Arturo Martini

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

CAPITOLO 1
Cenni biografici
Arturo Martini nasce a Treviso nel 1889. Studente poco convinto, lascia la scuola dopo la terza elementare per lavorare come garzone in un’oreficeria della sua città.
Comincia in questi anni a modellare qualche scultura, rubando la creta dai carri che la portano in un vicino stabilimento di ceramiche. Di tali esordi non si conosce che il Veneziano del Settecento, firmato e datato 1905. Intanto dall’oreficeria passa a lavorare presso un laboratorio di ceramiche, che gli consente di avere creta a volontà per modellare. Nel 1906 decide di frequentare lo studio dello scultore Antonio Carlini, sempre a Treviso. L’anno successivo la I Mostra d’arte trevigiana ospita dodici sculture di Martini, nelle quali l’elemento di maggior interesse, è un’estrema libertà costruttiva, lontana da ogni rigore accademico. Nel 1908 si trasferisce a Venezia, per frequentare lo studio di Urbano Nono, dove sotto un cassone trova le fotografie di alcune opere di Merardo Rosso, restandone affascinato. Ne manifesta l’entusiasmo al maestro che lo scaccia. In questo stesso anno espone alla prima mostra di Ca’ di Pesaro due sculture ; e ben tredici alla II mostra di arte trevigiana. Frequenta il gruppo di pittori di Burano, legandosi con una profonda amicizia soprattutto a Gino Rossi, trevigiano come lui. Nel 1909 va a Monaco, dove frequenta lo studio di Hildebrand imparando e gustando il classico.
Nel 1911 espone, sempre a Ca’ Pesaro, un gruppo di ceramiche, due sculture, dodici illustrazioni per Carducci e quindici incisioni, da lui chiamate “punte di fuoco”.
Nel 1912 espone al Salon D’Automne a fianco di Modigliani e de Chirico.
Questi primi anni di attività sono per Martini anni di ricerca, di ansiosi ripensamenti e di spasmodiche tensioni verso nuove forme : le prime opere hanno un’impronta liberty, ma subito dopo diviene non secondaria l’influenza di Merardo Rosso con il suo interesse per luce-ombra.
Due tappe fondamentali per l’artista sono senz’altro Parigi e Monaco, benché il primo sia senza dubbio meno importante del secondo, epicentro della secessione.
Guardando opere come Il violento del 1909, Amore materno del 1910 e più tardi Fanciulla piena d’amore o Ritratto de Omero Soppelsa, entrambe del 1913, si possono scorgere punti in comune con altri artisti, precedenti o coevi, ma si può anche notare una linea di ricerca autonoma.
Nell’ambiente romano frequenta il gruppo futurista che attorno a Boccioni si riunisce presso la galleria Sprovieri dove partecipa all’Esposizione libera futurista. Dal 1915 al 1916 fa la spola tra Roma, Parigi e Treviso, fino a quando il 26 aprile di quello stesso 1916 viene richiamato alle armi. La guerra non lo elettrizza, al contrario dei futuristi, e quindi fa domanda come fonditore in uno stabilimento d’armi. Ciò gli permette di imparare a fondere, e ad avere un compenso mensile. Nel 1917 incide le sette tavole dell’Istoria d’amore a Nippo. La guerra passa per Martini tra fonderie e più o meno lunghe licenze, una volta per un attacco di nevrastenia e un’altra per un incidente al piede. E’ durante una di queste licenze che, a Faenza, nel 1918 pubblica il volume “Contemplazioni”. Privo di testo, è fatto di pagine con disegni in bianco e nero che ricordano gli spartiti musicali, un ritmo di pieni e di vuoti che scandiscono senza figurazione il foglio.
Finita la guerra nel 1919, viene congedato e torna a Treviso dove esegue una grande scultura in gesso, La monaca, che destinata all’esposizione di Ca’ Pesaro, arriverà a Venezia in barca. Per la stessa mostra prepara anche La fanciulla verso sera e L’amica del cipresso, pure gessi.
La sua ricerca plastica sta maturando rapidamente dopo la pausa della guerra, e nelle ultime opere la linea si fa più pura e la costruzione, che ricorda appena il cubismo, è più compatta ed essenziale.
Verso la fine del 1919 è a Milano frequentando gli artisti che, sotto la sua guida, di lì a poco costituiranno il gruppo “Novecento”.
