Certosa di Garegnano

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Una “Cappella Sistina” alle porte di Milano: la Certosa di Garegnano

Pensando agli insediamento monastici certosini presenti sul territorio lombardo, è facile ricordare la quattrocentesca Certosa di Pavia, situata nelle campagne che circondano la città, in cui ancora oggi si percepisce l’atmosfera di meditazione e preghiera dei monaci che lì vivono. Pochi sanno, invece, che anche Milano possiede la sua Certosa, fondata, come a Pavia, in un luogo in passato altrettanto isolato, ma che oggi presenta le caratteristiche tipiche delle periferie del capoluogo lombardo: Garegnano, un piccolo borgo nella periferia ovest di Milano, compreso tra il Cimitero Maggiore e l’autostrada dei laghi, dove ai campi e alle cascine si sono sostituite case e strade trafficate.
Fondata il 19 settembre del 1349 da Giovanni Visconti, il quale ricopriva la carica di Signore ed Arcivescovo di Milano, la Certosa era stata costruita lontano dal centro della città per consentire ai monaci di poter vivere in silenzio e solitudine. Confessando di essere talmente occupato dai suoi doveri pubblici da tralasciare la preghiera e la meditazione, Giovanni Visconti decise di chiamare presso la sua diocesi un ordine religioso che potesse pregare anche seconde le sue intenzioni.
Il complesso monastico era composto dalla Chiesa, dalle celle con gli orti, dai chiostri, dalla sala capitolare, e da un refettorio; il poeta Petrarca, durante il suo soggiorno milanese, descrisse la Certosa in una lettera del 1357 rivolta all’amico Guido Sette, Arcivescovo di Genova:
“Preoccupato dell’imminente estate, mi sono rifugiato in un amenissimo asilo. Lo chiamano Garegnano, tremila passi, come affermano, dista da questa città. Campagna, invero, in elevata pianura e cinta da ogni parte da fonti. È qui la casa di una Certosa nuova, nobile”.
Nel XIV e XVI secolo la Certosa di Milano era conosciuta anche fuori dall’Italia, grazie anche all’importante biblioteca e allo scriptorium che sorgevano all’interno del complesso: trascrivere i libri e conservarli con cura era uno dei compiti fondamentale dei monaci. Il periodo però in cui il monastero fu più fiorente è quello a cavallo tra il 1550 e il 1650, in cui venne edificata la facciata della chiesa, austera e monumentale, e fu commissionata la decorazione ad affresco della navata con i grandi cicli pittorici che ancora oggi possiamo ammirare.

Gli affreschi della navata e della volta: il ciclo di Daniele Crespi
La maggior ricchezza pittorica della Certosa è indubbiamente il ciclo pittorico conservato nella navata, che ci permette di ripercorrere la storia e le origini dell’ordine certosino, mediante le scene affrescate da Daniele Crespi (Busto Arsizio - Va - 1600, Milano, 1930).
Nelle sette lunette che inquadrano gli affreschi predominano intenzionalmente i colori del bianco e del viola, i cui significati simbolici alludono ai principi fondamentali della regola dei Certosini: l’umiltà, il bianco (come bianco è anche il saio dei monaci di questo ordine), la penitenza, il viola. Colore, prospettiva, disegno rendono la composizione naturale e intensa, animata da un vivo sentimento religioso. Gli affreschi riprendono gli episodi salienti della vita di San Bruno (1030-1101), professore di teologia e filosofia di origine tedesca che, disgustato dall’ambiente corrotto in cui viveva (prima lunetta: Resurrezione del cadavere di Raimondo Diocres, che si rianima per gridare la condanna Dio per suoi peccati), sceglie la vita eremitica, insieme ad altri sei compagni (seconda e terza lunetta: il vescovo Ugo di Grenoble sogna la costruzione della Certosa, e S. Bruno chiede al vescovo un luogo di ritiro).
Il vescovo Ugo benedì la Grande Chartreuse nel 1086 (Quarta lunetta), mentre la Regola, scritta da S. Bruno (Quinta lunetta: apparizione della Vergine con il bambino e S. Pietro che approvano la regola), venne approvata solo nel 1133 da Papa Innocenzo III.
L’opera del Santo si conclude con la fondazione di una seconda comunità, questa volta in Italia, in Calabria nella Foresta della Torre, ora in provincia di Vibo Valentia (Sesta e settima lunetta: Ruggero di Calabria incontra S. Bruno in preghiera, S. Bruno appare in sogno a Ruggero).
Ugualmente importanti sono gli affreschi del presbiterio con il presepe, l’epifania e la crocifissione, realizzati nel 1584 da Simone Peterzano.
La vita spirituale dei monaci rimase fervida fino al 1783, quando Giuseppe II, Imperatore d’Austria, decretò la soppressione del monastero: la Certosa divenne da questo momento la chiesa parrocchiale del paese.

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