Il post-impressionismo e Vincent Van Gogh

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Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

L’ARTE NELL’OTTOCENTO

Contro l’uniformità della cultura imposta nel periodo napoleonico, ciascuno stato in questo periodo vuole valorizzare la propria storia. Nasce in Germania e si diffonde in Europa il Romanticismo, che pone al vertice dei valori umani il sentimento e l’amor di patria.La pittura è la forma d’arte più importante e innovativa di questo periodo. Dal punto di vista dei contenuti, la pittura romantica si ispira in genere ai grandi temi storici, con preferenza per i momenti di lotta patriottica e popolare. Un altro soggetto sono gli episodi di cronaca e di vita quotidiana. Si afferma, infine, il tema del paesaggio, espressione dell’amore quasi religioso per la natura che caratterizza il romanticismo. Sul piano formale, la pittura romantica appare più libera e comunicativa di quella neoclassica. L’artista vuole esprimere sentimenti ed emozioni, pertanto la sua pennellata è fluida; i colori sono vivi e i contorni meno definiti; il contrasto della luce è spesso drammatico.
Nel suo evolversi il movimento romantico si può dividere in tre momenti. Il primo, propriamente romantico , animato da sogni indefiniti, oscuro tormenti e teso a rievocare immagini di tempi e luoghi lontani; il secondo, che reagisce a questo stato d’animo e cerca di rivolgersi alla realtà nei suoi aspetti più vivaci o crudi: è il momento del realismo; il terzo che cerca di ritrovare una poesia in questa realtà poco consolante e, rinunciando ad afferrarla nel suo complesso, vuole almeno sentirla con gioia in una impressione fugace. E’ questo il movimento che fu detto “impressionismo”.

L’architettura del romanticismo fu, in genere, assai poco felice. Gli architetti romantici cercarono, infatti, di tornare ai modelli medievali e di far risorgere lo stile gotico. Era un tentativo molto più difficile del far risorgere lo stile classico perché mentre quest’ultimo è uno stile in gran parte ragionato e con regole precise , il gotico è uno stile che nasce da un insieme di sentimenti religiosi e guerrieri che erano propri del Medioevo e che non corrispondevano alla nuova epoca. Il risultato fu che si ebbero molti falsi castelli gotici e false chiese gotiche.
Bisogna però fare un’eccezione per l’Inghilterra e i paesi germanici dove il gotico non era mai completamente scomparso e rimaneva uno stile vecchio ma ancora vivo. I nobili inglesi che si facevano costruire un castello gotico non volevano affatto imitare uno stile medievale ma intendevano solo avere una dimora piacevole meno severa di quelle costruite in stile classico. Romantico fu invece il Palazzo del Parlamento a Londra.
La scultura del primo romanticismo rimase per lo più legata a forme neoclassiche; in Italia i principali rappresentanti furono Giovanni Bartolini e Lorenzo Dupré.
Più vasto e interessante il panorama della pittura che ha in Spagna un grande precursore: Francisco Goya. La pittura spagnola, infatti, si era andata evolvendo verso il realismo: ritraeva scene di costume, aspetti caratteristici della vita di ogni giorno e figure pittoresche. Goya segue questo indirizzo con una fantasia ardente, rende i suoi personaggi ancora più reali, vede, come nessun altro, la bellezza del brutto. La sua influenza sarà grandissima.
Ma i veri rappresentanti del Romanticismo furono in Francia e, da questo momento, la Francia si mette decisamente a capo della pittura di tutto il mondo; Parigi ne sarà il grande centro, così come un tempo lo erano state Firenze, Venezia e Roma.
Il passaggio dal classicismo al romanticismo può dirsi rappresentato da un pittore che, se rimase misurato nelle forme, cela un animo caldo ed impulsivo: Jean Auguste Dominique Ingres. Allievo di David riesce ad esprimere quel mondo drammatico che esisteva anche per il suo maestro ma era raggelato dalle forme neoclassiche.
Eugene Delacroix fu per eccellenza il pittore del Romanticismo; si ispirava a vicende e leggende del Medioevo, ad episodi di poemi antichi, come la Divina Commedia, o moderni o come il Don Giovanni di Byron, rievocando un mondo eroico ed inquieto.
In Italia, la pittura del primo romanticismo si afferma soprattutto nel ritratto e nel paesaggio: grande ritrattista fu il veneziano Francesco Hayez che fu il maggiore rappresentante della pittura romantica lombarda.
Dopo il 1820, la pittura si volse sempre più all’osservazione della realtà e si ebbe così quel “realismo” che fu annunciato da un quadro famoso, il Funerale a Ornans di Gustave Courbet e si diffuse assai presto specie in Germania e in Italia.
