Pena di morte

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Testo

DICHIARAZIONE UNIVERSALE
DEI DIRITTI DELL’UOMO
(10 dicembre 1948)
Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell’uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;
Considerato che è indispensabile che i diritti dell’uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione;
Considerato che è indispensabile promuovere la sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;
Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’eguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;
Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, il cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;
Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;
L’Assemblea Generale proclama la presenta Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.
CARTA DEI DIRITTI UMANI
Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Articolo 2
1.Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza limitazione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
2.Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità .
Articolo 3
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.
Articolo 4
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù: la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
Articolo 5
Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti.
Articolo 6
Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.
Articolo 7
Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.
Articolo 8
Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.
Articolo 9
Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.
Articolo 10
Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.
Articolo 11
1. Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.
2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena Superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.
Articolo 12
Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
Articolo 13
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.
Articolo 14
1. Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.
Articolo 15
1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.
Articolo 16
1 . Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.
2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.
Articolo 17
1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.
2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.
Articolo 18
Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.
Articolo 19
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Articolo 20
1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
2. Nessuno può essere costretto a far parte di un' associazione.
Articolo 21
1 . Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
2. Ogni individuo ha il diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.
3. La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.
Articolo 22
Ogni individuo, in quanto membro della società ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità .
Articolo 23
1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.
4. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.
Articolo 24
Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.
Articolo 25
1. Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della sua stessa protezione sociale.
Articolo 26
1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria. L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.
Articolo 27
1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, a godere delle arti e a partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.
Articolo 28
Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.
Articolo 29
1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
2. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento ed il rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.
Articolo 30
Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante a alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati.
LA PENA DI MORTE
La pena di morte è negazione del diritto alla vita riconosciuto universalmente, è pena finale, crudele, disumana e degradante, non meno abominevole della tortura, è incapace di combattere la violenza, disumanizzata il nostro mondo, dando il primato alla rappresaglia e alla vendetta, mentre elimina gli elementi di clemenza, perdono e riabilitazione del sistema della giustizia.
La pena di morte implica la soppressione di una vita come deterrente o come rappresaglia di un crimine. Ma una ritorsione, provocandone inevitabilmente un’altra, mette in moto una catena di atti malvagi. La dignità della vita è un fine in sé.
BREVE STORIA DELLA PENA DI MORTE
Sia il codice di Hammurabi che la Bibbia punivano con la pena di morte più di 30 crimini, dall’omicidio alla fornicazione.
Al tempo dei Romani, i quali erano un popolo di grandi conquistatori, l’autorità pubblica interveniva solo per punire i delitti considerati di pubblico tradimento, mediante la pena capitale. Per i delitti privati di applicava invece la legge del taglione, che spesso portava all’uccisione del colpevole.
In Italia la pena di morte cominciò ad essere applicata da Enrico II nel Basso Medioevo, intorno al 1050, per le varie forme di omicidio.
L’uso della pena capitale sarà legittimato nei secoli dagli stessi padri della Chiesa, Sant’Agostino e San Tommaso d’Aquino, sulla base del concetto utilitaristico della “conservazione del bene comune”.
Nel ‘500 e nel ‘600 si assistette al trionfo e al consolidamento della violenza legale in nome della “ragion di stato” e la pena capitale, veniva inflitta per punire un’ampissima gamma di reati, anche minori. Nel 1764 la pubblicazione del libro “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria stimolò una riflessione sul sistema penale vigente; l’autore in realtà ammetteva la pena di morte purché fosse utile al potere. Beccaria suggeriva però in alternativa alla pena di morte la pena dell’ergastolo. La sua idea piacque molto soprattutto a Leopoldo I Granduca di Toscana. Egli infatti col la legge del 30 novembre 1786 abolì sia l’uso della tortura sia quello della pena di morte.
Quasi un secolo dopo, sempre in Toscana, vi fu un nuovo slancio abolizionista da parte del governo provvisorio toscano che, abolì la pena di morte dalle leggi vigenti nel proprio territorio. Questo creò non pochi problemi al governo della nascente Italia unita poiché la legislazione penale si trovò divisa in due spezzoni: da un lato tutta la penisola con la pena capitale, dall’altro la Toscana senza.
Iniziò così un lungo dibattito sull’unificazione penale, finché nel 1889 entrò in vigore il nuovo codice penale unificato (codi……
Da finire……
DOVE SI APPLICA LA PENA DI MORTE
La pena di morte viene generalmente applicata in Stati piuttosto arretrati e conservatori come l'Arabia Saudita e India, ma anche in America, considerato lo Stato più evoluto al mondo.
Dal 1608 ad oggi, infatti, sono state eseguite in America circa 19000 condanne a morte; dal 1632 520 donne sono state condannate a morte. Le esecuzioni sono state 3829 da 1930 al 1976; dal 1976 le esecuzioni sono state 625, di cui dal 1991 al 1999 sono state rispettivamente in ordine cronologico 14, 31, 38, 31, 56, 45, 74, 68, 98. Delle 625 esecuzioni 144 sono avvenute tramite sedia elettrica, 465 con l'iniezione letale, 11 con la camera a gas, 3 tramite l'impiccagione e 2 tramite fucilazione. Nel 1972 la corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito che la pena di morte viola la costituzione essendo una punizione crudele ed inusuale, ma ha dato la possibilità ai giudici dei singoli Stati di scegliere se commutare o meno la pena di morte. Dal 1976 ad oggi molti dei 50 Stati applicano di fatto ancora la pena di morte.
I crimini per i quali è prevista la pena capitale sono divisi in 3 categorie: contro la persona, la proprietà e lo Stato. I crimini contro la persona sono: l'omicidio, la tortura, contro la morale della persona e altri generi di crimini contro l'integrità della persona; i crimini contro la proprietà sono: furto, sabotaggio, realizzazione di profitti in modo illecito, danneggiamento dell'economia e altri reati economici; i crimini contro lo stato sono: contro la sicurezza dello stato, insurrezione e sabotaggio, attentato al governo, attività rivoluzionarie e contro gruppi sociali, scioperi e manifestazioni illegali, disturbo dell'ordine pubblico, terrorismo e attività illegali in collegamento con partiti politici.
Molti Stati, in particolare l'Italia, si impegnano diplomaticamente per far cessare la pena di morte. Il 29 Giugno 1998 in Lussemburgo i 15 ministri degli esteri dei paesi dell'Unione Europea si sono schierati compatti per l'abolizione universale della pena capitale, per una battaglia che diventa un elemento intrinseco della politica dell'Unione Europea in materia di diritti umani; l'Unione Europea pone tra le condizione per l'adesione la non applicazione della pena di morte. Questa crociata è sostenuta da un forte movimento di opinione pubblica. Durante la riunione dei ministri dell'UE, si è ricordato un dato importante: l'84% delle esecuzioni mondiali avviene in 4 paesi; nel 1997 in Cina sono state eseguite 1644 condanne a morte, in Iran 143, in Arabia Saudita (dove viene praticata la decapitazione) 122, negli USA 74; e tutto ciò senza riuscire a debellare la criminalità, come si prefiggevano i sostenitori della pena capitale. In alcuni paesi, tra cui gli USA, vengono giustiziati anche i minori.
L'Italia è in prima linea in questa battaglia, infatti fu l'Italia che a Ginevra presentò la mozione contro la pena di morte alla commissione dei diritti umani per l'ONU.
E' stata infatti l'Italia ad abolire per prima la pena capitale nel 1889 (in Toscana già dal 1786 per mano di Pietro Leopoldo di Toscana, reintrodotta dal fascismo nel 1926 è nuovamente tolta nel 1944 alla caduta di esso. La nostra costituzione ribadendone all'articolo 27 il divieto e riaffermando il principio secondo il quale le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso dell'umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, ha lasciato in vigore la pena di morte solo per i casi previsti dalle leggi militari di guerra; anche questi casi sono caduti nel 1994.
