L'uomo è la sua coscienza

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Testo

L’uomo и la sua coscienza

Da sempre l’uomo ha indagato se stesso scandagliando le sue passioni, i suoi istinti, i suoi sentimenti cercando di capire cosa sia realmente l’uomo, cosa sia ciт che noi chiamiamo “coscienza”, quale sia il confine tra ragione e follia, quali le ragioni del nostro agire.....
All’interno della tragedia euripidea tale analisi и portata alle estreme conseguenze. La tensione, l’irrequietezza e la complessitа persino contraddittoria dell’opera euripidea sono la conseguenza di un rapporto inquieto, perchй non pacificamente e totalmente risolto dell’autore con la situazione culturale, sociale e politica della sua cittа e del suo tempo che presenta essa stessa nel suo incalzante e turbolento divenire contraddizioni tumultuose e drammatiche. IL problema critico euripideo si identifica con il problema del rapporto dello scrittore con la situazione storica, che sotto la spinta di fatti politici-sociali e culturali dirompenti e rivoluzionari, si presenta con i caratteri di complessitа e varietа che la sua produzione normalmente registra. La tragedia di Euripide и quindi la tragedia dell’uomo che scopre e analizza sй stesso, i motivi della propria sofferenza e infelicitа provocati o scatenati dalle condizioni reali della vita circostante. Gli eroi euripidei infatti non sono “grandi” nel senso morale del termine, come lo sono invece gli eroi sofoclei, ma sono grandi per la profonditа e lo studio dei caratteri della psicologia. In questo senso Euripide penetra con acutezza straordinaria nei labirinti delle emozioni e delle angosce dei suoi eroi. I suoi personaggi sono mossi da impulsi profondi di cui tuttavia non sono padroni. Anch’essi appaiono sovradeterminati, non perт dagli dei o dal fato (come accade nella tragedia precedente), bensм dalle forze irrazionali, oggi diremmo “inconsce”, che si agitano dentro di loro e li spingono ad agire oltre ogni regola e anche oltre la loro stessa volontа: “io so che sto agendo male - dice Medea - ma il mio animo и piщ forte della mia volontа”. Medea sa analizzare lucidamente il suo stato d’animo, ma non puт impedirsi di rimanere vittima delle forze oscure e irrazionali che agiscono nella sua coscienza. In Euripide la persona и nello stesso tempo una e molteplice (visione che sarа ripresa da Pirandello) e questo и un tratto del tutto nuovo all’interno del genere tragico. Chi и infatti Medea? Una donna gelosa, una folle, un’assassina, un’infanticida, una vittima di sй stessa? Forse tutto questo e contemporaneamente altro ancora. Il teatro di Euripide mostra quanto sia complessa e variegata l’identitа di una persona e al tempo stesso sottrae tale percezione ad un giudizio morale. Nella Medea appare per la prima volta e con impressionante forza un mondo interiore psicologicamente evoluto e ricco di possibilitа espressive. La protagonista della tragedia и un personaggio straordinario nella sua mescolanza di primitiva pulsione al possesso, di sentimenti calpestati, di efferatezza. Per usare un termine della drammaturgia moderna, и un “eroe negativo” che suscita solidarietа e insieme sconcerto e orrore. Й una personalitа impulsiva e barbarica, che sembra avere affascinato la mente di Euripide per la sua mescolanza di emozioni; Medea mostra una profonditа psicologica assolutamente innovativa. Ma il carattere veramente innovativo и che il personaggio esamina il flusso del propri sentimenti e analizza la decisione da prendere davanti al pubblico, che ripercorre insieme con lei l’ondeggiamento dei pensieri e delle emozioni, sino alla decisione che matura sofferta nell’animo, di eliminare i figli.
L’argomento della Medea propone nei fatti esterni una disarmante ed efficace linearitа: la colchidese Medea, ripudiata dal marito Giasone che per ragioni utilitaristiche ha sposato Glauce, la figlia di Creonte, re di Corinto, medita minaccia, prepara e realizza con audacia ostinata una impressionante e crudele vendetta. Uccide Glauce con doni magici e funesti inviati tramite i figli; con lei muore anche Creonte mentre tenta di strapparla alle fiamme; uccide poi, con terribile sofferta prova interiore, i figli stessi per colpire piщ crudamente l’odiato Giasone e completare cosм la propria vendetta. A Giasone che intende punirla risponde con ingiurie, al padre che desidera almeno vedere i figli mostra la durezza di un animo inaridito dalle offese subite. E si allontana con i corpi dei figli condotta dal carro alato del sole verso Atene, ospite del re Egeo.
