Il futurismo

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Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Il futurismo è stato un movimento artistico e letterario italiano dell'inizio del XX secolo, che al netto rifiuto della tradizione unì l'esaltazione della vita moderna e dei suoi aspetti più caratteristici: la velocità, le macchine, le nuove metropoli e i complessi industriali. I principi del futurismo vennero elaborati dal poeta italiano Filippo Tommaso Marinetti, che ne pubblicò il manifesto teorico nel 1909; l'anno seguente Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Luigi Russolo, Carlo Carrà e Gino Severini stesero il Manifesto tecnico della pittura futurista.
In campo pittorico, i principi del futurismo portarono ad annullare l'opposizione, propria della pittura tradizionale, tra figura e ambiente e a rivedere lo stesso concetto di forma, non più ritratta nella sua fissità ma nel dinamismo del movimento. Caratteristico dell'arte futurista fu il tentativo di rappresentare contemporaneamente le diverse azioni e le successive posizioni di un soggetto in movimento, con risultati simili a una fotografia stroboscopica o a una serie di fotografie scattate in rapida sequenza e stampate su una singola lastra; esempi interessanti sono il Geroglifico dinamico del Bal Tabarin (1912, Metropolitan Museum, New York) e Il treno blindato (1915, collezione Zeisler, New York), entrambi di Severini, e quadri quali La città che sale, di Boccioni (1910, Museum of Modern Art, New York) oppure Cane al guinzaglio di Balla (1912, Albright-Knox Art Gallery, Buffalo).
In ambito letterario, al movimento si accostarono Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni, Ardengo Soffici, mentre alle concezioni teatrali del futurismo diedero un contributo non soltanto teorico Settimelli e Prampolini. Vivace e aggressivo, il movimento rinnovò l'arte italiana anche nei settori della grafica, con Fortunato Depero, e dell'architettura, con Antonio Sant'Elia.
Pur nella sua breve vita, conclusasi verso il 1914 (anche se gli storici parlano di un secondo futurismo manifestatosi negli anni Trenta), il movimento esercitò una profonda influenza su molti artisti, quali Marcel Duchamp, Fernand Léger e Robert Delaunay in Francia e gli esponenti del futurismo e del costruttivismo in Russia come Majakovskij.

STILE
Non vi è dubbio che all'origine del futurismo italiano come avanguardia artistica vi sia il cubismo francese. L'importanza del cubismo a partire del 1910 fu tale da influire anche altri movimenti nazionali europei come l'espressionismo della Brucke in Germania.
Il Futurismo è poi implicato con il divisionismo. Al 1914 risale per tutti gli artisti futuristi l'abbandono del del cubismo analitico per una breve esperienza di cubismo sintetico. Al 1915-16 il ritorno a forme plastiche ed a una figurazione riconoscibile, il cosiddetto ritorno all'origine.
Nel primo futurismo lo stile è dissociato tra le due fugure cruciali del movimento: Balla e Boccioni. Il secondo futurismo non presenta una vera unità stilistica: appare nel suo insieme come un movimento eclettico. Importante in questa fase la comparsa del geometrismo di Balla e Depero. Dal 1925 al '40, gli artisti futuristi riprendono e variano, contaminandole con il surrealismo e la metafisica, le premesse poste da Braque e Picasso e questo rappresenta una continuità tra primo e secondo futurismo. Concludendo si può affermare che orientarsi nella pratica artistica del movimento significa prendere atto delle pluralità di stili intrinseca. La molteplicità dell'attività creativa in tutti gli aspetti dei vari artisti portò ad una varietà ampia di soluzioni stilistiche.
La metropoli
Il rapporto con la città é uno dei nodi centrali della poetica futurista. La città. nella sua crescita vorticosa alla soglia del nuovo secolo, diviene per i futuristi luogo emblematico di una modernità ormai presente. "[...] Noi dobbiamo inventare e fabbricare la città futurista simile ad un immenso cantiere tumulitante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte, la casa futurista simile ad una macchina gigantesca [...] " A. Sant' Elia
"Noi canteremo le grandi folle agitate del lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche; la stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano [...]" F.T. Marinetti
La velocità
Nell'immaginario futurista la velocità è il modo stesso di essere della modernità: sia essa il meccanismo imprescindibile nel rapporto con la vita contemporanea, sia come fattore che guida i rapporti psiche e del pensiero con la realtà, dando forma a nuove relazioni, sia individuali che collettive, ormai proiettate nel futuro. Come disse Marinetti "Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un'automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo [...] un'automobile ruggente che sembra correre sulla mitraglia è più bello della Vittoria di Samotracia [...]"
