Pietro Mestastasio

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Testo

Pietro Trapassi fu di condizione sociale modesta: il padre era negoziante, prima ad Assisi poi a Roma, dove si arruolò nell'esercito pontificio. Protetto e avviato agli studi dall'abate Gian Vincenzo Gravina, già a dieci anni aveva fama di fanciullo prodigio per la facilità con cui improvvisava versi e per la precocissima sensibilità musicale, doti che gli aprirono i salotti e le accademie romane fino a quando il Gravina gli impose di porre fine a queste esibizioni e lo condusse, nel 1712, prima a Napoli poi a Scalea in Calabria, dove compì gli studi rigorosi sotto la guida di Gregorio Caloprese, un filosofo di fede cartesiana che lo mise a contatto con i testi del razionalismo e con le opere di Cartesio e gli diede una solida formazione classica. Sempre il Gravina aveva grecizzato il nome del ragazzo in Metastasio e l'aveva indirizzato alla lettura di Omero, Virgilio, Orazio, Ariosto. Ritornò a Roma nel 1718, prese gli ordini minori e si indirizzò verso gli studi giuridici che avreb bero dovuto rendergli più facile una collocazione nell'apparato burocratico ecclesiastico; nello stesso anno moriva il Gravina, che lo lasciava erede della sua biblioteca e delle sue ricchezze. Sempre nel 1718 entrò in Arcadia col nome di Artino Corasio e per l'occasione lesse un elogio al Gravina. Ma proprio la devozione per il maestro e protettore gli procurò inimicizie nell'ambiente letterario romano che si era diviso quando Gravina aveva abbandonato l'Arcadia. Inoltre, il testamento a suo favore venne impugnato e Metastasio si trovò in condizioni economiche precarie; abbandonò allora Roma e nel 1719 si trasferì a Napoli dove continuò gli studi giuridici. Si fece conoscere nei salotti aristocratici napoletani, introdotto dalla cantante Marianna Bulgarelli Benti, detta la Romanina, che lo indusse a studiare musica con il maestro Nicola Porpora: Dopo il primo dramma, Giustino, che scrisse a soli quattordici anni e che fu messo in scena nel 1717, Metastasio compose tra il 1721 e il 1722 delle azioni drammatiche che vennero rappresentate a Napoli in occasione di feste a corte e che ebbero come interprete la cantante Marianna Bulgarelli. Del 1724 è il grande successo della Di done abbandonata, messa in scena al Teatro San Bartolomeo di Napoli con musiche di Domenico Sarro e con la Bulgarelli nel personaggio di Didone. Il dramma decretò la fama di Metastasio che dal 1725 al 1730 scrisse e fece rappresentare il Sirone a Venezia, il Catone in Utica e l'Ezio a Roma e, sempre a Roma, la Semiramide riconosciuta, l'Alessandro nelle Indie, l'Artaserse. Ogni rappresentazione fu un successo. Nell'aprile del 1730 l'imperatore Carlo VI invitò Metastasio alla corte di Vienna come "poeta cesareo", con uno stipendio generoso. Divenne così poeta ufficiale, prima di Carlo VI poi di Maria Teresa. La sua attività creativa fu particolarmente intensa tra il 1730 e il 1740, anni in cui scrisse le sue opere più belle: Demetrio, Olimpiade, Demoofonte, La clemenza di Tito, Achille in Sciro, Zenobia, Attilio Regolo. La condizione di poeta di corte non dovette pesare a Metastasio. IL poeta vedeva nella corte, nell'aristocrazia, il pubblico naturale delle sue opere. Nel 1773 tradusse e annotò l'Arte poetica di Orazio, portò a compimento nel 1773 l'Estratto della "Poetica" d'Aristotile e considerazioni sulla medesima e le Osservazioni sul teatro greco. Continuava anche a comporre per il teatro, rimanendo tuttavia estraneo alle novità di gusto e di pensiero portate dalla nuova cultura illuminista e preferendo piuttosto approfondire le ragioni teoriche della sua poetica. Anzi, la sua reazione di fronte al nascente illuminismo fu di immediata diffidenza. Tra i componimenti poetici di Metastasio vanno infine ricordate due celebri canzonette: La libertà e La partenza. Metastasio morì a Vienna nel 1782, quando la sua arte era ormai da anni segnata da un lento declino ed era sostanzialmente superata dal nuovo gusto. Accanto alle opere ci resta un Epistolario composto da 2654 lettere dalle quali la personalità, gli intendimenti artistici, l'ambiente, le amicizie del poeta risultano con letteraria vivezza.