Alcuni stati che applicano regolarmente la pena di morte prevedono il divieto di condannare a morte o di giustiziare donne, donne incinte o minorenni.
LA PENA DI MORTE PER LE DONNE
In alcuni paesi come Arabia Saudita, Giappone, Cina, Stati Uniti, Iran, Iraq, Filippine, Giordania, Cecenia, Sudan, Emirati Arabi Uniti la condanna a morte di donne è permessa.
Dal 1608 ad oggi sono state eseguite circa 19000 condanne a morte; dal 1932 520 donne sono state condannate a morte. Le esecuzioni sono state 3829 dal 1930 al 1976. Dal 1976 le esecuzioni sono state 625, di cui 14 nel 1991, 31 nel 1992, 38 nel 1993, 31 nel 1994, 56 nel 1995, 45 nel 1996, 74 nel 1997, 68 nel 1998 e 98 nel 1999. Delle 625 esecuzioni, 144 sono avvenute tramite sedia elettrica, 465 tramite iniezione letale, 11 tramite camera a gas, 3 tramite impiccagione, 2 tramite fucilazione.
I paesi che applicano maggiormente la pena di morte nei confronti di donne sono quelli che rispettano la Legge Islamica che prevede la pena capitale anche per il reato di adulterio e di prostituzione.
Negli Stati Uniti le donne nei bracci della morte rappresentano l’1,4% della popolazione. Dal 1976, anno della reintroduzione della pena di morte negli USA, sono state giustiziate tre donne: Velma Barfield è stata messa a morte in North Carolina nel novembre del 1984, Karla Faye Tucker è stata giustiziata in Texas il 3 febbraio 1998 e Judy Buenoano in Florida il 30 marzo 1998. Nel febbraio 2000 Betty Lou Beets è stata giustiziata in Texas.
Lettera di Erica Sheppard, #999144
1 Maggio 1999
Il mio nome è Erica Sheppard e sono una donna nel Braccio della Morte dello Stato del Texas. Sono nel Braccio della Morte da 4 anni e negli anni che ho passato qui non ho mai sperimentato un trattamento così inumano; per favore permettetemi l'opportunità di informarvi su quello che ci sta succedendo dietro alle mura della prigione….
Il 21/10/1983 una corte ordinò il passaggio dei piani del braccio della morte per i detenuti Civil Action Number H-78-987 dall'Onorevole William Wayne, Dipartimento Giustizia Tribunale Distrettuale degli Stati Uniti, al Distretto sud della Divisione di Houston, Texas. In questi piani ci sono due classificazioni per i detenuti del braccio della morte - abilitati al lavoro e in segregazione nel braccio; io sono una detenuta in stato di segregazione, non perché abbia fatto qualcosa di sbagliato, ma perché come condannata a morte per legge ho il diritto di scegliere se partecipare al programma di lavoro o no. Tuttavia dietro alle mura della prigione se non lavori sei punita e trattata differentemente: permettetemi di farvi qualche esempio….
1. In ogni lista dei motivi possibili per la segregazione le cause sono tutte violente o negative:
a. evasione o tentata evasione;
b. aggressione;
c. possesso di arma mortale… ecc.
Nemmeno una volta si parla della scelta di voler lavorare o no. E' un privilegio partecipare al programma di lavoro, non abbiamo alcun tipo di credito, ore premio, bonus per il fatto di lavorare e non siamo pagati.
2) Per la ricreazione ci è permessa 1 ora fuori dalla nostra cella 7 giorni alla settimana, quando per legge dovrebbero essercene permesse non meno di 3 al giorno. Dove sono le nostre altre 2 ore di ricreazione?
3) Siamo chiuse in un edificio chiamato "Multipurpose Facility" in cui sono rinchiusi anche malati psichici e detenuti segregati per motivi disciplinari, siamo spesso confuse con loro perché anche noi siamo in segregazione. Ma la differenza fra noi è che noi siamo segregate perché siamo condannate a morte. Loro sono segregati per atti violenti o per non avere rispettato le regole, ma nessuno fa circolare questa informazione. Perché? Perché vogliono far apparire che noi siamo qui per problemi disciplinari, e questo non è vero.
Le facilitazioni multiproposta non sono applicate alle condannate a morte, si suppone che noi abbiamo una stanza da giorno equipaggiata con almeno 4 tavoli e 16 sedie, un piccolo bar e un assortimento di giochi da tavolo come domino, scacchi e altro, si suppone anche che abbiamo una fontana con acqua potabile, ma non abbiamo nessuna di queste cose. Perché?
Ci sono altre 4 donne chiuse in questo edificio che sono anche loro detenute del braccio della morte al 1° livello, ma siamo tenute separate senza nessun contatto umano possibile, anche se il piano del tribunale prevede che possiamo avere una ricreazione insieme, quindi perché ci tengono separate le une dalle altre? Le donne che lavorano hanno la ricreazione comune e l'acqua potabile, giochi disponibili e altre cose nella stanza da giorno, perché ci sono queste discrepanze?
4) Nel piano è previsto che alle condannate a morte è permesso vedere la televisione 15 ore alla settimana, ma a noi non è permesso, ce le hanno negate.
Recentemente questa unità sotto la guardia Pamela Baggett ha avuto numerosi cambiamenti nel trattamento dei condannati a morte, noi siamo…
1. Ammanettate ogni volta che ci spostiamo in un'altra stanza, anche se è a 2 passi dalla nostra cella. Prima non era così, non eravamo ammanettate all'interno dell'edificio.
2. Ammanettate per fare il percorso che va dalle celle alla doccia, che dista circa 20 passi dalle nostre celle: prima non era così, non eravamo ammanettate all'interno dell'edificio.
3. Siamo ripetutamente spogliate per la perquisizione quando lasciamo le celle per la ricreazione o la doccia, o le visite, e di nuovo quando torniamo in cella, anche se siamo sempre state alla presenza delle guardie.
4. Le nostre celle sono perquisite tutti i giorni, anche quando non siamo nemmeno uscite di cella. Siamo confinate nelle nostre celle 23 ore, a volte 24 al giorno, e per la lotta al contrabbando, come la chiamano, durante le perquisizioni i nostri oggetti sono distrutti o confiscati senza nessun bisogno, i detenuti uomini del braccio della morte non devono subire queste procedure.
Siamo confinate in celle che non sono ventilate, continuiamo a farlo presente alle persone incaricate, ma a nessuno sembra importare di correggere questo trattamento inumano.
Ci sono più di 600 uomini nel braccio della morte dello Stato del Texas, e non sono trattati come noi, hanno 2-3 ore al giorno di ricreazione fuori dalle celle, hanno le loro ore di televisione come prescrive la legge, perché le detenute donne non possono averle? Siamo soggette alle stesse regole.
LA PENA DI MORTE PER I MINORENNI
L’uso della pena di morte nei confronti di minori di 18 anni all’epoca del reato è proibito dagli standard internazionali per i diritti umani. Tuttavia alcuni paesi permettono ancora l’esecuzione di minori.
Le esecuzioni di minorenni sono inferiori rispetto al numero totale delle condanne, ma rivestono un ruolo significativo in quanto testimoniano le violazioni del diritto alla vita.
NORME INTERNAZIONALI
L’uso della pena di morte per i minorenni è proibito da alcuni articoli come:
• Art. 6 “Non saranno imposte condanne a morte per reati commessi da persone di età inferiore ai 18 anni…”Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici.
