Appunti su Brunelleschi e Masaccio

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Vasari riconosce a Brunelleschi la gloria di aver dato vita alla nuova architettura del Rinascimento. Inizia come orafo e si afferma pubblicamente nel 1401, al concorso per la porta nord del battistero fiorentino. Dedicò tutta la vita all’architettura. Studia a Roma con Donatello, dove conobbe l’arte e l’architettura degli antichi. A Firenze partecipò al concorso nel 1418 per la realizzazione della cupola di Santa Maria del Fiore. In quegli anni la cattedrale era ancora senza copertura nella zona del coro e l’immane spazio ottagonale su cui era stata prevista una cupola aveva il diametro di 78 braccia fiorentine (46 metri), che con lo spessore del tamburo arriva a 54 metri. Brunelleschi propose di costruire una cupola che noi oggi chiamiamo “autoportante”, cioè capace di sostenersi da sé durante la costruzione, senza richiedere l’aiuto delle armature in legno. La proposta sembrò folle e Filippo venne portato via dalla sala dove, alla presenza dei massimi esponenti dell’Arte della Lana che finanziava la costruzione, maestri toscani, italiani e stranieri su come voltare la cupola. Nel 1420 iniziò la costruzione della “grande macchina”, come venne definita da Michelangelo. Gli venne dato come compagno nell’impresa Lorenzo Ghiberti. Il nuovo architetto moderno: geloso delle proprie invenzioni e orgoglioso del proprio ruolo intellettuale. La cupola si erge su un tamburo ottagonale forato da 8 grandi finestre circolari che danno luce all’interno. Vista dall’esterno appare come una rossa collina segnata da 8 bianche nervature che convergono verso un ripiano ottagonale. Su questo poggia una leggera lanterna cuspidata stretta da 8 contrafforti a volute. La cupola è alta e maestosa. La magnificenza della struttura si avverte soltanto salendo i molti gradini che dalla chiesa conducono al ripiano su cui si imposta la lanterna. Dalle interminabili scale a chiocciola ricavate all’interno di due grandi pilastroni alla fine delle navate laterali, si giunge al terrazzino che dà sull’immenso vuoto su cui incombe la grande mole concava della cupola. Dopo aver oltrepassato un’apertura che è ricavata nello spessore della muratura, si arriva in un corridoio e ci rendiamo conto solo allora che la cupola è costituita da 2 cupole distinte, una interna e l’altra esterna, fu Brunelleschi a volerla così x conservarla dall’umido. Le due calotte sono collegate da 8 grandi costoloni d’angolo e da 16 costole disposte lungo le facce delle vele. Costoloni e costole sono anch’essi uniti per mezzo di anelli in muratura. La salita si svolge nello spazio tra le due cupole (intercapedine), fino a che una ripida rampa di gradini tagliati sull’estradosso della cupola interna non ci conduce al corridoio sottostante alla base della lanterna. Poche scale e siamo all’esterno. Vista da lontano la lanterna, che corona la costruzione è inscindibile dalla cupola, alla quale sembra agganciata tramite i tentacolari costoloni dal rivestimento marmoreo; per chi invece la guardi dall’ampia terrazza su cui si erge, essa appare totalmente isolata: un tempietto sulla sommità di un colle. Non appena terminata, la “grande macchina” cominciò a lesionarsi. Le lesioni (profonde rotture della muratura che vanno dalla lanterna fin oltre il tamburo) interessano soprattutto 4 delle 8 vele.
