La pena di morte

Materie:Appunti
Categoria:Ricerche
Download:587
Data:06.02.2001
Numero di pagine:35
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
pena-morte_27.zip (Dimensione: 49.33 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_la-pena-di-morte.doc     144.5 Kb


Testo

La Pena di Morte
Indice degli argomenti
A – Approfondimenti
Sintesi
• Il dibattito: favorevoli e contrari
• Le ragioni del sì
• Le ragioni del no
B – La situazione nel mondo
• I dati di Amnesty International per il 1999
C – I dati di fatto
• La pena di morte come mezzo di discriminazione e repressione
• I processi e il rischio di uccidere un innocente
• L’esecuzione: una forma di tortura
• La pena di morte è un deterrente?
D – Verso l’abolizione della pena di morte
E – Strumenti
• Testi
• Film
• Dischi
• Links
• Tabelle
• Sondaggi
• I crimini per cui è prevista la pena di morte
• Per lavorare sul tema

Sintesi
➢ La pena di morte non è soltanto una realtà di uomini e di donne uccisi, ma è anche la concreta attuazione di un principio etico giuridico, di quel principio, cioè, in base al quale lo Stato può decidere legittimamente di togliere la vita a una persona.
➢ Secondo Amnesty International nel 1999 sono avvenute oltre 1,813 esecuzioni in 31 paesi. Il numero complessivo è in calo rispetto al 1998 (2,258 esecuzioni), ma in alcuni paesi (Iran, Arabia Saudita, USA) si registra un forte aumento.
➢ Da parte di molti, vi è il sospetto che la pena di morte svolga una funzione di pulizia sociale, poiché sono numerosi gli alcolizzati, i malati di mente, gli emarginati che vengono uccisi, mentre a coloro che risultano colpevoli degli stessi crimini ma che vivono in condizioni migliori viene riservata una sorte diversa. Si ha l’impressione di essere davanti a quello che è stato definito un “potere giardiniere”, un potere che si incarica di estirpare le erbacce.
➢ Tra le vittime di esecuzioni capitali si contano anche molti perseguitati per motivi politici o religiosi, uomini a volte “colpevoli” solamente di reati di opinione, che non hanno mai fatto uso di violenza né istigato all’uso. In questi casi la pena di morte appare non solo come uno strumento di discriminazione e di arbitrio, ma anche di repressione.
➢ Le procedure che più frequentemente sono utilizzate per giungere ad una condanna a morte sembrano attestare che la pena capitale non è uno strumento di giustizia. Sarebbe doveroso, nell’ambito dei processi, assicurare alcune particolari garanzie, al fine di ridurre il rischio di un errore giudiziario dalle conseguenze particolarmente tragiche: questo, tuttavia, non sempre accade.
➢ Un argomento frequentemente usato è quello secondo il quale la pena di morte costituirebbe un deterrente efficace nei confronti di omicidi e di altri gravi reati comuni. Ma è veramente così? Nessuno degli ormai numerosi studi condotti in materia ha potuto dimostrare la maggiore efficacia della pena di morte rispetto ad altre pene, in ordine a particolari figure di reato, omicidio compreso.

A – Approfondimenti
• Il dibattito: favorevoli e contrari
Oggi il dibattito sul tema della pena di morte si presenta quanto mai aperto e vivace. Al volgere del millennio, le esecuzioni capitali sono ancora numerose nel mondo: Amnesty International calcola che ve ne siano oltre duemila ogni anno, ma si tratta solamente dei casi accertati, non di una stima: senza dubbio, dunque, la cifra reale è più elevata.
Le ragioni del sì
Coloro che si dichiarano favorevoli alla pena di morte sostengono la loro posizione con un’esigenza di giustizia: lo Stato ha quale funzione basilare quella di difendere ogni singolo individuo ad ogni costo, tutelando in misura maggiore coloro che rispettano la legge rispetto a coloro che la trasgrediscono, punendo chi commette reati con una pena commisurata. L’assunto fondamentale è che per alcune tipologie di colpa nessuna pena, tranne la morte, costituisca la giusta punizione.
Nelle dispute relative alla pena di morte si assiste, di norma, allo scontro di due principi di giustizia o, meglio, di due diverse concezioni della pena: la retribuzione e la prevenzione. Nell’ottica della retribuzione, la pena si configura come reazione morale e giuridica al male che è stato commesso con il reato, alla cui gravità è proporzionato: si tratta, perciò, di un castigo morale e non di una vendetta. Secondo il principio di prevenzione, invece, lo Stato non restituisce male con male, semplicemente assicura la difesa della società dalla pericolosità degli autori dei reati, sforzandosi, mediante la pena, di impedire che soggetti socialmente pericolosi commettano altri reati.