• Art.37 “Non saranno imposti né la pena capitale né l’ergastolo senza possibilità di rilascio per reati commessi da persone di età inferiore ai 18 anni” Convenzione sui Diritti del Bambino.
• Art.4 “Non sarà imposta la pena di morte a persone che, al momento del reato, avevano un’età inferiore ai 18 anni…” Convenzione americana sui Diritti Umani.
• Art.68 “In qualsiasi caso la pena di morte non potrà essere imposta a persone di età inferiore ai 18 anni al momento del reato” Convenzione di Ginevra relativa alla protezione dei civili in tempo di guerra del 12 agosto 1949.
Dal 1990 Amnesty International ha registrato esecuzioni di minori in 6 paesi: Iran, Nigeria, Pakistan, Arabia Saudita, Stati Uniti, Yemen. Il paese che ha eseguito il maggior numero di condanne a morte sono gli Stati Uniti.
IRAN
Amnesty International ritiene che, dalla creazione della Repubblica Islamica nel 1979, migliaia di persone sono state giustiziate e fra queste anche dei minorenni dei quali però non sono pervenute informazioni particolari, tranne quella di Kazem Shirefkhan, giustiziato nel 1990 all’età di 17 anni per omicidio.
NIGERIA
Chidiebore Onuoha, 17 anni, è stato giustiziato il 31 luglio 1997 per una rapina a mano armata commessa all’età di 15 anni.
PAKISTAN
Il 15 novembre 1992, 11 persone tra cui un diciassettenne sono state impiccate nella provincia del Punjab.
Il 30 settembre 1997 Shamun Masih è stato impiccato per una rapina a mano armata e triplice omicidio commessi all’età di 14 anni.
ARABIA SAUDITA
All’età di 17 anni Sadeq Mal-Allah è stato condannato per blasfemia e decapitato nella città di Al-Qarif .
YEMEN
Il 21 luglio 1993 un tredicenne è stato impiccato in pubblico con l’accusa di omicidio e furto.
STATI UNITI
Le prime esecuzioni di minorenni si registrano già nel 1642 con l’esecuzione di Thomas Graunger in Massachusetts. Nei 350 anni successivi circa 346 minorenni sono stati giustiziati su circa 19000 persone giustiziate dal 1608.
La maggior parte dei minorenni giustiziati aveva vissuto un’infanzia di privazioni materiali ed emotive. Alcuni loro erano drogati o alcolizzati e con un quoziente di intelligenza molto basso. Alcuni avevano danni celebrali. Alcuni sono stati difesi da avvocati inesperti o senza fondi sufficienti.
Alcuni minorenni hanno avuto le loro sentenze commutate. Tra questi Paula Cooper (nera indiana) che aveva 15 anni al momento dell’omicidio di cui è stata accusata. Una campagna internazionale in suo favore lanciata in Italia, ha portato il suo caso all’attenzione mondiale. Nel 1987 il Papa ha chiesto la clemenza e nel 1989 un milione di firme sono state presentate alle Nazioni Unite. Nel 1989 la sua sentenza è stata commutata all’ergastolo.
I 2/3 dei ragazzini mandati nel braccio della morte sono ragazzi di colore, infatti 2 su 3, in passato, erano afro-americani. In questo secolo, la percentuale è 3 su 4.
La persona più giovane giustiziata dopo la seconda guerra mondiale era un ragazzino afro-americano di nome George Stinney. Aveva solo 14 anni al momento della sua esecuzione. Egli era così piccolo che la maschera gli scivolò mentre era sulla sedia elettrica dello stato della Georgia.
Gli Stati Uniti hanno ucciso bambini indiano-americani per crimini commessi all’età di 10 anni.
DETENUTI NEL BRACCIO DELLA MORTE DEL TEXAS
DI 17 ANNI AL MOMENTO DEL CRIMINE (AL 4/10/99)
NUMERO
NOME
DATA DI NASCITA
RAZZA (*)
INIZIO DETENZIONE
DATA DEL CRIMINE
REGIME DI ISOLAMENTO
696
Graham, Gary
05/09/61
N/B
09/11/81
13/05/81
No
795
Bills, Bobby
28/01/67
N/B
17/05/85
17/01/85
No
838
Mitchell, Gerald
27/12/67
N/U
24/07/86
04/06/85
No
996
Barraza, Mauro
05/05/72
I/B
30/04/91
14/06/89
No
999026
Martinez, Miguel
06/08/73
I/*
01/05/92
18/01/91
No
999039
McGinnis, Glen
11/01/73
N/B
03/08/92
01/08/90
No
999081
Alvarado, Steven
11/08/74
I/I*
10/11/93
22/09/91
No
999096
Soriano, OsBaldo
26/01/75
I/B
06/05/94
17/11/92

999125
Villarreal, Raul
25/09/75
I/B
03/11/94
24/06/93
No
999128
Monterrubio, Jose
26/08/76
I/I
09/11/94
05/09/93
No
999132
Perez, Efrain
19/11/75
I/B
09/12/94
24/06/93
No
999133
Jones, T.J.
01/11/76
N/B
16/12/94
02/02/94
No
999138
Dixon, Tony
07/11/76
N/B
03/03/95
15/05/94
No
999141
Beazley, Napoleon
05/08/76
N/B
21/03/95
19/04/94
No
999146
Dickens, Justin
28/07/76
B/B
17/05/95
12/03/94

999155
Bernal, Johnnie
20/08/76
I/U
12/07/95
19/08/94
No
999156
Ortiz, Oscar
03/05/76
I/B
19/07/95
19/01/94
No
999163
Billiams, Nanon
02/08/74
N/U
22/09/95
14/05/92
No
999178
Patterson, Toronto
17/10/77
N/N
11/01/96
06/06/95
No
999185
Capetillo, EdBard
13/05/77
I/B
28/03/96
16/01/95
No
999193
Jones, Anzel
04/02/78
N/B
04/06/96
02/05/95
No
999211
DeBberry, John
30/01/77
B/B
25/11/96
25/12/94
No
999221
Cobb, Raymond
18/06/76
B/B
27/02/97
27/12/93
No
999236
Johnson, Eddie
26/11/78
N/B
19/08/97
No
999254
Arthur, Mark Sam
01/08/79
B/I
11/02/98
No
999261
Arroyo, Randy
31/10/79
I/
14/04/98
No
(*) razza dell'omicida/ razza della vittima
N=NERO, B=BIANCO, I=ISPANICA, *=vittime di razze diverse
Esecuzioni di minorenni
Attualmente ci sono due condannati minorenni al momento del reato nel braccio della morte in Georgia. Jose' Martinez High, nero, condannato nel 1978 e Alexander Edmund Williams, nero, condannato nel 1987. Entrambi avevano 17 anni al momento del reato.
Nel febbraio 1996 il Georgia House Judiciary Committee ha approvato una legge che abbasserebbe a 16 anni l'eta' minima consentita per una condanna a morte. E' probabile comunque che tale legge non verra' approvata da entrambe le camere.
La legge permette l'imposizione di una condanna a morte a persone la cui eta' al momento del reato era superiore ai 17 anni.
Dal 1990 solo 4 paesi al mondo hanno giustiziato minorenni: un minorenne e' stato giustiziato in Arabia Saudita, uno in Pachistan, uno nello Yemen e sei negli Stati Uniti. In totale, dal 1985, 9 minorenni sono stati giustiziati negli Stati Uniti e 35 rimangono nel braccio della morte.
