La pena di morte

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4° liceo scientifico, tema di attualità

LA PENA DI MORTE
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere ala rieducazione del condannato. Questo è un passo tratto dalla nostra Costituzione (art. 27), ma oltre a ciò è anche un principio etico su cui ogni stato si dovrebbe fondare. Purtroppo così non è: sono ancora moltissimi, troppi, i paesi in cui la pena di morte viene considerata un metodo efficace, forse l’unico metodo efficace di lotta alla criminalità. La pena capitale è infatti una realtà al giorno d’oggi in poco più della metà degli stati del mondo, stati nei quali centinaia o addirittura migliaia di anni di evoluzione sociale e, anche, giuridica, non hanno condotto a nessun miglioramento sotto il punto di vista umano: agli albori della civiltà un crimine era punito con la morte (o con pene fisiche proporzionali al reato commesso), oggi un crimine è punito con la morte.
È impossibile parlare della pena di morte e non parlare degli Stati Uniti, il perché è ovvio: uno degli stati più ricchi ed avanzati al mondo non può essere nella nostra mente legato alla barbarie, ma non sempre la realtà è come la immaginiamo e soprattutto in questo caso è troppo lontana dalle nostre aspettative. Proprio dagli States ci giungono, vuoi anche per il fatto che ogni avvenimento d’oltreoceano ha grande risonanza in Europa, frequenti notizie riguardanti il tema in questione: quando un’esecuzione, quando una manifestazione, quando una presa di posizione dei governanti, insomma, molti sono gli avvenimenti, ma nessuno porta ad un miglioramento. Ma forse quello che più fa riflettere non è tanto il fatto che sia in vigore o no questa terribile pratica, quanto il modo in cui viene da moltissime persone apprezzata e addirittura richiesta. Accanto alle migliaia di persone che scendono in piazza a manifestare il proprio disappunto, ce ne sono altrettante, se non di più, che vedono nella pena di morte una punizione efficace, ma soprattutto giusta. Queste sono poi le persone che, tirata la tendina, sarebbero capaci di decidere a chi affidare il proprio voto anche solo in base alla posizione del candidato sull’estrema punizione. Per questo i governatori di vari stati mantengono non solo in vigore, ma anche attiva, questa pratica, purtroppo utilizzata come mezzo per ottenere il consenso; sempre per questo i due candidati alla presidenza alle prossime elezioni, interrogati sulla delicata questione, acquistano un’improvvisa serietà (serietà che troppo spesso manca durante le campagne elettorali a stelle e strisce) e, rivolgendosi direttamente a coloro che sostengono la pena capitale, assicurano premurosamente di essere della stessa opinione. Tra le altre cose uno dei due candidati alla carica presidenziale, G. W. Bush, è attualmente governatore del Texas, il primo tra i cinquanta stati americani in fatto di esecuzioni, il che è già una bella credenziale…
Al di là del resoconto della situazione nel mondo, la pena di morte è e rimane una punizione atroce, non applicabile nemmeno in seguito al più efferato dei delitti. Uno stato, teoricamente esempio di oggettività e correttezza, non si può permettere di porsi al livello di un criminale uccidendolo e violando così il suo diritto primo alla vita, nemmeno nel caso in cui sia stato proprio il condannato a macchiarsi di quello stesso delitto. Sarebbe forse il caso di considerare il valore anche solo di una singola vita umana e comprendere che decidere a mente fredda di troncarne una è immorale e totalmente inutile.

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