E’ appunto a quest’ultima concezione che si appellano i fautori della pena di morte: essa, a loro avviso, svolgerebbe proprio una funzione preventiva nei confronti di ondate di criminalità organizzata, che rischierebbero di scompigliare il tessuto sociale di uno Stato (ad esempio, il gangsterismo, la mafia, il terrorismo). La pena di morte, inoltre, placando il rancore delle vittime e dei loro parenti, attenuerebbe la tentazione di vendette private ed il ricorso a disordini sociali. Si aggiunga il fatto che l'eliminazione fisica, dunque definitiva, di un criminale eviterebbe il reiterarsi dei reati da parte dello stesso che, pur condannato, potrebbe ritornare in libertà beneficiando di condoni o di altri meccanismi previsti dalla legge; infine, anche sul versante strettamente economico, essa rappresenta un tipo di punizione molto meno gravoso di una lunga detenzione o dell'ergastolo, quindi conveniente alla società civile.
Rimane il fatto che la pena di morte costituisce una pena irreparabile e non è possibile risarcire chi sia stato condannato ingiustamente: tale ragione, tuttavia, non è giudicata sufficiente a sopprimere la pena di morte, poiché si considera doveroso comminarla solo nei casi in cui ci sia la matematica certezza della colpevolezza dell'imputato; tanto più che esiste un'ulteriore garanzia: il potere di ogni capo di Stato di concedere la grazia in caso di dubbio, commutandola in ergastolo o altra pena detentiva.
Le ragioni del no
Coloro che si oppongono alla pena di morte si richiamano, soprattutto, a motivazioni morali. Pur non cessando di denunciare la crudeltà intrinseca di questo strumento (crudeltà tanto fisica che psicologica), essi pongono la loro enfasi sul fatto che nessun uomo, né come individuo né come rappresentante della comunità, abbia il diritto di togliere la vita ad un altro uomo, a prescindere dalla gravità delle colpe da quest'ultimo commesse. Secondo loro, inoltre, la pena di morte contravviene al principio secondo cui la finalità della pena non è data dalla vendetta o dalla semplice punizione del colpevole, ma dalla sua rieducazione e recupero sul piano umano e sociale.
Tuttavia, il dibattito condotto dagli oppositori della pena di morte non si muove unicamente sul piano dell'etica. In relazione alla presunta funzione deterrente di cui parlano i sostenitori, essi replicano che è ridicolo pensare che un criminale consulti il codice per scegliere il crimine da commettere, e aggiungono che la pena di morte non rappresenta uno strumento efficace nemmeno contro la criminalità organizzata, che è stata sconfitta solo adottando mezzi diversi, in particolare colpendola nei suoi interessi economici.
Certamente appaiono innegabili le tendenze alle recidive e alla vendetta privata, ma, secondo gli oppositori, il problema si deve porre in termini di educazione sociale, e la soluzione è data da una continua assistenza agli ex carcerati e da una capillare opera di educazione alla legalità.
A tutte queste considerazioni se ne aggiungono altre due ancora più significative. Innanzi tutto è sempre possibile l’eventualità di errori giudiziari, che avrebbero come esito l’uccisione di un innocente. In secondo luogo, molti studi testimoniano come la pena di morte si configuri, nella realtà di molti Paesi, come uno strumento di discriminazione sociale, poiché ad essere giustiziati sono, in larga maggioranza, criminali che appartengono alle classi sociali più deboli, membri delle minoranze razziali, individui con un basso livello di scolarizzazione, soggetti con una vita familiare allo sbando, persone con reddito molto basso, a volte oppositori politici.
B – La situazione nel mondo
I dati di Amnesty International per il 1999
Secondo Amnesty International nel 1999 sono avvenute oltre 1,813 esecuzioni in 31 paesi. Il numero complessivo è in calo rispetto al 1998 (2,258 esecuzioni), ma in alcuni paesi (Iran, Arabia Saudita, USA) si registra un forte aumento. Sono invece 3,857 le persone condannate a morte in 63 paesi. I dati presentati includono solo i casi conosciuti: molti paesi tengono volutamente nascoste le cifre reali.
In Arabia Saudita si registra un notevole incremento delle esecuzioni: dalle 29 del 1998 alle 103 del 1999, ma il numero reale potrebbe essere molto più alto. In Cina sono avvenute almeno 1,077 esecuzioni: più che in tutto il resto del mondo messo insieme. Nella Repubblica Democratica del Congo i tribunali militari hanno decretato la morte di almeno 100 persone.
