La Reggia di Caserta

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Nel 1750, il giovane re Carlo III di Borbone, nato nel 1716 da Filippo V, re di Spagna e da Elisabetta Farnese, assunto al trono napoletano nel 1734, decide di realizzare a Caserta una grande reggia che facesse invidia sia alla francese Versailles che all’austriaca Scöubrum. L’intento del sovrano è quello di spostare il centro del regno da Napoli, capitale ritenuta troppo vulnerabile dal mare perchè facile preda di eventuali flotte nemiche, a Caserta. Il sito che meglio si presta a questo scopo è un vasto terreno pianeggiante ai piedi dei monti Tifatini, di proprietà dei principi Caetani di Sernioneta, acerrimi nemici dei Borboni, già occupato sin dal 1735 perchè ricco di boschi e di cacciagione, offrendo così al monarco la possibilità di dedicarsi al suo passatempo preferito. Scelto il luogo, conveniva trovare un architetto provetto capace di ideare un nobile edificio per la sede ordinaria della famiglia reale e che, secondo i desideri del Re, doveva anche contenere una università, una biblioteca pubblica, tutti i decasteri, la magistratura, un teatro, un seminario e una cattedrale. Il sovrano incarica inizialmenente Mario Gioffredo, il più stimato architetto napoletano dell’epoca ma Carlo III, non soddisfatto del progetto reputato troppo austero pensa ad un altro esperto. Ma dopo il rifiuto di Nicola Salvi che già stava lavorando alla pontificia Fontana di Trevi e Ferdinando Fuga, architetto dei palazzi pontifici, la scelta cade su Luigi Vanvitelli. In realtà il re prende in considerazione la proposta del Cardinal Gonzaga il quale, per ammorbidire i rapporti non sempre idilliaci tra papato e stato borbonico, gli suggerisce il nome del Vanvitelli.
Costui, pur essendo impegnato in qualità di architetto della Fabbrica di San Pietro, nella costruzione del nuovo campanile e nel comportamento del loggiato della Basilica di Loreto, viene prestato da Papa Benedetto XIV ai Borboni.
L’architetto giunge a Caserta nel 1715 e inizia subito la progettazione del palazzo commissionatogli tanto che il 20 gennaio 1752 il re pone la prima pietra alla presenza del nunzio ponteficio, degli ambasciatori stranieri, delle alte cariche dello Stato e di una folla ingente. Nel 1753 la costruzione del Parco con il giardino all’italiano e dell’acquedotto Carolino.
Per costruire i cinque piani dell’edificio principale con le sue 1200 stanze e l’immenso giardino, nel cantiere vengono impiegti ben 2681 operai di cui 300 capomastri, 166 galeotti, 245 schiavi musulmani turchi (catturati sulle navi pirata che infestavano il Mediterraneo), e 160 cristiani rei di gravi reati. Tutti sotto il controllo di 438 guardie, 14 amministratori e 3 dirigenti. Nei lavori si impiegano, per il trasporto dei materiali, oltre a cavalli ed asini, anche cammelli, elefanti e zebre.
Nell’ideare e progettare la Reggia, il Vanvitelli seppe, contrariamente ad altri architetti precedentemente consultati, interpretare con grande intelligenza e capacità le intenzioni dei suoi regali committenti, il re Carlo III, che arrivò ad abbozzare con disegni lo schema del palazzo, e la regina Maria Amalla di Sassonia, a cui si deve la scelta dei materiali impiegati nelle costruzioni.
Il progetto definitivo studiato da Vanvitelli e presentato a Carlo di Borbone in sedici tavole incise su rame da Carlo Nolli, comprende non solo la Reggia con le sue dipendenze, ma fissa la pianta e la fisionomia generale di una nuova città (l’attuale Caserta) che doveva sorgerle accanto, segna le strade di collegamento coi paesi vicini e traccia la spinta dorsale del progetto, cioè il viale rettilineo teso tra i punti estremi della concezione vanvitelliana: la cascata sgorgante dalla collina di Briano e Napoli. Ed il palazzo, punto di riferimento centrale di questa composizione senza confini, domina su tutto con la sua immensa mole squadrata. Esso è idealmente collegato a Napoli da quell’asse che si stacca dalla cascata e lo attraversa; quasi a segnare il percorso che l’acqua avrebbe dovuto seguire pre scendere alle metropoli lontane.
