Lo spazio nel 400

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Testo

Lo spazio e l’uomo nel Quattrocento
Durante il Medioevo la ricerca armonica sulla tridimensionalità che aveva portato i romani ad ottenere gli effetti di illusionismo prospettico di cui sono esempio gli affreschi di Pompei, viene a mancare, e ad a una visione naturalistica, tridimensionale della realtà se ne sostituisce una bidimensionale: la rappresentazione, destinata ad un pubblico colto, ovvero alla corte del sovrano, è rappresentazione di ciò che trascende la realtà, è rappresentazione non contingente di una verità trascendentale che deve essere letta con gli occhi della mente. Successivamente, con lo sviluppo economico conseguente allo accrescimento dei comuni e l’emergere di nuove classi economicamente e politicamente potenti, anche se non colte, si impone la necessità di allargare le conoscenze anche ai meno istruiti e l’arte diviene di conseguenza meno élitaria, più direttamente comprensibile a tutti, e la rappresentazione artistica si muove verso il realismo, partendo dalle esperienze classiche. Si tenta pertanto di dare intuitivamente prospettiva ai dipinti, in particolare chi riesce nel modo migliore a dare tridimensionalità alle proprie opere è Giotto, che inizia la ricerca prospettica che verrà portata a compimento nel Quattrocento. E’ proprio con l’avvento dell’età Umanistica, infatti, che si affermano nuove idee e concezioni tali da rendere possibile e allo stesso tempo necessario, il grande rinnovamento che prende vita nell’arte quattrocentesca. Alla visione dell’universo teocentrica, tipicamente medioevale si sostituisce quella antropocentrica: all’uomo si riconosce una nuova dignità, egli diviene artefice del proprio destino, dotato di potenzialità e capacità, di conseguenza anche il lavoro dell’uomo viene grandemente esaltato. Inoltre con l’età Umanistica nasce il culto dei classici, perché proprio nel mondo antico si ritrovano i valori che l’Umanesimo propone. Il culto dei classici si traduce nella riscoperta e rilettura di testi antichi secondo canoni filologici, e nell’imitazione, in tutti i campi artistici, delle opere antiche. Così si diffonde la volontà di calarsi nella classicità per studiare, comprendere e riprodurre le forme antiche perché esempio di armonia e perfezione. La riproduzione rinascimentale non è tuttavia una riproduzione passiva, ma, al contrario, lo scopo è quello di produrre qualcosa di nuovo. Dopotutto la riscoperta dei classici avviene per presa coscienza del senso della storia e dell’impossibilità di porre sullo stesso piano e di giudicare con gli stessi parametri culture e produzioni delle culture stesse, divise da molti secoli, operazione che era stata fatta durante tutto il Medioevo.
Si applicano quindi, i canoni classici che le opere di Vitruvio avevano tramandato e si ritrovano i rapporti perfetti tra le varie parti del corpo umano andando a misurare le statue antiche: tutto viene ridotto a rapporti misurabili di grandezze, di cui l’uomo è l’ ”unità di misura”, secondo appunto una visione antropocentrica della realtà: l’uomo è, secondo Vitruvio, creato dalla natura in modo ben proporzionato, appare quindi logico attenersi alle proporzioni e alle simmetrie del corpo umano anche in ambito architettonico.La mente umana opera in campo pittorico la stessa riduzione di tutto a rapporti di grandezza, questa volta però con il metodo prospettico. La prospettiva è infatti una rappresentazione dello spazio, ma di uno spazio pensato come dimensione della relazione e quindi dell’azione umana, è il rapporto dell’uomo col mondo. D’altra parte la prospettiva è una rappresentazione razionale della realtà naturale, essa dà il vero spazio, dà ordine alle cose, e quindi l’immagine di spazio che essa ci dà si identifica con l’immagine di spazio percepita con gli occhi della mente: la prospettiva è il modo di vedere secondo intelletto.

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