La simultaneità
La necessità di superare la visione tradizionale della realtà porta i futuristi a formulare una teoria della simultaneità, proponendo una nuova idea della rappresentazione che unisca in sé, integrate, componenti visive e psicologiche, percezione e memoria dell'oggetto, caratteri "oggettivi" e "soggettivi" del rapporto con la realtà.
Lo stato d'animo
La poetica dello "stato d'animo" diviene un punto fermo nel superamento della descrittività della rappresentazione. Lo stato d'animo porta a una rappresentazione sintetica della molteplicità delle nostre sensazioni, creando un nuovo immaginario visivo in cui gli elementi oggettivi si intrecciano strettamente con i valori della percezione psicologico - emozionale del soggetto. Parte essenziale di questa sezione è quella dedicata alle parolibere, in cui esperienze visive e verbali si integrano strettamente.
La natura
Un particolare aspetto della ricerca futurista è rappresentato dalla nuova forma di rappresentazione che si propone per la natura, all'interno di una globale "ricostruzione dell’universo".Caratterizzata peraltro da una forte volontà di superamento del rapporto idilliaco ottocentesco nei confronti della natura e del paesaggio, in stretta relazione con una nuova sensibilità urbana.
Il cosmo
Questa tematica, proposta inizialmente come esaltazione del mito della nuova scienza e delle sue possibilità, passa quindi attraverso la concreta possibilità di ampliare l'esperienza dell'infinito attraverso il volo (in questo si collega strettamente alla poetica dell'aeropittura), per assumere infine una sorta di proiezione mistica verso un universo fisico - spirituale sempre più senza limiti e luogo di una dimensione espansiva della sensibilità.
La spiritualità
Presenta testimonianze diversificate, che corrispondono alla varietà di posizioni assunte dai futuristi rispetto a questa tematica, che si esprime soprattutto nel corso degli anni Trenta: posizioni che oscillano fra un lirismo cosmico, proiettato verso nuovi spazi e nuove dimensioni, fino a sconfinamenti nell'ambito di una mistica religiosa nonostante l'originario laicismo del movimento.
La guerra
La sezione evidenzia le contraddizioni storiche che pervadono il movimento futurista e i suoi diversi atteggiamemti di fronte a un tema così implicante per la cultura del Novecento. Essa si apre con l'iniziale posizione interventista antiaustriaca, e con la conseguente diretta (e tragica) partecipazione alla prima guerra mondiale di molti futuristi.

PITTURA E GRAFICA
Nel Gennaio del 1910, Boccioni, Carrà, e Russolo si presentavano a Marinetti nella sua casa di Milano. Questi tre artisti, conosciuti nell'ambiente dell'accademia e del mondo pittorico milanese, dopo una lunga disamina della situazione in cui versava l'arte italiana, decisero di lanciare un Manifesto ai giovani artisti per invitarli a scuotersi dal letargo che soffocava ogni aspirazione. Il Manifesto dei Pittori nasce l'11 Febbraio su un volantino edito da "Poesia".
Non si può però parlare di "vera" pittura futurista fino alla fine del 1911. I tentativi di creare la "nuova arte" passano attraverso diverse influenze non ancora superate.
Nella primavera del 1910 vengono esposte pubblicamente le prime opere futuriste nella "Mostra d'arte libera" a Milano presso la fabbrica Ricordi con opere di Boccioni, Carrà e Russolo.
Nel 1912 Marinetti organizza a Parigi una mostra alla Gallerie Bernheim-Jeune in cui gli artisti italiani sottolineano la loro divergenza dal cubismo ed affermano di ricercare uno "stile del movimento, cosa mai tentata prima".
Dal 1913 varie mostre vengono organizzate per esporre i la vori sempre più definiti. Il futurismo conta nuovi adepti: Cangiullo, Depero, Pampolini, Rosai, Morandi, Sironi, Arturo Martini.
Sempre più si definiscono le ricerche dei diversi artisti: Russolo si dedica alla musica, arrà si allontana dal naturalismo a vavore del cubismo, Severini tende verso l'astrazione, Boccioni segue anche in scultura un modello simbolista, Balla approda ad una schematizzazione basata sullo studio del movimento.
