Le civiltà extraterrestri- da Isaac Asimov

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Testo

RELAZIONE : CIVILTÀ EXTRATERRESTRI
ISAAC ASIMOV

Fin dai tempi più antichi l’umanità ha cercato di risolvere una serie di interrogativi - che tutt’oggi ci affascinano - riguardanti civiltà extraterrestri. La domanda è : “É possibile che esistano altre forme di intelligenza nell’Universo?”
La cosa che ha fatto sì che si pensasse all’esistenza di altri mondi è la LUNA . Essa è l’unico oggetto celeste che cambia aspetto in modo ben visibile (le varie fasi lunari). Nella sua luminosità si scorgono macchie più scure e si è pensato che quelle macchie potessero essere figure umane, dato che non si conoscevano le sue reali dimensioni .
Fu Ipparco a calcolare che il suo diametro è circa 1/4 di quello della Terra. L’idea di una possibile vita sulla Luna spinse molti astronomi del tempo a studiarne meglio la superficie; ma ci fu una grande delusione quando si scoprì che è un mondo senz’aria e senz’acqua e i mari che erano stati visti da Galileo erano in realtà dei crateri.
Ma siamo sicuri che un mondo senz’aria e senz’acqua sia anche un mondo senza vita? Esistono forme di vita microscopiche che non usano ossigeno ma nessuna può fare a meno dell’acqua; essa sembra svolgere un ruolo importante per il progressivo montaggio delle strutture molecolari. Non possiamo nemmeno pensare ad un mondo fondato sul gas perché le loro molecole sono troppo omogenee e sarebbe difficile avere reazioni regolate e neanche sui solidi perché le loro molecole sarebbero troppo “ferme” e le reazioni chimiche troppo lente. Quindi finché non avremo prove certe del contrario, dovremo continuare a ritenere che un mondo senza liquidi è un mondo senza vita.
Passiamo ad esaminare i pianeti del nostro sistema solare.

MERCURIO è il più piccolo e il più vicino al sole quindi ha temperature più elevate, per cui le molecole gassose sono più veloci e più difficili da trattenere. Durante il giorno, la superficie raggiunge i 700° Kelvin, mentre la notte scende fino a 100° K. Il suo giorno, dall’alba al crepuscolo, è il più lungo del sistema solare, pari a 176 giorni terrestri. La sonda spaziale Mariner 10 si è avvicinata a Mercurio negli anni settanta e ha rilevato che la superficie del pianeta è rocciosa e cosparsa di crateri circondati da anelli concentrici di colline e valli che hanno probabilmente avuto origine quando una collisione meteoritica ha causato onde d’urto che si sono propagate verso l’esterno. Inoltre ha una densità eccezionale per le sue dimensioni, il che implica l’esistenza di un nucleo ferroso molto grande; il campo magnetico è intenso, e questo fa pensare che il nucleo sia in parte liquido.
VENERE sembrava dare più speranze. Esso ha una atmosfera molto densa ed è avvolto da una perenne fascia di nubi che ha dimostrato la presenza di acqua ma ha impedito di intravedere la sua superficie.
L’atmosfera di Venere è molto densa ed è composta per il 95% di anidride carbonica che permette alla luce del Sole di penetrare ma assorbe i raggi infrarossi e perciò alza la temperatura fino a 480°C e sottopone il pianeta ad un “effetto serra galoppante”. Quindi non ci può essere acqua allo stato liquido.

