la droga

Materie:Tesina
Categoria:Scienze

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DEFINIZIONE DI DROGA
Con il termine droga si indica ogni sostanza capace di alterare il nostro equilibrio che riguarda i diversi livelli,estremamente collegati l’uno all’altro: il livello biologico, quello psicologico e quello sociale.
Gli equilibri del primo livello sono quelli della fisiologia.
Le droghe interferiscono con i processi biochimici che a livello celebrare consentono la trasmissione e l’elaborazione di impulsi nervosi, cioè di segnali ed informazioni.
Perturbando le funzioni delle cellule nervose le droghe agiscono a livello psicologico in quanto compromettono o addirittura annullano gli equilibri psicologici e quindi la capacità di adattamento dell’ individuo e la possibilità che egli ha di far fronte a situazioni di disagio ambientale o interpersonale.
Le droghe condizionano la possibilità di inserimento sociale dell’individuo minacciando da un lato le sue capacità di adattamento e dall’altro determinando una reazione di emarginazione da parte della società.
CENNI STORICI SULLA DIFFUSIONE DELLE DROGHE
Fin dai tempi più remoti l’uomo ha sempre ricercato sostanze in grado di rendere la vita più bella e possibilmente eterna, ma che non provocassero danni fisici e psichici e tanto meno la dipendenza.
Sostanze in grado di guarire le malattie e di agire favorevolmente su psiche e corpo,anche per migliorare le prestazioni,per indurre piacere ed euforia, annullar ogni sgradevole sensazione quale ansia e dolore, procurarsi il sonno, evadere dalla realtà; per facilitare l’esplorazione della mente e il contatto con la divinità, e quindi stabilire una mistica unione; per stimolare energie, modificare reazioni affettive, aumentare percezioni e approfondire la conoscenza del reale e dell’irreale.
In pratica l’uomo ha sempre ricercato l’essenza della felicità, del sapere universale e dell’eterna giovinezza esprimendo quindi il suo desiderio di diventare immortale.
Un sogno che non è mai stato raggiunto, in quanto le sostanze usate (erbe, estratti, prodotti sintetici) non hanno indotto gli effetti descritti, ma solo sostituti illusori, spesso pagati a caro prezzo: danni tossici e dipendenza, una schiavitù che obbliga al loro uso continuo.
Per queste sostanze chiamate droghe, le varie civiltà hanno elaborato rituali che attualmente definiamo culture.
Ne veniva così regolamentato l’uso ed erano sottolineati i pericoli, fornite eventuali avvertenze e modalità per evitarli, spesso creando un tabù. L’uso indiscriminato veniva riservato alle classi dirigenti che di frequente strumentalizzavano le droghe per esercitare e mantenere un potere.
Nelle civiltà primordiali fino al XIX secolo l’uso della droga è autocratico, in quanto viene gestito dal potere con proprie modalità e per i propri fini mistici, religiosi, terapeutici, bellici, politici e perfino come strumento di delitto o di genocidio. Chi le usa fuori di tali modalità e fini viene considerato strega o mago, allontanato dalla comunità e talora condannato alla perdita della vita.
Nell’Ottocento l’uso libero di droghe si è diffuso in tutto il mondo occidentale, soprattutto negli ambienti artistici alla moda.
Poi nel XX secolo gli Stati occidentali le hanno proibite dichiarandole illecite, confinandole nella clandestinità.
Negli anni Sessanta, con l’esplodere della contestazione giovanile e la nascita di movimenti come quello hippy, l’uso della droga si è diffuso a macchia d’olio tra i giovani, diventando fenomeno di massa. E’ nata così una nuova cultura, o meglio una controcultura.
L’assunzione avviene di solito in gruppo, con la partecipazione di tutti i componenti che vivono distaccati dalla società e dalle sue istituzioni, avendo come comune denominatore l’uso della droga. Si riuniscono e si concentrano in particolari aree, che prendono il nome di territorio della droga come ad esempio il Campo de Fiori a Roma.