Il caso di Christopher Burger: Christopher Burger e' stato giustiziato il 7 dicembre 1993. E' stato il primo minorenne giustiziato in Georgia dal 1957 e l'unico ad essere stato giustiziato secondo le vigenti leggi sulla pena di morte in Georgia. Christopher Burger, bianco, aveva 17 anni al momento del reato ed era un soldato dell'esercito Statunitense. Venne condannato a morte per la prima volta il 25 gennaio 1978 per l'omicidio di un altro soldato e tassista part-time, Roger Honeycutt, bianco. La sua condanna a morte non fu confermata in appello, ma Burger fu nuovamente condannato a morte nel 1979. Anche il suo co-imputato, Thomas Stevens, venne condannato a morte e giustiziato il 29 giugno 1993. Al processo Burger era rappresentato da un avvocato d'ufficio che non aveva mai indagato sul passato di Burger ne' presentato fattori attenuanti. La giuria era ignara del fatto che Burger aveva un quoziente d'intelligenza piuttosto basso, inferiore alla norma per la sua eta', che soffriva di disturbi mentali e di danni cerebrali causati da violenze fisiche subite da bambino e che aveva tentato il suicidio all'eta' di 15 anni.
La Corte Suprema degli Stati Uniti respinse l'appello di Burger per 5 voti contro 4 nel giugno 1987. I 4 giudici contrari alla decisione ammisero l'errore dell'avvocato nel non presentare fattori attenuanti. Inoltre gli incontri dell'avvocato con il suo cliente erano sempre stati molto brevi e Burger aveva difficolta' a raccontare eventi del suo passato. La madre di Burger affermo' di aver cercato l'avvocato per parlargli, ma non le era stato spiegato il significato dell'udienza per la determinazione della sentenza ne' la possibilita' di presentare fattori attenuanti. I giudici riconobbero che le circostanze dell'infanzia di Burger sarebbero state molto rilevanti all'udienza per la determinazione della sentenza.
Christopher Burger aveva vissuto un'infanzia violenta e instabile; era spesso picchiato dalla madre che soffriva di una malattia mentale. Secondo la testimonianza della madre, lei stessa spesso chiudeva Burger a chiave in una stanza per impedire a se stessa di fargli del male. I genitori di Burger avevano divorziato quando lui aveva 9 anni e Burger aveva vissuto da allora sotto la custodia di suo padre che spesso lo prendeva a pugni e a calci. Burger non era desiderato dalla nuova famiglia del padre e a volte veniva chiuso fuori di casa. Continuava ad andare da un genitore all'altro e avrebbe desiderato stare con sua madre. Burger aveva anche trascorso diversi mesi affidato al fidanzato della madre che lo maltrattava costantemente. All'eta' di 11 o 12 anni Burger aveva iniziato ad inalare solventi e a fumare marijuana; intorno ai 15 anni mostrava gia' segni di disordini psichici. Aveva tentato il suicidio all'eta' di 15 anni.
Condannare a morte e giustiziare un minorenne e' una grave violazione dell'Articolo 6 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, dell'Articolo 37 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Bambino (firmata dagli Stati Uniti nel 1995) e delle Garanzie ECOSOC.
Sebbene gli Stati Uniti abbiano posto una riserva all'Art. 6 dell'ICCPR, Amnesty International ritiene che tale riserva posta su un diritto non derogabile abbia valore nullo. Nessun altro governo ha posto riserve simili all'Art. 6. Il Comitato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha dichiarato nel 1994 che non si puo' porre riserva alla proibizione in base all'Art. 6 di privare un individuo della vita soprattutto nel caso di minorenni. Nella sua relazione sugli Stati Uniti, il Comitato ha espresso la sua preoccupazione per le riserve poste all'Art. 6, paragrafo 5 e all'Art. 7 della Convenzione, ritenendo cio' incompatibile con lo scopo stesso della Convenzione ed ha chiesto al Governo degli USA di ritirare tale riserva.
STRUMENTI DI MORTE
I modi di esecuzione più adottati nel passato e da poco aboliti sono i seguenti:
LA DECAPITAZIONE
Tempo di sopravvivenza: 1-2 minuti.
Essa fu introdotta nel 1789 da Joseph-Ignace de Guillotin perché considerata il metodo di esecuzione meno doloroso e più umano. La macchina per la decapitazione consiste di due travi parallele issate verticalmente, incavate al centro e unite in alto da una traversa, e di una lama obliqua, legata con una fune alla traversa. Il condannato pone il collo in una struttura tipo gogna dalla quale passerà la lama obliqua; liberata la fune, la lama scivola lungo le due travi e cade sul collo del prigioniero, tagliandogli la testa, che cade nel cesto posto davanti alla ghigliottina.
LA FUCILAZIONE
Tempo di sopravvivenza: incerto.
La sentenza viene eseguita da un plotone composto da un numero di fucilieri che varia da 6 a 18; non tutte le armi sono cariche. Dopo che il condannato ha ricevuto la prima scarica all’ordine dell’ufficiale che comanda il plotone, quest’ultimo gli si avvicina e gli spara alla tempia o alla nuca.
LA GARROTA
Tempo di sopravvivenza: 25 minuti
Consiste in una panchina sulla quale viene fatto sedere il condannato che si appoggia ad un palo intorno al quale passa un cerchio di ferro che lo stringe alla gola; una manovella a vite stringe sempre più il cerchio finché sopravviene la morte per strangolamento, mentre un cuneo di ferro provoca la rottura della vertebre cerebrali.
I modi di esecuzione più adottati oggi sono i seguenti:
L’IMPICCAGIONE
Tempo di sopravvivenza: incerto
Nelle impiccagioni moderne il condannato deve essere fatto cadere da una grande altezza con un cappio al collo. Se viene lanciato da un’altezza sufficiente il collo si spezza. La morte arriva velocemente e senza dolore. Le mani e i piedi venivano legati e ciò impediva al condannato di tentare di metterli sugli angoli della botola. Intorno alla testa della vittima veniva messo un cappuccio per attenuare i rumori che faceva quando veniva strangolato.
LA CAMERA A GAS
Tempo di sopravvivenza: 8-10 minuti
Questo metodo di esecuzione fu introdotto negli anni ’20.
Il prigioniero viene fissato ad una sedia in una camera stagna. Uno stetoscopio fissato al suo torace viene collegato a cuffie che si trovano nella stanza adiacente, in maniera tale che un medico possa controllare il progredire dell’esecuzione; nella camera stagna viene quindi liberato gas cianuro che uccide il condannato. La morte avviene per asfissia. Lo stato di incoscienza può subentrare rapidamente, ma l’esecuzione durerà più a lungo se il prigioniero tenta di prolungare la propria vita trattenendo il fiato o respirando lentamente.
LA SEDIA ELETTRICA
Tempo di sopravvivenza: 10 minuti
La sedia elettrica fu introdotta nel 1888. La procedura con cui il condannato viene ucciso è la seguente: dopo che il detenuto è stato legato alla sedia, vengono fissati elettrodi di rame inumiditi alla testa e ad una gamba. Potenti scariche elettriche, applicate a brevi intervalli, causano la morte per arresto cardiaco e paralisi respiratoria: un elettricista, immette la corrente per la durata di due minuti e diciotto secondi variando il voltaggio da 500 a 2000 volt, altrimenti il condannato brucerebbe. Il procedimento procura effetti visibili devastanti: il prigioniero a volte balza in avanti trattenuto dai lacci, orina, defeca, o vomita sangue, gli organi interni sono ustionati, si sente odore di carne bruciata. Benché lo stato di incoscienza dovrebbe subentrare dopo la prima scarica, in alcuni casi questo non accade: a volte il condannato è solo reso incosciente dalla prima scarica, ma gli organi interni continuano a funzionare, tanto da rendere necessarie ulteriori scariche.