Per l’opera di organizzazione e di sorveglianza, Vanvitelli si avvale dell’apporto del capomastro Pietro Berna Sconi, già impiegato nei lavori presso la Basilica di Loreto, di Marcello Fonton, per la costruzione del palazzo, di Martino Baincour, per la sistemzione del parco e di Francesco Collecini per la realizzazione dell’acquedotto. Appena l’architetto ebbe l’ordine di cominciare i lavori, l’organizzazione si mostra rigida, ordinata, tale da evidenziare sin da subito, la chiarezza d’idee, l’efficente metodo di lavoro e la pratica sicura di chi vi presiedeva. Si acquistano le pietre e i canaloni, si tagliano gli alberi per sgombrare il terreno e si preparano le canne metriche per misurarlo; si apprestano successivamente i picchetti per la pianta. Una disciplina quasi militaresca governa gli operai che vanno aumentando di numero, tanto che ai liberi si aggiungono i forzati e ai maschi, le femmine. L’arcadico feudo dei conti Gaetani si era trasformato in un rumuroso alveare che animava di vita nuova tutta la regione. E il Vanvitelli, con quattro aiutanti, non soltanto presiede a questo lavoro immenso e sviluppa i disegni delle varie parti dell’edificio e delinea il parco assieme ai giardini, ma studia anche il progetto complicato del condotto lungo 40 km , che doveva portare l’acqua dalle sorgenti del Taburno a Caserta, dirigendone la costruzione!! Egli è organizzatore tecnico e artista. Queste rare qualità armonicamente sviluppate faranno di lui il più insigne degli architetti moderni e fu, grazie ad esse, che la Reggia sorse in vent’anni senza esitazioni. I lavori preparatori per la costruzione della Reggia, cominciano verso la metà del 1751 col trasporto dei materiali che daranno vita alle baracche di ricovero degli operai. Nel dicembre dello stesso anno, quattrocento tra sterratori, donne e garzoni vengono impiegati nello scavo del terreno. A parte la questione dell’acqua che, in attesa della nuova opera idraulica, viene risolta incanalando modeste sorgenti dei moti Tifatini, occorre assicurare l’approvvigionamento del materiale di fabbrica, cosa non facile data la mole delle murature, la fretta del Re, e la località posta in aperta campagna. Il Tufo viene estratto in abbondanza da cave poco distanti; per il traverlino si sceglie quello eccellente di Santo Jorio e di Bellona. Per i mattoni si costruiscono opposite fornaci presso il Volturno, facendo venire un direttore tecnico da Loreto, più preparato dei fornaciai autoctoni. Poi è la volta dei marmi per gli interni. Meno il bianco, fornito da Carrara, sino dal 1743 cominciarono a giungere dalla Sicilia le colonne dei pietra di Bigliemi per il porticato del piano terreno, dal 1745 arrivarono le colonne di breccia rossa di Monte S. Angelo per il vestibolo superiore; poi la lumachella di Tragani per gli scalini e i marmi variegati di Atrigolo, 7 di Dragon e di Vitulano per i rivestimenti delle pareti della scala regia, il Mondragone chiaro e scuro per le colonne della cappella per gli stipiti della porte.
