Donato Bramante

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

Voto:

1.5 (2)
Download:227
Data:20.03.2001
Numero di pagine:5
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
donato-bramante_1.zip (Dimensione: 6.2 Kb)
trucheck.it_donato-bramante.doc     27 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Donato Bramante

(Monte Asdrubaldo, oggi Fermignano, 1444- Roma, 1514).

Massimo architetto e anche valido pittore del periodo rinascimentale, poco si conosce della sua giovinezza.
D’umili origini si recò molto presto in Urbino ove ebbe come primo maestro Scirro da Casteldurante che fu uno dei cinque architetti attivi presso la corte montefeltresca.
Erano gli anni in cui stava sorgendo su progetto di Luciano Laurana il grandioso Palazzo Ducale e non vi è motivo per dubitare che il giovane Bramante ne abbia ricevuto una notevole impressione.
Un preciso influsso lauranesco non è peraltro riscontrabile nelle sue opere posteriori, per restando evidente l’impronta urbinate in tutta la sua vasta produzione.
Fra le vario opere attribuitegli nelle Marche e in Romagna, si è perciò tentato in passato di inserire anche la ben nota chiesa-mausoleo urbinate di S. Bernardino, oggi riconosciuta invece dalla critica come opera di Francesco di Giorgio Martini.
A detta del Vasari, in un primo tempo si dedicò alla pittura, seguendo i canoni del suo maestro Fra Carnevale da Urbino.
Un attività pittorica di cui si ricordano soprattutto le figure a fresco degli “Uomini d’arme” per Palazzo Panigarola di Milano.
Sempre a Milano operò poi come architetto nella ricostruzione della chiesa di S. Satiro (1482), ispirandosi alle forme dell’antica Roma e agli esempi di Leon Battista Alberti.
Nel 1488 partecipò alla costruzione del Duomo di Pavia e, successivamente al completamento dell’Ospedale Maggiore di Milano, a quello del Duomo di Como e soprattutto, sempre a Milano al completamento (tiburio e absidi) di Santa Maria delle Grazie (1492-1497).
Nel 1499, prima della caduta di Ludovico il Moro lasciò Milano per Roma dove provvide (1503-1504) ad erigere il chiostro di Santa Maria della Pace e il Tempietto rotondo di San Pietro in Montorio.
Con la salita alla cattedra pontificia di Papa Giulio II (Giovanni della Rovere) ebbe pi inizio il periodo delle grandi committenze (lavori per la costruzione della basilica di San Pietro, dei Palazzi Vaticani, il nuovo tracciato urbanistico di Via Giulia, le bonifiche dell’agro romano ed altro ancora).
Per quanto riguarda la nuova basilica di San Pietro è noto che al momento della sua morte (1514), erano stati realizzati soltanto i quattro enormi pilastri che attualmente reggono la cupola michelangiolesca, anche se più tardi Michelangelo riprese in parte il progetto bramantesco, giudicandolo “chiaro, schietto e luminoso”.
Nelle Marche Bramante fu inviato a Loreto per vari lavori inerenti la Santa Casa (rinforzi e riedificazioni di pilastri, costruzione delle cappelle laterali, facciata del Santuario) dando anche inizio alla costruzione del palazzo apostolico a lato del Santuario.
Altra sua opera degna di nota è la bella chiesa a pianta centrale di Santa Maria della Consolazione di Todi.

La ricerca di un principio scientifico per dimensionare la struttura architettonica