L’INIEZIONE LETALE
Tempo di sopravvivenza: 6-15 minuti
L’iniezione letale fu introdotta nel 1977 e comporta un’iniezione endovenosa continuata di una dose letale di un barbiturico ad azione rapida in combinazione con un agente chimico paralizzante. In Texas viene usata una combinazione di tre sostanze: un barbiturico che rende il prigioniero incosciente, una sostanza che rilassa i muscoli e paralizza il diaframma in modo da bloccare il movimento dei polmoni e un’altra che provoca l’arresto cardiaco.
C’è chi dice che questo sia il metodo di esecuzione più umano, invece possono esserci anche gravi complicazioni: l’uso prolungato di droghe per via endovenosa da parte del prigioniero può comportare la necessità di andare alla ricerca di una vena più profonda per via chirurgica; se il prigioniero si agita, il veleno può penetrare in un’arteria o in una parte di tessuto muscolare e provocare dolore; se le componenti non sono ben dosate o si combinano tra loro in anticipo sul tempo previsto, la miscela si può ispessire, ostruire le vene e rallentare il processo; se il barbiturico anastetico non agisce rapidamente il prigioniero può essere cosciente mentre soffoca o mentre i suoi polmoni si paralizzano.
CASI DI ESECUZIONI
“Stanley Tookie Williams è il fondatore della sanguinaria gang di Los Angeles “Crips” ed è stato condannato alla pena capitale per quattro omicidi commessi nel 1981. Ma Tookie è anche uno dei candidati al Nobel per la pace 2001. Dalla sua cella nel carcere della California, infatti, Williams conduce una campagna internazionale per evitare che i ragazzi che crescono per strada compiano i suoi stessi errori, e scrive libri per ragazzi per scoraggiarli a aderire alle bande come i “Crips”.
(Tratto da “La Nazione”, 22/11/00)
Barnabei, 33 anni, è stato condannato a morte nel 1995 con l’accusa di aver stuprato e massacrato la fidanzata diciassettenne Sarah Wisnosky. Si è sempre dichiarato innocente e nel dicembre 1999 il Parlamento di Strasburgo, al quale il condannato si è appellato, ha approvato una risoluzione urgente. Nel documento si chiedeva che, in virtù degli elementi probatori per una possibile modifica del giudizio di condanna, le autorità giudiziarie americane dessero al condannato l’opportunità di essere nuovamente giudicato. Contemporaneamente la madre del condannato a morte ha sostenuto in questi anni una vera lotta, in America e in Italia, per raccogliere il denaro necessario per eseguire il test del Dna. Barnabei sostiene, infatti, da anni che basterebbe esaminare le tracce trovate sotto le unghie della vittima per scagionarlo dall’accusa che lo ha trasformato, da normale studente italoamericano, in uno dei 3500 detenuti in attesa del boia nelle carceri americane. In Italia sono stati raccolti 70 milioni dei 200 necessari a eseguire il test del Dna. Ma i giudici della Virginia gli hanno tolto anche questa speranza.
Barnabei è stato giustiziato con un’iniezione letale il 15/09/00.
(Tratto da “La Repubblica”)
La pena di morte non colpisce solo i colpevoli, ma anche, forse più spesso di quanto si immagini, persone innocenti.
Uno studio dello Stanford Law Review ha documentato in questo secolo 350 casi di condannati a morte negli Stati Uniti, in seguito riconosciuti innocenti. Di questi 25 erano già stati giustiziati, mentre altri avevano già trascorso decenni in prigione. 55 dei 350 casi risalgono agli anni ’70, 20 risalgono agli anni compresi tra il 1980 ed il 1985.
Numerosi sono anche i casi in cui incompetenza e corruzione hanno causato condanne a morte di innocenti. Tra questi il caso di Vladimir Toisev, abitante di un villaggio della Repubblica di Bielorussia, condannato a morte per omicidio nel 1970. Passò diciotto mesi prima di ricevere la commutazione della condanna, ma fu rilasciato solo nel 1987. Nel 1987 l’organo di stampa Znamya Yunosti affermò che gli investigatori avevano strappato una confessione a Toisev nel corso di interrogatori notturni e avevano picchiato suo fratello per ottenere prove false che avvalorassero la confessione. Quando fu scoperto il vero colpevole, gli investigatori tennero segrete le informazioni per nascondere l’errore commesso.
La barriera delle 36 esecuzioni è stata superata con la messa a morte di Stacey Lawton, 31 anni, condannato per aver ucciso un uomo durante una rapina la notte della vigilia di Natale. Mentre il giorno precedente è stato il turno di Tony Chambers, l’assassino di una bimba di undici anni, dal 1990 nel braccio della morte. Ma è per Penry, 44 anni, che gli abolizionisti di tutto il mondo si sono mobilitati: anche l’Unione Europea ha scritto intercedendo in suo favore. Contro si sono schierate anche l’associazione americana dei ritardati mentali e l’American Bar Association, che raccoglie gli avvocati Usa: l’esecuzione di minorati mentali, ha proclamato quest’ultima organizzazione, “è inaccettabile in un mondo civile”.
OPINIONE PUBBLICA
Uno degli argomenti a favore della pena di morte è che l’opinione pubblica è a favore della pena capitale. Tale argomentazione si basa spesso su sondaggi. L’ opinione pubblica sulla pena di morte si basa spesso su una visione incompleta dei fatti e gli stessi sondaggi possono variare molto a seconda di come vengono poste le domande e di quanto si cerchi di informare la gente sull’argomento.
In Giappone, per esempio, le autorità mantengono la pena di morte in quanto l’opinione pubblica sarebbe favorevole in base a vari sondaggi di opinione. In un sondaggio svolto nel 1967, il 71% degli intervistati era favorevole al mantenimento della pena di morte; il 61% motivava la sua posizione favorevole sulla base dell’effetto deterrente della pena di morte, peraltro mai dimostrato; il 74% credeva, erroneamente, che il tasso di omicidi stesse aumentando in Giappone. Il 49% degli intervistati concordava sul fatto che la pena di morte dovesse essere sospesa in attesa di una decisione futura.
Diversi studi suggeriscono che le posizioni sulla pena di morte possono cambiare sulla base di una maggiore conoscenza dei fatti. Uno studio svolto nel 1975 negli Stati Uniti dimostrò che la maggior parte degli interpellati si dichiarava favorevole alla pena di morte, ma era molto ignorante sull’argomento; le posizioni favorevoli alla pena di morte diminuivano quando gli interpellati venivano informati meglio sull’argomento. Ad alcuni degli interpellati venne chiesto di leggere un saggio sugli effetti della pena di morte. Prima di leggerlo il 51% si era dichiarato favorevole, il 29% contrario ed il 20% incerto. Dopo la lettura i favorevoli erano scesi al 38%, i contrari erano saliti al 42% e gli incerti erano il 20%.
In genere quando agli interpellati vengono proposte diverse alternative credibili alla pena di morte il consenso alla pena capitale diminuisce.
Non è sufficiente la generica riprovazione che può nascere dalla conoscenza delle persecuzioni e degli abusi perpretati in tutto il mondo nei confronti di persone innocenti o colpevoli solo di dissentire in vario modo rispetto agli ordinamenti vigenti, come pure di condanne a morte comunque e a chiunque comminate.
Né l’ignoranza né la semplice conoscenza di tali fatti ci scagionano dalle personali responsabilità: disinteressarsi oppure limitarsi a una semplice presa d’atto ed assecondare il silenzio o la disinformazione significa rendersi complice. Occorre dunque trasformare la riprovazione in uno stimolo per l’azione non casuale o sporadica, ma sistematica e possibilmente organizzata. Da ciò la grande importanza delle attività per la salvaguardia dei diritti umani e, in tale ambito, per l’abolizione della pena di morte.
