Pietro Abelardo (Palais 1079 - Cluny 1142)

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Testo

Eloisa Grosso
Classe IV A
Pietro Abelardo
(Palais 1079 – Cluny 1142)
La vita e le opere
1079. Pietro Abelardo nasce a Palais, in Bretagna, vicino a Nantes, da nobile famiglia. Tra i tredici e i
vent’anni frequenta la scuola di dialettica di Roscellino.
1102-12. Abelardo scrive la sua prima opera di logica. Eloisa, nata circa vent’anni dopo Abelardo, è educata
nel monastero dell’Argenteuil. Abelardo fonda la sua prima scuola sulla riva sinistra della Senna.
1110-20. Prima stesura della Dialectica. Studia teologia presso Anselmo di Laon.
1114. Abelardo ottiene la più prestigiosa cattedra di Parigi
1117. Abelardo incontra Eloisa, che aveva circa sedici anni. Ottiene di andare ad abitare presso lo zio di lei,
il canonico Fulberto, e diviene il suo precettore, e ben presto il suo amante. Continua ad insegnare, ma
le sue lezioni sono stanche e ripetitive. Scrive canzoni d’amore. Fulberto scopre la relazione, ed Eloisa
è già incinta. Abelardo la rapisce dalla casa dello zio e la fa trasferire in Bretagna, presso una sua
sorella.
1118. Nasce il figlio di Eloisa e Abelardo, Astrolabio. Abelardo per placare Fulberto si dice disposto a
sposare segretamente Eloisa, nonostante la contrarietà della stessa Eloisa. Su celebra il matrimonio in
segreto e subito dopo i due sposi si separano. Eloisa si rifugia all’Argenteuil.
1119. Fulberto non è soddisfatto della soluzione, cosicché paga dei sicari, e Abelardo colto nel sonno viene
evirato. Eloisa prende il velo al monastero di Argenteuil.
1120. Abelardo entra come monaco nell’abbazia di St. Denis. Scrive il Tractatus de unitate et trinitate
divina.
1121. Viene convocato al Concilio di Soissons, dove viene condannato e il suo libro destinato al rogo.
1123. Fonda il monastero del Paracleto e scrive la Theologia.
1129. Eloisa e le sue consorelle sono cacciate dall’Argenteuil; Abelardo dona loro il Paracleto, di cui Eloisa
diverrà badessa nel 1136.
1132-34. Abelardo scrive la Historia calamitatum (Storia delle mie disgrazie).
1140. Durissima polemica tra San Bernardo e Abelardo. Abelardo è condannato, tute le sue opere gettate al
rogo.
1141. Pietro il Venerabile convince Abelardo a stabilirsi a Cluny. Il pontefice ratifica la condanna di
Abelardo.
1142. Abelardo muore. Pietro il Venerabile, per sollecitazione di Eloisa, fa trasportare il corpo di Abelardo al
Paracleto.
1164. Morte di Eloisa. Il suo corpo viene deposto nella tomba stessa di Abelardo.
Il pensiero
La ratio, o razionalità
Pietro Abelardo sostenne in maniera intelligente e appassionata l'importanza e l'autonomia della razionalità nel dibattito teologico. Egli fu reso famoso dalla metodologia applicata nell'opera "Sic et Non", una raccolta di sentenze diverse dei Padri della Chiesa su una serie di problemi teologici: il criterio che deve guidare una ricerca sui testi dev'essere di natura critica e problematica, nella prospettiva di accertarne scientificamente il contenuto. Il dubbio metodico è per Abelardo condizione indispensabile per conoscere la verità; questo metodo, prima energicamente osteggiato dalla Chiesa, venne in seguito apprezzato universalmente e caratterizzò la filosofia scolastica. Un'altra opera, nella quale Abelardo esalta la razionalità al di là della confessione religiosa, è il "Dialogo tra un giudeo, un filosofo e un cristiano", scritto negli ultimi anni nel suo soggiorno di Cluny. In quest'opera emerge il valore a sé stante della ragione, che si esprime anche al di fuori del cristianesimo.
Il problema degli universali
Universali associazioni che compongono il pensiero.
Realismo Nella filosofia medievale, il termine "realismo" si riferisce a una posizione che concepisce i termini universali come reali, in opposizione al nominalismo, che negava l'esistenza degli universali (concettualismo).
Nominalismo nella filosofia scolastica medievale, dottrina che afferma che le astrazioni dette "universali" sono prive di essenza o realtà sostanziale, poiché solo gli individui hanno esistenza reale. Gli universali, come "animale", "nazione", "bellezza" e "cerchio", sono ritenuti meramente nomi: di qui il termine nominalismo. Ad esempio, il nome "cerchio" è applicato a ogni oggetto rotondo ed è quindi una designazione generale; non esiste tuttavia un oggetto-essenza della "rotondità" corrispondente al nome. La dottrina nominalistica si oppone alla teoria filosofica detta realismo estremo, secondo la quale gli universali esistono realmente e indipendentemente dagli oggetti particolari.
Concettualismo Una teoria intermedia tra nominalismo e realismo, nella quale gli universali, sebbene privi di esistenza reale nel mondo esterno, esistono nell'intelletto come idee o concetti, e sono quindi qualcosa di più di meri nomi.
Abelardo si oppose al realismo negando agli universali un'esistenza esterna al pensiero che annulli ogni differenza tra gli individui, che sono le uniche realtà complete. Questa posizione non coincide però con il nominalismo, poiché egli aggiungeva che gli universali, possiedono una certa somiglianza o natura comune, che significa qualcosa di reale; è una posizione intermedia, in seguito definita "concettualismo".