A Milano partecipa ad una collettiva in una galleria chiamata da Vincenzo Bucci “Gli Ipogei” di Via Dante. E nelle stesse sale, nel novembre 1920, allestisce la sua prima personale, presentata da Carlo Carrà ; durante questa esposizione tiene anche una conferenza sulla scultura che suscita molto interesse, tanto che Mario Broglio, fondatore del 1918 a Roma della rivista “Valori Plastici”, gli chiede il testo per la pubblicazione, purtroppo mai avvenuta perché, a quanto pare, il dattiloscritto non giunse mai a Roma.
Nel gennaio del 1921 Martini accetta con entusiasmo l’invito di Broglio a far parte di “Valori Plastici”, con cui poco dopo parteciperà ad una mostra a Berlino come unico scultore ottenendo un grande successo.
Nell’autunno del 1921 trascorre qualche tempo a Roma, dove Broglio gli ha procurato un contratto.
Partecipa nel 1922 alla Fiorentina Primaverile con un gruppo di opere presentate da Alberto Savinio che suscitano l’interesse di Soffici. Divide il suo tempo tra Roma e Vado (dove vive la moglie), dove nel 1923 vince il concorso per il Monumento ai caduti che sarà collocato l’anno successivo. Quattro figure alla base i una piramide, nulla di declamatorio o trionfalistico, ma semmai l’accentuazione dell’umano e della sua storia.Nella primavera del 1924 si trasferisce a Roma dove conosce lo scultore americano dilettante Maurizio Sterne e accetta di collaborare con lui al concorso per un monumento al pioniere destinato ad una città del Massachusetts, il cui bozzetto realizzato da Martini e firmato da Sterne era stato prescelto. Questa situazione, iniziata per gioco, e continuata per gravi problemi economici, pesa molto a Martini, che si sente umiliato.
Prepara un ciclo di bassorilievi in gesso che intitola Storia d’amore e sviluppa in otto formelle, purtroppo perdute, per la III Biennale di Roma (1925) dov’è invitato con una sala. Per quella stessa occasione espone un gruppo di sedici opere degli anni 1921, 1922 che chiede in prestito al Becchini, da L’amante morta a La moglie del poeta, dal Dormiente all’Ofelia ; opere che si ripresentano oggi per la prima volta.
Dal 1926 al 1929 partecipa a varie esposizioni, dalla Biennale di Venezia alla mostra della Galleria Pesaro, presentando molte opere tra cui il bronzo del Figliuol prodigo.
Nel 1929 è chiamato ad insegnare all’Istituto d’Arte di Monza.
Con estrema libertà plastica e molta disinvoltura crea sculture mirabili e coraggiose : Il cieco, Il bevitore, La pisana, La Donna al sole e la grande Maternità in legno sono opere che hanno cambiato il corso della scultura italiana contemporanea.
Nel 1931 Martini ottiene il suo primo grande riconoscimento ufficiale con il premio alla I Quadriennale romana
Fra il 1931 e il 1932 modella, nelle grandi fornaci dell’Ilva Refrattari, le terrecotte Il sogno, La girl, L’attesa, La lupa.
Nel 1933 partecipa con una stupenda serie di bozzetti al concorso per il monumento al duca d’Aosta, ma gli viene preferito Eugenio Baroni. Nel 1932 la Biennale gli ha destinato una sala che ha conseguito notevole successo tanto da essere nominato membro dell’Accademia di Venezia. Fra il 1936 e il 1939 lo troviamo a Carrara per scolpire in marmo la Giustizia Cooperativa e il gruppo degli Sforza per l’ospedale di Milano. All’inizio è un po’ spaventato da questo materiale duro, lui, abituato alla morbidezza di gesso e terracotta, ma subito dopo aver imparato i segreti, anche il freddo marmo, diventa materia dolce e morbidissima sotto la sua guida.
Alla fine del 1939 comincia a dipingere e l’anno dopo la Galleria Barbarouz di Milano gli allestisce la sua prima mostra di pittura. Ma non abbandona la scultura : scolpisce infatti un legno, intitolato San Giacomo. Ritornato a Carrara nel 1941 affronta la sua opera più ardita : Donna che nuota sott’acqua, che desterà molto interesse alla Biennale di Venezia dell’anno successivo. Illustra per Bontempelli Viaggio d’Europa e per l’Università di Padova un altro marmo : Tito Livio.
Nel 1942 comincia ad insegnare all’Accademia di Venezia.
Nel 1945 scrive il breve testo La scultura lingua morta. Nel 1946 a Carrara scolpisce l’ultimo emblematico lavoro : Il partigiano Masaccio ispirato al mito di Palinuro nel quale egli stesso si identifica.
L’anno successivo spedisce gli arnesi a Vado, e scrive alla moglie di aspettarlo. Non arriverà mai. Una trombosi celebrale lo uccide in pochi giorni. Muore il 22 marzo 1947.