Nei conglomerati sottoculturali si fuma quasi invariabilmente hashish o marijuana, si usano allucinogeni, psicofarmaci sedativi o stimolanti, si assumono cocaina, eroina o alcool.
L’uso è comunitario e democratico, in netto contrasto con quello autocratico e controllato del passato. Le comunità sono però precarie, proprio per la caratteristica irrequietezza dei giovani componenti, sempre desiderosi di nuove esperienze ed orizzonti.
Soltanto una minoranza dei membri rimane nello stesso luogo e nel medesimo gruppo per più di un anno.
Nello stesso territorio restano solo gli spacciatori che dominano, alimentano e perpetuano il fenomeno della droga di massa dei giovani e dei giovanissimi.
Contro lo spaccio i governi occidentali lottano fin dall’inizio del secolo, ma con scarso successo, sia perché l’enorme guadagno rende estremamente allettante questa attività, sia perché intorno ad essa si è formato un alone di mistero che ha reso il frutto proibito assai più interessante e allettante, ed anche perché l’informazione è stata troppo spesso psicologicamente negativa, inutilmente terrificante e inesatta.
In tal modo il collegamento della droga con le masse giovanili si è ulteriormente potenziato e ha favorito la formazione di un numero sempre maggiore di gruppi e di adepti.
Il movimento pop ne ha fatto il simbolo della protesta e molti esponenti (i Beatles, i Rolling Stones, Bob Dylan, fino ad alcune rockstar di oggi) hanno esaltato con canzoni di grande successo le droghe.
Così, accanto ai simboli della contestazione (jeans, catene al collo, gioielli hippies) si sono attestati gli emblemi della droga: la siringa, la candela, la spatola, la bilancina, il cucchiaino, la pipa, la lametta, lo specchio, la carta arrotolata e così via.
Sicuramente anche letterati e scienziati di famose università hanno, con le proprie opere e con i propri atteggiamenti favorevoli all’uso di droghe, svolto un ruolo complementare a quello degli idoli dei movimenti giovanili contestatori, in quanto hanno fornito la giustificazione psicologica e scientifica all’uso delle droghe e alla formazione dei gruppi.
Né va dimenticato l’impulso più o meno occulto apportato dal cinema, dalla letteratura e dai mass media.
E’ nata così la moda della droga, che ha creato modelli spettacolari, come le adunate oceaniche nell’isola di Wight o negli stadi o nei diversi festival in Italia: centinaia di migliaia di giovani (sotto l’influsso delle più diverse droghe) inneggiavano ai cantautori “tossici”, loro idoli.
Malgrado l’informazione, prevenzione e repressione sempre più massicce, forse anche per reazione (oltre alla strapotenza del mercato clandestino) il fenomeno non si è fermato né accenna ad arrestarsi: ormai conviviamo con la droga.
Infine, mentre le tossicomanie erano tradizionalmente di solito confinate in ambienti legati alla delinquenza o ristrette a gruppi di elite, oggi si sviluppano tra i giovani indipendentemente dalle condizioni sociali.
Il coinvolgimento di massa giovanile è motivo di grande preoccupazione, tanto da far ritenere la droga il male del secolo, contro il quale ancora non si è trovato un antidoto efficace.
La tossicodipendenza è diventata oggi ancora più allarmante per la sua capacità di diffondere il terribile morbo dell’AIDS
Il drogato corre un rischio maggiore di contrarre la sindrome di immunodeficienza attraverso l’uso comune di aghi infetti.
Questo pericolo fa del tossicomane l’appestato del 2000 il quale, allontanato ed emarginato, consuma nella solitudine la sua drammatica realtà.
L’Italia è fortemente coinvolta dall’epidemia di peste tossica: secondo statistiche riportate dall’Express, sarebbe al primo posto in Europa come numero di tossicodipendenti afferenti alle strutture pubbliche, seguita da Francia e successivamente da Gran Bretagna, Germania e Spagna.