In USA le esecuzioni sono state 98,30 in più dell'anno precedente.
Tra queste quella di una persona condannata per un crimine commesso da minorenne. Un caso simile si è verificato in Iran dove le esecuzioni sono state 165 (66 in più rispetto al 1998). Amnesty International è a conoscenza di centinaia di esecuzioni in Iraq, ma non è in grado di stabilire se siano state giudiziali o extragiudiziali.
Cuba, Oman e Emirati Arabi Uniti hanno esteso la pena di morte a reati come traffico di droga e rapina a mano armata. Purtroppo, alcuni paesi hanno infranto la loro moratoria de facto. A giugno 9 persone sono state impiccate in Trinidad e Tobago cinque anni dopo l'ultima esecuzione. In Uganda ci sono state 28 esecuzioni in un solo giorno (28 aprile) a tre anni dall'ultima.
I dati positivi: nel 1999 Timor Est, Turkmenistan, Ucraina e il territorio di Bermuda (sotto giurisdizione britannica) hanno totalmente abolito la pena di morte. La Lettonia la mantiene solo in caso di guerra. Azerbaijan, Bulgaria, Cipro, Georgia, Slovacchia, Turkmenistan e Regno Unito hanno ratificato il Secondo Protocollo Opzionale alla Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici (ICCPR), trattato che si muove verso la totale abolizione della pena capitale.
In tutto il mondo sono 108 i paesi abolizionisti per legge o de facto. Amnesty International chiede alla Commissione della Nazioni Unite per i Diritti Umani, attualmente riunita per la consueta sessione annuale a Ginevra, di stabilire una moratoria mondiale sulle esecuzioni. Difendere il diritto alla vita è una responsabilità internazionale.
Per approfondire il problema, prendiamo in considerazione alcune particolari problematiche in alcuni Paesi.
Stati Uniti - Giurie di soli bianchi
Ancora oggi accade che i neri vengano esclusi dalle giurie, spesso con motivazioni pretestuose. Cornelius Singleton, nero e ritardato mentale, è stato giustiziato in Alabama nel novembre 1992. Era stato giudicato da una giuria di soli bianchi i quali, fra l’altro, non erano a conoscenza del fatto che il suo quoziente d’intelligenza era tra 58 e 69 (un quoziente di 70 è considerato indice di ritardo mentale).
Stati Uniti - Otto minorenni condannati a morte su nove sono neri o ispanici
La stragrande maggioranza dei minori condannati a morte proviene da ambienti estremamente degradati. Molti hanno subito gravi abusi sessuali o fisici da bambini, possiedono un livello d’intelligenza al di sotto del normale, soffrono di malattie mentali o hanno subito danni al cervello. La razza sembra influire in maniera decisiva nella condanna a morte di molti di loro. Ad esempio, nel braccio della morte delle prigioni del Texas, otto minori su nove sono neri o ispanici. Molti minorenni imputati di reati capitali sono stati difesi in maniera del tutto inadeguata da avvocati che non hanno svolto indagini sulla loro situazione di vita.
Cina - Sentenze spettacolo
In alcune località della Cina vengono organizzate manifestazioni di massa per la lettura delle sentenze di morte, a cui fa seguito, immediatamente, l’esecuzione. Nel corso di questi raduni di massa, i condannati vengono spesso mostrati al pubblico con la testa reclinata, le mani legate dietro la schiena ed un cartello con il nome e l’indicazione dei crimini commessi legato al collo. Inoltre molti prigionieri trascorrono il periodo che va dalla condanna a morte all’esecuzione ammanettati e con i ferri alle caviglie, una pratica che in Cina è legittima.
Cina - Prelievo di organi
Risulta che la maggior parte degli organi trapiantati in Cina provenga da prigionieri messi a morte. I regolamenti prevedono la necessità del consenso della famiglia del prigioniero o del prigioniero stesso per l’espianto, ma il consenso viene richiesto solo assai raramente. I prigionieri selezionati per l’asportazione degli organi verrebbero poi sottoposti a trattamenti umilianti come, per esempio, delle analisi mediche finalizzate ai futuri trapianti. Esiste infine il dubbio atroce che la scelta di condannare o meno a morte e la decisione dei tempi delle esecuzioni capitali siano strettamente legate alle esigenze cliniche.
