Edvard Munch

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte
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Testo

EDVARD MUNCH
Edvard Munch nasce il 12 dicembre del 1863 in Norvegia, vicino Oslo. Sin dall'infanzia si trova a dover convivere con le immagini della malattia, del dolore, della morte. La madre del pittore é infatti gravemente malata di tubercolosi, e muore quando Edvard ha solamente cinque anni; pochi anni dopo anche la sorella Sophie che si era occupata di lui in assenza della madre, muore all'età di sedici anni. Ma la malattia non é per Munch solamente un evento che colpisce le persone che lo circondano: varie infermità gli impediscono di frequentare regolarmente l'accademia di disegno. Il disegnare, il dipingere, si rivelano da subito per il giovane Edvard strumenti estremamente efficaci per ricordare, per portare di nuovo in vita quei morti che hanno riempito la sua vita e per permettergli di convivere con questi fantasmi, con l'angoscia ed il dolore che essi gli procurano. All'elenco dei morti si aggiunge, nel 1889, suo padre. Munch stesso conferma, nei suoi scritti, come dipingere abbia significato per lui soprattutto ricordare; e per questo egli ha sempre sostenuto che si devono dipingere le cose per come si vedono, e non per come sono. Dipingere a seconda dell'umore, "del momento del giorno", delle necessitá dell'animo. Munch dipinge non osservando la natura, ma rievocando situazioni angosciose della sua vita; ogni quadro si riferisce, se non ad una situazione particolare, ad una sensazione dolorosa che da essa ne é provocata. E’ quindi dal suo passato, dai morti e dai fantasmi che vi abitano, che nascono gli argomenti che abiteranno permanentemente i dipinti di Munch: letti di morte, donne e uomini in lacrime, donne malate. Questo simbolismo privato che si viene progressivamente formando, svolge un ruolo fondamentale nella vita artistica del pittore: da un lato gli permette di spogliarsi emotivamente, di mettere a nudo e rivelare direttamente al pubblico i suoi dolori più profondi; ma dall'altro, paradossalmente, lo allontana sempre più dal pubblico. L'arte era allora ancora sinonimo di bellezza, di armonia, di forma; non di bruttezza e di dolore. Non si capiva perché un pittore come Munch osasse dipingere quadri dagli accostamenti cromatici insoliti, dalle forme incomplete, accennate, sgangherate; i suoi quadri furono per lungo tempo derisi, giudicati come delle ridicole bozze non ancora terminate. Questo ultimo aspetto non è da sottovalutare e, anzi, si può ipotizzare che questa forte ostilità ed incomprensione che Munch sentiva costantemente attorno a sé ha sicuramente marcato in forma decisiva il suo carattere e di riflesso la sua arte. Non a caso accanto alla morte sono facilmente identificabili, nei suoi dipinti, altre tematiche come l'isolamento, l'incomunicabilità, derivanti probabilmente anche dalla sua sensazione di non poter condividere con nessuno il dolore espresso attraverso l'insolita estetica dei suoi quadri. Sensazione di essere solo al mondo, solo con i suoi morti. Sensazione che spinge Munch a lasciare più volte la patria ostile per soggiornare all'estero (Parigi e Berlino furono le mete più frequenti), dove i suoi unici compagni saranno l'alcool e le prostitute.

A simbolo di questo periodo può considerare il dipinto “sera sulla via Karl Jhoan”, in cui vediamo persone nascoste dietro maschere tristi, fisse, allucinate ed allucinanti; Munch ritrae probabilmente se stesso sulla destra della tela, in isolamento, senza volto, guardando altrove.