IL MERCATO MONDIALE DELLA DROGA
Per quanto concerne la produzione della droga, questa si concentra principalmente in cinque aree geografiche:
1) Il Vicino e Medio Oriente. I paesi della “Mezzaluna d’oro” (Iran, Afghanistan e Pakistan) producono circa 1500 tonnellate di oppio, che per un terzo vengono trasformate in eroina.
L’Afghanistan, che resta comunque il secondo produttore mondiale, ha visto crollare la sua produzione a causa della guerra civile;
2) L’Asia Sud-Orientale. Il cosiddetto “Triangolo d’Oro” (Birmania, Laos e Thailandia) produce 3500 tonnellate di oppio dalle quali se ne ricavano circa 45 tonnellate di eroina;
3) L’America Latina. In questo continente viene prodotta quasi la totalità della coca soprattutto in Colombia,Bolivia e Perù.
Il Perù è il maggior produttore mondiale di coca, ma il monopolio del traffico è riservato alla Colombia;
4) Uzbekisan e altre repubbliche ex-sovietiche;
5) Alcuni paesi africani a Sud del Sahara.
La necessità di coltivare droga da parte dei paesi appena descritti è sicuramente figlia della povertà e del sottosviluppo.
Siccome il prezzo delle varie droghe è molto alto, e quindi si hanno spropositati e facili guadagni,è facile capire come favoriscano la tenacia e la resistenza dei mercati di morte.
In alcuni piccoli Stati, questo commercio svolge un ruolo determinante nell’economia del paese e dà luogo ad atti di terrorismo e vere e proprie “guerre” tra i gruppi di narcotrafficanti.
”Cosa nostra”era arrivata a gestire il 30% del mercato internazionale ma, dal 1991, sembra sia scesa al 5%.
LE POSSIBILI CLASSIFICAZIONI DELLE DROGHE
Una possibile classificazione delle droghe può essere fatta secondo la loro origine naturale o sintetica.
Droghe naturali:
Alla famiglia degli oppiacei appartiene il papavero rosso da oppio (papaver somniferum album), droga naturale proveniente dal Medio Oriente antichissima, conosciuta già nel 3000 a.C.
Il papavero è all’origine di tutti gli oppiacei e dei suoi derivati.
Dal papavero da oppio deriva la morfina, che si presenta sotto forma di cristalli bianchi ottenuti per dissoluzioni, da cui a sua volta deriva l’eroina.
L’eroina è una delle droghe più pericolose perchè provoca una dipendenza fisica e psichica totale.
Altra droga naturale è la cocaina che si presenta sotto forma di polvere bianca ottenuta in laboratorio dalle foglie di coca.
E’ stata definita la doga dei ricchi perché la più costosa.
Dalla cocaina si estrae il crack derivato chimico della pasta base di cocaina, sotto forma di cristalli brunastri. E’ chiamata la “droga dei poveri”in USA. Arrivata da poco anche in Italia, è una droga pericolosissima perché oltre ad un’assuefazione molto rapida provoca tendenza al suicidio.
Abbiamo poi la canapa indiana (o cannabis) conosciuta già dai cinesi nel 2700 a.C.; è coltivata in tutto il mondo.
Dalla canapa indiana deriva la marijuana o erba (foglie e fiori seccati e trinciati della canapa indiana); è la droga più consumata nel mondo, fumata generalmente con il tabacco.
E’ la droga che dà meno dipendenza fisica.
Sempre dalla canapa indiana deriva l’Hashish o Kif che è la resina estratta dall’estremità floreali dell’erba.
Droghe sintetiche:
Oltre alle droghe naturali ci sono poi le cosiddette droghe sintetiche, cioè droghe sintetizzate nei laboratori da composti chimici, alcune di queste sono usate come farmaci.
Le anfetamine sono degli psicofarmaci stimolanti che a lungo andare possono provocare una pericolosa dipendenza psichica.
Abbiamo poi gli psicofarmaci sedativi come i barbiturici e le benzodiazepine.
Ci sono inoltre gli allucinogeni derivati fra cui LSD o acido dietilamide dell’acido lisergico.