In ambito artistico, il termine "realista" è stato spesso usato a qualificare opere in cui la rappresentazione di oggetti o figure è così fedele al vero da poter anche risultare "sgradevole", specie se considerata in relazione ai canoni della bellezza classica. Impiegato per indicare opere di soggetto "basso", umile, l'aggettivo denota anche una forte critica sociale, come fu nel caso del movimento che, ponendosi apertamente in contrasto con la pittura idealista, esordì all'Esposizione di Parigi del 1855. Tra i suoi promotori, oltre a Gustave Courbet, vi furono i pittori francesi Millet e Daumier : le loro opere sono considerate rappresentative del cosiddetto "realismo sociale". Il realismo ebbe largo seguito in tutti i paesi europei a partire dal 1860; in Italia vanno ricordati, tra gli artisti della prima generazione realista, i pittori Giovanni Fattori, il maggior esponente dei macchiaioli, e Antonio Fontanesi.
Quello dei Macchiaioli fu un movimento tra i più significativi e innovativi della pittura italiana dell’Ottocento. Si formò a Firenze nel 1850 e vi appartenevano, tra gli altri, Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, e Silvestro Lega . Il termine “macchiaioli” deriva dalla tecnica detta “macchia”, che definiva l’immagine attraverso pennellate di colore e contrasti cromatici; ogni artista presentava caratteri stilistici personali, le forme erano semplificate e i particolari ridotti. I macchiaioli erano respinti dalle mostre ufficiali, ma portarono avanti la loro ricerca visiva con coraggio e grandi sacrifici. Il nome fu utilizzato per la prima volta nel 1862 in occasione di un’esposizione fiorentina e fu successivamente adottato dal gruppo. Non si rappresentavano più soggetti storici e stereotipati delle accademie, ma la vita rurale, le attività lavorative e le campagne toscane secondo un intento realistico.
Ma poco dopo il realismo veniva superato o meglio perfezionato nella stessa Francia, dalla nascita dell’Impressionismo, una corrente pittorica sviluppatasi nella seconda metà dell'Ottocento, nata dal rifiuto delle tradizioni pittoriche contemporanee, a soggetto classico o sentimentale, e dello stile promosso dall'Accademia di belle arti di Parigi, tecnicamente meticoloso e incentrato sul lavoro in studio. Tra i principali impressionisti si annoverano Edgar Degas, Edouard Manet, Claude Monet, Camille Pissarro, Pierre-Auguste Renoir ed Alfred Sisley.Tradizionalmente l'Accademia imponeva i modelli ai quali tutta l'arte francese avrebbe dovuto uniformarsi e promuoveva le esposizioni ufficiali del Salon di Parigi, attraverso le quali tali modelli venivano diffusi presso il grande pubblico. Gli impressionisti rifiutarono questi dettami, preferendo dipingere paesaggi, scene di strada e aspetti della vita quotidiana invece che episodi attinti alla classicità o alla storia aulica, o ancora improntati al sentimentalismo tardo romantico allora in voga. Scelsero di dipingere all'aperto piuttosto che in studio, interessati agli effetti della luce naturale più che al disegno esatto e alla descrizione dei dettagli. I pittori accademici definivano e modellavano le forme con estrema precisione, graduando attentamente le sfumature di colore e il chiaroscuro; gli impressionisti, invece, osservando come la luce dissolva i contorni e rifletta i colori quasi scomponendoli, stendevano sulla tela brevi pennellate di colore puro, giustapponendo i colori primari (rosso, giallo e blu) in modo che si mescolassero nella percezione visiva solo da una certa distanza, e ponendo in contrasto i colori primari con i complementari (verde, viola e arancio) per esaltarne reciprocamente l'intensità. In questo modo ottenevano una luminosità maggiore di quella solitamente prodotta mescolando i colori prima di applicarli alla tela.
Il ragionamento che fecero i maggiori esponenti del nuovo indirizzo, fu all’incirca il seguente: che cosa significa rappresentare la realtà? Se ci guardiamo intorno e dipingiamo quello che vediamo, rappresenteremo solo un momento della realtà o meglio l’impressione che suscita in noi la visione di quel momento.
Per usare un paragone molto banale, si può dire che gli impressionisti miravano a prendere delle “istantanee” di ciò che vedevano; Degas , ad esempio, nei suoi magnifici dipinti di ballerine sembrava non preoccuparsi affatto se una figura gli restava per tre quarti fuori dalla tela..
Ma, in realtà, non si trattava di istantanee perché gli impressionisti tendevano soprattutto a fissare la poesia di questo momento fuggente e il quadro voleva appunto fissare ciò che vi era di bello in questa visione di un istante.
Nella scultura, l’impressionismo ha il maggiore esponente nel francese Auguste Rodin che esalta i motivi del realismo, esaltandoli in forme michelangiolesche; egli scolpisce, infatti vigorosamente senza portare l’opera a perfetta finitura, come aveva fatto Michelangelo negli ultimi tempi, come se la necessità di fissare l’immagine in tutta la sua forza e vivezza non permettesse la rifinitura.
