I Macchiaioli

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte
Download:143
Data:22.11.2001
Numero di pagine:3
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
macchiaioli_1.zip (Dimensione: 4.22 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_i-macchiaioli.doc     22.5 Kb


Testo

I MACCHIAIOLI

Quello dei Macchiaioli è un movimento tra i più significativi e innovativi della pittura italiana dell'Ottocento, formatosi a Firenze attorno al 1855 e fecondo di sviluppi fino all’inizio degli anni Settanta. Fecero parte del gruppo, che si riuniva presso il Caffè Michelangelo, artisti sia fiorentini sia provenienti da varie regioni d’Italia, accomunati da una ricerca tecnica ed espressiva mirante all’equilibrio tra fedeltà al dato visivo e valenza evocativa della trasfigurazione pittorica. Si distinsero in particolare Telemaco Signorini, teorico del movimento insieme al critico Diego Martelli, Giovanni Fattori, Adriano Cecioni, Silvestro Lega, Giuseppe Abbati, Serafino De Tivoli, Nino Costa, Raffaello Sernesi, Vincenzo Cabianca, Odoardo Borrani, Cristiano Banti. Sperimentarono inoltre la tecnica macchiaiola, pur senza aderire pienamente al movimento, il pugliese Giuseppe De Nittis, i veneziani Federico Zandomeneghi e Guglielmo Ciardi, il ferrarese Giovanni Boldini.
Il termine "macchiaioli" deriva dall’uso di giustapporre sulla tela (o su altri supporti: notevoli ad esempio le tavolette di legno di Fattori) ampie campiture di colore, con effetto quasi di macchie, che definiscono l'immagine attraverso contrasti tonali e chiaroscurali. Il nome venne adoperato per la prima volta nel 1862, in accezione negativa, da critici ostili alla nuova corrente, e fu successivamente adottato dal gruppo, trasformato in definizione positiva. Grande importanza ebbe nell’elaborazione della poetica macchiaiola la conoscenza delle maggiori novità dell’arte francese: il 1955, in particolare, segnò un momento di svolta nella consapevolezza artistica del gruppo, maturato attraverso le discussioni accese da De Tivoli, Francesco Saverio Altamura e Giovanni Morelli, reduci dall’Esposizione universale di Parigi. Successivi soggiorni nella capitale francese portarono altri pittori della cerchia fiorentina ad ammirare l’arte di Corot, Millet e della scuola di Barbizon, oltre che lo scandaloso realismo di Courbet: esperienze che stimolarono una fondamentale riflessione sul genere paesaggistico e sulle potenzialità rappresentative della pittura. Non va dimenticato, infine, che nel corso degli anni Cinquanta visitarono Firenze Manet (1953) e Degas (1858), lasciando una profonda impronta negli ambienti artistici della città.
Punto centrale della poetica macchiaiola fu il rifiuto dell’arte accademica, stereotipata nelle tecniche (ad esempio, nell’assoluta priorità attribuita al disegno sul colore) e nei soggetti, a favore della rappresentazione della quotidianità domestica e delle attività lavorative umili, perlopiù contadine. Non mancarono anche dipinti dedicati a episodi delle guerre d’indipendenza (molti dei macchiaoli vi avevano preso parte in prima persona), privi tuttavia di ogni intento celebrativo ed eroicizzante (Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta, Giovanni Fattori, 1861, Galleria d’arte moderna, Firenze). La tensione realistica sancì il definitivo distacco dalla pittura storicista, mitologica e religiosa che aveva a lungo dominato il panorama artistico italiano ottocentesco, e la volontà di concentrarsi nella definizione del vero e della contemporaneità. Tra i più significativi esempi dell’arte macchiaiola sono gli interni, inondati spesso dalla luce di una finestra (L’educazione al lavoro, Silvestro Lega, 1863, Collezione Dini, Montecatini Terme), e i paesaggi toscani, tagliati in nette zone d’ombra e di sole (Fine d’agosto a Pietramala, Telemaco Signorini, Galleria d’arte moderna, Firenze; Il Mugnone, Odoardo Borrani, Galleria nazionale di arte moderna, Roma; Tetti al sole, Raffaello Sernesi, 1861, Galleria nazionale di arte moderna, Roma; Chiostro, Giuseppe Abbati, Galleria d’arte moderna, Firenze).

Esempio