E’ un prodotto semisintetico derivato dall’acido lisergico estratto dal fungo Claviceps purpurea, si può considerare il più potente e diffuso allucinogeno del mondo occidentale.
Si prende oralmente sotto forma di gocce su una zolletta di zucchero o assorbita su carta assorbente o su un francobollo e sciolto poi in una bevanda.
Provoca confusione sensoriale e forti allucinazioni.
L’ultima droga che ha fatto la sua comparsa da poco tempo, ma una delle più pericolose perché diffusasi subito nelle discoteche, è l’ecstasy.
E’ una droga di una tale pericolosità da far coniare in breve tempo l’espressione Ecstasy Generation.
L’ecstasy è un prodotto di esclusiva sintesi chimica; la forma pura, chiamata MDMA (metilenediossimetamfetamina), viene abitualmente miscelata con amfetamine in una sola pasticca.
Si usano anche sostanze “di taglio” come polvere di talco, caffeina, detersivi. Frequente l’abuso contemporaneo di alcol (cocktail exstasy-superalcolici).
E così la “discoteca”, quello che una volta era il luogo di divertimento e della musica, è diventata una bolgia di sbornie chimiche che non diverte ma imprigiona, che non svaga ma stordisce. Oggi la discoteca è un urlo d’allarme. La musica assordante, le luci psichedeliche, il consumo di droghe(ecstasy, Lds, cocaina, eptadone) e alcolici fanno cadere i freni inibitori e fanno affiorare istinti autodistruttivi, a cui seguono comportamenti irrazionali, aggressivi o violenti.
E così tutte le domeniche nei telegiornali ci viene proposto un vero e proprio bollettino di guerra, dal momento che il numero dei giovani morti all’alba durante il tragitto da una discoteca all’altra o durante il ritorno a casa è sempre molto alto. La stanchezza e le lunghe distanze tra una discoteca e l’altra e tra queste ed il luogo di residenza, assieme all’assunzione di droghe e di alcolici, sono spesso causa di tragiche morti.
Gli effetti generali di quest’ultima droga sono i seguenti:
Già alle dosi minime: sete anomala, rialzo della temperatura, conati di vomito, allucinazioni, sensazioni di onnipotenza. Il soggetto si sente in grado di ballare all’infinito, senza più accusare alcuna fatica. Ma naturalmente è un’illusione. Proprio la fatica, non percepita, l’eccessiva sudorazione e il caldo possono portare alle complicazioni più gravi: collasso cardiocircolatorio, ictus che spesso degenerano in coma o in danno cerebrali permanenti; morte per disidratazione, ipertemia (oltre 50 casi registrati in Gran Bretagna), occlusione delle arterie causata da eccessiva ritenzione di liquidi (quando si beve troppo per contrastare la sete anomala).
L’Ecstasy danneggia alcune cellule, situate nel tronco cerebrale (nuca), che rilascia la serotonina, un’importante neuro trasmettitore legato alla modulazione del sonno, dell’attività sessuale, del comportamento in genere.
La droga stimola poi la liberazione artificiosa d’altri due neurotrasmettitori: dopamina e noradrenalina (che influenza il battito cardiaco). E infine colpisce gli assoni, i “fili” che trasmettono gli impulsi nervosi fino al midollo spinale.
In altre parole, l’Ecstasy, sconvolge il sistema delle comunicazioni interne del cervello.