La scultura e la pittura dell’Ottocento ebbero sviluppi molto complessi , che, però, in fondo, derivarono tutti dal principio stabilito dall’impressionismo che, cioè, l’artista fissa nella sua opera l’impressione del momento. Ma in cosa consiste questa impressione? Il nostro spirito è così vario e inquieto che in un attimo possono passarci per la mente, davanti ad uno stesso soggetto, una quantità di impressioni diverse, una quantità di immagini anche deformate o addirittura mostruose come in un sogno. Quale sarà la più espressiva o la più profonda?
La ricerca di questa immagine fa nascere una quantità di orientamenti diversi, i quali, però, coincidono nell’allontanarsi dalla realtà per fissare sulla tela l’immagine che quella realtà suggerisce in noi nel momento in cui si vede.
L’impressionismo durò pochi anni, fino al 1870 circa e fu superato dai suoi stessi esponenti; le idee impressioniste come il rapporto con la natura, la tecnica a piccoli e densi tratti di colore sulla tela, però, costituirono il punto di partenza per i migliori artisti della fine del secolo e dell’inizio di quello successivo, come Paul Gauguin, Vincenti van Gogh, Paul Cezanne, generalmente noti come postimpressionisti.
Con questo termine, in pittura, si indicano la varietà di stili che si diffusero dopo l'impressionismo, in particolare in Francia, tra il 1880 e il 1905. La definizione fu coniata da un critico d’arte, in occasione di una mostra in cui vennero esposte opere di Cézanne, Gauguin e Van Gogh. Oltre a questi artisti, nell'alveo del postimpressionismo vengono collocati abitualmente anche Henri de Toulouse-Lautrec e Georges Seurat.Sebbene basassero il proprio lavoro sulla ricerca tecnica e cromatica degli impressionisti, i postimpressionisti non avvertirono più l'esigenza di riflettere la consistenza degli oggetti e della natura attraverso il colore e gli effetti luminosi, cercando invece di dare corpo a una visione del mondo sempre più soggettiva. Seurat, la cui poetica è quella che più si avvicina all'impressionismo, utilizzava una tecnica pittorica basata sull'accostamento di minuscoli punti di colore puro che, guardati a distanza, creavano un senso di fusione tale da produrre un effetto di chiaroscuro. Uno degli esempi migliori di tale stile, denominato puntinismo, è il quadro di Seurat Una domenica pomeriggio all'isola della Grande Jatte).
Le opere di Cézanne, Gauguin e Van Gogh, invece, sono caratterizzate da un uso più libero ed espressivo della forma e del colore. Cézanne metteva in risalto le qualità strutturali del soggetto, dipingendo nature morte e paesaggi con una forte enfasi sui volumi e sui rapporti di superficie (Pini e pietre, ). Con la sua capacità di esaltare le qualità geometriche dei corpi, modellate attraverso la plasticità del colore, Cézanne sembra anticipare le ricerche del cubismo. Gauguin, attento al recupero della freschezza dell'arte popolare primitiva, produsse sintesi assai originali, nelle quali alle campiture in tinte piatte si affiancano motivi ornamentali (Cavalleria, 1889, ). Van Gogh si accostò alla natura avvalendosi di colori vividi, spesso stridenti, destinati a produrre emozioni profonde e molto intense. Il suo approccio così soggettivo, ben esempificato nell'opera Notte stellata (1889, Museum of Modern Art), lo colloca tra i precursori dell'espressionismo. Toulouse-Lautrec fu particolarmente influenzato dalle asciutte composizioni delle stampe giapponesi e la sua produzione si distingue per la forza delle linee e un accorto uso delle tinte piatte. I movimenti artistici del Novecento, dall'espressionismo al fauve, dal futurismo al surrealismo, allo stesso cubismo, devono al postimpressionismo sia l'idea della libertà dell'artista sia il nuovo interesse verso le concezioni astratte.
VINCENT VAN GOGH
Vincent van Gogh nacque a Groot Zundert, in Olanda, il 30 marzo 1853. Era figlio di Theodorus Van Gogh (1822-85), un pastore della Chiesa Riformata Olandese, e di Anna Cornelia Carbentus (1819-1907). Van Gogh stette in collegio per alcuni anni ma all’età di 15 anni, lasciò gli studi e non li riprese mai più.
Nel 1869 Van Gogh fu assunto in una galleria di mercanti d'arte dell'Aia. La famiglia Van Gogh aveva da lungo tempo legami col mondo dell'arte perché gli zii di Vincent erano mercanti d'arte. Suo fratello minore, Theo, sarebbe pure diventato mercante d'arte, e questo fatto avrebbe avuto un'enorme influenza sulla successiva carriera artistica di Vincent.