Alla lineare semplicitа esterna della tragedia fa riscontro l’impressionante complessitа delle motivazioni e dei meccanismi psichici che danno vita ai gesti e ai pensieri della protagonista: il dramma infatti, strutturalmente unitario e rigorosamente accentrato attorno al solo personaggio femminile, и tutto svolti o con rara penetrazione psicologica, per linee interne e la figura di Medea и analizzata nelle piщ oscure profonditа della sua anima: i gesti di Medea, infatti, sono soltanto l’esplosione esterna di decisioni giа sofferte interiormente e costituiscono, per cosм dire, non solo l’espressione visiva, ma anche quasi la liberazione del suo tormento interiore. La Medea puт apparire quindi come un personaggio psicologicamente incongruente, in realtа si scopre la sua coerenza psicologica, tenendo conto del fatto che passionalitа e razionalitа, tensione emotiva e ragione costituiscono due piani diversi, ma non necessariamente contrastanti ed elidentisti, della persona umana, e che l’infinita varietа e molteplicitа dei gesti и il risultato del diverso e mutevole rapporto di forza tra le esigenze razionali e istanze emotive col quale si spiegano bene anche quegli atteggiamenti che appaiono a primo acchito contraddittori o impossibili in una unitaria struttura psichica; e puт anche accadere, in determinate situazioni esterne o interne, che le capacitа razionali e la forza della passione concorrano, quasi momentaneamente alleati, alla preparazione e al componimento delle azioni e che la ragione obbedisca o si ponga al servizio della passionalitа.
Di qui la complessitа, l’articolazione e la mutevole instabilitа dei movimenti interiori di un personaggio, come quello di Medea, costruito tutto per linee interne, di qui la ricchezza e la polivalenza (una sorta di coincidentia oppositorum) dei suoi stati d’animo che lasciano, ad ogni rilettura, come l’impressione di qualcosa di sfuggente, di impenetrabile, di indefinibile, o, meglio, suscettibile, ad ogni lettura, di acquisizioni nuove e illuminazioni inattese che spingono a nuove riletture con la promessa di ulteriori approfondimenti e chiarificazioni.
La situazione in cui si trova Medea - la quale peraltro si dimostra razionalmente e lucidamente consapevole dei fatti e della loro immutabilitа - и quella di una donna profondamente ed esistenzialmente frustrata tanto sul piano privato (individuale e personale) quanto sul piano pubblico (sociale e politico), ed essa viene puntualmente registrata da ossessive insistenze lessicali ed espressive il cui rilievo serve a completare la conoscenza dei meccanismi psicodinamici dell’evoluzione interiore di Medea, attraverso la rivelazione anche involontaria di aspetti e motivi inconsci (rimossi o repressi) che il linguaggio artistico con la sua tipica assenza di inibizioni puт far emergere.
Il ripudio di Giasone la “offende” e la “disonora”: di qui la sua “angoscia” e la “disperazione”, la conseguente “collera” e il desiderio di “vendetta”. Medea и donna eccezionale: di straordinaria razionalitа ma anche di estrema passionalitа. Ha scelto Giasone come fonte esclusiva e totale di ogni sua gratificazione, dopo aver creato il vuoto tra sй e il suo passato: ha infatti abbandonato la sua patria, la sua famiglia e la sua gente; ha persino ucciso il fratello, quasi a suggellare definitivamente una frattura irreversibile, per seguire Giasone.
Ma l’oggetto di tutta la sua libido, la persona in cui ha fissato tutta la sua energia esistenziale, viene meno. Per quell’amore ha travolto ogni coscienza di bene e di male, ha tradito, ha ucciso. Il tradimento di Giasone fa crollare tutto il fondamento della sua esistenza: il desiderio di vendetta и la logica conseguenza e umanamente ineluttabile della sua eccezionale passionalitа e da questo punto di vista la Medea и la tragedia di una vittoria.