Singapore - Reati di droga
E’ soprattutto per reati legati al traffico di droga che la pena di morte è inflitta ed eseguita a Singapore. Con una particolarità: per questi reati la pena è applicata in maniera obbligatoria, senza alcuna discrezionalità da parte dei tribunali. In particolare, l’impiccagione è certa se si viene trovati in possesso di più di 15 grammi di eroina, 30 grammi di morfina, 30 grammi di cocaina, 500 grammi di cannabis.
Arabia Saudita - Stregoneria e reati sessuali
Non esistono in Arabia Saudita né un Codice penale né un Codice di procedura penale: vige la Sharìa (Legge islamica). La Sharìa prevede la pena di morte obbligatoria per i “reati contro la volontà divina”, che comprendono l’apostasia, taluni reati di sabotaggio, il tradimento e la cospirazione contro lo Stato, e alcune ipotesi di furto con violenza. Anche i reati sessuali, quali l’adulterio commesso da persona sposata e lo stupro, nonché l’omicidio premeditato, sono reati capitali. Recentemente alcuni individui sono stati condannati per stregoneria, o per avere distribuito e consumato bevande alcoliche.
Arabia Saudita - Decapitazioni e lapidazioni
Le esecuzioni hanno normalmente luogo al termine di processi iniqui, nei quali mancano le più elementari garanzie. Gli imputati possono non essere rappresentati da avvocati difensori e le confessioni, anche se ottenute mediante tortura, sono accettate come prova valida dalle Corti e possono addirittura costituire l’unica prova a fondamento della condanna a morte. I metodi usati sono la decapitazione con una spada affilata per gli uomini e il plotone di esecuzione per le donne. Le donne sposate riconosciute colpevoli di adulterio possono essere altresì lapidate. Il metodo della decapitazione, comunemente ritenuto veloce e pietoso, è particolarmente violento: in diversi casi sono stati necessari più colpi prima che la vittima venisse dichiarata morta, dopo essere stata sottoposta a sofferenze indicibili.
C – I dati di fatto
La pena di morte come mezzo di discriminazione e repressione
Da parte di molti, vi è il sospetto che la pena di morte svolga una funzione di pulizia sociale, poiché sono numerosi gli alcolizzati, i malati di mente, gli emarginati che vengono uccisi, mentre a coloro che risultano colpevoli degli stessi crimini ma che vivono in condizioni migliori viene riservata una sorte diversa. Si ha l’impressione di essere davanti a quello che è stato definito un “potere giardiniere”, un potere che si incarica di estirpare le erbacce.
Tra le vittime di esecuzioni capitali si contano anche molti perseguitati per motivi politici o religiosi, uomini a volte “colpevoli” solamente di reati di opinione, che non hanno mai fatto uso di violenza né istigato all’uso. In questi casi la pena di morte appare non solo come uno strumento di discriminazione e di arbitrio, ma anche di repressione.
Il caso degli USA ci fa riflettere.
Negli Stati Uniti vengono condannati alla pena di morte, in prevalenza, i neri, spesso i minorenni, non di rado i sofferenti di disturbi mentali, oppure persone che appartengono a più di una di queste categorie.
Nonostante la Corte Suprema degli Stati Uniti abbia stabilito, più di venti anni fa, la incostituzionalità della pena di morte in ragione delle discriminazioni razziali che essa in pratica comportava, un esame del caso dei giustiziati a partire dal 1977 evidenzia come la discriminazione razziale continui ad essere presente.
Più del 40% dei condannati a morte degli Stati Uniti sono neri, nonostante il fatto che i neri costituiscano solo il 12% della popolazione, e la percentuale di neri che si trovano nel “braccio della morte” è in alcuni stati ancora più alta. Osservando le vittime degli omicidi, le disparità emergono con ancora più chiarezza: l’85% dei condannati a morte “giustiziati” dal 1977 sono stati riconosciuti colpevoli di omicidi di bianchi, nonostante il fatto che neri e bianchi siano vittime di omicidi in misura simile. La probabilità che un nero accusato dell’omicidio di un bianco venga condannato a morte è assai più elevata di quella che un bianco venga condannato a morte per l’omicidio di un nero.
Solo nove Stati proibiscono di infliggere una condanna a morte nei confronti di chi è insano di mente o mentalmente ritardato e molti di questi fissano come soglia un quoziente di intelligenza estremamente basso. Dal 1982 oltre 50 detenuti affetti da gravi problemi mentali sono stati giustiziati.
Nemmeno la minore età salva dalla pena di morte: può essere condannato anche chi è minorenne al momento del reato. In alcuni casi la giovane età non viene neppure introdotta nel dibattimento in quanto circostanza attenuante. Negli ultimi cinque anni sono stati giustiziati minorenni al momento del reato in USA, Nigeria, Pakistan, Iran, Iraq e Arabia Saudita.