La solitudine che accompagna Munch per gran parte della sua vita non lo aiuta di certo ad allontanare lo sguardo da quei fantasmi che popolano il suo doloroso passato; anzi lo spinge a fuggire sempre di più dalla realtà, da quel mondo esterno che lui percepisce come ostile. La sua vita trascorre senza mai incontrare o cercare amore, essendo questo per lui da sempre collegato alla orrenda figura della morte (madre, sorella, padre...). La situazione diventa ancora più drammatica nel momento in cui il pittore scopre, oltre alla malattia fisica, anche il terrore della malattia mentale, della psicosi. Anche sua sorella Laura viene più volte ricoverata per turbe mentali. A nulla serve l'incontro con Tulla e l'amore che nasce tra lei ed Edvard; Tulla é malata di tubercolosi e altro non é che un'ulteriore conferma, per Munch, che l'amore non può esistere per lui. Eppure proprio in questo periodo l'attività artistica di Munch inizia finalmente ad essere riconosciuta; l'eco dello scandalo delle sue esposizioni a Berlino gli offre la possibilità di esporre in molte altre città tedesche. L'artista si stabilisce per molti anni nella capitale tedesca, vivendo in solitudine e quasi senza vita sociale, a lavorare al suo progetto più ambizioso, "Il fregio della vita” (1893-1918), un gruppo di opere, ciascuna autosufficiente nel singolo significato seppure integrata alle altre in quello complessivo, sul tema del ciclo vita, morte e amore ("Il grido", "Il bacio"), all'interno del quale esprime una tematica più volte ripresa da Munch, quella del rapporto e dell'attrazione tra uomo e donna, interpretata secondo il modulo della sua personale poetica dell'angoscia. Abbandonata la sinuosa eleganza della linea dell'Art Nouveau, che ritroviamo soprattutto nelle numerose acqueforti, Munch adotta un segno sommario e quasi frettoloso, sia per l'ambiente che per le figure, sotto una forte spinta espressionista che preme verso un impellente desiderio di esprimersi, con ansia, con furia, senza il filtro dell'analisi e della ragione: ma, se si tratta di Munch, "L'arte è completa quando l' artista ha detto tutto quello che doveva dire veramente.... " così scrive di lui l'amico e pittore Christian Krohg, e tutto il resto non ha importanza. Il fregio della vita é sicuramente il simbolo dell'intera carriera artistica di Edvard Munch, la materializzazione in immagini di ciò che dipingere significava per il pittore: un esame di coscienza per tentare di comprendere l’esistenza. Ne Il fregio della vita altro Munch espone fianco a fianco numerosi dei suoi dipinti, cambiandone tipo ed ordine a seconda delle esposizioni e del suo umore; "Il fregio é stato pensato come una sequenza di immagini decorative che dovrebbero rappresentare nel loro insieme il corso della vita. I dipinti sono attraversati dalle linee sinuose della spiaggia; lontano c'é il mare, sempre in movimento; e sotto le chiome degli alberi c'é la varietà della vita con le sue gioie e i suoi dolori. Il fregio é stato pensato come un'immaginazione poetica della vita, dell'amore e della morte". Questi dipinti danno così virtualmente origine ad un unico grande dipinto che concentra quelli che Munch ritiene essere i temi principali dell'esistenza umana, ognuno dei quali "visualizzato" attraverso alcuni dipinti. Queste le quattro fasi dell'esistenza secondo Munch: 1_la nascita dell’amore; 2_la fioritura e dissoluzione dell’amore; 3_l’angoscia della vita; 4_la morte. Momenti che sono facilmente rintracciabili nella vita dell'artista: la sua infanzia ancora "felice"; l'incontro con la malattia e la morte della madre e della sorella; la consapevolezza che l'esistenza non sarà altro che dolore; la morte. Il fregio della vita viene per la prima volta esposto senza successo in una grande mostra a Christiana, nella quale il pubblico reagisce di nuovo con indignazione a dei dipinti ritenuti impresentabili; é la Germania a riservare al "Fregio" un'ottima accoglienza, che permette a Munch di esporre in seguito anche in Francia e, con grande successo, a Praga. Allo stesso tempo le condizioni di salute del pittore si aggravano drammaticamente a causa della sua dipendenza all'alcool; entra a Berlino in una clinica per disintossicarsi ma, una volta terminato il trattamento, il suo equilibrio psichico