MARTE sembrava dare ancora più speranze : l’inclinazione del suo asse è quasi uguale a quello della Terra quindi c’è un’alternanza di giorno e notte e ci sono le stagioni; inoltre ai poli ci sono calotte di ghiaccio. Ma la sua atmosfera è costituita per il 95% di anidride carbonica e l’ossigeno e il vapore acqueo sono presenti solo in tracce.
I due astronomi Schiapparelli e Secchi avevano notato sulla superficie di Marte delle linee scure che chiamarono canali, ritenendo che fossero vie d’acqua artificiali. Ma l’astronomo Barnard li studiò più a fondo e capì che essi erano l’illusione ottica risultante da probabili crateri (questo fatto fu confermato più tardi da sonde spaziali inviate sul pianeta). Inoltre si studiò la temperatura di Marte che saliva a 25°C all’equatore e fino a -100°C dopo 12 ore di buio. Sonde spaziali inviate su Marte mostrarono crateri che annunciavano un mondo morto e l’analisi del suolo indicò l’assenza di composti organici che sono necessari per la vita. Ma se le attuali condizioni del “pianeta rosso” non sono ospitali per le forme di vita a noi note, esso potrebbe in passato aver goduto di climi più miti, e quindi più favorevoli alle condizioni di vita. Le fotografie del pianeta scattate dalla sonda Viking fanno pensare che grandi masse d’acqua abbiano scolpito la superficie di Marte qualche miliardo di anni fa.
Nel 1984 fu ritrovata in Antartide una meteorite di indubbia origine marziana, delle dimensioni di una patata e del peso di 1,9 kg e fu denominata ALH84001. Il suo aspetto più interessante è rappresentato dai globuli carbonatici che ci hanno condotto a ipotizzare che nel lontano passato, forme di vita microscopiche siano venute in contatto con la roccia. Questa ipotesi si basa essenzialmente sui globuli carbonatici riscontrati nella meteorite e in particolare sulla presenza di molecole organiche nell’interno e sulla superficie dei globuli.
Si spera che nel 2005 sia possibile lanciare una missione in cui un robot raccolga campioni di rocce del suolo marziano e li riporti sulla Terra due anni e mezzo più tardi.

Analizziamo gli oggetti oltre l’orbita di Marte con diametri dai 2900 ai 6500 Km. Sono sette; sei satelliti : Io, Europa, Ganimede, Callisto, Tritone, Titano, e un pianeta: Plutone. Quest’ultimo è così lontano dal Sole e ha una temperatura così bassa che vi gela anche il metano.
Tra i satelliti, Titano è l’unico ad avere una vera e propria atmosfera, la quale è composta principalmente da metano. La temperatura è di circa -150°C. Insomma, Titano avrebbe sia liquido libero che composti organici: è il minimo richiesto per la vita; ma qui sorge il problema se gli idrocarburi possano sostituire l’acqua come liquido base per la formazione della struttura della vita. L’acqua è un liquido polare, cioè ha minuscole cariche elettriche agli estremi che provocano attrazioni e repulsioni che svolgono un ruolo importante nei mutamenti chimici della vita.
Finché non avremo alcuna prova del contrario dovremo continuare a contare solo sulla vita dall’acqua.

Nelle distese oltre Marte potrebbe essere successo che pianeti in formazione avessero raccolto materie ghiacciate oltre a rocce e metalli, per sviluppare un centro gravitazionale abbastanza forte da trattenere l’elio, il neon e magari anche l’idrogeno che renderebbe molto più facile raccogliere altre particelle e così ci avrebbe l’effetto “palla di neve” che porterebbe alla formazione del pianeta.
Quattro sono i pianeti che si sono formati in questo modo: Giove, Saturno, Urano e Nettuno.
GIOVE è il più grande con un diametro di 11,2 volte quello della Terra.
Nel ‘72 fu lanciata verso di lui la sonda Pioneer 10 : risultò che il pianeta è composto soprattutto di idrogeno con qualche traccia di elio. La parte più esterna è fredda ma a 950 metri dalla superficie nuvolosa la temperatura è di 3600°C. Nello strato più freddo più alto del pianeta c’è acqua, ammoniaca e metano che potrebbero combinarsi per formare la vita quale noi la conosciamo.
Potremmo benissimo immaginare l’oceano gioviano popolato da cellule viventi e anche animali multicellulari che nuotano nelle corren- ti. Ciò che vale per Giove può valere anche per gli altri tre giganti esterni non ancora esplorati ma in questi quattro pianeti la vita sarebbe essenzialmente oceanica, perciò non sembra probabile che ci sia civiltà tecnologica come noi la intendiamo. Riassumiamo le varie condizioni che sembrano necessarie perché un pianeta possa essere adatto allo sviluppo della vita.
1- Deve trovarsi in un sistema solare idoneo, cioè la stella attorno a cui orbita non deve essere troppo grande perché sarebbe instabile, né troppo piccolo perché non potrebbe irradiare sufficiente calore;
2- Il pianeta candidato alla vita non deve avere un tempo di rotazione troppo lento su se stesso (momento angolare), altrimenti diventerebbe difficile il mantenimento di una certa omogeneità climatica;
3- Deve avere giuste dimensioni: non troppo grande per evitare di rimanere avvolto in una “parrucca” di gas come Giove, né troppo piccolo per non rimanere completamente “calvo” come la Luna e perdere la sua atmosfera di superficie;
4- Deve essere ad una giusta distanza dalla stella: né troppo vicino per evitare l’evaporazione degli oceani, né troppo lontano per evitare il congelamento;
5- Deve disporre di acqua liquida in superficie.