Con la fine della guerra nel 1921 nel Manifesto del Tattilismo Marinetti ufficializza una nuova fase del Futurismo, più ludica e positiva.
Nel Manifesto della Aeropittura firmato da Balla, Benedetta, Depero, Dottori, Fillia, Marinetti, Prampolini, Somenzi, Tato, si teorizza la nuova visione spiralica del movimento. Sarà uno degli ultimi fuochi per tenere acceso il Futurismo.
Nel 1915 col manifesto Ricostruzione futurista dell'universo firmato da Balla e Depero, c'è una sintesi nuova del dinamismo plastico propria dei primi anni. Si può parlare ora di Secondo Futurismo che orera non solo nelle arti visive, ma anche nell'architettura, nella scena urbana, negli allestimenti sportivi, nei complessi plastici, nella fotografia e nel fotomontaggio al cinema oltre che nella scenografia, poesia, prosa, drammaturgia, teatro e nella pubblicità di massa.
Negli anni Trenta si vive indubbiamente un allentamento della tensione inventiva, dovuta soprattutto all'incalzare di una realtà più avanzata tecnologicamente anzitutto, che provoca una caduta dello scarto utopico avvenieristico degli anni Dieci.

IL TEATRO
Quando i danzatori Ikar e Ivanoff si presentarono nei Balli Meccanici di Paneggi e Paladini su una rombante motocicletta il 2 Giugno 1922 al Teatro degli Indipendenti, il pubblico si trovò di fronte ad uno spettaccolo futurista. Altrettanto si può dire dell'Angoscia delle macchine del 1927, in cui Marinetti si dichiarò insoddisfatto del successo ricevuto, in antitesi con la "voluttà di essere fischiati" da lui predicata.
Si dovrebbe intendere per spettacolo futurista qualcosa dove futurista è il testo o l'azione, nei tempi e nel "sistema significante"; lo spazio dove l'evento teatrale si attua, la messa in scena, la recitazione e se ci sono i modi di partecipazione del pubblico. Tutto cominciò con la proclamazione del Manifesto del Varietà (1913), il teatro sintetico, quale fu lanciato da Marinetti, Settimelli e Corra. Nasce nello stesso concetto di sintesi, anche la scenosintesi come tentativo di cercare di vivere l'azione teatrale nella sua estrema concentrazione drammatica.
La scenosintesi può trovare la sua applicazione originale in brevi testi come Lotta di fondali di Marinetti, o come Colori di Depero. Sono anche i primi tentativi di teatro astratto, senza la presenza dell'uomo. Sulla stessa via è Fuoco d'artificio di Balla.
Nel 1917 nasce a Roma il Teatro Plastico di Depero, in cui si realizzano le idee espresse dal Manifesto del Teatro di Varietà. Depero tendeva al quadro pittorico nella sua scena mobile, con violenze di colore, manifestazioni di gioia, danze in un mondo di rigidità geometriche, deformazioni ed armonie nuove. Prampolini, che fin dal 1915 aveva sostenuto la scena dinamica al posto di quella statica, invitò all'abolizione della scena dipinta, portando il teatro sintetico a Praga e Brno, poi nel 1925 a Parigi i modelli del Teatro Magnetico: un teatro antipsicologico-astratto, dove la scena o lo spazio è l'elemento più importante. E' incorporeo, senza attori, avvolgendo lo spettatore in un'atmosfera di spiritualità.
Un tentativo teatrale futurista autonomo fu quello di Pino Masnata (La poesia visiva 1920), che mirava a far interagire la tecnica teatrale con quella cinematografica.

AUTORI
Umberto Boccioni
Boccioni, Umberto (Reggio Calabria 1882 - Verona 1916), pittore e scultore italiano, teorico e principale esponente del movimento futurista. Dopo l'arrivo a Milano e l'incontro con i divisionisti e con Filippo Tommaso Marinetti, scrisse, insieme a Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini, il Manifesto dei pittori futuristi (1910), cui seguì il Manifesto tecnico del movimento futurista (1910): obiettivo dell'artista moderno doveva essere, secondo gli autori, liberarsi dai modelli e dalle tradizioni figurative del passato per volgersi risolutamente al mondo contemporaneo, dinamico, vivace, in continua evoluzione. Quali soggetti della rappresentazione si proponevano dunque la città, le macchine, la caotica realtà quotidiana. E nelle sue opere, Boccioni seppe esprimere magistralmente il movimento delle forme e la concretezza della materia.
