Arte greca

Materie:Tesina
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Alla fine dell‘XII secolo, successivamente all’invasione Dorica, la Grecia fu caratterizzata da un periodo di profonda crisi economica e politica che portò a un forte regresso sia nell’ambito culturale che artistico, a partire dalla scomparsa della scrittura.
Solamente dopo la metà dell’XI secolo, la Grecia conobbe un leggero miglioramento, grazie alla fondazione di alcune città presso le coste dell’Asia Minore, che oltre alla formazione di un contatto a scopo commerciale con il mondo orientale, favorirono anche lo scambia culturale.
Fu solo nell’ VIII secolo però, successivamente alla “rinascita” della scrittura, che nacque la vera storia greca, caratterizzata da una grande ripresa generale e dallo sviluppo della città.
Questi miglioramenti, però, portarono anche a delle conseguenze negative: si crearono infatti forti tensioni fra i diversi ceti sociali; inoltre le terre divennero sempre pi scarse, costringendo la maggior parte della popolazione ad emigrare.
Sul piano politico dunque, la Grecia era molto frammentata, tuttavia il patrimonio religioso rimase intatto, in quanto considerato come un’identità nazionale.
Possiamo dividere l’arte greca in tre grandi periodi:
• periodo Arcaico ( 620-480 a.C. ) durante il quale vi è una continua ricerca dell’ideale di bellezza .
• periodo Classico ( 480-330 a.C. ) dove si punta al raggiungimento della perfezione.
• periodo Ellenistico ( 330-50 a.C. ) caratterizzato dal manifestarsi di un forte effetto scenografico e dal trasmettere stupore ed emozioni verso coloro che avrebbero ammirato le varie opere.
Come si può ben notare, vi sono tre caratteristiche fondamentali che distinguono ciascuna epoca, quali la ricerca della bellezza, della perfezione e dell’effetto scenografico che evidenziano non solo il passaggio da un periodo all’altro, ma anche il forte sviluppo della civiltà.
Queste tre grandi differenze si possono riscontrare in tre campi artistici: quello scultoreo, quello architettonico e quello della ceramica.
La ceramica
Nel periodo arcaico, nell’ambito della riproduzione vascolare, si passa dallo stile geometrico, basato su una riproduzione sempre più astratta, allo stile orientalizzante, che abbandona completamente i canoni geometrici e stilizzati e si dedica al raggiungimento di una rappresentazione più realistica delle figure che spesso narrano di vicende quotidiane, fino ad arrivare alla tecnica delle figure nere, molto importante per la rappresentazione dei dettagli.
Successivamente alla produzione del vaso, si dipinge di nero la figura, dopodichè, tramite uno strumento chiamato “stilo”, si incidono i particolari sulla parte dipinta in modo da risaltarne il rosso naturale dell’argilla, e infine il vaso viene cotto.
Tuttavia, se da una parte la tecnica a figure nere risalta i particolari, dall’altra non mette in evidenza la tridimensionalità, cioè la profondità del corpo.
In questo periodo le narrazioni assumono anche caratteri mitologici che parlano di dei , semidei ed eroi.
Inoltre, per definire un luogo della vicenda, le narrazioni sono chiuse da delle decorazioni di tipo floreale poste sul collo e sulla base del vaso.
Con questa tecnica troviamo già la prima differenza tra il periodo arcaico e quello classico: nel periodo classico infatti, si passa dalla tecnica a figure nera a quella a figure rosse, completamente differenti fra loro: nella tecnica a figure rosse, in seguito alla produzione del vaso, si coprono con una mascherina le parti dove devono essere rappresentate le figure, e poi si dipingono le zone restanti di nero, successivamente si ridefiniscono i particolari all’interno delle figure tramite dei pennelli di dimensioni diverse, risaltando le parti in luce e in ombra attraverso i colori, in modo da donare profondità al disegno.
Rimane ancora la narrazione caratterizzata dai registri delimitata da rappresentazione floreale.
In questo stile c’è una maggiore ricerca della teatralità e meno ordine rispetto a quello a figure nere.
Si introducono sempre più colori, avvicinandosi maggiormente a una rappresentazione più realistica della figura umana.
La scultura