Brunelleschi venne consultato x opere militari e civili anche da alcune corti dell’Italia settentrionale e riuscì a progettare alcuni edifici x Firenze: lo “Spedale degli Innocenti”, la Sagrestia Vecchia di San Lorenzo, la cappella de’ Pazzi, e le 2 basiliche di San Lorenzo e di Santo Spirito. L’architettura brunelleschiana si svolge sempre alla luce della ricerca e della sperimentazione. Le forme architettoniche sono dimensionate in modo che chiunque possa trovarsi a proprio agio fra strutture che non lo vogliono né opprimere né annientare. Ciò si realizza tramite l’impiego di forme geometriche semplici, operativamente sono le proporzioni che determinano i rapporti tra le varie componenti dell’organismo edilizio, mentre al quadrato, impiegato sia nelle piante, sia negli alzati, Brunelleschi affida anche la capacità di resistenza dei suoi edifici. Ciò in conformità in quanto avevano affermato i filosofi medievali, che alla forma quadrata attribuivano la massima solidità e stabilità. Iniziata a partire dal 1419, nei pressi della chiesa Dei servi di Maria, lo “Spedale degli Innocenti” pose le premesse per la creazione della piazza porticata della SS. Annunziata, forse l’esempio + riuscito e noto di piazza rinascimentale. L’edificio si erge su un ripiano quasi come sullo stilobate di un antico tempio a cui si perviene x 9 gradini. 9 sono anche le arcate del porticato e altrettante sono le campate coperte da volte a vela e 9 sono le finestre di forma classica che ricordano quelle del battistero fiorentino di S. Giovanni. La campate è di forma cubica, lo spazio del loggiato può quindi definirsi modulare. Nella sua realizzazione Brunelleschi utilizza ripetutamente la stessa misura al fine di scandire lo spazio.
La Sagrestia Vecchia di San Lorenzo (x distinguerla da quella del secolo successivo edificata da Michelangelo), è un ambiente da cui si accede dal braccio sinistro del transetto della basilica di S. Lorenzo, ed è composto da uno spazio cubico al quale è sovrapposta una cupola emisferica ombrelliforme. Tale cupola ha 12 finestre tonde ed è rafforzata da altrettante nervature che le conferiscono l’aspetto di un ombrello aperto. Sul lato opposto all’ingresso si apre la scarsella, un piccolo ambiente a pianta quadrata, ma composto dal sovrapporsi da 2 cubi uguali coperti da una cupoletta emisferica.
La Cappella de’ Pazzi, costruita nel chiostro della basilica di Santa Croce, a cominciare dal 1430, su commissione della potente famiglia fiorentina dei Pazzi. L’ambiente principale, basato sulla forma quadrata, si dilata in un rettangolo, la cui copertura comprende una cupoletta emisferica centrale, affiancata da 2 volte a botte. La cappella non ha mai avuto conclusione ed è stata costruita in gran parte dopo la morte di Filippo.
La Basilica di San Lorenzo risale al 1419 ma venne ripresa dopo una lunga interruzione nel 1442 e conclusa da Antonio Manetti Ciaccheri dopo la morte di Filippo. La pianta è a croce latina divisa in 3 navate. Il senso dello spazio è però del tutto nuovo. L’esterno dell’edificio mostra con molta chiarezza il compenetrarsi di solidi geometrici puri. All’interno le ininterrotte cornici concorrono a esaltare l’effetto prospettico che abbiamo visto essere particolarmente accentuato nei grandi spazi longitudinali scanditi da colonne e pilastri. La Basilica di Santo Spirito iniziata nel 1444, venne terminata dopo la morte di Filippo. Le varianti rispetto al progetto originario furono molte e spesso arbitrarie. A croce latina, ma le navate laterali corrono tutt’ attorno al perimetro della basilica , e x tale in ragione, le colonne si addensano nella zona del presbiterio. Le cappelle laterali sono semicircolari.
Tommaso Giovanni di Cassai nasce a san Giovanni Valdarno (Arezzo) nel 1401. La sua formazione artistica e culturale avviene a Firenze, dove si trasferisce con nel1417. Non sappiamo quali furono i suoi maestri. Dal 1422 risulta iscritto all’Arte dei Medici e degli Speziali. L’ambiente fiorentino del tempo è ricco di stimoli artistici di ogni tipo, la città è un fiorire di cantieri e di iniziative volte ad accrescerne la fama ed il decoro. riallacciandosi alle grandi intuizioni di Giotto, egli concepisce una pittura radicalmente nuova. Con Donatello e Brunelleschi è il 3° rappresentante della rivoluzione artistica rinascimentale. Attivo soprattutto a Firenze, a Pisa, dove realizza un polittico x la chiesa del Carmine a Roma, dove morirà nel 1428. La sua produzione pittorica è ricca e spazia dalla tempera su tavola all’affresco.