I MODELLI MOTIVAZIONALI (I perché della droga)
E’ possibile identificare numerosi modelli motivazionali per l’inizio all’uso della droga. I principali sono i seguenti:
1) Sperimentale: per curiosità, per desiderio di ottenere sensazioni e stati di coscienza oltre la norma;
2) Ricreativo: per raggiungere uno stato euforico e mantenere un rilassamento psichico che permetta di aumentare gli effetti piacevoli;
3) Strumentale: per ottenere un aumento di attività psichica e fisica al fine di affrontare meglio situazioni critiche; per accrescere la propria efficienza in occasioni di prove ritenute impegnative-esami, gare sportive, o per alleviare stati psichici o fisici spiacevoli, quali ansia, depressione dell’umore, stanchezza fisica;
4) Espressivo: motivato dal desiderio di manifestare la propria identità individuale o quella del gruppo di appartenenza: la droga assume valore di simbolo e contemporaneamente di contestazione nei riguardi della cultura ufficiale e di elemento qualificante ed espressivo di un gruppo socio-culturale alternativo;
5) Imitativo: provocato dal desiderio di seguire una moda,specie se espressa dagli idoli dei giovani: cantanti,attori,campioni sportivi,ecc.;
Tutte le motivazioni iniziali, se il soggetto seguita a prendere la droga, confluiscono nella dipendenza cioè nell’uso compulsivo.
Altri gruppi motivazioni individuali e caratteriali,oltre quelli sopra citati sono:
1) quale mezzo di inserimento sociale che o come atto di coraggio per acquisire prestigio;
2) come antidoto contro lo stress e la noia della vita;
3) per sfuggire alle responsabilità e difficoltà;
4) come mezzo di evasione alla realtà;
5) come rifugio;
6) come piacere;
7) come soluzione di tutti i problemi;
8) per combattere le frustrazioni e le insicurezze;
9) per procurarsi interessi;
10) come atto di ribellione e di contestazione.
LA PREVENZIONE
a) famiglia e prevenzione
b) scuola e prevenzione
c) il territorio
Il problema delle tossicodipendenze viene attualmente affrontato ai diversi livelli di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, con approcci in grado di tenere conto della molteplicità di cause che sono all’origine dei comportamenti di consumo e dipendenza. Dato il fatto che la quasi totalità delle tossicodipendenze hanno nell’adolescenza il momento iniziale di incontro con le droghe, i programmi di prevenzione si indirizzano prevalentemente ai giovani.
Si distinguono a questo proposito due modelli fondamentali:
1) il modello informativo.
E’ l’approccio più tradizionale,basato sulla convinzione che una corretta informazione sugli effetti, sui danni e sulle implicazioni legali del consumo di droghe possa allontanare dal loro uso, spesso ritenuto il prodotto di una sostanziale “leggerezza” o “curiosità”. Nella prevalenza dei casi si è rilevato un percorso scarsamente efficace, che talora, addirittura, ha prodotto l’effetto opposto di “promuovere”l’uso delle sostanze.
2) il modello della “drug education”.
Sviluppatosi prevalentemente nell’ambiente nordamericano, questo approccio ha aggiunto agli obiettivi cognitivi del precedente anche quelli di tipo affettivo, incentrati sull’aumento dell’autostima, la capacità di fare chiarezza sui valori in gioco, di orientarsi e saper risolvere problemi attraverso decisioni autonome. La drug education ritiene che alla base del consumo stia una sostanziale difficoltà a livello di autogestione e di rapporti sociali, a partire dalla quale è possibile costruire dei soggetti in grado,se correttamente informati,di evitare il consumo mettendo anche in atto specifiche strategie di difesa.
a) La famiglia
Esistono attualmente molte cause che rendono difficile la comunicazione tra genitori e figli. In generale una famiglia con un’ adeguata relazione comunicativa attua già un’importante prevenzione della tossicodipendenza, ma a maggior ragione questa prevenzione risulta ancor più efficace quando l’argomento “droga” fa parte del dialogo famigliare senza essere evitato il rischio del genitore che si erge nel ruolo autoritario di “fonte d’informazione” assoluta e privilegiata. E’ preferibile che genitore e figlio si informino assieme, in un atteggiamento di autonomia e fiducia reciproca. Nel caso in cui invece venga sospettato un consumo, il necessario ricorso all’aiuto di operatori e strutture specializzate non deve significare una “delega” del compito educativo da parte dei genitori ad altri educatori, quanto piuttosto la ricerca di un “sostegno” e di un approccio ”integrato”.