Vincent ebbe un discreto successo come mercante d'arte e vi rimase per sette anni. Nel 1873 venne trasferito alla filiale di Londra della ditta e s'innamorò ben presto del clima culturale che si respirava in Inghilterra, dove rimase per due anni. Durante questo periodo visitò le molte gallerie e musei della città e divenne grande ammiratore di scrittori inglesi quali George Eliot e Charles Dickens. Van Gogh era inoltre un grande ammiratore degli incisori inglesi che , i cui lavori illustravano riviste quali The Graphic. Queste illustrazioni ispirarono e influenzarono Van Gogh nella sua successiva carriera artistica.
Le relazioni tra Vincent e i proprietari della Galleria si fecero sempre più tese col passare degli anni; venne trasferito alla filiale di Parigi della ditta e ben presto decise di lasciarla e ritornare in Inghilterra, dove aveva trascorso due anni per la maggior parte felici e gratificanti.
Iniziò, allora, l'insegnamento; Vincent era responsabile di 24 ragazzi tra i 10 e i 14 anni di età. Le sue lettere fanno ritenere che egli amasse insegnare. Nel suo tempo libero Van Gogh continuava a visitare gallerie e ad ammirare i molti capolavori che vi scopriva e si dedicava anche agli studi biblici. L'estate del 1876 fu per lui veramente un'estate di trasformazione religiosa.
Ritornato in Olanda, dalla sua famiglia, decise di intraprendere formali studi teologici ad Amsterdam. Vincent era inizialmente entusiasta di questi studi, ma li trovò ben presto sempre più difficili e dentro di sé cominciò a rendersi conto che molte delle lezioni avevano scarsa attinenza con quello che rimaneva il suo desiderio più appassionato: predicare alla sua congregazione.
Iniziò, quindi, un periodo di prova quale predicatore in una delle regioni più impoverite e inospitali dell'Europa occidentale: il distretto carbonifero del Borinage, nel Belgio.
Nel gennaio del 1879 Vincent iniziò le sue funzioni predicando ai minatori e alle loro famiglie nel villaggio minerario di Wasmes. Vincent simpatizzò con le loro terribili condizioni di lavoro e fece del suo meglio, quale loro capo spirituale, per alleviare il fardello delle loro vite. Sfortunatamente, questo desiderio altruistico raggiunse proporzioni in qualche modo fanatiche quando Vincent iniziò a dare via gran parte del suo cibo e dei suoi vestiti alla povera gente sotto le sue cure. A dispetto delle nobili intenzioni di Vincent, i rappresentanti della Chiesa disapprovarono fortemente l'ascetismo di Van Gogh e lo rimossero dall'incarico in luglio. Rifiutandosi di abbandonare la regione, Van Gogh si trasferì in un villaggio adiacente e lì rimase in povertà. L'anno seguente Vincent lottò per la vita giorno dopo giorno e, sebbene non in grado in alcun modo di assistere la gente del villaggio come sacerdote, egli ciò nonostante scelse di rimanere un membro della loro comunità.
Fu allora che Vincent iniziò a dipingere i minatori e le loro famiglie, documentando le loro dure condizioni di vita. Fu in questo periodo fondamentale che Vincent Van Gogh scelse la sua successiva ed ultima carriera: quella artistica.
Gli inizi della carriera artistica
Nell'autunno del 1880, dopo più di un anno trascorso da indigente nel Borinage, Vincent si trasferì a Bruxelles per iniziare i suoi studi artistici. Vincent ebbe l'idea di iniziare questi studi grazie al sostegno finanziario del fratello Theo. Lui e Theo erano sempre stati molto vicini fin da bambini e per quasi tutta la loro vita adulta mantennero una corrispondenza ininterrotta e assai rivelatrice..
Il 1881 si rivelò un anno turbolento per Vincent van Gogh. Vincent fece domanda di ammissione alla Scuola di Belle Arti di Bruxelles, ma non la frequentò. Quindi, continuò ad imparare il disegno da solo, traendo esempi dai libri.
Il 1883 fu un altro anno di transizione per Van Gogh, sia per la sua vita personale che per il suo ruolo come artista. Vincent aveva iniziato a sperimentare la pittura ad olio nel 1882, ma fu solo nel 1883 che iniziò ad adoperare sempre più frequentemente questa tecnica. Man mano la sua abilità nel disegnare e dipingere aumentava. Per tutto l'anno successivo continuò a rifinire la sua arte. In questo periodo produsse dozzine di disegni e di dipinti: tessitori, filatori e altri ritratti. I contadini del posto si rivelarono i suoi soggetti preferiti-in parte perché Van Gogh sentiva una forte affinità con questi poveri lavoratori, in parte perché era un così grande ammiratore del pittore Millet, che produsse a sua volta dipinti teneri e compassionevoli di lavoratori nei campi.
L'anno della svolta – 1885: i primi capolavori
Nei primi mesi del 1885 Van Gogh continuò le sue serie di ritratti di contadini. Vincent li considerava degli "studi", lavori che avrebbero continuato a rifinire la sua arte in preparazione a quella che sarebbe stata la sua opera più ambiziosa fino a qual momento: I mangiatori di patate.