Sant’Anna Metterza (con Masolino). E’ una pala d’altare per la chiesa fiorentina di Sant’Ambrogio, rappresentante la Madonna in trono con il bambino e Sant’Anna, madre di Maria e messa come 3° personaggio( da cui l’appellativo), circondati da 4 angeli.. Masolino esegue Sant’Anna. La sicurezza con la quale il giovane delinea il contorno della Vergine, rendendocelo fisicamente percepibile anche attraverso i panneggi della veste. Tutti i suoi personaggi sono sempre dotati di un volume proprio e occupano uno spazio reale, non + quello simbolico caro alla tradizione tardo-gotica. Masolino, colpito dalla straordinaria concretezza della pittura masaccesca, cerca di imitarla con la sua Sant’Anna, in questa però in senso del volume è quasi totalmente assente e la convenzionalità dei panneggi, cioè la riproposizione di schemi collaudati dalla tradizione, senza uno studio dal vero, nasconde le incertezze di una prospettiva ancora troppo rudimentale. La mano sinistra tesa in avanti a protezione del bambino, risulta priva di un braccio al quale congiungersi realisticamente; non c’è la gamba sinistra, della quale non si riesce a percepire neanche l’esatta collocazione. Il teme della definizione volumetrica dei personaggi e del loro inserimento prospettico in uno spazio misurabile di tipo brunelleschiano è anche posto in evidenza nel polittico di Pisa(1426), del quale fanno parte sia la Madonna in Trono con bambino e 4 angeli, sia la Crocifissione. La Vergine, come quella descritta, non nasconde la propria fisicità che il panneggio fortemente chiaroscurato mette in evidenza. Il Bambino è colto nell’atto di mangiare un acino d’uva che la mamma gli ha porto. La naturalezza del gesto, impensabile qualsiasi altra pittura precedente, mette in luce la natura umana del Cristo, anche la sua aureola obbedisce alle stesse regole del mondo circostante, come se il pittore fosse riuscito a materializzarla in un disco metallico.
Nella Crocifissione i 4 personaggi sono composti in modo geometrico: Maria, a sin, piange di dolore, immobile e severa, avvolta nel pesante mantello realisticamente chiaroscurato. A destra, S.Giovanni ha un’espressione attonita; al centro, alto sulla croce c’è il Cristo, rappresentato nella dolorosa immobilità della morte. La vista dal basso verso l’alto gli scorcia innaturalmente il collo e anche gli arti; in basso, di spalle, c’è la Maddalena, della quale non vediamo che una cascata di biondi capelli e 2 mani disperatamente protese verso quelle del Cristo, quasi a formare un triangolo rovesciato. Il pittore riesce a farci intuire lo straziante dolore anche senza mostrarcene il volto, come fece Giotto nel “ Compianto del Cristo morto” della cappella degli Scrovegni. A Giotto Masaccio si rifà anche nel ciclo di affreschi della cappella Brancacci, nella chiesa del Carmine di Firenze, eseguiti con Masolino dal 1424.. il tema è quello della vita di San Pietro, con scene tratte anche dal Genesi. Nell’affresco del tributo si rifà ad un episodio tratto dal Vangelo di Matteo, nel quale è descritto l’ingresso di Cristo e dei suoi apostoli nella città di Cafarnao. L’artista concentra nello stesso dipinto 3 momenti temporalmente diversi: al centro quando il gabelliere chiede esige il tributo x il Tempio a Gesù (stupore nei volti degli apostoli). Cristo comanda a Pietro di recarsi a pescare e questi, a sua volta, indica il mare. A sin è raffigurato Pietro, da solo, intento alla pesca, e a destra, infine, in 1° piano, Pietro ricompare quando consegna il denaro all’esattore. Tutti i personaggi hanno un rilievo quasi scultoreo. Masaccio definisce con il chiaroscuro i loro possenti volumi e i realistici panneggi. La prospettiva adottata da Masaccio è sempre la stessa, unifica sia lo spazio, sia il tempo in una visione chiara e unitaria della realtà. Il paesaggio appare brullo e desolato, con le montagne disposte in successione cromatica, verdi quelli + vicine e grigio-azzurrognole quelle + lontane, con le vette imbiancate. Le architetture sulla destra, ispirate all’edilizia fiorentina del tempo, contribuiscono alla determinazione spaziale della scena, creando un insieme di volumi puri e geometricamente ben definiti.

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