Queste attività possono svolgersi attraverso i partiti politici e, in genere, i gruppi organizzati della società civile-quali associazioni mediche o forensi, organizzazioni sindacali, istituzioni religiose, ecc.-, ma anche attraverso associazioni specializzate.
Se ne sono elencate qui tre in particolari, tutte con respiro internazionale e basate sull’attività volontaria dei loro aderenti. Quest’ultimo aspetto è da sottolineare, proprio perché ci ricorda che non occorrono speciali competenze o attitudini per aderirvi e per prestare forme opportune e diverse di collaborazione. Il requisito principale dell’impegno è la disponibilità. L’acqusizione di specifiche conoscenze e di capacità adeguate ai compiti costituisce, semmai, il passo successivo per consentire a ciascuno di noi di diventare, a proposito della pena di morte come su qualunque altro problema, un attivo sostenitore e difensore dei diritti umani.
Oggi XX secolo la pena di morte sussiste in molti paesi fra cui l’America, simbolo di sviluppo, progresso e civiltà. Essa è l’uccisione premeditata e a sangue freddo di una persona da parte dello stato, è un enorme potere concesso allo stato che può privare un individuo della vita. In molti stati è usata in modo discriminatorio contro i poveri o le minoranze etniche e razziali, spesso diventa strumento di repressione politica.
Molti affermano che dietro alla pena capitale, specie, per i reati di omicidio, vi sia il desiderio di vendetta mascherato dal principio di giustizia, specie dei familiari della vittima, ma in parte anche della società civile.
Se si dice che alcuni criminali meritano di morire lo stato deve poter determinare esattamente quali sono queste persone ma tutti i sistemi giudiziari sono vulnerabili verso la discriminazione e l’errore, la realtà della pena di morte è che nella scelta di chi verrà giustiziato o no giocano spesso fattori estranei alla natura del crimine, come l’ambiente etnico e sociale, i mezzi finanziari, le opinioni politiche del reo o le esigenze elettorali di alcuni governatori.
C’è chi afferma che la pena di morte debba essere applicata solo per i reati più efferati, ma i diritti umani valgono e devono valere sia per i peggiori sia per i migliori degli uomini, perché proteggono tutti noi.
Cesare Beccarìa già nel 1764 proponeva nella sua opera “dei delitti e delle pene” che “non è dunque la pena di morte un diritto, mentre ho dimostrato che tale essere non può, ma è una guerra della Nazione con un cittadino, perché giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere. Ma se dimostrerò non essere la morte né utile né necessaria, avrò vinto la causa dell’umanità.
La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche cittadino divien dunque necessaria quando la Nazione recupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia quando i disordini stessi tengono luogo di leggi; ma durante il tranquillo regno delle leggi, in una forma di governo per la quale i voti della Nazione siano riuniti, ben munita al di fuori e al di centro dalla forza e dalla opinione, forse più efficace della forza medesima, dove il comando non è che presso il vero sovrano, dove le ricchezze coprono piaceri e non autorità, io non veggo necessità alcuna di distruggere un cittadino, se non quando la di lui morte fosse il vero e unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, secondo motivo per cui può essere giusta e necessaria la pena di morte.Il limite che fissar dovrebbe il legislatore al rigore delle pene sembra consistere nel sentimento di compassione, quando comincia a prevalere su di ogni altro nell’animo degli spettatori d’un supplicio più fatto per essi che per il reo.
Beccarla afferma che “non è l’intensità della pena che fa il maggior effetto sull’animo umano ma l’estensione di essa, perché la nostra sensibilità è più facilmente mossa da minime ma replicate impressioni che da un forte ma passeggero evento”. Serve quindi per arginare la criminalità non il ricorso alla pena di morte ma pene certe e misure di prevenzione dei reati come il lavoro su importanti fattori socio-economici quali la povertà, la disuguaglianza sociale, disoccupazione, emarginazione, discriminazione e l’effetto stigmatizzante delle istituzioni carcerarie che possono essere fattori criminogenetici.
APPELLO PER UNA MORATORIA DELLA PENA DI MORTE ENTRO IL DUEMILA
Noi sottoscritti firmatari dell'appello, convinti che la pena di morte
- sia negazione del diritto alla vita riconosciuto universalmente
- sia pena finale, crudele, disumana e degradante, non meno abominevole della tortura
- sia incapace di combattere la violenza, in realtà legittimazione della violenza più completa: quella che recide la vita umana, a livello degli stati e delle società
- disumanizzi il nostro mondo dando il primato alla rappresaglia ed alla vendetta, mentre elimina gli elementi di clemenza, perdono e riabilitazione del sistema della giustizia
Invitiamo tutti anche
quanti sostengono l'uso della pena di morte a riflettere
serenamente sulla necessità di una sospensione delle esecuzioni:
- Oggi nel mondo più della metà degli stati non utilizzano la pena di morte, alcuni l'hanno abolita totalmente, mentre altri hanno deciso , nei fatti di non metterla il pratica
- Le Nazioni Unite riconoscono l'assenza di dati capaci di dimostrare che il suo uso sia un deterrente efficace contro i crimini più efferati
- Da anni i reati gravi non hanno subito alcuna riduzione significativa, lì dove la pena di morte è stata reintrodotta
- Esistono metodi alternativi di grande efficacia per proteggere la società anche da quanti abbiano commesso i crimini più orribili.
- La logica crudele di "vita per vita" è avvertita come arcaica e inaccettabile in gran parte del nostro pianeta. Il sistema giudiziario praticamente ovunque cerca di superare questo modo inumano di trattare persone che hanno commesso crimini, anche i più gravi
- Nei paesi democratici, il costo della pena di morte è più alto del costo della detenzione a vita
PER TUTTE QUESTE RAGIONI
CHIEDIAMO AI GOVERNI OVUNQUE NEL MONDO DI OSSERVARE
UNA MORATORIA DELLA PENA DI MORTE ENTRO
L'ANNO DUEMILA
COSA SI PUO’ FARE CONTRO LA PENA DI MORTE?
Nel mondo sono molte le organizzazioni che si impegnano per eliminare la pena di morte e spesso il loro lavoro rimane sconosciuto, sommerso. A tale scopo operano non soltanto governi e organismi riconosciuti a livello mondiale, ma anche piccole associazioni locali che si battono allo stesso modo e con la stessa volontà per riuscire una volta per tutte a cancellare questa atrocità.
Recentemente è stata emanata La Campagna Moratoria 2000 con la quale viene confermato che l’Unione Europea è compatta nella richiesta ad alleati politici e commerciali di sospendere ed eliminare questa pratica inumana e il Presidente Prodi ha accolto ufficialmente i due milioni e mezzo di firme raccolte grazie alla Comunità di Sant’Egidio anche in paesi che mantengono la pena di morte.
La mappa del mondo della Moratoria 2000, confrontata con quella del 1998 è molto più incoraggiante infatti i paesi che hanno abolito la pena di morte o che hanno adottato una moratoria delle esecuzioni negli ultimi 2 anni, l’hanno definitivamente tolta dai loro ordinamenti; le Filippine e lo stato americano dell’Illinois hanno adottato una moratoria infine, ma non meno importante, soltanto nell’ultimo anno sono state 139 le sentenze di morte commutate in 7 diverse nazioni.