Vincent lavorò a I mangiatori di patate per tutto aprile del 1885. Aveva eseguito vari abbozzi in preparazione della grande, definitiva versione a olio. I mangiatori di patate viene riconosciuto essere il primo vero capolavoro di Van Gogh, ed egli rimase incoraggiato dal risultato che ottenne.
Van Gogh continuò a lavorare per tutto il 1885, ma divenne nuovamente inquieto e bisognoso di nuovi stimoli. Si iscrisse per breve tempo all'Accademia di Anversa all'inizio del 1886, ma la lasciò circa quattro settimane dopo, sentendosi soffocato dalla rigidità e ristrettezza di schemi mentali degli istruttori. Come dimostrò frequentemente in tutto il corso della sua vita, Vincent riteneva gli studi formali un misero sostituto del lavoro pratico. Egli cercava continuamente di migliorarsi, di acquisire idee nuove ed esplorare nuove tecniche per diventare l'artista che veramente aspirava ad essere. In Olanda, Vincent aveva realizzato tutto quel che poteva. Era tempo ormai di esplorare nuovi orizzonti ed iniziare un viaggio che avrebbe rifinito ulteriormente la sua arte. Vincent lasciò l'Olanda per trovare le sue risposte a Parigi e . . . in compagnia degli Impressionisti.
Nuovi inizi: Parigi
Il periodo parigino di Van Gogh è affascinante per il ruolo che ebbe nella sua trasformazione artistica. Il fratello Theo, essendo un mercante d'arte, aveva molti contatti, e Vincent poté familiarizzare con gli artisti più innovativi della Parigi dell'epoca. I due anni trascorsi a Parigi furono spesi da Van Gogh a visitare alcune delle prime mostre degli Impressionisti (dove si esibivano opere di Degas, Monet, Renoir, Pissarro, Seurat e Sisley). Non c'è dubbio che Van Gogh venne influenzato dai metodi degli Impressionisti, ma egli rimase sempre comunque fedele al suo stile unico. Lungo tutti i due anni, Vincent adottò alcune delle tecniche degli Impressionisti ma non si lasciò mai sopraffare dalla loro potente influenza.
Per tutto il 1886 Vincent si divertì a dipingere nei dintorni di Parigi. La sua tavolozza iniziò a prendere le distanze dai colori più scuri e tradizionali della natia Olanda, per incorporare le tonalità più vibranti degli Impressionisti. Per aggiungere qualcosa alla complessa trama dello stile di Van Gogh, fu a Parigi in questo periodo che Vincent cominciò ad interessarsi all'arte Giapponese. Il Giappone aveva aperto solo recentemente i suoi porti agli stranieri dopo secoli di isolamento culturale e, come conseguenza di questo così a lungo mantenuto isolazionismo, il mondo occidentale rimase affascinato da tutto quanto fosse Giapponese. Van Gogh iniziò a collezionare un gran numero di stampe Giapponesi su matrici di legno e i suoi dipinti di questo periodo (Il ritratto di Père Tanguy, ad esempio) riflettevano sia l'uso vibrante del colore prediletto dagli Impressionisti che nitidi e forti toni Giapponesi. Sebbene Vincent abbia eseguito in tutto solo tre copie da dipinti Giapponesi, l'influenza Giapponese sulla sua arte sarebbe risultata evidente in forme sottili per tutto il resto della sua vita.
Il 1887 a Parigi rappresentò per Vincent un altro anno di evoluzione artistica, ma la felicità per lui consisteva nello starsene all'aperto nella natura col tempo più bello possibile. Durante i tetri mesi invernali del 1887-88 a Parigi Van Gogh divenne inquieto. Decise, allora, di lasciare Parigi e di seguire il sole, e il suo destino, nel Sud.
Lo Studio del Sud
Vincent van Gogh si trasferì ad Arles sul principio del 1888 sia perché cercava il caldo sole della Provenza sia perché voleva stabilire una specie di "comune" di artisti ad Arles dove i suoi compagni di Parigi avrebbero trovato rifugio e dove avrebbero lavorato assieme e si sarebbero sostenuti a vicenda per raggiungere un obiettivo comune.
Senza dubbio Van Gogh rimase deluso da Arles durante le prime settimane. In cerca del sole, Vincent trovò una Arles insolitamente fredda e ricoperta di neve. Tuttavia, il cattivo tempo finì presto e Vincent iniziò a dipingere alcune delle opere più amate della sua carriera.
Vincent lavorò diligentemente per tutta la primavera e l'estate ed iniziò a spedire a Theo i suoi lavori. Van Gogh è spesso ritenuto, al giorno d'oggi, una persona irritabile e solitaria. In realtà gli piaceva veramente stare in compagnia della gente, e fece del suo meglio durante questi mesi per farsi degli amici.
