. Fra i resti da notare la porzione di 1a statua. Accanto cresce un fico selvatico e l’edera. Sullo sfondo costituito da una stratificazione urbana: in basso antiche mura di edifici classici, ed in alto su uno sperone roccioso sorge un acropoli murata.
PARNASO: cm 160*152, 1495-97, tempera su tela. Parnaso non rispecchia il significato reale del quadro di cui si discute ancora il contenuto. L’opera faceva parte, assieme ad altre tele, della decorazione dello Studio di Isabella d’Este nel castello di Mantova. Tra personaggi raffigurati possiamo riconoscere alcune divinità classiche: Mercurio a destra assieme all’Ippogrifo, Orfeo a sinistra che accompagna con la lira il ballo delle fanciulle, Vulcano nella sua fucina; e Venere e Marte in cima all’arco naturale che domina la composizione.
LEONARDO DA VINCI
LA VERGINE DELLE ROCCE: cm 198*123, olio su tavola trasportato su tela. Iniziata 1483 dopo il suo arrivo su commissione delle Confraternita (laici dediti a opere di bene) dell’Immacolata Concezione, fu ultimata entro il 1486. La scelta del soggetto è dovuta forse al fatto che la tavola fosse destinata alla Chiesa di San Francesco Grande (distrutta fra 700-800) che come voleva tradizione sorgeva sul luogo che un tempo era stato un cimitero cristiano detto “grotta”. In uno spazio roccioso oltre il quale si intravedono spazzi di luci e un paesaggio lontano e profondissimo, stanno la Vergine, il Bambino, un angelo e S.Giovannino. Le varie specie erbose sembrano quasi morbidi giacigli per Gesù e S.G. La Vergine è al centro della scena, il suo braccio destro è teso ad abbracciare con grande tenerezza il piccolo S.G. che è in adorazione di Gesù, l’altra mano si apre in un gesto protettivo sul capo del Bambino. L’angelo, in ginocchio, sorregge il Bambino divino mentre guarda un ipotetico osservatore fuori dal quadro e gli indica S.Giovannino. Su questa tavola si concretizza una concezione di L.: il dipinto deve dare la sensazione di profondità. Ci sono 3 elementi che danno un significato sacro e profetico: battesimo (pozza d’acqua in primo piano); passione (foglie a forma spada degli Iris); resurrezione (foglie di palma).
MONNA LISA: cm 77*53, 1503-06 o 1513-15, olio su tavola. 1513 o 1515 per Giuliano de’ Medici dipinse questo ritratto identificata in Isabella Gualandi, una gentildonna napoletana che era in relazione con il Medici. 1503-06 perché Leonardo avrebbe subito l’influenza di Raffaello. La tavola mostra una giovane donna in posa al di qua di un parapetto, mentre oltre quello si dipana la + grandiosa visione geologica mai immaginata. Il tenue sorriso di lei e il suo sguardo, che sembra seguire lo spettatore dovunque esso si sposti, derivano il loro fascino in gran parte dallo sfumato. L’artista ha nascosto i lati della bocca e gli angoli degli occhi della donna nell’ombra e l’impossibilità di poterne afferrare dei contorni precisi impedisce che si abbia di lei un immagine sicura e definitiva, tale mancanza di definizione rinnova nello spettatore il desiderio di meglio conoscere le sue forme ed ella sembra pulsare come se fosse viva e respirasse. I contorni sfumati fondono la Gioconda con il paesaggio alle sua spalle; un paesaggio roccioso con 2 laghi su 2 differenti livelli e un ponte all’altezza delle spalle della giovane donna, l’unico elemento di fattura umana che rende visibile la fede del Rinascimento nella volontà dell’uomo. La grandezza e l’immensità di tale natura diventeranno l’unico soggetto nella serie dei disegni di Diluvi, databili al 1516 circa.

PAOLO VERONESE
LA VITTORIA DELLE VIRTU SUL VIZIO: cm 36*27, 1581-82, penna e inchiostro bruno con acquerello grigio lumeggiato e biacca su carta preparata grigio azzurra. Uso sapiente delle luci (biacca) e delle ombre (acquerello) che vengono trattate come se egli stesse dipingendo con i colori.
NOZZE DI CANA: cm 669*990, 1562-63, olio su tela. Paolo aveva una predilezione per le cene, infatti per dipingere quest’opera si rifà a un suo precedente dipinto “La Cena in Casa di Levi”. Riduce i diversi episodi della storia sacre in questo caso l’”Ultima Cena” a cerimonie fastose in cui interviene non solo una folla variopinta e cosmopolita della Venezia del ‘500, ma un campionario di servi, buffoni, animali esotici e nostrani, di vasellami pregiati, di tovaglie ricamate e damascate, collocato entro articolazioni architettoniche solare perché aperte all’ingresso trionfale della luce diurna, sullo sfondo di una Venezia tutta di marmo.