Benché influenzato dal cubismo, cui rimproverò l'eccessiva staticità, Boccioni evitò nei suoi dipinti le linee rette e adoperò colori complementari. In quadri come Dinamismo di un ciclista (1913 ca., collezione Mattioli, Milano), o Dinamismo di un giocatore di calcio (1911, collezione privata, Roma), la raffigurazione di uno stesso soggetto in stadi successivi nel tempo suggerisce efficacemente l'idea dello spostamento nello spazio. Simile intento governa del resto anche la scultura di Boccioni, per la quale spesso l'artista trascurò i materiali nobili come marmo e bronzo, preferendo il legno, il ferro e il vetro. Ciò che interessava era illustrare l'interazione di un oggetto in movimento con lo spazio circostante.
Tra le opere pittoriche più rilevanti di Boccioni ricordiamo Rissa in Galleria (1910, collezione Jesi, Pinacoteca di Brera, Milano), Stati d'animo n. 1. Gli addii (1911, collezione privata, New York) – in cui i moti dell'animo sono espressi attraverso lampi di luce, spirali e linee ondulate disposte diagonalmente –, Forze di una strada (1911, Kunstmuseum, Basilea), dove la città, quasi organismo vivo, ha peso preponderante rispetto alle presenze umane.

Giacomo Balla
Balla, Giacomo (Torino 1871 - Roma 1958), pittore italiano, tra i maggiori esponenti del movimento futurista e tra i primi rappresentanti dell'arte astratta italiana. Nel 1908 conobbe Umberto Boccioni, di cui fu maestro, e insieme a lui e a molti altri artisti firmò, nel 1910, il Manifesto dei pittori futuristi e il Manifesto tecnico della pittura futurista. In opere quali Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912, Albright-Knox, Art Gallery, Buffalo) e Bambina che corre sul balcone (1912, Galleria d'Arte Moderna, Milano), Balla cercò di catturare sulla tela movimento e velocità, espressioni del dinamismo che i futuristi consideravano l'essenza della civiltà moderna. Altre opere significative di questo periodo sono Velocità di automobile (1913, Museum of Modern Art, New York) e Voli di rondine (1913, Museum of Modern Art, New York). Dopo aver redatto con Fortunato Depero il manifesto della Ricostruzione futurista dell'universo nel 1915 Balla, allontanandosi progressivamente dal futurismo nel corso degli anni Venti, lo abbandonò del tutto nel decennio seguente, tornando alla pittura figurativa.
L'idea che abita le composizioni di Balla nasce senza dubbio dal ritmo della città moderna, fatta di avvenimenti che sembrano accavallarsi, intrecciarsi incessantemente in maniera fragorosa. L'effetto "ornato" è la conseguenza di questa teatralizzazione dell'energia del caso.
E' il sentimento di fondo dell'opera, affermativo di un'arte che mette in scena la vita per movimenti e mutamenti, in un'ottica per la quale conoscenza e progresso sono tutt'uno.
Ma, paradossalmente, le immagini di Balla sono irripetibili, in quanto bilanciate da un sentimento dell'ironia che travolge le figure. L'allegria abita tutte le composizioni e le dispone sotto un segno di celebrazione della vita più che della macchina, dei gioco più che della produzione.
In defìnitiva per Balla la città è lo spazio degli incontri casuali, il luogo della dinamizzazione dell'imprevedibile che la tecnica ha il potere di moltiplicare. L'arte è lo strumento di formalizzazione di tale allucinazione, definendone il campo visivo. I1 movimento futurista, in uno sguardo retrospettivo, è stato più equilibrato di quanto non sembri a prima vista o leggendo i documenti dell'epoca. Infatti le opere e í manifesti teorici ci consegnano l'identità di un gruppo artistico che coniuga apologia internazionalista della macchina e recupero della radice mediterranea. In ogni caso quello che marca anche la prima generazione futurista è l'adesione al principio dell'arte come ricerca capace di assumere "l'oggettività" del portato scientifico. Balla opera con un impeto interdisciplinare che lo immette in soluzioni linguistiche rispondenti sempre a una filosofia dell'esperienza creativa. Una sorta di sguardo fenomenologico regge la mano dell'artista che non compie alcun processo di proiezione o di identificazione affettiva verso i materiali recuperati per la composizione dell'opera: essa è il frutto di una operazione di stanziamento che accompagna l'assunzione di elementi extraartistici. Si può dire non esista complicità tra Balla e la materia, per un pathos della distanza che impregna l'ironia in un effetto di impassibilità ottica.