A fine luglio uno zio di Van Gogh morì e lasciò un lascito a Theo. Questo afflusso finanziario mise Theo in grado di finanziare il trasferimento di Paul Gauguin ad Arles. Theo sentiva che Vincent sarebbe stato più felice e più stabile in compagnia di Gauguin e sperava inoltre che i dipinti che avrebbe ricevuto da Gauguin in cambio del suo appoggio finanziario gli avrebbero procurato qualche profitto. Al contrario di Vincent, Paul Gauguin stava infatti iniziando ad ottenere qualche piccolo successo coi suoi lavori.
Nonostante il miglioramento delle finanze di Theo, Vincent spendeva un ammontare sproporzionato di soldi per il materiale artistico anziché per le necessità basilari della vita. Malnutrito com'era e sfinito per il lavoro, la sua salute iniziò a declinare ai primi di ottobre, ma egli si sentì rincuorato dopo che ebbe ricevuto la conferma che Gauguin lo avrebbe raggiunto nel Sud.
I due mesi successivi furono fondamentali, e disastrosi, sia per Vincent van Gogh che per Paul Gauguin. All'inizio, Van Gogh e Gauguin si trovarono bene assieme, dipingendo nei dintorni di Arles, discutendo della loro arte e delle diverse tecniche. Col passare delle settimane, tuttavia, il tempo volse al brutto e i due si trovarono costretti a stare in casa sempre più spesso. Come sempre, il temperamento di Vincent (e molto similmente anche quello di Gauguin) oscillava seguendo l'andamento del tempo.
L’amicizia tra Van Gogh e Gauguin ben presto si deteriorò;le loro discussioni animate cominciarono a farsi sempre più frequenti e peggiorò lo stato di salute mentale di Vincent. Il 23 dicembre Vincent van Gogh, in un attacco irrazionale di follia, si automutilò della parte inferiore del suo orecchio sinistro.
Dopo essersi ristabilito, Vincent fu artisticamente alquanto produttivo, dipingendo alcune delle sue opere più conosciute, come La Berceuse e i Girasoli. Circa un mese dopo, però, patì un altro attacco, nel corso del quale si immaginò di venire avvelenato e venne nuovamente ricoverato sotto osservazione all'ospedale.
A questo punto, però, alcuni dei cittadini di Arles erano ormai allarmati per il comportamento di Vincent, e firmarono una petizione esponendo dettagliatamente le loro preoccupazioni. La petizione fu sottoposta al sindaco di Arles e infine al soprintendente di polizia, il quale ordinò che Van Gogh venisse di nuovo ricoverato all'ospedale. Vincent rimase in ospedale le sei settimane successive, ma gli fu comunque concesso di uscire, sotto sorveglianza, per dipingere. Fu per lui un periodo produttivo, ma scoraggiante dal lato emotivo. Come già aveva fatto un anno prima, Vincent tornò a dipingere i frutteti in fiore attorno ad Arles. Ma anche se stava producendo alcune delle sue opere migliori, Vincent capiva che la sua posizione era precaria e, dopo qualche discussione con Theo, acconsentì a farsi confinare volontariamente nel manicomio di Saint-Rémy-de-Provence. Van Gogh lasciò Arles l'8 maggio.
Internamento
Al suo arrivo in manicomio, i medici si convinsero che il paziente soffriva di una forma di epilessia e lo curavano con l'idroterapia, una frequente immersione in una grande vasca piena d'acqua. Sebbene questa "terapia" non fosse certo in alcun modo crudele, non era pure minimamente benefica o di aiuto nel ristabilire la salute mentale di Vincent.
Col passare delle settimane, lo stato mentale di salute di Vincent rimaneva stabile e gli fu concesso di riprendere a dipingere. Lo staff medico era incoraggiato dai suoi progressi e a metà giugno Van Gogh dipinse il suo quadro più famoso: Notte stellata.
Lo stato di salute mentale relativamente tranquillo di Van Gogh non durò comunque a lungo, ed egli ebbe un altro attacco;per due mesi Van Gogh non fu in grado di lasciare la sua stanza.
Nelle settimane seguenti, comunque, nuovamente Vincent superò le sue ansietà e riprese a dipingere. Durante questo periodo iniziò a fare piani per una sua eventuale partenza dal manicomio di Saint-Rémy. Egli espresse questi pensieri a Theo, il quale cominciò a cercare possibili alternative per le cure mediche di Vincent, questa volta più vicino a Parigi.
Lo stato di salute fisico e mentale di Van Gogh rimase del tutto stabile per il resto del 1889. La salute di Theo si era quasi del tutto ristabilita ed egli ebbe pure modo di organizzare una mostra a Bruxelles, Les XX, nell'ambito della quale sarebbero stati esposti anche sei quadri di Vincent.
Il 23 dicembre 1889, un anno esatto dopo l'incidente del taglio dell'orecchio, Vincent soffrì un altro attacco: una "aberrazione" come egli la chiamò. L’attacco fu serio e durò circa una settimana, ma Vincent si ristabilì abbastanza velocemente e tornò a dipingere.