Chi si occupa di queste provviste è uno scultore francese, Giuseppe Canart, restauratore di statue e intenditore di marmi antichi. Tutta la zona interessata non è che un immenso cantiere fervido di vita. Centinaia di carri trasportano giornalmente Tufo da San Nicola alla Strada, mattoni e travertino da Capua, calce da San Lencio, tegole da portici, pozzolona da Bacoli, legname dai boschi della Sila, ferro da Follonica, pomice da Ischia, marmo bianco da Carrara. I marmi colorati della Sicilia vengono di solito sbarcati a Napoli, ma qualche volta, risalgono il Volturno su battelli leggeri e giungono così fin presso Capua. Gli operai, maschi e femmine, vengono ben presto aumentati e si aggiungono galeotti e schiavi per l’arrotatura dei mattoni e la segatura delle pietre. Nel 1769 si tocca la cifra di 3000 persone impiegate nei lavori senza contare quelle che accudiscono alla manutenzione delle strade sottoposte al logorio di un traffico intenso, o lavorano nelle cave, nelle fornaci, nelle ferriere e nei trasporti!!
IL PALAZZO (1752 – 1847)
La costruzione della Reggia inizia nel 1752 e prosegue alacramente fino al 1759, anno in cui Carlo III di Borbone lascia il regno di Napoli per assumerela corona 8 di Spagna; da allora in poi l’edificazione subisce un rallentamento e alcune semplificazioni tanto che alla morte di Luigi Vanvitelli nel 1773 essa era ancora lontana dall’essere compiuta. La pianta dell’edificio è rettangolare , con la parte interna divisa simmetricamente in quattro cortili da due corpi di fabbrica che si intersecano perpendicolarmente (vedi FIG – H). La costruzione che vanta ben 1200 stanze, il cui lato maggiore misura 252 metri e il minore 202 per un’altezza di 41 metri, presenta una facciata con un basamento a bugnato, che comprende pianterreno e mezzanino, un ordine composito gigante con mezze colonne e lesene scanalate (piano nobile e secondo piano), la trabeazione, nel cui fregio si aprono le finestre dell’ultimi piano e un cornicione completato da una balaustra. Al centro del lato sud (pospicente la Piazza d’Armi) si apre l’ingresso principale, evidenzianto da un leggero oggetto della facciata, che si ripete anche nelle quattro parti angolari e al centro della facciata rivolta verso il Parco. Superato l’ingresso si entra in una lunga galleria (vedi FIG. 1) che attraversa tutto l’asse centrale della costruzione e costituisce l’asse prospettivo “a cannocchiale” del viale d’accesso alla Reggia e del Parco. A metà della galleria si apre il Vestibolo inferiore da cui, a destra, si diparte lo Scalone d’Onore costituito da una rampa mediana e da due rampre laterali superiori ( vedi FIG. L ) annunciate da due maestosi leoni di marmo, simbolo del potere regale.
IL TEATRO DI CORTE
Nel primo progetto Vanvitelliano esso non esisteva. Viene costruito, per volontà di Carlo III, nel 1756 e i lavori sono completati nel 1786. È l’unica parte del palazzo interamente portato a termine sotto la direzione di Luigi Vanvitelli.
LA CAPPELLA PALATINA
Simile, per volontà del Re, alla cappella della Reggia di Versailles è costituita da una grande sala a galleria con un colonnato che s’innalza su un alto basamento ed è ricco di marmi e decorazioni in oro.
L’APPARTAMENTO STORICO
Include: la Sala degli Alabardieri, la sala delle Guardie e del Corpo
L’APPARTAMENTO DELL’OTTOCENTO
I lavori vengono eseguiti durante gli anni del Regno francese. L’incarico è affidato all’architetto Antonio De Simone. Esso comprende: la sala di Marte, la sala di Astrea, la sala del Trono (vedi FIG. P), la sala del Consiglio ( vedi FIG. G), la camera da letto e la stanza da bagno di Francesco II, la camera da letto di Gioacchino Murat, il salottino e la cappella di Pio IX.
L’APPARTAMENTO DEL SETTECENTO
Racchiude: le stanze delle Stagioni, l’appartamento di Ferdinando I di Borbone, l’appartamento di Maria Carolina, la biblioteca Palatina, il Presepe Reale e la Pinacoteca realizzato dal pittore di corte Jakob Philipp Hacxert su incarico di Ferdinando I di Borbone. L’intento era di raffigurare i principali porti della Campania, della Puglia, della Calabria e della Sicilia (vedi FIG. R) per celebrare i primati del Regno delle Due Sicilie.

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