Materie: | Appunti |
Categoria: | Storia Dell'arte |
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Data: | 08.02.2001 |
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Testo
IL COLORE.
LE TECNICHE.
LA TEMPERA.
Antica tecnica pittorica che usa acqua per sciogliere(stemperare) colori e, come legante, emulsioni d’uovo, lattice, colle, gomme. Solubile con l’acqua la tempera è usata anche per la pittura parietale in sostituzione dell’affresco o per la rifinitura dello stesso.
Anticamente il supporto più usato per la pittura a tempera fu il legno che veniva preparato con alcuni strati di gesso e colla che poi venivano lisciati. A volte alla tempera venivano mescolate materie grasse. Il colore così ottenuto è detto “Tempera Grassa”. Il periodo di massimo uso della tempera è anteriore al diffondersi della pittura ad olio fra il Quattrocento ed il Cinquecento.
Le pitture a tempera su tavola venivano poi verniciate con resine per proteggerle e fissarle definitivamente. Oggi i materiali usati come supporto per la tempera sono ancora il legno(compensato), il cartone, la carta e a volte la tela.
L’OLIO.
La leggenda attribuisce a Van Eyck, 1390-1441, l’invenzione della pittura ad olio, ma già in qualche modo l’uso dell’olio nel mescolare i colori era noto nell’antichità. Certo però, per primi, i pittori Fiamminghi del Quattrocento usarono sistematicamente per la loro pittura pigmenti impastati con olio e resine.
Gli oli usati, allora come ancora oggi, furono quelli di semi di lino, quelli di papavero e quelli di noce. La pittura ad olio consente l’uso d’una gamma di colori più estesa che nella tempera, maggiori contrasti fra gli scuri più profondi e i chiari brillanti e la possibilità di operare con leggere velature o con impasti spessi di colore. Anticamente per questa tecnica si continuò ad usare come supporto il legno, ma presto, verso la fine del Quattrocento, si scoprì la possibilità di dipingere su tela, scoperta importante che veniva ad accelerare il lavoro e a diminuire i costi dell’opera.
Il pittore, infatti, non doveva più attendere il lungo tempo necessario alla costruzione della tavola; inoltre, per la morbidezza degli impasti ad olio, la tela poteva essere arrotolata e trasportata con facilità.
Sino ad oggi la tela è rimasta il supporto più usato per la pittura ad olio, anche se non manca chi preferisce il cartone, il legno “compensato”, la faesite o qualsiasi altro materiale.
L’ACQUERELLO.
Per l’acquerello vengono usate come leganti sostanze diluite in acqua con aggiunta di gomma arabica. Il colore viene steso in strati leggeri, trasparenti. Il supporto ideale è la carta che per questo genere di pittura è quella fabbricata con stracci. (Quella di cellulosa ingiallisce alterando i colori).
Dalla metà del Settecento l’acquerello ebbe larga diffusione in Inghilterra ed in Francia.
L’uso di questa tecnica venne esercitato specialmente nello studio dal vero del paesaggio per rendere rapidamente la luminosità di certe atmosfere, ma anche nella decolorazione di oggetti d’uso come paraventi, scatole e nella coloritura di progetti architettonici.
L’ACRILICO.
I colori acrilici, ultimi nati nella storia della pittura, hanno come legante l’emulsione acquosa di una resina acrilica. Solubili in acqua, dopo l’emulsione acquosa di una resina acrilica. Solubili in acqua, dopo l’essiccazione sono assolutamente impermeabili. La loro invenzione risale agli anni ’40-’50, negli Stati Uniti.
I supporti per questa tecnica possono essere la tela, il cartone, la carta e qualunque altro materiale assorbente che viene preparato con sostanze non grasse che rifiuterebbero l’adesione del colore.
La gamma dei pigmenti colorati non è così ricca come nei colori ad olio; più simile a quella della tempera, offre però una grande resistenza alla luce e la possibilità al pittore di lavorare ininterrottamente al dipinto per la rapida essiccazione del colore e il continuo assorbimento degli strati precedenti.
L’INCISIONE.
Si chiama incisione il complesso delle tecniche che comportano l’incisione manuale di un disegno su matrice permanente, mediante solchi più o meno lunghi e profondi i quali a loro volta vengono riempiti con incisione di un torchio su carta o altro materiale.
Le matrici sono costituite da materiali differenti come la pietra, il legno, il linoleum, la celluloide o materiali sintetici; tuttavia l’incisione viene effettuata prevalentemente su lastra di metallo (zinco, acciaio e, più frequentemente, rame).
Ogni tipo di incisione in cavo su metallo viene chiamato CALCOGRAFIA. Le principali tecniche calcografiche si suddividono in due gruppi. Al primo gruppo appartengono l’acquatinta, l’acquaforte e la ceramolle; in queste tre tecniche viene usato l’acido per ottenere il disegno sulla matrice.
Del secondo gruppo fanno parte le tecniche del bulino, della punta secca e della maniera nera; nell’uso di queste tecniche la matrice viene incisa direttamente a mano, mediante l’azione di un attrezzo manuale. Eccoli:
ACQUATINTA.
Granitura della lastra ottenuta dalla morsura dell’acido, che darà alla stampa un particolare effetto di “pieno” anziché di fitto tratteggio. La lastra sgrassata viene ricoperta con un sottilissimo strato di bitume o colofonia in polvere. Scaldando la lastra sul fornello le particelle di bitume o colofonia aderiscono al metallo. Con vernice antiacido si coprono le parti che non si vogliono incise e si procede quindi alla morsura: l’acido “mordendo” il metallo rimasto scoperto tra le particelle di bitume o colofonia produce una fitta serie di puntini incisi. Anche in questo caso si può procedere a più morsure, ricoprendo alcune parti già incise con vernice in modo da ottenere diverse intensità di tono.