Tristemente, Van Gogh soffrì ulteriori attacchi per tutti i primi mesi del 1890. Questi attacchi furono più frequenti e lasciarono Vincent più privo di capacità di tutti quelli precedenti. Ironicamente, in questo periodo nel quale Van Gogh era probabilmente al livello più basso e più abbattuto per quanto riguarda il suo stato mentale, le sue opere stavano finalmente cominciando a ricevere acclamazioni dalla critica.
Dopo aver fatto qualche ricerca, Theo si convinse che il miglior modo di procedere sarebbe stato quello di far tornare Vincent a Parigi.
"La tristezza durerà per sempre . . . ."
Al suo arrivo egli trovò Theo ad aspettarlo, ma nell'agitazione e nella frenesia della vita cittadina Vincent sentiva tornare un po' di tensione e optò per lasciare Parigi per la sua più tranquilla destinazione: Auvers-sur-Oise.
Lì si trovò bene perché Auvers-sur-Oise, gli offriva la libertà che gli era stata negata a Saint-Rémy, mentre allo stesso tempo gli forniva ampi soggetti per i suoi dipinti e disegni
Per tutto giugno Vincent rimase pieno di entusiasmo e fu assai produttivo, dipingendo alcune delle sue opere più note ( e La Chiesa di Auvers, per esempio).
Il 27 luglio 1890 Vincent van Gogh si avviò, col suo cavalletto e i materiali da disegno, attraverso i campi. Là giunto, estrasse una pistola e si sparò nel petto. Vincent riuscì a tornare barcollando alla locanda dove crollò sul letto e dove il proprietario lo scoprì. Venne chiamato il medico condotto e il fratello Theo.
Vincent e Theo rimasero assieme durante le ultime ore di vita di Vincent. Theo confortò il fratello, sorreggendolo e parlando con lui in olandese.
Vincent van Gogh morì all'una e trenta del mattino del 29 luglio 1890. La chiesa Cattolica di Auvers non permise la sepoltura di Vincent nel suo cimitero, poiché questi aveva commesso suicidio. La vicina cittadina di Méry, comunque, acconsentì alla sepoltura, e il funerale si tenne il 30 luglio. Theo van Gogh morì sei mesi dopo Vincent. Fu sepolto a Utrecht, ma nel 1914 sua moglie Johanna, sostenitrice così devota ed instancabile delle opere di Vincent, fece riseppellire la salma nel cimitero di Auvers accanto a quella di Vincent e richiese che un ramoscello di edera venisse piantato tra le due pietre tombali. Quella stessa edera ricopre le tombe di Vincent e Theo ancora oggi.
In Vincent van Gogh, i critici d’arte ravvisano i precedenti di quel movimento che prenderà il nome di Espressionismo e che porterà alla rottura dell’equilibrio tradizionale tra l’uomo e il mondo, affermando l’autonomia dell’immaginazione, espressa in maniera drammatica e violenta con l’esasperazione della linea che da continua diventa spezzata e contorta.
Van Gogh è cosciente della debolezza del mondo moderno che non ha più come meta l’eternità, ma vive nel rischio giornaliero, consapevole della fragilità di ogni cosa. Il compito dell’artista è quello di esprimere questa consapevolezza, di cogliere la bellezza di questa fragilità.
Erano alle porte cataclismi mondiali; si sarebbero presto messe in discussione le regole costituite. Van Gogh è uno dei primi interpreti di questa crisi. La tensione della sua linea, , la distruzione degli schemi sono problemi che il Novecento affronterà in pieno. Egli arriverà al sovvertimento dei mondi nelle spirali inquiete della seconda Notte stellata, al fremito dei Campi degli olivi , al fluttuante spazio che fa da sfondo al suo Autoritratto, al sovvertimento delle linee di direzione del Campo sotto la tempesta e del Campo di grano con corvi , a chiusura tragica di un’esperienza artistica sofferta.
LE OPERE
autoritratto
1889, olio su tela, cm65x54, Musée d'Orsay, Parigi.
autoritratto con cappello di feltro
1887-1888, olio su tela, cm.44x37, Rijksmuseum Vincent van Gogh, Amsterdam.
autoritratto dedicato a Gauguin
1888, olio su tela, cm.60x49, Fogg Art Museum, Harvard University, Cambridge.
autoritratto con orecchio tagliato
1889, olio su tela, cm. 51x45.
autoritratto da pittore
1888, olio su tela, cm.65x50, Rijksmuseum Vincent van Gogh, Amsterdam.
barche di pescatori sulla spiaggia di Saintes-Maries-de-la-mér
1888, olio su tela, cm.65x81, Rijksmuseum Vincent van Gogh, Amsterdam.
camera da letto
1888, olio su tela, cm.72x90, Rijksmuseum Vincent van Gogh, Amsterdam.
campo di grano con corvi
1980, olio su tela, cm.50x103, Rijksmuseum Vincent van Gogh, Amsterdam.
i mangiatori di patate
1885, olio su tela, cm.81x114, Rijksmuseum Vincent van Gogh, Amsterdam.
il caffè di notte
1888, olio su tela, cm.70x89, Yale University Art Gallery, New Haven.
natura morta con girasoli
1889, olio su tela, cm.95x73, Rijksmuseum Vincent van Gogh, Amsterdam.