Altra differenza importante, come già accennato, si trova nell’ambito scultoreo.
Durante il periodo arcaico l’uomo, come disse il filosofo Protagora, viene considerato “misura di tutte le cose”, ovvero diventa l’immagine concreta dell’ordine dell’universo, in quanto non si vuole rappresentare il singolo individuo evidenziando i caratteri generici dell’umanità, bensì l’ideale astratto di bellezza.
Per questo motivo nelle statue che rappresentano questo periodo, il kouros e la kore , lo sguardo è fisso e orientato verso l’infinito.
Inoltre, il canone della figura maschile prevede che il kouros sia nudo con le braccia distese lungo i fianchi e con la gamba sinistra leggermente più avanti della destra, per dare maggiore stabilità alla scultura.
Nella figura femminile, invece, la kore pur rappresentando la stessa rigidità del kouros, non ha più la caratteristica della nudità ed ha solamente un braccio disteso lungo il busto, mentre l’altro è rigorosamente posato sul petto in segno di preghiera o offerta e i piedi sono posti in maniera allineata.
Queste statue, sempre caratterizzate dalla loro staticità e rigidità, in area dorica diventano più solide e robuste e i volumi e la massa corporea acquistano particolare risalto, caratteristiche che possiamo notare nelle statue gemelle di Polimede: Kleobis e Biton.
Le statue ioniche invece, sono più snelle e longilinee di quelle doriche, come possiamo verificare nella statua Hera di Samo.
Nella statuaria classica invece, la staticità e la rigidità che caratterizzavano le sculture arcaiche diventano ricerca dinamica, contrapposizione tra tensione e rilassatezza del muscolo.
Si riesce a rappresentare alla perfezione la tensione del corpo che sta per slanciarsi con energia, basandosi su figure geometriche ben definite, ad esempio nel Discobolo di Mirone la struttura compositiva è formata da quattro triangoli.
Inoltre il famoso scultore Policleto di Argo fissò dei canoni di proporzionalità per dare maggiore armonia alle diversi parti del corpo, rendendolo il più perfetto possibile.
Policleto concepiva il corpo umano come successione verticale a partire da un centro, che nelle figuri maschili aveva la forma di un quadrato posto tra le ascelle e le anche, mentre per le figure femminili assumeva la forma di un triangolo, con la base posta sui seni e la punta orientata verso l’ombelico
In età ellenistica questi rapporti di proporzionalità e la funzione di rappresentare l’armonia e l’equilibrio della figura umana, vengono sostituiti dalla rappresentazione dei sentimenti, manifestata attraverso l’espressione del viso e del movimento del corpo.
In aggiunta, a differenza dell’età arcaica (in cui non si rappresentava un individuo specifico, bensì un tipo universale che rappresentasse l’ideale astratto di bellezza) vi è un’ individualizzazione del personaggio rappresentato.
Testimonianze di questa differenza fra i due periodi sono i ritratti e le singole statue che spesso hanno come soggetti dei terreni e vicini all’uomo.
Con il passare del tempo queste singole statue diventeranno gruppi scultorei che spesso rappresentano scene mitologiche oppure eventi storici significativi, volti a trasmettere emozioni, e strutturati in maniera tale da donare un impatto scenografico alla vicenda.
L’architettura

Nell’architettura, che grava sempre intorno al tempio, non vi sono molte differenze tra il periodo arcaico e quello classico, piuttosto un perfezionamento degli ordini architettonici, dorico, ionico e corinzio, diretti a costruire il tempio nel modo più perfetto possibile.
L’ordine dorico è quello più antico e massiccio.
In età arcaica la misura di base per costruire il tempio dorico è data dal diametro di base del fusto della colonna.
L’edificio poggia su un basamento in pietra detto crepidoma, caratterizzato da minimo tre gradini che hanno la funzione di innalzare il tempio.
La colonna è formata da due elementi: il fusto e il capitello. Il fusto è scanalato e rastremato, ovvero si restringe verso l’alto ed è caratterizzato dall’entasi, il punto massimo di allargamento del suo diametro. Il capitello invece, è formato da un elemento inferiore detto echino e uno superiore detto abaco.
Sopra le colonne si sviluppa la trabeazione caratterizzata dall’architrave , il fregio (dove si alternano triglifi e metope) e la cornice sulla quale è posto il frontone costituito a sua volta da cornici che delimitano uno spazio vuoto detto timpano.