b) la scuola
Un discorso a parte deve poi essere fatto per la scuola. L’attuale normativa italiana prevede per la scuola un forte coinvolgimento sul tema delle tossicodipendenze, tanto sul piano organizzativo che su quello didattico, nel più generale quadro di un’educazione alla salute. In particolare viene previsto che assicuri un ambiente capace di prevenire le condizioni ritenute agevolanti il comportamento da consumo e dipendenza da sostanze. In modo laterale la scuola dovrebbe prevenire anche la diffusione delle “patologie correlate” (si pensi all’epatite e all’AIDS) e contribuire, là dove il consumo e la dipendenza sono già presenti, alla cura, alla riabilitazione e al reinserimento delle persone coinvolte. Oltre all’educazione indiretta vengono così previsti anche interventi mirati, il coinvolgimento delle famiglie o il distacco di insegnanti presso comunità di accoglienza.
Un ruolo particolare a questo proposito viene assolto dal docente referente per la salute, i cui compiti vengono indicati nel mantenere i rapporti con il territorio, la famiglia e le varie forme di coordinamento scolastico; nell’organizzazione di attività di formazione per insegnanti e progetti di consulenza e di informazione per gli studenti; nell’offrire consulenza e sostegno alle attività degli studenti e, infine, nel favorire la diffusione delle iniziative fuori dalla scuola.
Viene altresì prevista l’organizzazione, all’interno della scuola, dei Centri di informazione e di consulenza (CIC) che implicano, come indica il nome, un’offerta di informazione e un’offerta di consulenza in relazione ai bisogni scolastici ed extrascolastici degli studenti, attraverso una cooperazione tra docenti ed operatori del territorio come i responsabili dei NOA e dei SERT, gli assistenti sociali, gli operatori dei consultori.
Appare importante anche il fatto che gli studenti non sono considerati solo fruitori passivi di queste iniziative, ma possono essere coinvolti anche con il ruolo di “animatori”, coerentemente con il riconoscimento che in determinati casi il principale “educatore” è proprio il gruppo dei pari.
c) il territorio
Avvenuta a partire dal 1990, l’ istituzione dei SERT (servizi tossicodipendenze) e dei NOA (nuclei operativi alcologici) costituisce la risposta più concretamente visibile del sistema sociosanitario locale al problema delle tossicodipendenze.
Va tuttavia osservato che il ruolo di queste strutture si orienta più verso il trattamento medico, psichiatrico e assistenziale che non verso la prevenzione e l’educazione dei soggetti a rischio o già inseriti nel consumo e nella tossicodipendenza.
Tale funzione può essere meglio svolta attraverso la cooperazione fra gli esperti di queste strutture e le agenzie educative presenti nel sistema informativo allargato: un esempio in questo senso è stato costituito negli ultimi anni dal tentativo di realizzare, a livello integrato, “progetti giovani” e “progetti adolescenti” con un ampio spazio dedicato ad azioni preventive.
LA COMUNITA’
La condizione di dipendenza da droghe è tale da richiedere una serie di interventi specifici che, per varie ragioni, non possono essere condotti efficacemente all’interno degli ambienti abituali di vita come la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari e così via.
Ciò dipende in parte anche dal fatto che molto spesso i tossicodipendenti sono in una grave condizione di emarginazione rispetto a questi ambienti.
Sorge così la necessità di ambienti alternativi, capaci di assicurare quelle condizioni concrete (domicilio, assistenza) ed affettive che sono necessarie ad un percorso di uscita dalla droga. Le comunità in quanto strutture residenziali dotate di regole e di strategie educative, possono dunque essere in vari modi un contesto educativo fondamentale per il recupero delle tossicodipendenze, grazie alla loro capacità di inserire le persone in un insieme di rapporti implicanti partecipazione, valori, progetti, responsabilità.
Il rischio concreto presente in alcune di esse è tuttavia quello di diventare un luogo in cui la dipendenza dalla droga venga sostituita con la dipendenza dal gruppo: obiettivo contrario rispetto a quel valore dell’autonomia che sta al centro di ogni autentico rapporto educativo.