Il sistema solare non è l’unico nell’Universo. Andiamo quindi alla ricerca di altri possibili sistemi planetari.
Possono esserci stelle con massa molto inferiore a quella del Sole. Se fossero solo 1/50 di questa avrebbero troppo poca massa per accendersi in un fuoco nucleare e somiglierebbe più ad un pianeta che non ruota attorno ad alcuna stella.
L’esperienza ci dice che il numero di un dato tipo di corpo astronomico aumenta col diminuire delle sue dimensioni: ci sono più stelle piccole che grandi, più pianeti piccoli che grandi... e così via.
Quindi le “sotto-stelle” di cui abbiamo parlato prima sarebbero molto più numerose delle normali stelle; ma può formarsi la vita in esse?
Come abbiamo già detto, le esigenze della vita sono: un liquido libero (preferibilmente acqua), composti organici ed energia (necessaria per la formazione dei composti). Supponiamo una sotto-stella o un pianeta che gira attorno a una sotto-stella un po’ più massiccia di Giove. Esso avrebbe del calore interno ma , per l’effetto isolante degli strati più esterni, ne trapelerebbe ben poco in superficie. La sua formazione sembra molto simile a quella dei corpi del sistema solare esterno. Per formare un mondo con della vita bisogna che una stella vicina fornisca abbastanza calore; dobbiamo quindi concentrare la nostra attenzione sulle stelle. La prima impressione è incoraggiante perché ne esistono una quantità impressionante.
Quando Galileo osservò la VIA LATTEA per la prima volta, scoprì che era formata da una miriade di stelle. La via lattea è una nebbia confusa e luminosa che sembra formare una cintura attorno al cielo; potremmo definirla come tutto il sistema solare ma questo lo si preferisce chiamare “GALASSIA”. Nella “nostra” Galassia ci sono 300 miliardi di stelle. Ma esiste solo la “nostra” Galassia? Prendiamo due macchie luminose nel cielo, così a sud da essere invisibili ad occhio nudo: furono descritte per la prima volta dal cronista che accompagnò Magellano e perciò sono chiamate “Grande nube di Magellano” e “Piccola nube di Magellano”. Esse sono lontane da noi rispettivamente 170.000 e 200.000 anni luce cioè oltre i confini della nostra Galassia, quindi ognuna è una Galassia per proprio conto; ma non sono molto grandi: quella grande comprende circa 10 miliardi di stelle e quella piccola circa 2 miliardi.
Fu scoperta un’altra Galassia: la Galassia di Andromeda che risulta lontana 2.200.000 anni luce e conta fino a 600 miliardi di stelle.
L’esistenza delle sole stelle non garantisce anche l’esistenza di civiltà quindi dobbiamo prendere in considerazione i sistemi planetari che vi ruotano attorno. Purtroppo non possiamo osservare i dintorni di nessuna stella oltre il Sole perciò se analizziamo come si è formato il nostro sistema solare potremo avanzare ipotesi sulla formazione di altri sistemi planetari.
Il sistema solare inizialmente si presentava come un long-playing di gas: al posto dell’etichetta c’era il Sole in formazione e lungo i vari solchi giravano altre sfere di gas, cioè i futuri pianeti. I gas e il pulviscolo vennero risucchiati da questi corpi che si condensavano. Il Sole, diventando sempre più grande, si “accese”. Alla fine, tutto il gas era scomparso, risucchiato dal Sole e dai pianeti.

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