Esempio più antico di questo stile è l’ Heraion (il tempio di Hera).
L’ordine ionico, invece, si differenzia da quello dorico per una maggiore “leggerezza”: le colonne infatti, presentano, oltre al fusto e al capitello, un terzo elemento: la base, che contribuisce a dare una spinta maggiore verso l’alto alle colonne già più sottili e slanciate, alleggerendo così l’intera struttura.
Un’altra differenza sta nell’echino, caratterizzato da due volute, e nello spessore dell’abaco che si riduce notevolmente, assumendo una funzione di semplice rifinitura; l’architrave diviene tripartito in tre fasce e il fregio non è più scandito da triglifi e metope, ma da una striscia continua decorata con bassorilievi.
Infine l’ordine corinzio, che si distingue da quello ionico soprattutto dal capitello che, in aggiunta alle volute ioniche, presenta delle foglie di acanto.
In età classica l’ordine dorico viene rinnovato in modo da poter creare il “tempio ideale”.
Queste innovazioni riguardano soprattutto la colonna che rimane sempre il modulo di base per poter costruire l’intero edificio.
Per rendere l’intera struttura più leggera, l’altezza viene allungata; vengono definiti dei rapporti numerici riguardanti la «sezione aurea», ovvero i rapporti di dimensione tra i diversi elementi: le scanalature si stabiliscono a venti, mentre il numero delle colonne a sei nella facciata frontale e tredici in quella laterale.
Nell’ordine ionico le scanalature sono definite a ventiquattro, l’altezza della colonna viene calcolata dieci volte il suo diametro e il capitello si semplifica nelle sole volute contenute in un parallelepipedo.
Nel periodo ellenistico gli ordini architettonici vengono sconvolti e si ribaltano completamente le regole, ad esempio nel ”l’altare di Pergamo”, dedicato a Zeus, il fregio è collocato alla base del tempio.
Non si puntava più al raggiungimento della perfezione, ma alla creazione di un forte effetto scenografico che
nell’architettura veniva manifestato attraverso la costruzione di edifici di dimensioni colossali, che non rispettavano più le proporzioni utilizzate precedentemente, in quanto la grandiosità stava a rappresentare il potere dei principi dei regni ellenistici: infatti più era grande e virtuoso il loro palazzo, più era vasto il loro potere.
Inoltre vengono utilizzate cupole dalla pianta circolare nei tempi a tholos, si privilegiano strutture che prevedono absidi o esedre con statue; le facciate si arricchiscono di nicchie per ospitare le sculture, l’introduzione di elementi curvilinei all’interno di strutture cubiche o parallelepipede, contribuisce ad accrescere la spettacolarità degli edifici che vengono coordinati con la natura e con gli edifici vicini.
Ma la struttura pubblica che più rappresenta quest’età è il portico coperto a stoà, che svolge un ruolo ornamentale all’interno della città, producendo effetti ancora visibili nella capitale.
La poetica
Come nel campo architettonico, ceramico e scultoreo, anche nell’ambito della poetica i greci pongono l’uomo al centro dell’universo. Esso infatti, si ritrova protagonista anche all’interno della letteratura greca, che trova le sue origini nei famosi poemi omerici: l’Iliade e l’Odissea, seguiti da poemi di tutte la forme: dal melico, monodico e corale, all’elegiaco e a quello giambico.
Fu solo in età classica però, che la poesia corale raggiunse la sua massima espressione attraverso la drammaticità: la tragedia.
In età ellenistica, il centro letterario si spostò dalla capitale ad Alessandria. Qui la poetica torna alle sue origini, imitando opere del passato come l’epopea, il poema didattico e l’Inno, che successivamente diedero vita a nuove opere completamente diverse, spesso caratterizzate da un forte senso della natura.
In tutti questi tipi differenti di opere vi è una continua ricerca del mito. Nei racconti epici infatti, non importa la verità del racconto ma la verosimiglianza, ovvero, ciò che è realmente importante, non è il fatto accaduto, ma il significato universale che esso ha prodotto.

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