CARAVAGGIO
MORTE DELLA VERGINE: cm 369*245, 1605-06, olio su tela. Commissionatagli dai Carmelitani Scalzi della Chiesa di Santa Maria della Scala, fu da questi rifiutata perché ritenuta irrispettosa della figura della Vergine. Raffigura la Madonna subito dopo la morte, mentre Maddalena e gli Apostoli le si stringono intorno piangendo. Il particolare che scandalizzo i contemporanei fu proprio la figura della Vergine modello della quale- secondo una tradizione ricorrente, anche se non confermata- l’artista utilizzò il cadavere di una giovane prostituta affogata nel Tevere. Il corpo di Maria adagiato diagonalmente su una semplice panca di legno, appare già irrigidito dalla morte, la giovane Maddalena che singhiozza accasciata in primo piano su una seggiola e così come gli apostoli, ciascuno dei quali è colto nell’espressione più genuina del proprio dolore. Caravaggio così dimostra una profonda religiosità, egli non ha la presunzione di elevare l’uomo a Dio ma cerca di portare Dio fra gli uomini. Il pesante drappo, che pende sul corpo di Maria, è simbolo di sangue e violenza. La luce che proviene dal retro, forse da un’altra finestra, percorre obliquamente, sottraendo solo in parte i personaggi dalle tenebre; rappresenta il simbolo della grazia divina.
SCUOLA DI FONTAINEBLEAU - ANONIMO FRANCESE
GABRIELLE D’ESRÉES E UNA SORELLA: cm 96*125, XVI sec., olio su tela. Qui le 2 figure sono nella vasca: una figura tiene tra le dita il capezzolo dell’altra, un gesto che simboleggia la fertilità di Gabrielle e i suoi progetti di matrimonio con Enrico VI. L’opera riprende il tema del baldacchino con le tende scostate per lasciar apparire il doppio ritratto, sullo sfondo un salone domestico, con una donne che cuce vicino ad un camino col fuoco acceso. Il dipinto fa riferimento allo stile del Clovet ed è fortissima l’influenza della Scuola di Fontainebleau.
GEORGES DE LA TOUR
MADDALENA PENITENTE : cm 128*94, 1640, olio su tela. L’opera raffigura la donna nell’atto di meditare sulla caducità (cioè la condizione di chi è destinato a perire, a durare poco) delle cose terrene. Il ventre è cinto dal cilicio, una mano è appoggiata sul teschio e l’altra sostiene il mento: è chiara la corrispondenza istituita tra i 2 gesti e trasparente l’allusione alla fine inevitabile della vita. Maddalena fissa la fiamma che è l’unica fonte di luca del dipinto ed il simbolo del consumarsi veloce del tempo.
JACQUES-LOUIS DAVID
LA CONSACRAZIONE DI NAPOLEONE : cm 610*931, 1805-1807, olio su tela. David venne nominato primo pittore dell’Imperatore nel dicembre 1804; la cerimonia venne celebrata a Notre-Dame e Napoleone incorona Josèphine dopo che Papa Pio gli donò la benedizione.
RITRATTO DI MADAME RÉCAMIER: cm 173*243, 1800, olio su tela. Opera tipicamente neoclassica, non solo per il vestito della donna e lo stile del mobilio, ma per la concezione pittorica generale. La composizione appare rigorosa, la figura semidistesa contrasta con lo sfondo. David si allontana definitivamente con la pittura rococò privilegiando i modelli antichi.
EUGÈNE DELACROIX
LA LIBERTÀ GUIDA IL POPOLO : cm 260*325, 1830, olio su tela. Opera fondamentale del Romanticismo francese, fa riferimento ai moti popolari del 1830 che condussero alla deposizione di Carlo X di Borbone e portarono sul trono il monarca Luigi Filippo d’Orléans. L’artista raffigura se stesso nell’uomo che impugna il fucile sulla barricata sconvolta, mentre la folla degli armati si intravede attraverso il fumo delle esplosioni che vela la città.
JEAN-AUGUSTE-DOMINIQUE INGRES
IL BAGNO TURCO : tondo, diametro cm 108, 1862, olio su tela. Sarebbe dovuto diventare proprietà del Principe Napoleone, ma la moglie giudicò l’opera immorale e l’artista, riavuto il quadro, ne modificò il formato.