Alla degradazione sul piano individuale si unisce l’emarginazione sociale, la discriminazione razziale e la solitudine: sola, senza amici e congiunti, lontana dalla sua patria, in una terra straniera, in mezzo a persone ostili o estranee, sente, ora, privata della gratificazione personale, la sua condizione di “diversa”, esposta alla vergogna e al riso. La sua eccezionale passionalitа non le consente di tollerare una tale situazione; la sua disperazione и raddoppiata, la sua passionalitа frustrata ha un altro motivo di vendetta.
Nella ricerca di una vendetta precisa Medea dimostra la sua lucidissima razionalitа posta, qui, al servizio della passionalitа frustrata. Dopo aver fissato e fondato la sua esistenza in maniera monomaniacale in Giasone, investendo su di lui tutta la sua libido, ingannata e tradita dall’oggetto della sua totale ed esclusiva passione, disinveste la sua libido da Giasone e la orienta di nuovo narcisisticamente su se stessa: allora tutto и fatto e giudicato in vista della sua vendetta perseguita con luciditа ed ossessione maniacale. Per attuare una vendetta completa, dopo una lotta lunga ed estenuante svolta nella sua interioritа, Medea decide di uccidere i figli avuti da Giasone, lucidamente consapevole che, assieme a quella di Giasone, attuerа la propria definitiva infelicitа: il suo sadichismo distruttivo risulta cosм, fatalmente, masochismo autodistruttivo. И un atto folle in sй, certo, tuttavia giustificato da un itinerario psicologico in cui le due forze contrastanti, l’istinto materno e l’odio della donna offesa collidono. Ed и senza dubbio il monologo che segna il culmine della “follia” e la decisione estrema dell’assassinio dei suoi figli. Nel monologo Medea affronta nel piщ duro confronto interiore la disperata rivolta della sua maternitа. La protagonista ripercorre le speranze nel futuro dei suoi figli che aveva sperato di poter godere. Resta invece solo la prospettiva atroce di una cittа e una casa lontane, un’espressione di ironia tragica, perchй mentre sembra alludere alla separazione tra i figli che restano a Corinto e la madre che andrа esule, adombra, nell’eufemismo non nominato, la morte.
Quando Medea posa lo sguardo sul viso sorridente e ignaro dei figli, quando incontra i loro “occhi luminosi” o si inebria di toccare la loro “morbida "morbida pelle", di sentire “la dolcezza del loro respiro”, sembra per un momento riconciliarsi con la vita, si affaccia l’idea di rinunciare al progetto sottolineando in termini quantitativi l’irrazionalitа: per colpire Giasone, Medea colpisce se stessa piщ duramente. Ma immediatamente il pensiero dell’affronto patito, la vergogna, l’ossessione di diventare “oggetto di riso e scherno” la rituffano in una spirale di odio che genera morte. Chi debba vivere non importa, a lei importa annientare colui che ormai odia, anche se vanno di mezzo le persone care come i figli, anche se costretta lei stessa a subire “un male due volte piщ grande”. I figli sono sentiti da Medea come figli suoi e quindi amati e teneramente vezzeggiati; ma essi sono anche figli di Giasone , e come tali Medea li ”odia” , e poi li uccide: non v’и dunque contraddittorietа nell’atteggiamento di Medea ; contraddittoria й ,invece, la realtа che ha sempre almeno due facce , cosм come due sono i piani interiori di Medea senza che per questo cessi di essere psichicamente una e coerente strutturata ;la varietа e la diversitа di atteggiamenti e di sentimenti sono la conseguenza della sua capacitа di aderire e di reagire alla molteplicitа e alla variabilitа del reale che la circonda . E i suoi figli sono da lei uccisi in quanto figli di Giasone ,come capro espiatorio, come oggetti che rappresentano lui: vengono sacrificati perchй sia distrutto ogni rapporto che lega Medea a Giasone , ma questa distruzione liberatrice e riscattatrice diventa tragicamente ,ma consapevolmente ,in qualche modo ,distruzione di Medea .
Si puт rimanere sconcertati di fronte a questa abissale profonditа di sentimenti e di passioni impressionanti in cui и difficile fare pienamente luce chiarificatrice : Euripide , ha rappresentato con spregiudicatezza infinita l’indicibile e l’irrapresentabile del cuore umano nelle sue pieghe piщ profonde e nelle sue parti piщ oscure e riposte, dove istinto e intelletto, passione e ragione si mescolano e si confondono senza che sia possibile separarle, dove la ragione deliberante si mette al servizio del turbamento e la logica, divenuta paralogismo, salva l’onore perchй salva le apparenze, ma obbedisce alle ingiunzioni di una forza oscura, dove l’assoluto smarrimento si coniuga con la luciditа estrema .