Il disegno universalistico di Giulio II offre all’arte del rinascimento una tensione ideale e una ricchezza di contenuti capaci di suscitare una rinnovata pienezza espressiva.
Soprattutto per Donato Bramante, si verifica una convergenza fra i programma del pontefice e la ricerca di un linguaggio architettonico universale, in grado di dar vita ad un’architettura non più locale ma nazionale.
Già nel corso della propria attività lombarda Bramante si era concentrato sui problemi fondamentali della costruzione architettonica quali la struttura e l’impianto volumetrico degli edifici.
Raggiunta Roma nel 1500, la sua prima opera documentata segna un approfondimento della sua ricerca di norme razionali assolute.
Nella progettazione del Convento e di Santa Maria della Pace egli si preoccupa innanzitutto di individuare un principio di proporzionalità d’insieme, che stabilisca scientificamente la posizione e la dimensione dei singoli elementi architettonici sia in pianta che in alzato.
Scelto il quadrato, egli suddivide l’intera area a disposizione in un reticolo regolare che fissa le dimensioni degli ambienti –cortile, refettorio e zona conventuale- e la posizione delle strutture portanti, mentre il medesimo modulo geometrico regola le altezze.
In questo modo la scelta geometrica di base permette a Bramante di dedurre le successive operazioni progettuali secondo una logica necessaria e di garantire all’organismo architettonico un rigoroso coordinamento delle parti fra loro e con l’intero edificio, conseguendo un risultato di valore assoluto.

Roma, classico repertorio di immagini architettoniche

Il principale supporto nella ricerca di principi oggettivi viene a Bramante dallo studio dell’architettura classica, espressa in una lingua ritenuta universale.
Durante il soggiorno lombardo il rapporto di Bramante con l’antico era ancora mediato attraverso le interpretazioni della cultura urbinate e brunelleschiana, e il suo interesse era soprattutto teorico.
Una volta giunto a Roma, Donato Bramante si dedica a uno studio rigoroso e quasi accanito dei monumenti storici concreti, e la sua ricerca metodologica si vivifica grazie alla suggestione delle rovine.
L’ampio tentativo di recupero dell’eredità classica compiuto da Bramante acquista un significato di eccezionale attualità per la coincidenza di Giulio II di restaurazione dell’autorità imperiale di Roma.

Il progetto per San Pietro: monumentalità e forte contrasto di volumi

L’influenza delle idee grandiose dell’architetto ha probabilmente svolto un ruolo determinante nella temeraria decisione del papa Giulio II di demolire l’antica basilica di San Pietro per edificare un nuovo grande tempio della cristianità, insieme simbolo della Chiesa trionfante e mausoleo imperiale del primo pontefice e dei suoi successori.
Questo compito fu affidato ai due maggiori architetti dell’epoca: Donato Bramante e Giuliano da Sangallo.
In un primo momento fecero un progetto che prevedeva lo spostamento della basilica e la rotazione della facciata da est a sud; cosa questa che non piacque al papa e che costrinse sempre i due a farne uno nuovo.
Gli schemi a pianta centrale con copertura a
cupola, preferiti dagli architetti per il maggio effetto scenografico, e quelli longitudinali di certo più tradizionali e preferiti dalla curia per la maggiore ricettività si alternarono sempre nei due secoli della realizzazione.
Finalmente il 18 aprile del 1506 ebbero inizio i lavori, seppure con molte cose ancora da definire (es. il problema della facciata).
Bramante morì nel 1514 e il nuovo pontefice affidò l’incarico di “primo maestro” al suo conterraneo Raffaello Sanzio, che subito dimostra simpatia per lo schema longitudinale improntato da Bramante.
Alla base del progetto di Bramante c’è soprattutto la volontà di esprimere nella maniera più piena la filosofica religiosità dell’Umanesimo.
Seguendo la linea che conduce da Leon Battista Alberti a Giulio da Sangallo, a Leonardo, a lui stesso, l’urbinate mira a realizzare nella completa organicità dell’edificio la rispondenza con l’ordine armonico dell’universo, specchio della perfezione divina.
Il prestigio dell’antichità è richiamato con evidenza anche nell’enorme cupola emisferica rivaleggiante con quella del Pantheon, mentre l’organizzazione dell’immenso spazio interno è risolto grazie all’organica connessione al vano centrale di quattro cappelle angolari, secondo un impianto a croce inscritta in un quadrato.
Le cappelle angolari e il vano centrale della chiesa, che vengono a configurarsi con un analogo impianto architettonico, presentano significativamente il drastico salto di scala da 1 a 2: cercando un così chiaro e diretto confronto fra le due entità spaziali.
Del progetto bramantesco, scartato dallo stesso GiulioII, non rimane traccia se non nel cosiddetto piano di pergamena e nel rilievo di una Medaglia collocata nel primo pilastro della nuova basilica.

Esempio