La pena di morte

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Testo

La pena di morte è l'attuazione del principio etico-giuridico in base al quale lo Stato può decidere legittimamente di togliere la vita ad una persona. Ma di fronte agli elenchi di alcolizzati, malati di mente, emarginati di ogni tipo mandati a morte si ha solo l’impressione di essere di fronte ad un’assurda gestione del potere. Infatti nei Paesi in cui è ancora in vigore questa pena ad essere giustiziati non sono soltanto gli omicidi, ma anche i responsabili di reati economici, talvolta molto lievi.
Spesso i processi non sono equi e regolari. In Iran negli anni scorsi sono stati celebrati processi della durata di pochi minuti, davanti ad un giudice non indipendente (un'autorità politico-religiosa), e si sono conclusi con una sentenza di morte, inappellabile, eseguita quasi immediatamente. In Cina nel 1999 con un colpo di pistola alla nuca, inginocchiati con un cartello appeso al collo, sono cadute 1077 persone. Di seguito l’Iraq ne ha uccisi nello stesso anno 777, in India 18 ragazzini tra i 14 e i 18 anni sono in carcere e aspettano la morte. Anche negli USA, pur con un sistema giudiziario assai evoluto,nessuno ha mai detto un no radicale alla pena di morte, anzi, oggi sono più di 3500 quelli che aspettano di essere giustiziati nelle carceri americane.
La pena di morte ha radici molto antiche; infatti, si hanno prove della sua applicazione fin da popoli come Babilonesi, Egizi, Greci e Romani.
Successivamente nel Medioevo in Europa la pena capitale veniva applicata per crimini come omicidio, furto, sacrilegio e tradimento, a volte sulla base di leggi, spesso in modo arbitrario dal potente di turno. Venivano utilizzati la decapitazione, l'impiccagione, l'annegamento e la tortura fino alla morte.
Col passare dei secoli, la pena capitale rimase in vigore in quasi tutti i Paesi, e vennero introdotti sempre nuovi strumenti di morte. Per esempio nella Francia dell'Ancienne Regime essa era eseguita con raffinati supplizi differenziati a seconda del rango sociale del condannato o del tipo di reato commesso: l'impiccagione, la decapitazione, il rogo, la ghigliottina..
La pena di morte restò nella maggior parte degli ordinamenti giuridici fino alla fine del XVIII secolo, quando cominciarono ad essere numerosi e importanti gli sforzi per combatterla e favorirne l'abolizione.
La più famosa denuncia dell'ingiustizia della pena di morte si deve al giurista italiano Cesare Beccaria, che nell'opera Dei Delitti E Delle Pene (1764), sostenendone l'inefficacia come mezzo di prevenzione del crimine e sottolineando la possibilità dell'errore giudiziario, ne propose l'abolizione. Uno dei primi esempi di abolizione totale della pena di morte si deve a Pietro Leopoldo di Toscana, che la eliminò dal Granducato di Toscana nel 1786.
A partire dal XIX secolo, in numerosi Stati, prima in alcuni occidentali, poi via via in molti altri, la pena di morte venne abolita e sostituita da altre punizioni come il carcere a vita. Durante questo secolo però essa ha continuato ad essere utilizzata da alcuni governi dittatoriali per sbarazzarsi di chi li contrastava, per motivi di ideologia o di colore della pelle, come in Sudafrica durante l'apartheid, in Russia ai tempi di Lenin e Stalin, in Europa ai tempi del nazismo.
Purtroppo in molti Stati rimane tuttora in vigore, e la popolazione, nella maggior parte dei casi, non è per niente contraria all'applicazione di questa estrema pena. Il fatto preoccupante è che in numerosi Paesi, soprattutto in quelli a regime dittatoriale, la pena capitale è ancora applicata con una certa arbitrarietà da parte dei potenti, sebbene ci siano leggi scritte già da moltissimi secoli. Anche i metodi odierni utilizzati nei paesi più avanzati possono essere considerati forme di tortura, pensiamo alla sedia elettrica, all’ impiccagione, alla camera a gas, all’ iniezione letale,alla fucilazione.
I sostenitori della pena di morte trovano ragioni diverse a sostegno della loro tesi, ragioni di ordine etico, sociale, anche economico.