L’opposizione alla pena capitale è molto diffusa in tutta Europa ma in Italia è più decisa e determinata; la rete dei sostenitori della Campagna Moratoria si è diffusa notevolmente e ha dato vita a gruppi costituiti da persone di diversa estrazione sociale, religiosa e culturale che ha permesso di riaccendere il dibattito sulla pena di morte.
Recentemente, durante la giornata del Giubileo dei Politici, il presidente del Senato Nicola Mancino ha fatto un appello affinchè sia rispettato in ogni paese del mondo il carattere sacro della vita dell’uomo e scompaia dalle legislazioni penali l’istituto della pena di morte.
Il ministro degli Esteri italiano Dini, in apertura della conferenza sui diritti umani del Consiglio d’Europa, ha auspicato che l’Europa diventi un continente senza pena capitale e affinchè ciò si realizzasse i 41 paesi membri dovrebbero abolirla dalla propria Costituzione.
Inoltre, il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione con la quale i parlamentari chiedono di considerare l’abolizione della pena di morte come elemento cruciale nelle relazioni tra la Ue e i paesi terzi tenendo conto di tale aspetto nella conclusione di accordi con tali paesi. Insomma, il Parlamento Europeo dichiara che con i paesi che applicano ancora la pena di morte non si possono intrattenere relazioni politiche e commerciali “normali”.
Riportiamo qui la Risoluzione del Parlamento europeo sull’attuazione delle linee di bilancio “Diritti dell’uomo/democrazia” inerenti alle campagne a favore di una moratoria sull’esecuzione della pena capitale.
Il Parlamento Europeo,
- viste le sue precedenti risoluzioni sulla pena capitale,
- vista la sua precedente risoluzione sulla votazione di una risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU relativa all’introduzione sull’istituzione di una moratoria universale della pena capitale,
- visto il memorandum dell’Unione europea alla 54a Assemblea generale delle Nazioni Unite,
- viste le linee del bilancio 2000 destinate tra l’altro al finanziamento di campagne a favore di una moratoria universale della pena capitale e, in ultima analisi, alla sua abolizione,
- viste le sue precedenti risoluzioni del 16 marzo 2000 sulla situazione dei diritti dell’uomo in Europa e nel mondo,
- vista la dichiarazione sulla pana capitale allegata al trattato di Amsterdam,
- visto il progetto della Carta dei diritti fondamentali dell’UE,
A. riaffermando con vigore che l’abolizione della pena capitale contribuisce al rafforzamento della dignità della persona umana e al progressivo sviluppo dei diritti dell’uomo,
B. profondamente preoccupato per la minaccia di esecuzione che incombe su migliaia di persone nel mondo ma incoraggiato dalla costante crescita del numero dei paesi abolizionisti,
C. considerando l’elevato tasso di errori giudiziari che conducono all’applicazione della pena capitale,
D. considerando che andrebbero riaffermate, come priorità nelle relazioni tra l’UE e i paesi terzi, le azioni volte all’abolizione della pena capitale o a una moratoria della stessa,
E. considerando che, a partire dal 2000, le suddette linee di bilancio rappresentano uno strumento fondamentale di azione comunitaria contro la pena capitale e vanno pertanto debitamente utilizzate,
1. ribadisce la propria ferma convinzione che l’abolizione della pena capitale rappresenti un “acquis etico” dell’Unione europea e un fondamentale passo avanti nel rafforzamento della dignità umana, il continuo sviluppo dei diritti dell’uomo e il crescente rispetto per tali diritti;
2. invita la commissione ad utilizzare appieno le linee del bilancio comunitario 2000 dedicate alla democrazia e ai diritti dell’uomo, al fine di sostenere qualsiasi iniziativa suscettibile di contribuire all’abolizione della pena capitale o alla promozione di una moratoria universale della stessa, che è una delle priorità dell’azione esterna dell’Unione europea, e appoggia la Commissione nel suo impegno per una scrupolosa esecuzione dell’attuale programmazione di bilancio e delle relative disposizioni;
3. invita la Commissione a riferire in merito all’attuazione delle iniziative per la democrazia e i diritti dell’uomo, volte altresì a promuovere l’abolizione della pena capitale e alla promozione di una moratoria universale della stessa, nell’ambito delle suddette linee di bilancio;
4. invita la Commissione a continuare a coinvolgere la società civile, le autorità religiose, le ONG internazionali e locali nell’esecuzione di tali linee di bilancio;
5. chiede alla Commissione di considerare l’abolizione della pena capitale e la moratoria universale della stessa quale fattore cruciale nelle relazione tra l’UE e i paesi terzi, tenendo conto di tale aspetto nella conclusione di accordi con tali paesi;
6. invita la Commissione a prestare particolare attenzione, in termini di aiuti e sostegno politico, ai paesi che stanno compiendo progressi sulla via dell’abolizione della pena capitale o della promozione di una moratoria universale della stessa;
7. invita la Commissione, il Consiglio, gli Stati membri e l’Alto rappresentante dell’UE per la politica estera e di sicurezza comune ad adottare un approccio comune e coordinato nell’ambito delle Nazioni Unite, incentrato sul rafforzamento della cooperazione internazionale verso l’adozione di una moratoria universale della pena capitale, che conduca in ultima analisi all’abolizione della pena di morte;
8. rammenta che, in armonia con la dichiarazione sulla pena capitale allegata al trattato di Amsterdam, nessun paese candidato in cui viga ancora la pena di morte può aderire all’Unione Europea;
9. incarica la sua Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e al Consiglio.
Un’altra organizzazione che si batte contro questo problema è Amnesty International, gruppo di pressione indipendente attivo su scala mondiale, che difende le persone detenute o perseguitate per reati di opinione, cioè a causa delle proprie convinzioni politiche o religiose. Fondata nel 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson, Amnesty International si richiama al rispetto della Dichiarazione universale dei diritti umani e promuove campagne di sensibilizzazione, protesta o denuncia attraverso i mass media con missioni di monitoraggio e di inchiesta, con lettere di singoli individui e attraverso organismi internazionali. Essa si oppone inoltre alla detenzione in assenza di giudizio, invocando il rispetto del diritto a un equo processo, contestando fermamente la pena di morte, la tortura, la detenzione di ostaggi, l’assassinio. Questa ha sede a Londra e può contare su più di un milione di aderenti e su seimila tra associazioni e sezioni di volontari distribuite in 48 paesi.
Uno dei passi più importanti che un paese può compiere per garantire il rispetto dei diritti umani è l’abolizione della pena di morte dalle proprie leggi.
Dei 57 paesi del mondo che hanno abolito la pena di morte per tutti i reati, 24 hanno inserito clausole che ne impediscono l’uso nella propria costituzione.
Amnesty International si oppone alla pena di morte in ogni caso ritenendola una violazione dei diritti umani ed in particolare del diritto alla vita e del diritto a non essere sottoposti a trattamenti crudeli, inumani e degradanti. Gli impedimenti costituzionali, che legano l’abolizione della pena di morte a rispetto dei diritti umani, in particolare del diritto alla vita e alla sicurezza della propria persona, rafforzano la posizione di Amnesty International.
Un ulteriore sostegno alla posizione di tale organizzazione viene da decisioni di alcuni tribunali, in particolare dalla decisione della Corte Costituzionale del Sud Africa del 1995 della Corte Costituzionale Ungherese del 1990 le quali hanno stabilito che la pena di morte viola il diritto alla vita e alla dignità umana sancita dalla costituzione.