Il modalismo
Nelle sue opere teologiche ("Theologia christiana", "Teologia del Sommo Bene", "Theologia") definisce la Trinità in base agli attributi che le sono propri: il Padre è la Potenza, il Figlio è la Sapienza di Dio, lo Spirito è l'Amore che procede dal Padre e dal Figlio. San Bernardo, che fu molto polemico con Abelardo, lo accusò di modalismo, cioè di identificare le Persone della Trinità con gli attributi dell'unica sostanza divina.
La libertà
Un altro tema importante nel pensiero di Abelardo è quello della libertà. Questa, che coincide con la ragione, è immagine nell'uomo della sapienza divina e permette all'uomo di combattere le naturali inclinazioni al male, che di per sé‚ non sono peccato; il peccato è l'assenso dato a queste inclinazioni, prescindere dal fatto che ciò avvenga tramite atti concreti o solo nell’intenzione. Anche il peccato di Adamo non può essere imputato a ciascun uomo per motivi analoghi, anche se tutti gli uomini ne subiscono le conseguenze.
La relazione con Eloisa
Abelardo aveva conosciuto Eloisa nel 1117, quando era al culmine della sua carriera e della sua fama di filosofo. Prima di quest’avvenimento Eloisa è completamente sconosciuta, tanto che sembra prender luce dall’astro di Abelardo. Eloisa allora aveva circa sedici anni; secondo alcuni era orfana di padre, secondo altri è la figlia naturale di qualche personaggio illustre o addirittura dello stesso Fulberto, che però dovrebbe essere lo zio materno. È certo che Fulberto, canonico a Parigi fosse abbastanza agiato da abitare nel chiostro di Notre-Dame e prendere a pensione come precettore della nipote Pietro Abelardo. La straordinaria cultura di Eloisa, che conosceva il latino classico, il greco e perfino l’ebraico, aggiunge qualche perplessità sulle sue origini modeste. Lo dimostrano anche le lettere che scriverà ad Abelardo, scritte in uno stile impeccabile e ricchissime di citazioni provenienti non soltanto dai testi sacri, ma anche da quelli pagani (Cicerone soprattutto). Per quanto riguarda il suo aspetto fisico, Eloisa doveva essere di alta statura e di proporzioni armoniose, corrispondendo in tutto agli ideali di bellezza femminile del tempo; secondo ciò che scrive Abelardo di lei, doveva possedere un gran fascino. Fra i due amanti non era perfetta solo l’intesa dal punto di vista fisico, bensì anche l’affinità spirituale.
Eloisa e Abelardo fecero dunque le prime esperienze amorose davanti a una pagina scritta, perché il filosofo era stato assunto come precettore della giovane. Dopo poco tempo Eloisa rimase incinta e lo zio Fulberto volle che si celebrasse un matrimonio segreto per far sì che Abelardo non fuggisse dalle proprie responsabilità. Fu però la stessa Eloisa ad opporsi al matrimonio con una serie di obiezioni tutte a favore della carriera di Abelardo: un filosofo non poteva certo aver a che fare con i pianti dei bambini, i pannolini sporchi, le nenie delle balie, il via vai della servitù, senza contare i problemi economici che sarebbero sorti. Secondo Eloisa, quindi, l’uomo sposato non ha il prestigio intellettuale di un «maestro», e lei non vuole che Abelardo s’immiserisca in una vita quotidiana e comune a tutti. Un’altra ragione addotta dalla donna era che sarebbe stato più bello per lei e più conveniente per il filosofo averla come amante che come moglie: così la sola forza dell’amore e non il vincolo del matrimonio li avrebbe uniti. Eloisa rifiuta il matrimonio, nel quale le limitazioni al piacere dei sensi imposte dalla morale consentivano tuttavia il rapporto sessuale senza troppi pericoli per la salvezza dell’anima. Eloisa sceglie quindi di peccare. Ma il matrimonio verrà ugualmente celebrato nel 1118.
Lo zio Fulberto non fu però soddisfatto di questa soluzione e decise per qualcosa di più drastico: assoldò dei sicari che evirarono Abelardo durante il sonno. Abelardo scrive a proposito nella Storia delle mie disgrazie: “mi amputarono quella parte del corpo con cui avevo commesso l’offesa di cui si lamentavano”. I sicari erano stati rincorsi e raggiunti, a due di loro erano stati strappati gli occhi; il servo traditore, ritenuto da Abelardo il più fedele, era stato punito con la stessa mutilazione che era stata inflitta al suo padrone.
Il pudore e la vergogna spinsero Abelardo nell’oscurità del monastero, ma Eloisa prese i voti prima di lui.
I due che un tempo erano stati amanti continuarono a scriversi lunghe lettere, molto più appassionate da parte di Eloisa rispetto ad Abelardo. Nel poetico scambio epistolare lei ribadì ad Abelardo la sua devozione totale e il suo amore senza limiti e lui rispose esortandola a ricordarlo nelle sue preghiere. Eloisa non solo s’era votata a Dio, ma ancor più al culto del suo Abelardo, mentre lui arrivava a rinnegare ciò che li aveva uniti, definendolo puro desiderio carnale e non amore.
Pietro Abelardo morì nel 1142 ed Eloisa, divenuta badessa grazie alle virtù e alla condotta pia, se ne fece consegnare la salma che inumò nel chiostro del Paracleto. Ventidue anni dopo anche lei chiuse gli occhi.

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