LA FAMIGLIA DEL TOSSICODIPENDENTE
(prima,durante e dopo il programma terapeutico)
Prima dell’ingresso in comunità:
• La famiglia vive sensi di colpa e di fallimento per la situazione del figlio. Il rischio è che la famiglia “protegga” eccessivamente il figlio privandolo della sua autonomia e responsabilità nella esperienza di tossicodipendenza. Questa responsabilità dovrà essere recuperata nella vita di comunità.
• La famiglia deve “uscire” allo scoperto con il suo problema, in quanto il nascondesi non porta a risultati positivi né per la famiglia né per il tossicodipendente.
• La famiglia ha bisogno di aiuto per capire come “rivedere” alcuni problemi in modo da diventare più “funzionanti” per sé e per il figlio tossicodipendente.
• La famiglia corre il rischio di prestare attenzione solo al figlio “problematico” cosicché gli altri figli si sentono esclusi e cercano di imitare il fratello o la sorella tossicodipendente o cercano altre esperienze trasgressive per “farsi notare” dai genitori:
• La famiglia deve capire l’importanza di appoggiarsi ai servizi che le possono dare aiuto(associazioni di volontariato, gruppi di auto aiuto, comunità terapeutiche)
Durante la fase del programma di Comunità:
• La famiglia fin dai primi giorni di Comunità del figlio ricerca notizie relativamente all’andamento del programma. Questo è il comportamento per rispondere al senso di abbandono che la famiglia stessa e il giovane sentono dopo l’allontanamento
• La famiglia ricercando il contatto con il figlio in comunità rischia di caricarlo di sofferenze che si sommano con quelle dell’essere tossicodipendente. Anche l’invio di “pacchi dono” dà alla famiglia la sensazione di essere più presente, vicini al figlio.
Dopo il programma di comunità
Aspettative
• La famiglia può credere che, al termine del programma di Comunità, troverà un figlio “guarito”, così com’era prima che iniziasse a drogarsi. Questa “speranza-illusione” dipende dal fatto che spesso la tossicodipendenza viene confusa con una “malattia” che può essere superata senza lasciare traccia del suo passaggio.
Responsabilità
• La famiglia del giovane tossicodipendente deve anche pensare che, terminato il programma in comunità, il figlio decida di non rientrare a vivere in casa.
• La famiglia deve garantire al figlio la possibilità di scegliere il suo reinserimento sociale. Questo è un atto di fiducia e di rispetto che rafforza la sua ritrovata autostima e autonomia.
I PROVVEDIMENTI LEGISLATIVI SULL’USO DELLA DROGA
Quando l’uso è personale
In caso di acquisto o possesso per USO PERSONALE di droghe, la legge ( art. 75 DPR 309/90 ) prevede SANZIONI AMMINISTRATIVE: come la sospensione della patente, del passaporto e di ogni altro documento equipollente ( che cioè ha lo stesso valore ) per un periodo che va dai 2 ai 4 mesi.
Gli agenti, accertati i fatti, fanno la segnalazione in prefettura, dove si viene convocati per un colloquio.
Qui, chi lo desidera, può chiedere di essere sottoposto al programma terapeutico e socioriabilitativo presso il Servizio Tossicodipendenze ( Ser.T ) di residenza. In tal caso, il Prefetto sospende il procedimento amministrativo e indirizza il tossicodipendente presso lo stesso Ser.T. Se tutto va a buon fine il Prefetto fa archiviare il procedimento. Se invece le cose non vanno così e, per esempio, il programma viene interrotto, possono scattare le sanzioni.
In caso di spaccio
Se si viene beccati a SPACCIARE le droghe, la faccenda si complica di molto, perché si entra nel campo dei reati (art. 73 DPR 309/90 ).
Con lo spaccio di lieve entità, si rischia di finire in carcere per un periodo da 2 a 6 anni e di pagare fino a £150 milioni di multa. In caso di spaccio di rilevanti dimensioni è prevista invece la reclusione da 8 a 20 anni e il pagamento di una multa che va dai 50 ai 500 milioni di lire.
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