RAFFAELLO SANZIO
MADONNA COL BAMBINO E SAN GIOVANNINO: cm 182*80, 1507, olio su tela. Eseguita durante il soggiorno fiorentino. Tema già trattato da Leonardo, viene sviluppato da Raffaello secondo un modello compositivo nel quale le figure si raggruppano a piramide, il cui apice è la testa della Vergine. In questa tavola Raffaello rivive la sua capacità di pittore classico. L’opera è detta anche “La Belle Jardinière”.
JAN VERMEER
LA MERLETTAIA: cm 24*21, 1665 circa, olio su tela, acquistato nel 1870. sulla parete di fondo a destra c’è la firma. Difficile realizzare le forme perché il soggetto e gli elementi più importante sono messi in primo piano. Sorgente luminosa a destra e il punto di vista è dal basso. Tipico di questo artista il voler rappresentare i soggetti femminili durante la vita quotidiana e circondati dagli oggetti più cari. La luca risalta i colori e il soggetto.
HYACINTHE RIGAUD
RITRATTO DI LUIGI XIV: cm 277*194, 1701, olio su tela. Questo ritratto di Luigi XIV è il più grande patrono della pittura barocca che renderà il Louvre una galleria nazionale. Rigaud riesce a far coesistere idealizzazione e naturalismo, in particolare nella resa dei materiale e delle modificazioni cromatiche dovute agli affetti della luce. Il volto è ritratto dal vero mentre il resto della composizione è dipinto separatamente nello studio del pittore.
SCULTURA – ARTISTI ED OPERE
MICHELANGELO BUONARROTI
SCHIAVO MORENTE: cm 209, 1513-1515, marmo. Furono scolpite per il basamento del mausoleo di Papa Giulio II. Nel 1542 l’artista la dona a Roberto Strozzi in cambio dell’accoglienza che questi aveva dato durante una malattia. Passata in Francia, fu collocata nel Castello di Montmorency a Ecouen e in quello di Richelieu a Pointou; sequestrata nel 1793, quando la vedova dell’ultimo dei marescialli Richelieu l’aveva posta in vendita, divenne proprietà dello Stato francese. La lunga figura “serpentina” è bloccata nelle 3 angolazioni dei gomiti e del ginocchio destro che misurano l’espandersi in profondità ed è costretto in un lento, sofferto spasmo, non tanto dal laccio teso sui pettorali, quanto dall’inerzia stessa della materia. La statua rappresenta: le province sottomesse da Giulio II (pontefice condottiero), le arti liberali ridotte in schiavitù a causa della morte del Papa, il concetto platonico dell’anima prigioniera che si dibatte per liberarsi dalle catene del corpo.
AUTORE IGNOTO
NIKE DI SAMOTRACIA: cm 328 (ali comprese), 190 a.C. circa, marmo grigio per la nave, marmo pavio per la statua. Innalzata per celebrare una vittoria navale, la dea è posta sulla prua dell’imbarcazione ed è protesa a sfidare i venti marini e la sua mano destra, mancante, doveva senza dubbio essere sollevata. Panneggio mosso = panneggio bagnato.
AUTORE IGNOTO
VENERE DI MILO: cm 211*44, fine II sec. a.C., marmo. Fu scoperta nel 1820 in un antico teatro dell’Isola di Milo (Cicladi); la dea è l’identificazione dell’amore o della divinità marina Afrodite venerata da Milo. Il drappo che scivola dolcemente dalle anche provoca la chiusura delle gambe e rende l’idea del movimento istantaneo e spontanea della figura; il drappeggio ha la funzione di nascondere la giuntura tra i 2 blocchi sovrapposti scolpiti separatamente.
ANTONIO CANOVA
AMORE E PSICHE: cm 155*168, 1792, marmo. Fa parte del gruppo “Amore e Psiche giacenti”, un’altra copia si trova all’Ermitage di S.Pietroburgo e il gesso a New York. Eros bacia Psiche per risvegliarla da un lungo sonno; l’organismo plastico ha direttrici compositive che formano una grande X al centro della quale ci sono le 2 bocche che stanno per baciarsi. Il ritmo è lento e complesso, interrotto dallo scatto improvviso delle ali di Amore. Le mani premono su levigate superfici marmoree. Mito: Cupido fece rapire da Zefiro la fanciulla, permettendole di vivere con lei finché non tentasse di scoprire la sua identità. Quando questo avvenne Amore scomparve e la giovane, dopo aver sofferto, fu assunta in cielo e le venne data l’immortalità da Zeus.
APERTURA: 9.00-16.00
Lunedì e mercoledì 21.00 e 21.45
Chiuso il martedì
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