ACQUAFORTE.
Incisione indiretta in cavo. Indiretta perché è l’acido ad incidere il metallo, non direttamente l’incisore. La lastra di metallo (rame, zinco, acciaio) viene accuratamente sgrassata e ricoperta a caldo di un sottile strato di cera, quindi affumicata affinché i segni incisi risultino meglio visibili. Il disegno viene ricalcato sulla cera. Successivamente l’incisore, disegnando con punte, rimuove la cera scoprendo il metallo. La lastra viene poi immersa nell’acido, che incide soltanto le parti scoperte: questa operazione è detta morsura. Per ottenere intensità di tono diverse si procede con successive morsure, ricoprendo con vernice i segni che si vogliono più leggeri e insistendo nei tempi di morsura per quelli che si vogliono più scuri. Abitualmente come mordente viene usato acido nitrico ( il cui nome anticamente era “acquafortis”) diluito opportunamente con acqua distillata.
VERNICE MOLLE.
La lastra viene ricoperta con una cera particolarmente morbida. Appoggiando sopra questa dei fogli di carta sottile si disegna su di essi con matite appuntite. La pressione esercitata fa sì che la cera aderisca alla carta e lasci scoperto il metallo. Si procede poi, alla morsura, e la stampa darà dei risultati morbidi, che ricordano il disegno a matita. Si possono inoltre ottenere effetti particolari comprimendo sulla cera molle foglie, pizzi o altro.
INCISIONE AL BULINO.
Il bulino, astina d’acciaio con manico di legno, viene usato per incidere il disegno direttamente sulla lastra con forte pressione della mano, e sollevando un ricciolo di metallo lascia un solco che, ripulito col raschietto da eventuali “barbe” sui lati, darà alla stampa un segno nitido e duro, caratteristico di questa tecnica.
PUNTASECCA.
Incisione diretta su lastra di metallo. Con una punta d’acciaio si incide la lastra seguendo il disegno come con una matita, anziché spingendo lo strumento come con il bulino. La punta solleva ai lati del segno delle parti metalliche dette “barbe”: queste non vengono eliminate col raschietto, come per l’incisione a bulino, e trattenendo poi l’inchiostro in modo irregolare daranno alla stampa un segno di particolare morbidezza. Poiché il torchio schiaccia con la sua pressione queste “barbe” durante la stampa la tiratura non potrà essere di molti esemplari.
MANIERA NERA.
Con uno strumento dentato detto mezzaluna si incide completamente la lastra sollevando molte “barbe”. Inchiostrata e stampata a questo punto la lastra darebbe una prova completamente nera. Con il raschietto e il brunitoio l’incisore procede quindi smorzando le “barbe” o eliminando completamente, ottenendo così alla stampa vari valori di grigio, fino ad arrivare al bianco nelle parti che avrà reso completamente lisce. Come la puntasecca anche questa tecnica consente una tiratura limitata.
STAMPA CALCOGRAFICA.
La lastra metallica incisa, ripulita con solventi dalla cera, e sgrassata viene scaldata sul fornello e inchiostrata con tamponi di pelle che fanno penetrare l’inchiostro nei segni incisi. L’inchiostro superfluo viene rimosso dalle parti piane della lastra con garze e col palmo della mano. La lastra, pronta per la stampa, viene posta sul piano del torchio e su di essa si appoggia il foglio di carta precedentemente inumidito e ricoperto di feltri allo scopo di rendere elastica la pressione del cilindro del torchio, che deve comprimerla nei segni incisi.Il foglio stampato, estratto dal torchio, verrà posto tra cartoni pressati da pesi, affinché asciugando risulti perfettamente piano. Tutte queste operazioni (inchiostratura, pulitura ecc.) vengono ripetute per ogni foglio che si vuole stampare.
STAMPE A COLORI.
Con qualsiasi tecnica incisoria si possono ottenere stampe a più colori con l’uso di diverse matrici, una per ogni colore.
La stampa a colori non va confusa con la stampa colorata: si tratta in questo caso di una stampa in bianco e nero colorata a mano con acquerello o pastello.
LA TIRATURA.
S’intende per tiratura l’insieme di esemplari che devono recare il numero progressivo e quello totale delle copie stampate. Esempio: ciascun foglio di una tiratura di cinquanta esemplari porterà scritto a matita in margine un numero da 1/50 a 50/50 oltre, naturalmente, la firma dell’autore.Si possono avere, oltre la normale tiratura, numerata con cifre arabe, alcuni esemplari con numeri romani e alcune prove d’artista siglate P.A. che dovrebbero essere di numero limitatissimo.
Questo non riguarda le stampe antiche: anticamente non veniva usata la numerazione perché le stampe venivano diffuse su larghissima scala, mentre è proprio il numero ridotto di esemplari, insieme alla qualità dell’opera, a conferire pregio alle stampe moderne.
PROVE DI STATO.
Sono così chiamate le stampe ottenute nel corso del lavoro, eseguite dall’incisore per rendersi conto del risultato, che viene variato con aggiunte o ritocchi fino ad ottenere l’effetto desiderato.
LA BIFFATURA.
A tiratura ultimata la lastra o matrice dovrà essere “biffata”, cioè graffiata con segni profondi sulla parte incisa, in modo che non possa più essere utilizzata per la stampa.