Mussolini e il fascismo

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Testo


Nel 1919 al termine della prima guerra mondiale, l'Italia era molto mal ridotta:
caro- viveri, disoccupazione miseria e quindi malcontento. In molte città italiane si ripetevano scioperi, agitazioni, tumulti con morti e feriti; e lo stato non aveva l'autorità per intervenire. In quel periodo tra le massi popolari c'era una grande ammirazione per la rivoluzione comunista russa, e c'era anche il desiderio di imitarla, cioè di conquistare il potere per instaurare la dittatura del proletario. La guerra aveva, infatti, favorito solo alcuni ceti: gli industriali, che avevano realizzato enormi guadagni producendo materiale bellico (cannoni, aerei, munizioni); e i grandi proprietari terrieri, i cui possedimenti avevano conservato il loro valore anche durante la guerra. Le categorie più danneggiate furono quelle dei braccianti e degli operai che vedevano i loro salari corrosi giorno per giorno dall'inflazione. Questo termine indica la perdita di valore del denaro. Dopo la guerra, infatti, per acquistare lo stesso oggetto o la stessa quantità di merce occorreva una somma più elevata di prima. I prezzi cioè aumentavano rapidamente, mentre i salari restavano fermi e non erano sufficienti a garantire una vita decorosa ai braccianti e agli operai. Gli anni 1919 e 1920 furono turbolenti, agitati: caddero due governi e ci furono anche molti ingiusti, ottusi movimenti antinazionali, si maledisse la guerra vittoriosa; il nome della patria, vennero compiuti insulti e aggressioni contro ufficiali, ex combattenti e persino mutilati.

Questo stato di cose naturalmente portò alla reazione dei combattimenti e della borghesia. Vi furono rappresaglie, controdimostrazioni: e fu in questo clima turbolento che nacque il fascismo. Il suo fondatore fu Benito Mussolini. Egli nacque nel 1883 a Forlì. Figlio di un fabbro si avvicinò giovanissimo al Socialismo, anche per l'influenza del padre. Conseguito il diploma di maestro nel 1901, fuggì in Svizzera l'anno successivo per sottrarsi al servizio militare e vi rimase fino al 1904. Rientrò in Italia, dove esercitò l'insegnamento fino a quando, nel 1909 si trasferì a Trento avviandosi all'attività giornalistica (fu direttore del settimanale "l'Avvenire del lavoratore"). Tornato a Forlì, vi diresse la drezione socialista provinciale il settimanale "La lotta di classe". Nel 1911 fu tra i capi delle violenti proteste popolari condotte in Romagna dopo la guerra di Libia e venne a cinque mesi di carcere. Al congresso del partito socialista italiano di Reggio Emilia, Mussolini si impose come uno dei leader dell'ala rivoluzionaria e nel dicembre del 1912 fu nominato direttore del quotidiano socialista "Avanti!". Alla vigilia della prima mondiale si schierò apertamente dalla parte degli interventisti, scelta che provocò la sua espulsione dal partito e lo privò della direzione dell'"Avanti!". Fondò un nuovo quotidiano "Il popolo d'Italia", dalle cui pagine condusse una vivace battaglia a favore dell'intervento. Arruolatosi come volontario nel 1915, partecipò al conflitto fino al febbraio del 1917, quando venne ferito.

Nel marzo del 1919 Benito Mussolini fondò a Milano i fasci di combattimento, che derivavano il nome da un antico simbolo romano, il fascio littorio. Il movimento ottenne l'appoggio di importanti gruppi finanziari. Nel 1921, con la costituzione del partito Nazionale fascista, Mussolini abbandonò le aperture sociali del programma del 1919 e pose l'accento sulle difese dello stato, trovando seguaci in particolare tra i reduci di guerra, i gruppi giovanili e i ceti medi. Presentandosi invano all'elezione del 1919, fu eletto deputato nel 1921. Nell'autunno del 1922 l'Italia si trovò alle soglie del caos e Mussolini capì che era giunto il momento per impadronirsi del potere. Il 28 ottobre del 1922 le squadre armate fasciste convennero a Roma e costrinsero il re e il Parlamento ad affidare il governo a Mussolini.
Dopo la marcia su Roma fu designato da Vittorio Emanuele III presidente del consiglio, con l'incarico di formare il nuovo governo. Per assicurarsi la maggioranza in Parlamento, Mussolini fece indire
nuove elezioni con una legge
elettorale che gli garantiva il
successo. Il partito fascista
ottenne, infatti, la maggioranza
dei voti, servendosi anche di
violenze durante la campagna
elettorale. Il passaggio dal
vero e proprio regime fascista
avvenne dopo che Mussolini
rivendicò alla camera la responsabilità
politica dell'assassinio del deputato
socialista Giacomo Matteotti. Egli
ebbe il coraggio di denunciare
pubblicamente i fascisti.

Durante il suo governo, Mussolini stipulò con la Santa Sede i patti Lateranensi, che sancirono la conciliazione tra lo stato italiano e la Chiesa, dopo mezzo secolo di contrasti; intraprese quindi una politica estera che realizzò le sue ambizioni espansionistiche e colonialistiche con la conquista dell'Etiopia. Mussolini volle rafforzare i buoni rapporti con Hitler, sottolineati dalle trionfali accoglienze che vennero riservate al Fiirer nella visita compiuta in Italia nel maggio del 1938. L'ingresso dell'Italia nel conflitto mondiale fu voluto da Mussolini allo scopo di controbilanciare la supremazia tedesca. Mussolini giustificò l'intervento presentandolo come un'occasione di lotta dei popoli poveri e laboriosi contro gli stati che detengono il monopolio di tutte le ricchezze e della finanza mondiale, rivistando il mito della "nazione proletaria". In questo modo rilanciava le campagne di stampa impostate sotto il suo controllo alla fine degli anni '30. La guerra segnò sia la fine del fascismo, crollato dopo le numerose sconfitte militari, sia quella del duce. Il 25 luglio 1943 Mussolini fu fatto arrestare dal re. Liberato dai tedeschi, Mussolini cercò di fuggire in Svizzera, ma fu catturato.

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