Le ragioni che indussero musicisti e librettisti ad auspicare la riforma dell’opera seria negli anni successivi al 1750: oltre alla degradazione del melodramma dovuta al virtuosismo dei cantanti che “ si sono dimenticati di essere imitatori della natura, e contentandosi di far meraviglia non pensano e non sono atti a muovere alcun affetto”, si affaccia una nuova esigenza di verità e di espressività che richiede che la musica e la poesia siano sottomesse all’azione. Si tratta di una nuova mutazione del gusto legata a un nuovo interesse per l’individuo e a un nuovo concetto dell’antichità classica.
Quando Metastasio cominciò a scrivere i suoi drammi, la riforma arcadica aveva già ampiamente modificato il panorama letterario e teatrale, a Roma e altrove, e ne aveva risentito specificamente il “dramma per musica”.
Si era affermata in esso l’esigenza di una verosimiglianza storica e psicologica, e così pure la necessità di una coordinazione della “poesia” e il “diletto della nusica e delle mutazioni di scena”.
Librettista d’occasione, Metastasio ha portato le novità maggiori nel repertorio dei testi per musica, tanto da poter essere considerato, al di là dei suoi debiti verso la tradizione letteraria precedente, più un punto di partenza che un punto d’arrivo. Fu un abilissimo verseggiatore, capace di narrare, descrivere e sentenziare in recitativi che non tradiscono mi forzature o maniere inerti, Metastasio fornisce soprattutto con le sue arie un repertorio peculiare e carico di futuro,
Nell’aria metastasiana tutto torna, letteralmente perché in essa non c’è elemento che sia irrelato. Una perfetta rispondenza degli elementi prosodici, rimici, lessicali, stilistici fa dell’aria Metastasiana una struttura perfettamente conclusa sì da divenire essa stessa situazione drammatica e quindi musicale. Forse è qui il segreto della disponibilità canora della produzione metastasiana: non tanto cioè nella ribadita musicalità di quelle arie, quanto nella loro compiutezza.
Non esiste un tipo di aria assoluto e ricorrente, neppure nel caso di doppia quartina di settenari o ottonari. C’è in esse sempre qualcosa di vario e diverso, pur entro un orizzonte tipico, o nella successione delle rime o nell’uso dell'anafora, o nella ricorrenza delle parole-chiave, ecc. Come a dire che non esiste un’aria modello, ma un particolare quadro di combinazioni possibili.
Si potrebbe dire che Metastasio è il poeta dei ritmi binari che produce un equilibrio razionalistico illuminato degli elementi che li compongono e che si realizza sul piano formale nella citata regolarità ritmico-versale, nelle riprese lessicali, nelle simmetrie speculari, quale il chiasmo che si accompagna all’anafora e così via.
I momenti di tensione emotiva sono resi non da espressioni violente o dall’accumulazione verbale in crescendo ma piuttosto dalla ripetizione di elementi grammaticali, o anche dalla domanda retorica aggressiva e liberatoria.
Quello che veramente interessa Metastasio è il complesso rapporto delle azioni e dei sentimenti con le immagini: la scena è sempre appropriata alle azioni; la successione degli ambienti è studiata in modo che rispecchi lo sviluppo della vicenda drammatica e delle interazioni psicologiche dei personaggi. Metastasio non descrive mai un ambiente che non possa essere rappresentato sul palcoscenico.
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