Nel caso di Balla il campo è dato da una vista dall'alto della composizione che ci restituisce la mappa totale dell'immagine e nello stesso tempo ci impedisce una interrogazione ravvicinata. L'arte diventa conoscenza della grande lontananza intesa come preclusione di sfondare il mistero della imperturbabilità della materia e possibilità di trovare il nodo, il cannocchiale giusto, per inquadrare la superficie delle cose stesse. Una sorta di ottica aerea assìste l'opera di Balla che tende così ad evidenziare il processo di approccio a sfidare la strutturale impersonalità della ricerca scientifica mediante la fondazione di un oggetto linguistico autonomo rispetto al suo autore, capace di mostrarsi nella stessa estraneità che accompagna il rapporto di analisi dello scienziato con il suo campo investigativo. Una luce mentale illumina letteralmente l'opera di Balla, disegno o pittura, tale luce non esibisce fremiti mistici o metafisici, semmai tende a sottolineare i caratteri strutturali del fenomeno della conoscenza che sono, nel campo dell arte, l'indeterminazione e la bellezza.
Nell'opera di Balla circola sempre un'aura, una oggettività estraniante che forma intercapedine tra sguardo dello spettatore e manufatto artistico.
Questa è la dimensione del galleggiamento, una sospensione frontale schiacciata dall'alto dell'immagine che presenta in tal modo le sue componenti in una sovrapposizione di piani. Gli organismi formali di Balla infatti si danno sempre come geografie cosmiche, carte geografiche per lo sguardo che indietreggiando può assumere una visione totale, e per questo filosofica delle cose. Le cose ovviamente sono la cosa! la materia costitutiva di tutte le materie, che sprona l'artista ad applicarsi con gli strumenti che gli sono propri e che non gli impediscono una sfida conoscitiva capace di sottrarsi al pathos della soggettività e della declinazione sentimentale.
Infatti nell’opera non c'è mai caduta lirica, intesa come afflato puramente emotivo, semmai una tensione verso un respico cosmlco in cui sono i livelli geologici dell immagine a produrre profondità e larghezza. La profondità è l effetto di una concezione filosofica che trova le proprie radici nei pensiero teosofico che permea tutta la produzione teorica ed in parte artistica del futurismo di Balla.
Centrale nel suo lavoro è la convergenza di tutti gli strati della cultura ed anche di tutti i linguaggi possibili, in un movimento verso la totalità espressiva che coniuga ineleme arcalsmo e modernità, materia e tecnica, in una tensione che talvolta sfiora accenti wagneriani come nei caso di "Feu d'artificie" di Strawinskij. Arcaica la stratificazione delle forme, moderna la concezione della consonanza tra la ricerca artistica e quella scientifica. La visione di superficie, che regge l'opera di Balla dalle "Compenetrazioni iridescenti" del 1912 in avanti, è l effetto di una concezione sperimentale dell'arte, della conquista di un idea spaziale che non affonda nell'illusione del "trompe l'oeil" ma piuttosto cresce appunto sulla superficie e magari conquista una terza ed una quarta dimensione corrispondente alle concezioni più avanzate della scienza moderna.
Tutto si tiene nell'opera di Balla in quanto si radica al di sotto della forma, una concezione unificante, una costellazione di elementi, un intreccio di segni e materie che galleggiano nella naturale instabilità dinamica dello spazio e del tempo, all incrocio di queste due dimensioni che sono le coordinate di ogni movimento. Stasi e movimento, disegno e spessore si alternano in ogni composizione, calata in uno spazio circolare, come la volta celeste, in cui i corgi sono soggetti ad un moto perpetuo ed inarrestabile, lento fino ai punto di permettere la percezione di ogni dato particolare.
Vicino e lontano, intero e dettaglio si intrecciano nell ottica del quadro che si presenta come un universo oggettivamente presente sotto lo "sguardo-cannocchiale" dello spettatore.
I caratteri di oggettività e di presenza concreta sono riaffermati mediante l'assunzione di un ulteriore carattere appartenente non alle arti figurative ma al teatro, all'evento. La cornice dipinta crea una sorta di messa in scena che circoscrive l'accadimento: l'immagine si avvera nella sua oggettiva estraneità di materia e di forma alla contemplazione dei pubblico. Quest'ultimo in qualche modo è attratto a misurarne la dinamicità temporale, l'impennarsi plastico della forma.
