Ricerca su i crimini di guerra

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Testo

Giacobazzi Luca, Lambertini Gaia, Masotti Maurizio, Rinaldo Claudia

I CRIMINI DI GUERRA

Per crimini di guerra si intendono azioni inumane compiute da membri delle forze armate in contrasto con le norme di diritto internazionale che disciplinano la violenza bellica.

Il prototipo delle guerre di pulizia etnica è considerato il conflitto in Bosnia Erzegovina iniziato nell'aprile del 1992 e conclusosi nel novembre del '95.
Durante i tre mesi e mezzo di guerra la politica occidentale si è salvata soltanto per l'istituzione di un tribunale internazionale incaricato di incriminare e processare i responsabili delle atrocità verificatesi.
La medaglia a due facce di questo violento scontro è costituita, da una parte, dal fatto che esso è stato la conseguenza della disgregazione della Jugoslavia, ma anche dal fatto che esso ha rappresentato l'evento che ne ha impedito la riunificazione.
La guerra si è dimostrata inevitabile, nel momento in cui (1991), Milosevic, da molto tempo impegnato in Serbia nel tentativo di creare uno stato etnicamente omogeneo, non è riuscito ad assumere il controllo di tutta la Jugoslavia.
Per consolidare il suo potere, ha cercato di creare contrasti tra le varie etnie che convivevano fino ad allora pacificamente in Jugoslavia dando, a questo scopo, il "via" ad operazioni di pulizia etnica ("uso di metodi sanguinari e deportazioni"), ai danni di tutte quelle popolazioni che non accettavano di assoggettarsi all'egemonia Serba.
Questa metodologia, oltre ad essere adottata al fine di eliminare qualunque traccia delle comunità etniche considerate nemiche, ha costituito l'obiettivo della guerra, e non una sua accidentale conseguenza.
Non costituendo una maggioranza numerica all'interno del Paese, i Serbi procedettero ad una sistematica eliminazione di tutti i potenziali oppositori.
Le forze serbe crearono campi di concentramento, deportarono i "rivali" su carri bestiame, distrussero città e villaggi, organizzarono lo stupro di donne croate e musulmane e presero di mira i civili nel nome della "pulizia etnica".
Per una durata complessiva di oltre tre anni, i Paesi occidentali restarono indifferenti alle testimonianze visive inviate dai mass-media di tutto il mondo, in netta contrapposizione con l'informazione palesemente filo-governativa della televisione serba, che agiva nel tentativo di celare agli occhi della popolazione le barbarie dello scontro in atto.
Soltanto in seguito essi iniziarono a mandare medicinali e ad incaricare le truppe dell'ONU di controllare la distribuzione degli aiuti: si limitarono quindi ad operazioni di tipo civile, mentre l'atteso intervento militare, da parte della NATO, si ebbe nella seconda metà del 1995; quasi contemporaneamente venivano incriminati per genocidio l'esponente politico Radovan Karadzic ed il comandante militare Ratko Mladic.
Nel '96 fu processato anche Dusko Tadic, accusato dello sterminio protratto all'interno del campo di concentramento di Omarska, come se questo si fosse verificato durante una guerra civile o una campagna militare anziché durante un conflitto di portata internazionale; in questo modo Tadic fungeva da facile "caprio espiatorio", lasciando impunita la vera organizzatrice del genocidio, cioè la Serbia.
Alla disgregazione dell'Esercito federale jugoslavo, si è accompagnata la formazione di truppe paramilitari che, da quel momento in avanti, avrebbero svolto funzioni di sistematica eliminazione delle popolazioni croate e musulmane.
Queste ultime, a loro volta, dal 1993 risposero con altrettanta violenza alla politica di terrore instaurata da Slobodan Milosevic: le autorità internazionali competenti hanno tuttavia stimato che le responsabilità dei massacri avvenuti durante il conflitto nella ex-Jugoslavia, siano da attribuire per un 90% ai Serbi, per un 6% ai Croati e per un 4% ai Musulmani.

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