Il gioco del toro - Micene

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte
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Testo

Il Gioco del toro – Palazzo di Micene

Il gioco del toro è un frammento di un affresco che è stato rinvenuto nel palazzo di Cnosso, nell’isola di Creta.
L’isola si trova al centro del Mediterraneo e a partire dal 2300 a.C. si popolò di città e di palazzi, che testimoniano un elevato livello di benessere, mentre le navi cretesi commerciavano in tutto il Mediterraneo. Erano un popolo pacifico; questo è evidente dall’assenza di mura e di armi, poiché la loro vera difesa era il mare, che veniva anche sfruttato per il commercio navale. I cretesi erano abili navigatori e commerciavano beni alimentari in cambio di pietre preziose e materie prime. Commerciavano inoltre molti vasi spesso decorati con ambienti marini.
Intorno a questa popolazione vi sono molti miti. Tra questi il più famoso è quello del Minotauro, il figlio mostruoso di Minosse, che venne rinchiuso in un labirinto. Ogni anno gli ateniesi dovevano mandare a Creta sette ragazzi e sette ragazze, ma un anno, stanchi di quest’ingiustizia, si ribellano e mandarono invece Teseo. A Creta costui conosce Arianna e grazie al suo aiuto riesce a sconfiggere il Minotauro e a uscire dal labirinto.
Il labirinto probabilmente era il palazzo di Minosse, che aveva una pianta davvero molto complessa. Come quelli di Mallia e Festo, le città più sviluppate, era un palazzo maestoso, con ampie scale di marmo, saloni enormi a terrazzi, per seguire la struttura collinare del terreno, i muri erano ornati oltre che con affreschi, con pietre dure, con metalli e con smalti multicolore.
Gli affreschi rappresentavano la vita della civiltà cretese: scene di danza, musica, esercizi ginnici, la corsa, il pugilato e una specie di corrida, dove si doveva saltare e volteggiare sul dorso del toro, che alla fine veniva però risparmiato.
Nel palazzo non viveva solo la famiglia reale, ma era anche sede degli uffici, aveva sale per i giochi, magazzini, depositi e locali da bagno. A palazzo gravitava dunque tutta la vita della città.
Questa civiltà sparì improvvisamente verso il 1700 a.C. Un terribile terremoto distrusse i palazzi di Cnosso e Festo, mettendo fine alla vita su quest’isola.
L’ affresco che dobbiamo analizzare in origine adornava qualche stanza del Palazzo. La tecnica della tauromarchia è chiaramente illustrata in questo dipinto, che mostra una ragazza in abiti maschili in piedi davanti al toro che sta caricando: essa lo afferra saldamente per le corna preparandosi a saltargli sopra. Un giovane ha appena finito il volteggio, mentre un‘altra ragazza sta in piedi pronta ad afferrarlo quando salterà giù. La figura umana, per lo più presente soltanto negli affreschi in miniatura, assume qui maggiore importanza.
Un’altra caratteristica di questo nuovo tipo di affresco è il moltiplicarsi dei fregi accessori (talvolta per imitare le pietre preziose) di tipo quasi architettonico. Nell’opera sono presenti quattro soggetti di cui un toro, due donne davanti e dietro ad essi, ornate di bracciali e di stivali per attutire l’urto, e un uomo nell’atto di saltare sopra al toro. Quest’ultimo appare sproporzionato e incurvato rispetto alle figure umane. Come si può notare dalla posizione della coda e delle zampe staccate dal suolo, l’immagine del toro non è statica, ma dà l’idea del movimento dell’animale che sta caricando.
Nel quadro sono presenti poche tonalità di colore e cioè il marrone, il bianco, il nero, il giallo e il grigio azzurro. Quest’ultimo è prevalente e riempie lo sfondo della figura. Ciò significa che probabilmente questa attività veniva praticata all’aperto, specificamente nei cortili del palazzo. Il marrone è il colore del toro ed anche dell’atleta impegnato nel volteggio, mentre le due figure ai lati sono di colore bianco.
Il nero e il giallo sono i colori dei particolari, rispettivamente dei calzari e dei braccialetti.
L’individuazione delle linee di forza può aiutare a capire le azioni che stanno per compiere i soggetti: le due figure ai lati ferme, il toro slanciato in avanti e l’altro uomo, impegnato in un salto particolarmente difficile, si trova in una posizione innaturale.
I contorni dei soggetti sono marcati da linee nere piuttosto spesse, in modo da renderli più evidenti e più importanti.
Tracciando le diagonali, si individua il centro, che è anche la parte più importante dell’opera. Il centro cade sul braccio dell’atleta.
Osservando le dimensioni del dipinto si nota che c’è profondità. Infatti si possono individuare tre piani: la donna a destra è in primo piano; il toro e l’uomo sul secondo e la donna a sinistra è sullo sfondo.
In entrambe le parti dell’opera si vede che le figure sono disposte equamente, quindi c’è simmetria fra loro.
La particolare forma della cornice fa intuire che quest’affresco faceva parte di una serie, infatti la cornice ricorda vagamente un fotogramma. Ai margini di essa si trovano delle chiazze di colore con le tonalità usate nell’opera. Questa tecnica si usa ancora ai nostri giorni con le stoffe o con le scatole di alimentari.
L’opera misura 80 cm. x 165 cm.
Il significato di questo dipinto è che l’uomo con molte difficoltà può superare il male (il toro), ma non eliminarlo completamente (ucciderlo).
Quest’opera ha sicuramente subito un restauro perché nell’antichità il male veniva rappresentato con un toro nero e quindi le macchie bianche sono state aggiunte in un secondo tempo.

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