é in pericolo. A seguito di un litigio in un bar nel quale ferisce un uomo con un colpo di pistola, si sente perseguitato dalla polizia, paranoico ed in preda ad allucinazioni: "ero al margine della follia, sul punto di precipitare", scriverà. Fugge allora in Danimarca, dove viene colto da paralisi in una gamba. Dopo un ulteriore ricovero in una clinica per malattie nervose, fa ritorno in Norvegia iniziando a dipingere una serie di paesaggi che finalmente ottengono quel successo in patria che da sempre gli era stato negato; l'università ed il municipio di Oslo gli offrono la possibilità di lavorare ad una serie di affreschi. Nel 1920 una malattia agli occhi lo rende quasi cieco; quando le condizioni di salute glielo permettono, Munch continua a dipingere. La morte appare ancora più tangibile nelle sue ultime composizioni, che consistono per lo più in una serie di nudi autoritratti. Edvard Munch muore nel 1944. IL BACIO (1895, puntasecca, 119 x 119 cm, Oslo) Difficile trovare l'amore in questo bacio, come del resto in altri 'baci' più volte riproposti dall'artista con variazioni anche nella tecnica utilizzata (olio, matita, acquaforte, xilografia, puntasecca), difficile trovare un sentimento di tenerezza o complicità in questa coppia misteriosa, dove i volti sono nascosti nell'ombra di un abbraccio sensuale ma non gioioso, i corpi avvolti su loro stessi, indistinguibili l'uno dall'altro, avvinghiati in quella che pare più una lotta che un contatto amoroso, in preda ad una passione struggente e malinconica. Con Il Bacio, che Munch realizza nel 1895, con una serie di variazioni, si comprende come il pittore norvegese fosse immerso totalmente nella mentalità artistica di fine secolo ottocentesca, segnata dalla seducente e morbosa poetica artistica decadente. Munch traspone il realismo della scena in un’atmosfera carica di inquietudine e simbolismo, che assume una natura quasi astratta nella fusione dei due corpi che scivolano l’uno dentro l’altro. E’ una reciproca attrazione di annientamento, dove i due volti senza lineamenti perdono la propria identità in un’unica e ossessiva ombra nera che li avvolge. Seguendo questa idea di attrazione “fatale” tra i sessi, che invece di recare conforto e protezione, minaccia, distrugge e fagocita, in una totale perdita delle certezze e del senso di superiorità del maschio, Munch dipinge quest’opera. La perdita di identità che consegue all'impossibilità di distinguere separatamente le due figure strettamente abbracciate esprime sia l'essenza dell'amore e la fusione di due corpi, oltre che di due anime, sia il turbamento dei sensi, vissuto come una minacciosa possibilità di perdizione, in senso morale ma anche letterale.
Il rapporto tra uomo e donna si configura così come una tensione bipolare tra desiderio di amore e paura di amare, un rapporto ambiguo espresso dalla fusione fisica tra i due protagonisti non già sull'onda di uno slancio passionale, ma di un reciproco tentativo di annullamento ed assimilazione (o dissoluzione): solo così Munch può trasferire in un tema ad alto contenuto emotivo, che presuppone uno stretto rapporto interpersonale a lui sempre negato, il doloroso senso di solitudine non solo psicologica o metaforica, ma tragicamente reale in un vissuto personale drammatico e traumatizzante. L’URLO (olio, tempera e pastello su cartone, 91x73 cm, Oslo) Un altro quadro di importante rilievo per riuscire a comprendere il pensiero e le tematiche di Munch è il famosissimo urlo. Un forte sentimento d’angoscia viene trasferito da questo quadro a chi lo guarda; non solo per i colori, ma anche per la composizione stessa. Il soggetto non è, come nei soliti ritratti, parte centrale dell’opera, ma parte integrante del paesaggio stesso. Il viso è mummificato dalla paura, la bocca spalancata in un grido che si blocca, che non riesce a liberarsi; solo seguendo le linee ondulate, le curve che compongono il cielo, possiamo sentire l’urlo stesso.
L’individuo si sente solo, non riesce più ad avere contatto con nessuno, neppure con la natura, e in questa trasferisce il proprio senso di perdita tramite un lago di sangue e di lutto.
La vita stessa, il ponte, è una pista scoscesa, piena di rischi, impossibile da percorrere.

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