Capitolo 2
L’esperienza di “Valori Plastici”
Quando Martini entra in contatto con Mario Broglio, direttore della rivista, essa era già pubblicata da più di due anni, e molti dei dibattiti più interessanti tra gli artisti sul rinnovamento delle arti figurative si erano già esauriti.
La rivista ingorgando le richieste dello scultore non gli lascia quindi pubblicare alcuno scritto, non dedica pagine di riflessione ai suoi lavori, ma pubblica soltanto cinque fotografie delle sue sculture ed associa alcune opere alle mostre del gruppo.
Comunque, nonostante i rapporti superficiali tra l’artista e la rivista, l’esperienza di “Valori Plastici” influirà molto sulla stilistica posteriore.
Ma come mai Arturo Martini è entrato in “Valori Plastici” ?
Mario Broglio, il direttore della rivista, nei mesi a cavallo tra 1920 e 1921 era alla ricerca di giovani, per rimpinguare la scarna compagnia (de Chirico, Carrà, Morandi, Melli, Edita Walterowna, Mancuso e Soffici) e da affiancare ad una mostra da organizzare per la primavera del 1921 in Germania. Se tre nomi come Armando Spadini, Mario Sironi e Primo Conti erano usciti assai male dalle perfide recensioni apparse su “Valori Plastici”, l’idea che Carrà, esponente di grande influenza della rivista, aveva manifestato un parere positivo su Martini nella presentazione della sua personale, apriva facilmente allo scultore la possibilità di una militanza nel gruppo romano.
Il fatto fu raccolto da Arturo Martini con grande entusiasmo.
La prima lettera di Martini a Broglio, datata gennaio 1921, è una testimonianza chiara di questo entusiasmo :
lo scultore si dice ancora impegnato a Milano, ma disposto a che “la magnifica rivista “Valori plastici” fosse, incominciando dl primo lavoro, che sarà ultimato tra pochi giorni, la voce e la dimostrazione della mia opera compiuta in questo ritiro che durerà due anni”.
I problemi del contratto
La collaborazione martiniana alla rivista incominciò quasi subito e in copertina del numero di gennaio-febbraio comparve una sua incisione dl titolo Il battesimo di Cristo ; ma il contratto commerciale tra Broglio e Martini (cinquecento lire al mese per la consegna di un’opera), fu al centro di ripetuti problemi.
Possiamo, per capire meglio l’accaduto, rileggere una lettera a Natale Mazzolà, in cui Martini spiegava lo stato di stallo cui si era giunti, e ricapitolava l’accaduto : rispetto alle clausole pattuite il direttore della rivista aveva versato quattro mensili su sei ; dal canto suo Martini, che non poteva accollarsi le spese di spedizione dei gessi, aveva inviato a Roma una sola scultura.
Ad una momentanea rottura dei rapporti seguì in autunno una riconciliazione : da quanto è possibile ricavare da alcune lettere, i termini del contratto non sarebbero mutati, tranne che nell’importo, abbassato da cinquecento a trecento lire, e una maggior sollecitudine di Martini a consegnare le opere.
Le mostre e la maturazione artistica
Il 6 aprile 1921 sette sculture martiniane, assieme ad un certo numero tra disegni ed incisioni, furono esposti alla mostra di “Valori Plastici” a Berlino.
Broglio, in una visita dello studio martiniano di Vado compiuta in marzo , aveva scelto , per la spedizione in Germania, assieme a sei pezzi dell’anno precedente appena recuperati da Venezia e da Milano, un’opera di nuova produzione vadese dello scultore. Si tratta del Busto di ragazzo, un gesso di collezione privata veneziana presente in una posteriore versione bronzea al Civico Museo d’Arte contemporanea di Milano, fondamentale per capire l’evoluzione stilistica martiniana dei primi mesi del 1921. Nell’opera, infatti, si possono leggere tutti gli sforzi che dovette compiere lo scultore per accordare la propria spiccata indipendenza creativa a un programma dalla rigida impalcatura teorica quale fu quello elaborato da “Valori Plastici”.
Dalle parole di Martini riportate nei Colloqui con Gino Scarpa si intuisce come l’esperienza avrebbe significato per lui un momento di forte presa di coscienza intorno al problema di semplificazione delle forme :
“Valori Plastici” , questa parola plastica come mi suonava in bocca : qualche cosa di sistematico e di sordo , come le cose poco evidenti. Mi dava più il senso del tamburo che della tromba. Plastico, plastico (vasto, sonoro), semplice, il sasso”.