Grazie all’intervento di Amnesty International tredici milioni di persone di 124 nazioni diverse hanno apposto le loro firme promettendo di fare qualunque cosa in loro potere per “assicurare che i diritti contenuti nella Dichiarazione dei diritti umani diventino una realtà in tutto il mondo” . Tutte queste firme sono state consegnate al Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, al Palais de Chaillot di Parigi. Esse sono state raccolte in così tanti paesi da tante persone di diverse estrazioni non dimostrando solamente un potente sostegno globale alla Dichiarazione Universale, ma la richiesta ai governi di vivere un mondo senza crudeltà né ingiustizia, tenendo fede alla promessa che si fecero quando l’adottarono.
Tale documento è stato firmato da commissionari delle Nazioni Unite, leader religiosi, divi dello spettacolo, personalità sportive oltre a nomi famosi e milioni di persone ordinarie.
Un’emittente televisiva, MTV, ha raccolto le firme degli esponenti del mondo dello spettacolo che passavano per i suoi studi sparsi per il mondo.
Questa campagna, non mirava solamente a sensibilizzare il pubblico circa l’importanza della Dichiarazione Universale, ma a plasmare un movimento per i diritti umani che fosse più forte e più dinamico.
Sono stati diramati 28 casi di appelli individuali; le condizioni in cui molti di loro versavano sono migliorate e due di essi, il Dr Beko Ransomekuti in Nigeria e Akhtam Nu’aysa in Syria sono stati scarcerati nel corso dell’anno. Leader di governo, funzionari locali e direttori di prigione hanno ricevuto innumerevoli lettere che esigevano la fine delle persecuzioni.
Più di 350 difensori dei diritti umani si sono riuniti a Parigi in dicembre, in una quattro giorni senza precedenti nella quale il summit ha adottato la Dichiarazione di Parigi, che incita i governi a intraprendere azioni coerenti con i loro discorsi commemorativi per l’anniversario della Dichiarazione Universale.
Uomini e donne da ogni parte del mondo, si sono scambiati consigli pratici su come affrontare tematiche mondiali e fra questi figuravano premi Nobel.
Inoltre i paladini per i diritti umani hanno dichiarato che la loro presenza a Parigi era un riconoscimento di quanto si era conseguito in 50 anni di lotta per i diritti umani, ma hanno deplorato di essere divenuti oggetto di repressione, il che rende la loro attività più difficile.
Alcuni membri di Amnesty International prendono parte alle Azioni Urgenti che si occupano di situazioni di pericolo immediato. In molti casi si sono raggiunti risultati positivi come ad esempio la questione di un cittadino somalo che aveva chiesto asilo politico in Australia e avrebbe dovuto essere rimpatriato in Somalia, dove sarebbe andato probabilmente incontro a gravi violazioni dei diritti umani.
Grazie all’azione di Amnesty International gli fu concessa una sospensione del provvedimento di rimpatrio e il permesso di rimanere temporaneamente in Australia.
LA CAMPAGNA STATI UNITI: DIRITTI PER TUTTI
La convinzione che i diritti umani sono universali e indivisibili, ha indotto al lancio della campagna annuale Amnesty international contro le violazioni dei diritti umani negli Stati Uniti. E’ stata un’opera molto difficile in un paese in cui la pena di morte è abbastanza diffusa, ma grazie alla copertura dei media negli Stati Uniti, in televisione, alla radio è stata eccellente.
Uno dei primi successi negli sforzi volti ad evitare tali trattamenti inumani è arrivato in novembre, quando la giunta municipale di Detroit ha ratificato una risoluzione che imponeva allo stato del Michigan di bandire l’uso di manette e di altri strumenti di contenzione su donne incinte prima e durante il travaglio.
Il divieto di ammanettare le donne incinte è uno degli obiettivi specifici della campagna. Tra gli altri: aumentare le responsabilità della polizia tramite ispezioni e meccanismi di controllo efficaci; di designare standard per il trattamento dei prigionieri, inclusi provvedimenti per evitare abusi sessuali sulle donne e il bando di meccanismi di contenzione che eroghino scosse elettriche per stordire; la cessazione di esecuzioni di ritardati mentali e di imputati minorenni.
DIRITTI DELLE DONNE E DEI MINORI
Amnesty International ha lanciato una campagna per tutelare i diritti delle donne le quali continuano a essere trattate come esseri di serie B, per cui tale organizzazione ha esortato i governi a dare la massima priorità alla promozione e alla protezione dei diritti delle donne.
E’ stata avviata inoltre un’attività tesa a migliorare il trattamento di bambini che abbiano a che fare con la legge. Un punto caldo è stato il trattamento dei minorenni negli Stati Uniti il quale è uno dei due paesi nel mondo che non hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia.
UNA RISOLUZIONE CONTRO LA PENA DI MORTE
Il 3 aprile è stata approvata dalla Commissione dei diritti umani delle Nazioni Uniti una risoluzione contro la pena di morte.
La risoluzione proposta dall’Italia è stata approvata per 27 voti a favore, 11 contro e 14 astenuti. Stati Uniti e Cina hanno votato contro la risoluzione, così come Algeria, Bangladesh, Egitto, Indonesia e Giappone.
La risoluzione chiede a tutti i paesi che non hanno ancora abolito la pena di morte di limitare il numero delle condanne, di evitare di fare ricorso alla pena capitale molto spesso e di prendere in considerazione la possibilità di sospendere le esecuzioni.
La Gran Bretagna è stato l’unico paese Europeo ad astenersi dal voto, insieme a Zaire, Cuba, Uganda, El Salvador, Etiopia e India.
ACCORDI INTERNAZIONALI SULLA PENA DI MORTE (aprile 1999)
Uno degli sviluppi più importanti negli ultimi anni è stata l’adozione di alcuni trattati internazionali con i quali gli stati si impegnavano a non avere la pena di morte.
I trattati attualmente esistenti sono:
• Il Secondo Protocollo Opzionale alla Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici aventi lo scopo di promuovere l’abolizione della pena di morte; Il protocollo è stato adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 1989 e richiede l’abolizione totale della pena di morte da parte degli stati aderenti pur permettendo di mantenerla in tempo di guerra agli stati che hanno posto una riserva specifica al momento della ratifica.
• Il Sesto Protocollo alla Convenzione Europea sui Diritti Umani avente lo scopo di abolire la pena di morte. Il protocollo è stato adottato dal Consiglio d’Europa nel 1982 e richiede l’abolizione della pena di morte in tempo di pace; gli stati aderenti possono mantenerla per reati commessi in tempo di guerra o di minaccia imminente di guerra.
• Il Protocollo alla Convenzione Americana sui Diritti Umani per l’abolizione della pena di morte adottato dall’Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani nel 1990. Il protocollo prevede l’abolizione totale della pena di morte ma permette agli stati aderenti di mantenerla in tempo di guerra se hanno posto una riserva specifica al momento della ratifica o dell’adesione al protocollo.
ORGANIZZAZIONI NON-GOVERNATIVE
Esistono diverse organizzazioni non-governative (ONG), nazionali e internazionali, riconosciute dall’ONU, che lavorano anche nel nostro paese contro la pena capitale e in favore dei condannati ad essa. Essi sono: Amnesty International, Movimento Internazionale per la riconciliazione (MIR); movimento non violento, sezione italiana del War Resisters’ International (WRI).
Il MIR ha per scopi la ricerca di vie alternative e non violente per conseguire la giustizia e la riconciliazione tra i popoli. Questa organizzazione promuove momenti di studio sulla pena di morte, sollecita la mobilitazione dell’opinione pubblica attraverso l’organizzazione di appelli e richieste di commutazione di sentenze capitali per singoli casi.
Il movimento non violento ha come finalità l’opposizione integrale alla guerra, lo sviluppo di organismi democratici e nella Carta programmatica dell’associazione è implicitamente affermata l’opposizione alla tortura e alla pena di morte.

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