Di fronte al dramma di Medea si subisce il peso della sua sofferenza e della sua vendetta la quale, paradossalmente, dimostra, in una totale assenza degli dei, il senso dell’impotenza e della debolezza, pur nel contesto di una furia scatenata dalla natura, di fronte a condizioni dolorosamente irrimediabili di ingiustizia suprema. Tali tematiche sono evidenti soprattutto nella tragedia analizzata anche se ricorrono in quasi tutte le altre tragedie.
Successivamente ad Euripide l’interesse per l’analisi psicologica dell’uomo divenne sempre piщ marginale; questo forse perchй le mutate condizioni politico-culturali e una realtа che diveniva sempre piщ dura per la cultura greca fecero preferire agli “artisti” una letteratura di evasione o comunque di tutt’altro genere. Naturalmente abbiamo delle eccezioni come in Apollonio Rodio, che nelle sue Argonautiche mostra un particolare interesse per l’analisi intima dei suoi personaggi, in particolar modo della Medea. Anche Apollonio, come Euripide, molto probabilmente rimase affascinato da questa donna; tuttavia la Medea di Apollonio non и quella abbandonata dal compagno, ma la Medea innamorata e cosм viene vista e descritta con una profonditа di sentimenti assolutamente innovativi per l’epos. Pensiamo per esempio ai personaggi omerici: nessuno di questi possiede una personalitа in senso moderno ma venivano individuati solo attraverso degli epiteti riferiti a caratteristiche fisiche. Un Achille o un Ulisse appaiono quasi privi di sentimenti a differenza della Medea di Apollonio.
Anche piщ tardi nell’opera di Seneca ritroviamo un’acuta analisi dell’animo umano, anche se tale analisi deve esserci inserita nell’adesione del poeta alla filosofia stoica. La sua analisi interiore diviene quindi funzionale per il fine ultimo a cui il poeta mira, ossia la perfezione morale, vale a dire quella libertа interiore che sola puт procurarci in vita la tranquillitа e accompagnarci serenamente alla morte. L’unico scopo per cui Seneca compone opere in versi и quello di attribuire alla poesia uno scopo pedagogico, di farne uno strumento di ammaestramento morale. Perciт le tragedie furono composte con ogni probabilitа anche e soprattutto per mettere dinanzi agli occhi del giovane principe Nerone gli effetti deleteri delle passioni.
Al centro della Medea, cosм come delle altre tragedie senechiane, troviamo la rappresentazione dello scatenarsi rovinoso di sfrenate passioni, non dominate dalla ragione, e delle conseguenze catastrofiche che ne derivano. Il significato pedagogico e morale si individua, dunque, nell’intenzione di proporre esempi paradigmatici dello scontro dell’animo umano di impulsi contrastanti positivi e negativi. Da un lato vi и la ragione, di cui si fa portavoce la nutrice di Medea, che cerca di dissuadere la protagonista dai suoi insani propositi; dall’altra vi и il furor , cioи l’impulso irrazionale, la passione, l’amore, l’odio, l’ira, il rancore, presentate in sintonia con la dottrina stoica, come manifestazioni di “pazzia” di furor, in quanto sconvolgono l’animo umano e lo travolgono irrimediabilmente. In questa lotta tra il furor e la razionalitа, lo spazio dato al furor, al versante oscuro, alla malvagitа e alla colpa, и senza dubbio preponderante tanto che questo interesse per la psicologia delle passioni, che puт apparire quasi morboso, sembra talora far dimenticare al poeta le esigenze filosofiche-morali. In realtа la visione pessimistica, l’accentuazione degli elementi cupi e la forte intensificazione patetica, appaiono funzionali proprio a quel valore di esemplaritа negativa che i personaggi tragici rivestono agli occhi del filosofo; sono mezzi di cui l’autore si serve per raggiungere piщ efficacemente il suo principale obiettivo consistente nell’ammaestramento morale. Ed и proprio questo il punto di vista da cui dobbiamo interpretare l’analisi psicologica senechiana. Egli come Euripide mette in chiara luce come la personalitа umana sia costituita da una parte razionale e da una irrazionale, dominata da istinti e passioni controllabili, ma mentre per Euripide, proprio perchй l’uomo и anche irrazionalitа, i delitti di Medea non si possono giudicare moralmente, per Seneca si; anzi la tragedia deve servire