Parallelamente lo scultore avrebbe sottolineato lo stretto legame esistente tra una tendenza dell’arte del tempo (“c’era nell’aria una tendenza di semplificare”) e una sua privata istanza a recuperare le forme del passato legate all’infanzia trevigiana.
La dimensione collettiva della ricerca condotta nell’orbita di “Valori Plastici”, i continui aggiornamenti sui risultati di colleghi sarebbero serviti, sempre nelle tardive considerazioni dell’artista, a creargli le condizioni per una rinuncia all’espressione di quel mondo di fantasie letterarie che l’aveva accompagnato per tutto il decennio precedente e concentrarlo su una riflessione esclusivamente formale : dallo studio di Vado, egli affermerà :
“Vedo nascere tutta l’arte italiana. Vedo che tutto passa in me e mi abbassa (avvilisce). Intanto io andavo esaurendo passioni”.
Manca nei ricordi dettati a Scarpa una linea di demarcazione netta tra quando Martini produsse per “Valori Plastici” e la stagione immediatamente precedente, quella del Centauro di collezione Mattioli o della Pulzella d’Orleans , opere da lui allineate allo stesso momento creativo : e infatti Busto di ragazzo, prima tra le sculture prodotte dopo il contratto con Broglio, sembra la continuazione più ovvia delle ricerche sul busto condotte nel 1920.
Ma alcuni segnali stilistici portano a ritrovare in questo gesso un vero punto e a capo dell’opera martiniana e a valutare l’apporto dato alla sua arte dal gruppo romano, certo più importante di quanto Martini stesso volesse far credere.
Nella ricerca di vicinanze stilistiche, oltre che con Carrà, sembra difficile negare l’influenza morandiana di poco precedente che “Valori Plastici” aveva testimoniato in una serie di fototipie apparse tra il 1919 e il 1920 : in due nature morte era lo stesso raggelamento scultoreo della materia, che sarebbe divenuto caro a Martini ; e l’uso preciso della linea che contorna gli oggetti, sarebbe ritornata nel gesso martiniano.
Su questo ordine di attenzioni verso la produzione dei compagni continua la sua ricerca dei primi mesi del 1921. Non può sfuggire la consonanza con le opere, specie con i disegni, di Edita Walterowna zur Muehlen, moglie di Broglio, pubblicate proprio su “Valori Plastici”, nel numero di marzo-aprile del 1921. Con evidente piacere Martini ritrova, nei fogli della Walteanowa, un atteggiamento di ricreazione nostalgia, quasi naïf, del proprio paese natale che si accorda in qualche modo con i rimpianti martiniani per una perduta giovinezza trevigiana. Per di più la Russia si era già precisata come luogo mitico nell’immaginario dello scultore.
I rapporti di Martini con Vignanelli
Nel marzo 1922 Martini vende per novecento lire a Fernando Viganelli la Ragazza dai capelli disciolti, un Busto di fanciulla, La moglie del poeta ; pochi giorni più tardi, il 3 aprile, è un gesso policromo, l’Amante morta, ad essere ceduta per seicento lire.
Il 15 novembre del 1922 è lo steso Broglio a vendere a Vignanelli, per millesessanta lire la statua in gesso del dormiente, di cui dichiara di avere ancora il modello ma per il quale rinuncia ad ogni proprietà artistica. A giudicare dall’attenzione con cui l’acquirente vuole entrare in possesso dei diritti di riproduzione e tenuto conto della sua attività commerciale, non è da escludere un progetto di realizzazione seriale, forse in ceramica, delle opere martiniane da usare come modelli.
Nel gennaio del 1923 Martini stipula con Vignanelli e Bechini un vero e proprio contratto : ogni mese, per sei mesi, lo scultore avrebbe venduto ai due un’opera grande al vero per la somma di seicento lire.
Nel luglio del 1923 un contratto non onorato da Vignanelli con Becchini per una cospicua consegna di vasi assegna a Becchini, come risarcimento, la completa proprietà delle statue martiniane che già sono in deposito presso di lui, e il monopolio del contratto esistente.
Martini, se pur offeso da Vignanelli che “ha ceduto arte e artista”, dichiara di essere disposto ad onorare il contratto.
Conclusioni finali
Per concludere si può affermare che la carriera artistica di Arturo Martini è da sempre caratterizzata da personaggi di contorno che apprezzano poco le sue opere, che però alla fine dovranno inchinarsi alla sua bravura di artista scultore.
Anche nei difficili rapporti che l’artista ha con “Valori Plastici” il fatto che gli pesa di più è il disinteresse critico che la rivista mostra verso i suoi lavori; il problema di Broglio e compagni non può rifarsi solamente al carattere scostante dell’uomo Martini, alla sua insofferenza ai contratti e alla sua scarsa puntualità nella consegna delle opere ma appare in prima istanza alla sfortuna che ebbe la scultura nell’ideologia del fare artistico della rivista.