Tale dimensione presuppone insieme il peso concreto della materia e l'astrazione mentale, l'essenza del numero e l'evoluzione biologica della materia, la crescita e l'arresto, il volume e il puro colore. Ecco il titolo ad una sua composizione: "i numeri innamorati".
Anche nei disegni di architetture di Sant'Elia tutto si muove in circolo secondo linee di scorrimento che avvolgono la composizione e la rendono campo di un sistema di relazioni mobili secondo le regole di un eterno motore che sembra perdere gli ardori macchinistici tipici della predica futurista ed acquistare invece la cadenza pacata di una visione sapiente che travalica anche la modernità.
Arriviamo così all'astrazione di forme non rinvianti più all'iconografia cinetica dei futurismo ma ad una sorta di universo neoplatonico, dove le forme pure nella loro concreta astrattezza si fronteggiano nella perfezione di un'immobilità comprendente ogni possibile movimento, essenza dell'arte che trasfigura ogni dettaglio in dato universale.

Carlo Carrà
Carrà, Carlo (Quargnento, Alessandria 1881 - Milano 1966), pittore italiano, esponente di primo piano del futurismo e della corrente metafisica. La sua formazione artistica si compì in ripetuti soggiorni a Milano, Parigi e Londra. Solo nel 1906 Carrà si iscrisse all'Accademia di Brera a Milano, dove fu allievo di Cesare Tallone. Dal 1911 al 1914 fu di nuovo a Parigi: nella capitale francese si avvicinò a Guillaume Apollinaire, e frequentò i due fondatori del cubismo Pablo Picasso e Georges Braque.
La sua pittura conobbe un primo periodo divisionista, quindi si orientò decisamente ai canoni e agli stilemi del futurismo con opere quali I funerali dell'anarchico Galli (1911, Museum of Modern Art, New York). Nel 1910 Carrà firmò il Manifesto della pittura futurista, e negli anni immediatamente a seguire sostenne il nuovo movimento artistico e letterario con diversi scritti pubblicati sulle riviste "Lacerba" e "La Voce". Nel 1916 conobbe a Ferrara Giorgio de Chirico, Alberto Savinio e Filippo de Pisis, e si volse alla pittura metafisica (La camera incantata, 1917, Collezione Jesi, Milano). A partire dal 1921 si nota nella sua opera un recupero della tradizione pittorica italiana antica, soprattutto nell'interpretazione di Giotto e Masaccio, che gli ispirò un'arte più figurativa, concretizzata in paesaggi e nature morte (Il pino sul mare, 1921, Collezione Casella, Roma; e Vele nel porto, 1923, collezione privata, Firenze). La sua attività divenne intensissima: Carrà allestì numerose mostre, e ottenne premi e riconoscimenti ufficiali. Nelle ultime opere l'artista tornò a guardare alla pittura francese, e in particolare a Paul Cézanne, la cui produzione ispirò probabilmente alcuni quadri paesaggistici dipinti in Valsesia e Toscana.
Oltre alle numerose tele, Carrà lasciò un importante corpus di opere grafiche e diversi scritti: Pittura metafisica (1919), una raccolta di saggi, critiche d'arte per "L'Ambrosiano", di cui fu collaboratore per molti anni, e l'autobiografia La mia vita (1945).

Fortunato Depero
Depero, Fortunato (Fondo, Trento 1892 - Rovereto 1960), pittore italiano. Esponente del movimento futurista, fu anche scenografo, grafico pubblicitario, decoratore, poeta. Eseguì i primi disegni a Rovereto; a Roma conobbe Giacomo Balla e Umberto Boccioni e nel 1916 espose alla mostra dei futuristi una serie di opere, tra cui alcuni bozzetti per costumi teatrali e quadri dai titoli bizzarri come Romkraskri o Veciclisss (ora alla Galleria d'arte moderna, Milano): caratteristica comune di questi lavori era il tentativo di suggerire, attraverso l'immagine, uno stato d'animo. In quello stesso anno Depero conobbe Sergej Diaghilev, Léon Bakst e Michail Larionov, e si avvicinò alla pittura russa. Nei suoi quadri le figure divennero sempre più stilizzate, i colori piatti (Balli plastici, 1918; Automobile verde di lusso, 1928, entrambi al Museo Depero, Rovereto). Alla fine della guerra aprì insieme alla moglie Rosetta una Casa d'arte, un laboratorio dove venivano prodotti giocattoli, mobili, arazzi.

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