all’uomo per sfuggire alle passioni e per evitare i comportamenti esemplificati da Medea. Quindi mentre l’uomo euripideo, essendo irrazionalitа, sfugge ad ogni possibilitа di controllo e di giudizio, l’uomo senecano, pur essendo anch’esso irrazionalitа, deve controllare e sottoporre alla ragione tale componente, secondo quell’ottica filosofica per cui l’uomo per vivere bene deve eliminare completamente la passione. E tra le passioni la piщ odiosa, pericolosa e funesta, per lo scrittore и senza dubbio l’ira a cui egli dedica un’opera il “De ira” appunto. Anche qui come nella tragedia, Seneca descrive dal punto di vista psicologico e caratteriale quella forza cieca che и l’ira. Tuttavia l’opera non si conclude con la descrizione in sй, ma con una dura critica e ne propone le soluzioni. L’autore afferma che l’ira non и mai accettabile nй utile in quanto prodotta da un impulso che offusca la ragione, e infatti ha manifestazioni molto simili a quelle della follia. Nel De tranquilitate animi invece l’autore fa un’analisi psicologicamente magistrale dei sintomi e manifestazioni di un animo inquieto e insoddisfatto. In particolare il filosofo procede ad una sorte di diagnosi del male che affligge un unico e tanti altri uomini per passare successivamente all’indicazione dei rimedi. Ne deriva una descrizione psicologicamente assai acuta e attualissima dello stato di disagio di chi и perennemente inquieto e scontento perchй non sa dare un senso alla propria vita. Egli dice (par. 6 libr. 2°)

Seneca richiama all’interioritа alla necessitа di trovare non all’esterno, ma in se stessi la soluzione dei problemi esistenziali: и necessaria, infatti, una sorta di conversione che puт attuarsi solo nell’intimo della coscienza. In un’epistola dice: “A che serve varcare i mari, cambiare cittа? Se vuoi sfuggire a ciт che ti assilla non devi andare altrove ma diventare un altro”. Solo nell’intimo, infatti, puт essere vinta la lotta contro i vizi e le passioni, che costituiscono i principali ostacoli alla serenitа, piщ in generale, solo dall’intimo scaturiscono le gioie piщ profonde e piщ vere: “Ritieniti felice allorquando ogni tua gioia nascerа da te stesso”. Dunque il sapiente lungi da fuggire da se stesso trova nella sua interioritа, perfettamente libera da condizionamenti esterni e interiori, il suo totale appagamento: “Non esiste alcun bene duraturo all’infuori di quello che l’anima trova in sй”.
Questo forte richiamo all’interioritа sarа sviluppato sotto l’influsso del neoplatonismo, ma con evidenti riprese senecane nella terminologia dal cristiano Agostino “Non andare fuori, ritorna in te stesso, la veritа risiede nell’intimo dell’uomo”. Tuttavia la veritа che Agostino troverа dentro di sй sarа un Dio trascendentale, una persona divina nella quale soltanto puт acquietarsi la, tormentosa inquietudine esistenziale. Le Confessioni sono un’opera di straordinario vigore psicologico e introspettivo nonchй di altissima efficacia rappresentativa di intimitа d’animo. Dei mali sofferti e dei beni goduti, S. Agostino loda con una veemenza cosм sincera e cosм commossa che trasforma in lirica eloquente anche i concetti piщ difficili. La letteratura latina si arricchм con le Confessioni di un modello pieno di fascino e destinato a dare origine a una nuova letteratura volta all’analisi interiore, non superficiale nй generica, ma coraggiosa e risoluta. L’introspezione per la quale all’autore interessano, piщ che gli eventi le situazioni spirituali che gli accompagnano, e che ha esercitato con un acume eccezionale lo spingeva uno stile fitto di esclamazioni e di interrogazioni, che manifestano l’ansia di giungere almeno per approssimazione all’espressione dei sentimenti che urgono dentro. Tuttavia bisogna evidenziare che l’analisi psicologica d’introspezione agostiniane sono volte alla descrizione di una crescita spirituale che ha come ultimo traguardo Dio, il suo dolore e le sue sofferenze che egli sa analizzare e rendere
perfettamente, sono risolte, non attraverso la filosofia o l’eliminazione di vizi o passioni, ma in Dio. Quindi l’analisi psicologica ha come fine ultimo Dio e sono semplicemente analisi di ciт che un uomo vive e prova in quanto razionalitа ma anche irrazionalitа.