“Valori Plastici” è un periodico scritto dai pittori per i pittori. Secondo i suoi maggiori esponenti infatti la scultura è trattata solo in funzione della pittura e non appare per l’intera durata del periodico un testo che additi un’alternativa alla scultura presente o che si pronunci su una gerarchia di valori italiani: la stessa Pulzella d’Orleans di Martini, riprodotta nella rivista da tre angolazioni diverse, sembra un contributo didattico ad una generazione di pittori desiderosi di misurarsi con i complessi problemi spaziali.
La pubblicazione delle sue cinque opere (aprile-maggio1921) senza commento sembra infatti collocarsi in una prospettiva più funzionale alle polemiche interne alla rivista contro il cubismo che non alla promozione dello scultore...

COMMENTO ALLE OPERE
Il dormiente
Nudo maschile seduto e appoggiato ad un masso, la cui normale costruzione accademica del corpo umano è sostituita da arditi incastri di masse: le ginocchia come nella tradizione del manichino metafisico, sono sfere perfette su cui si innestano cosce e stinchi robusti, il ventre si assimila ad un cilindro con forte bombatura all’altezza delle anche. La complessiva impressione di solidità è accentuata dalla perentorietà degli incastri tra i volumi: forti deformazioni accompagnano l’inserzione del volto sul collo e del petto sull’addome. Martini accentua così la tensione costruttiva, mette in luce ragionati contrappunti tra irrigidimenti e rilassamenti: al braccio sinistro che regge la testa abbandonata nel sonno corrisponde la gamba destra sollevata e arcuata; al braccio destro mollemente appoggiato su di essa è simmetrica la gamba sinistra adagiata al suolo. Alla complessiva aria goffa del soggetto contrasta l’insolita precisione di alcuni dettagli: capelli, mani, naso.
L’amante morta
Gesso policromo, in cui è rappresentata una figura femminile morta, dall’espressione composta in una superiore serenità. Formalmente il gesso è una congerie di soluzioni degli anni precedenti: il volto è una citazione dal Busto di ragazza, comprato da Broglio; basta la leggera torsione della testa verso l’alto ad animare l’inespressività del busto con una forte cifra patetica. Le pieghe colonnari, fortemente scandite, sono le stesse delle sculture degli anni ’20, ma l’accesa policromia, insieme alla rigidezza del busto e alla lunghezza spropositata delle braccia denunciano l’osservazione della scultura lignea due-trecentesca che Martini adotterà per tutti gli anni ’20. Nella lunga coda di capelli, risolta con un gioco ad incastro di ellissoidi, e nelle rigonfiature coniche del cuscino su cui siede la donna, ricorda Forme uniche nella continuità dello spazio di Boccioni, mentre il taglio all’altezza delle gambe della figura seduta è un originale segno di sicurezza compositiva
SOMMARIO
1. CENNI BIOGRAFICI
2. L’ESPERIENZA DI VALORI PLASTICI
I problemi del contratto
Le mostre e la maturazione artistica
I rapporti di Martini con Vignanelli
Conclusioni finali
3. COMMENTI ALLE OPERE
Il dormiente
L’amante morta
Bibliografia
1. Arturo Martini, Il gesto e l’anima, catalogo della mostra ed.Electa Milano 1989 (a cura di M. De Micheli C. Gian Ferrari)
2. Arturo Martini, opere degli anni quaranta, catalogo della mostra
ed.Electa Milano
3. G. Marchiori, Scultura Italiana Moderna, Alfieri Venezia
4. Enciclopedia generale Mondadori

INDICE DELLE OPERE
1. OFELIA, gesso, cm 135x89x39 Collezione privata

2. IL FIGLIUL PRODIGO (particolare)
3. TERRACOTTA BIANCA, cm 65x60 Genova, Collezione privata
4. LA PISANA, pietra di Vicenza lungh. cm 142.5 Coll. Privata
5. IL SOGNO (particolare)
6. L’ATTESA (o La veglia)
7. LA LUPA, bronzo, cm 80x140 Collezione privata
8. DONNA CHE NUOTA SOTT’ACQUA (particolare)
9. PALINURO (monumento al partigiano Masaccio)
10. MATERNITA’ (particolare)
11. LA ZINGARA, gres, h. cm 200 Milano Collezione privata
12. TESTA DI RAGAZZA,bronzo, cm 35.5x33x27 Milano Coll.Privata
13. S.GIACOMO MAGGIORE

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