Essi partono dal presupposto che compito fondamentale dello Stato sia difendere ad ogni costo i singoli individui e la comunità, che chi rispetta la legge ha diritto ad una tutela maggiore rispetto a chi la viola, che chi commette reati deve pagare, che esistono colpe per cui nessuna pena, tranne la morte, costituisca la giusta punizione.
Sarebbe quindi un'esigenza di giustizia a sostenere le loro ragioni: assegnare una pena proporzionata alla colpa.
Essi sostengono che lo Stato si limita a difendere la società dalla pericolosità dei criminali, cercando attraverso la pena di impedire che commettano altri reati e sono convinti che la durezza della pena sia sufficiente in molti casi ad evitare che il reato venga commesso.
In modo particolare la pena di morte svolgerebbe una funzione preventiva nei confronti di ondate di criminalità organizzata in grado di sconvolgere la vita sociale di uno Stato (mafia, terrorismo ecc.).
Secondo questi sostenitori la pena di eliminerebbe la tentazione di vendette private.
L'eliminazione definitiva di un delinquente eviterebbe poi il ripetersi di altri reati da parte dello stesso che potrebbe ritornare in libertà e certamente sul piano economico essa rappresenta un sistema di punizione molto meno gravoso di una lunga detenzione e dell'ergastolo, e quindi vantaggioso per la comunità.
Coloro che si oppongono, ai quali anche noi ci uniamo, ritengono che nessun uomo né individualmente né come rappresentante della comunità abbia il diritto di togliere la vita ad un altro uomo, indipendentemente dalla gravità delle colpe commesse.
Inoltre la pena non deve tendere alla vendetta o alla semplice punizione del colpevole, ma alla sua rieducazione e al suo recupero sul piano umano e sociale: e quale recupero sarà mai possibile nei confronti di un morto?
E’ anche assurdo credere che un criminale consulti il codice per scegliere il crimine da commettere, così come la pena capitale non rappresenta uno strumento efficace contro la criminalità organizzata, che è stata sì a volte vinta, ma con altri mezzi, in particolare colpendola nei suoi interessi economici.
La tendenza alla vendetta privata, va invece affrontata, secondo gli oppositori, in termini di educazione sociale.
A tutte queste considerazioni se ne aggiunge anche un’altra molto significativa : la possibilità di errori giudiziari, cioè la possibilità tutt'altro che remota di uccidere un innocente, giustifica da sola l'abolizione della pena capitale. Essa infatti è irreversibile:non si può più risarcire chi è stato condannato ingiustamente.
In Italia la pena di morte è stata abolita per ogni crimine nel 1994 anche se dai recenti sondaggi risulta che il 58% della popolazione sia comunque favorevole alla pena di morte, solo il 42% sia contrario. Negli Stati Uniti invece il 73% della popolazione si schiera a favore della pena, solo il 27% contro.
Comunque, la pena di morte è in teoria vigente nello Stato della Città del Vaticano, limitatamente al caso di attentato contro la vita, l'integrità o la libertà personale del Papa o di attentato contro il capo di uno Stato estero, quando la legge di tale Stato prevede appunto questa pena (Legge Vaticana 7 giugno 1929, n. 11, art. 4). In Vaticano le ultime esecuzioni risalgono al pontificato di Pio IX (1846-78).
Oggi, la Chiesa cattolica ha una posizione e un'idea ben precisa: combattere la pena di morte, in ogni caso. Il Papa ha più volte lanciato appelli per evitare esecuzioni imminenti: ne è un esempio il caso di Rocco Barnabei.
Quest’ultimo era un cittadino italo-americano dello Stato della Virginia, uno dei più decisi nell’applicare la pena di morte (dal 1976 al 1995 sono state uccise 73 persone). Barnabei è stato giustiziato il 14 Settembre 2000 con un’iniezione letale, accusato dell’omicidio della sua ragazza, la diciassettenne Sarah Wisnosky, avvenuto nel Settembre del 1993. Egli si è sempre proclamato innocente e anche associazioni come Amnesty International sono intervenute in sua difesa. E’ stato tutto inutile, anche il Papa non ha potuto niente contro la macchina della morte americana; quest’ uomo è stato ucciso e nessuno saprà mai veramente se era colpevole o innocente.

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