natura morta con iris
1890, olio su tela, cm.92x73, Rijksmuseum Vincent van Gogh, Amsterdam.
notte stellata
1889, olio su tela, cm.73x92, Museum of Modern Art, New York.
strada con cipressi e stelle
1890, olio su tela, cm.92x73, Rijksmuseum Kroller-Muller, Otterlo.
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COMMENTO
Gli Autoritratti
Van Gogh ha dipinto molti autoritratti. Specialmente il periodo parigino è ricco di dipinti di questo soggetto. Celebri sono , nel periodo di Arles, gli autoritratti dall’orecchio tagliato. La propria fisionomia è per lui un soggetto di studio ma anche di analisi psicologica. Particolare è la libertà del segno che forma e deforma i lineamenti nonché l’uso del colore. Da notare anche, nei vari autoritratti, l’intensità delle espressioni, a volte, quasi dolorose nonché lo sfondo e la direzione delle pennellate che, in alcuni dipinti, creano una specie di aureola e in altri dei vorticosi turbini dal colore intenso.
La camera da letto
In questo dipinto, realizzato ad Arles, in uno dei periodi di maggiore serenità, i colori e le dimensioni dei mobili hanno lo scopo di esprimere un senso di riposo e di benessere spirituale .
Il caffé di notte
Al contrario del quadro precedente, Il caffè di notte vuole rappresentare, con violenza e con la prevalenza dei toni rossi e verdi, le passioni umane e un’atmosfera ossessiva e allucinante.
Natura morta con girasoli
La cornice quasi non riesce a contenere la vigorosa crescita di questi fiori, alcuni dei quali, maggiormente incrostati di colore hanno perduto i petali e stanno per morire, mentre altri sono appena sbocciati. Van Gogh, per il quale i fiori avevano un significato religioso, vuole rappresentare il ciclo della vita e della morte e l’intervento divino che si cela dietro di esso.
I mangiatori di patate
Nella buia e sporca capanna rappresentata nel dipinto non manca un senso di cristiana carità. La moglie guarda teneramente il marito, sotto la luce della lampada , al centro, mentre un’altra figura offre una patata fumante alla donna che versa il tè.
Campo di grano con corvi
La nostra reazione davanti a questo dipinto è condizionata dal fatto che sappiamo che qualche giorno dopo averlo terminato, l’artista si uccise. I corvi diventano allora simboli della prossima fine, i tre sentieri che si avvicinano all’osservatore suggeriscono l’angoscia interiore e l’azzurro profondo del cielo estivo appare pesante e tempestoso.
Notte stellata
La composizione del quadro è semplice. Il cielo notturno occupa circa due terzi dello spazio, un terzo è dato dal paesaggio in primo piano e a media profondità . La terra e il cielo sono collegati dal ciuffo di cipressi che sale dal basso a sinistra. Nel mezzo del cielo è raffigurato un vortice, che per l'evidenza e le dimensioni è il protagonista della pittura. Sotto il vortice una fascia di cielo-luce profila l'andamento dei rilievi che appaiono delimitati da una linea scura. La linea mette in superficie il movimento. E' una linea ossessiva formata da tratti, tante pennellate di colore in successione, fitte; oppure è continua, e allora generalmente cupa. Sono pennellate che mutano continuamente direzione, attirando lo sguardo in gorghi di buio e di luce che si perdono in una profondità oltre la tela, in una dimensione che è angoscia e costrizione. Il poetico brillare degli astri diventa un roteare spasmodico, o un martellante pulsare nelle figure di stelle definite con colori più chiari. Il vortice centrale è la figura di maggiore sviluppo del quadro. Alla base, è posato a sinistra su un altro vortice, di andamento circolare e con un centro ben definito. La forma del vortice ricorda molto la struttura del cerchio taoista giapponese. E' probabile che van Gogh abbia conosciuto questi concetti nel 1886 a Parigi, raccogliendo stampe giapponesi. La figura della luna è in alto a destra. E' disegnata come falce concava verso l'esterno e l'alto. E' color giallo, come fosse un sole, è circondata da un globo luminoso che dal giallo chiaro si tinge verso destra di verde-celeste. L'insieme compone una figura complessa in cui la luna e il sole appaiono confusi: una luna come questa, nelle credenze popolari, è presagio di sventura. In Van Gogh, che non è un pittore simbolista, la combinazione sulla tela di segni di diverse culture carica il quadro di valori drammatici, irrisolti, che col linguaggio puramente pittorico esprimono una tensione dinamica.

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