Svevo e Pirandello: il relativismo della coscienza (e non solo)
Euripide, Seneca, S. Agostino hanno rivolto la loro attenzione a ciт che, forse, puт essere chiamata l’essenza stessa dell’uomo. Tuttavia и senza dubbio nel novecento che la letteratura svolge una piщ attenta analisi all’animo dell’uomo, ne sono esempi mirabili Svevo e Pirandello, ma per comprendere la loro opera и necessario inserirla all’interno di quel particolare contesto storico (vedi allegato) e di quel dibattito culturale di cui и senza dubbio figlia.
La consapevolezza di vivere una crisi culturale, una decadenza, una dissoluzione irreversibile portт gli intellettuali a ripiegarsi su se stessi, a ricercare oltre la fenomenologia delle apparenze e dei fatti una realtа piщ profonda, l'essenza delle cose e della vita, insomma a discendere verso l'“interno paese sconosciuto”. I fondamenti comuni di questa nuova visione del mondo si rintracciano in quella generale crisi delle ipotesi razionalistiche forti, crisi prospettatasi giа dalla fine del secondo Ottocento con l'esaurimento del positivismo: pensiamo al tramonto dei valori borghesi enunciato con radicale nichilismo da Nietzsche e avvertibile nella cultura di fine secolo della “decadenza”; alla reificazione e mercificazione dell’uomo nella societа industriale analizzata da Marx; allo svelamento dell'inconscio e delle sue leggi segrete perseguito nelle dottrine freudiane. Siamo con ciт dentro l’illuminante pensiero critico di “tre grandi distruttori” o “maestri del sospetto” (Paul Ricoeur). I tre con strumenti e discipline diverse avrebbero introdotto il dubbio nella roccaforte stessa della coscienza, cioи dentro il soggetto pensante, incrinando cosм, con un'opera di demistificazione e smascheramento, i fondamenti della civiltа precedente. Commenta Ricoeur :”Dopo il dubbio sulla cosa, и la volta del dubbio sulla coscienza”, poichй Marx, Nietzsche e Freud hanno svelato che la “coscienza non и quella che crede di essere”. Con questa revisione dei fondamenti del pensiero si connettono altre problematiche , che hanno provocato o fiancheggiato questa stessa revisione o che ne discendono : la percezione della crisi della totalitа che produce discontinuitа e frammentarietа come nuove chiavi di lettura di un reale composito e antiunitario; le concezioni del relativismo, possibilismo e prospettivismo conoscitivo indotte dalle scienze novecentesche e in primo luogo dalla fisica ; la consapevolezza che tempo e spazio sono mutati , e che si sono insediate nuove prospettive multiple. Й evidente quindi come le teorie della ”relativitа'” di Einstein, del "tempo come durata" di Bergson, dell'inconscio” di Freud, si opera una nuova rottura epistemologica ,una nuova rivoluzione in grado di incidere profondamente a tutti i livelli della cultura e di provocare angoscia e smarrimento negli uomini stabilendo che spazio, tempo e massa non sono grandezze assolute ma relative al sistema di riferimento (Einstein) mettendo in discussione il principio di causa ed effetto (Heisenberg e Freud), vengono messe in crisi i principi su cui si era no rette fino alle soglie del novecento, le scienze della natura in particolare la fisica e le scienze dell'uomo.Tuttavia tali concetti, non sono sentiti solo come dato scientifico ma come stato d'animo, come perdita d'identitа, e verranno trascritti a livello letterario come frantumazione - relativizzazione del personaggio, della coscienza, della realtа, del tempo. Й naturale - afferma Pirandello - che il concetto della relativitа di ogni cosa si sia talmente allargato in noi tanto che nessuno riesce piщ a stabilire un punto di vista fermo e incrollabile. Й chiaro allora che cambiando gli elementi concettuali della conoscenza (i rapporti di spazio-tempo, i rapporti di causalitа e rapporti logici) cambino anche i modi di guardare la realtа e con essi anche i modi di gestire la letteratura, l'arte, la cultura in genere e quindi correlate strettamente ai mutamenti esterni, sociali, conoscitivi, appaiono le condizioni interiori del soggetto , sottoposto a inquietudini, lacerazioni, conflitti. Tale “complesso tematico” messo in chiara luce nella letteratura del primo Novecento secondo diverse prospettive. Da questa analisi si capisce perchй vi и un ritorno verso l’interioritа, ma anche perchй la stessa realtа viene vista non come punto fermo, ma come relativitа. L’analisi della coscienza in Svevo
diviene quindi un modo non solo per evidenziare la falsa coscienza e i suoi inganni, ma anche gli inganni delle realtа stesse.
Nella Coscienza di Zeno egli perviene con grande maturitа alla consapevolezza della frantumazione dell’io e della perdita di un’identitа precisa. L’autobiografia in esso contenuta и tutta un gigantesco tentativo di autogiustificazione di Zeno che vuole dimostrarsi innocente da ogni colpa nei rapporti col padre, con la moglie, con l’amante, con il rivale Guido: in realtа traspaiono in ogni pagina i suoi impulsi reali, che sono regolarmente ostili ed agressivi addirittura omicidi. Ma non si tratta di menzogne intenzionali: sono i sensi di colpa che tormentano il suo inconscio. L’agire di Zeno и sempre e il prodotto di impulsi inconsci. Si pensi solo alla precipitosa domanda di matrimonio alla brutta Augusta dopo il rifiuto della bella Ada e di Alberta: essa non и certo un fatto accidentale, in realtа, inconsciamente Zeno desiderava proprio la donna materna e l’amore impossibile per Ada era un ostacolo che egli senza saperlo frapponeva al proprio desiderio. Per tutto il romanzo ogni gesto, ogni affermazione di Zeno sia dello Zeno personaggio che agisce nel racconto, sia dello Zeno che narra a distanza di anni rivela in trasparenza un groviglio complesso di motivazioni ambigue sempre diverse o addirittura opposte a quelle dichiarate consapevolmente per cui la coscienza di Zeno appare in primo luogo una cattiva coscienza, una coscienza falsa come quella degli eroi dei romanzi precedenti, suoi fratelli carnali, tanto che il titolo del romanzo puт anche essere preso in accezione antifrastica e venir detto piuttosto, come и stato suggerito, L’incoscienza di Zeno. Anche qui, poi la realtа oggettiva dei fatti che s’intravede dietro la mistificazione dello Zeno narratore e personaggio s’incarica spesso di farci dubitare delle motivazioni da lui adottate; per cui Zeno appare avvolto da un alone di ironia “oggettiva”. Attraverso l’analisi della coscienza e della subcoscienza, nell’indagine dei piщ tortuosi meandri dell’anima che Zeno meglio arriva a capire la vischiositа delle sue contraddizioni, il disagio della sua costituzionale inferioritа e della sua assenza della vita, in una parola della sua malattia: l’inettitudine. Tale condizione appare come una malattia psichica, una forma d’irriducibile diversitа individuale, una sofferta coscienza di separazione dal mondo borghese in opposizione alla “normalitа”, alla “salute” intesa come conformismo sociale, come decisione inconscia e irrazionale di adesione a quel mondo. Ma alla fine del romanzo Zeno comprende come la propria inettitudine, che egli aveva sempre scambiato per debolezza congenita и invece la sua vera forza in quanto sottraendola dalle regole fisse di comportamento e da quella vita tutta scandita da scelte e decisioni precise gli consente di agire per caso e di ottenere successo. Il caso regola veramente il vivere e ad essa l’uomo non puт applicare la propria logica razionale; la vita и cosм assolutamente relativa che solo chi si adegua alla casualitа e agisce per caso puт trovarsi bene. Ma mentre raggiunge tale certezza nи matura un’altra piщ tragica e funesta la vita и una malattia, и infermitа che si vа aggravando perchи l’uomo viene sempre piщ violando le leggi della natura e inquinandole. La realtа diviene quindi dominata dai meccanismi del profitto creati dalla societа borghese, dall’alienazione e da frustrazione psicologica dell’uomo indotto dalla macchina ripetitiva del lavoro.
E proprio perchи l’alienazione e la frustrazione dell’uomo sono note e prodotte anche dalla e nella storia, oltre che ad essere connaturate alla sua condizione esistenziale, il protagonista sveviano di trova in lotta contro la societа, la societа del denaro e del possesso e le uniche alternative appaiono la catastrofe ipotizzata nelle pagine conclusive della

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