In Cina alcuni reati politici e di opinione sono punibili con la pena di morte. E’ del tutto evidente che qualsiasi punizione inflitta a chi ha espresso pacificamente le proprie opinioni politiche o religiose costituisce la violazione di un diritto fondamentale per ogni uomo.
I processi e il rischio di uccidere un innocente
Le procedure che più frequentemente sono utilizzate per giungere ad una condanna a morte sembrano attestare che la pena capitale non è uno strumento di giustizia. Sarebbe doveroso, nell’ambito dei processi, assicurare alcune particolari garanzie, al fine di ridurre il rischio di un errore giudiziario dalle conseguenze particolarmente tragiche: questo, tuttavia, non sempre accade.
In Iran, è capitato che alcuni processi durassero solo pochi minuti, davanti ad un giudice non indipendente (un'autorità esecutiva religiosa) e si siano conclusi con una sentenza di morte inappellabile, eseguita quasi immediatamente.
Negli Stati Uniti il sistema di giustizia penale è più evoluto, tuttavia rimangono tanti nodi irrisolti e contestati.
La discrezionalità della pubblica accusa
Non esistono standard applicabili, a livello statale o a livello federale, ai processi in cui può essere comminata la pena capitale. La pubblica accusa può chiedere o meno, con ampia discrezionalità, che un omicidio sia punito con la pena di morte. Pertanto ogni procuratore può seguire la propria linea di condotta, con differenze notevoli da un processo ad un altro. Inoltre, nei processi con più di un imputato, avviene con una certa frequenza che ad uno dei coimputati venga promessa dalla pubblica accusa una pena ridotta in cambio di una testimonianza contro un complice. Diversi prigionieri sono stati “giustiziati” a seguito della testimonianza di un coimputato contro il quale esistevano analoghe prove di colpevolezza.
Un’assistenza legale inefficace
La rappresentanza legale ricevuta dai cittadini meno abbienti imputati di reati capitali è una vergogna per il sistema giudiziario degli Stati Uniti. Gli avvocati difensori sono spesso poco qualificati, retribuiti in modo inadeguato e privi dei fondi necessari a condurre indagini essenziali e a raccogliere testimonianze. Numerosi prigionieri giustiziati sono stati rappresentati al processo da legali che non si erano mai occupati in precedenza di casi per i quali è prevista la pena capitale. Una consulenza legale competente è un’importante garanzia del diritto ad un processo equo: nei casi capitali la competenza dei legali può davvero fare la differenza tra la vita e la morte.
I tempi per il riesame di un caso
A volte risulta impossibile rimediare in appello agli errori commessi dagli avvocati nei processi di primo grado, qualora questi abbiano sbagliato. Vi sono, infatti, limiti di tempo ristretti per la presentazione di nuove prove scoperte dopo la sentenza. Negli Stati Uniti non pochi innocenti sono stati condannati a morte: avviene che testimoni oculari sbaglino un’identificazione o commettano spergiuro (non di rado si tratta di coimputati che rischiano l’incriminazione), talvolta vengono estorte confessioni, mentre ulteriori errori vengono compiuti da polizia e avvocati. E’ praticamente impossibile, per i condannati a morte, presentare istanze di innocenza, basate su nuove prove emerse dopo la scadenza del tempo limite previsto: tale limite, che varia da Stato a Stato, non supera mai un anno dalla conclusione del processo di primo grado.
Uno studio recente ha appurato che nel periodo 1900 – 1991 si sono verificati 416 “errori di persona”, commessi nell’ambito di processi per reati punibili con la pena di morte.
L’esecuzione: una forma di tortura
L’esecuzione di una condanna a morte può causare sofferenze fisiche di entità diverse a seconda delle tecniche usate. Abbondano le storie di esecuzioni particolarmente dolorose o cruente, quale che sia il metodo impiegato. Storie di impiccati troppo leggeri rispetto alla lunghezza della corda, morti lentamente, per asfissia. Storie di plotoni di esecuzione che hanno dovuto ripetere due volte le operazioni. E, perfino, storie di condannati a morire per iniezione letale ai quali si è sfilato l’ago dalla vena o ai quali è stata somministrata una miscela di sostanze tale da non ucciderli subito. Tutti casi di persone morte lentamente, a stento, certamente per errori umani, errori che, però, oggi si ripetono frequentemente e che non sembrano eliminabili in un prossimo futuro.
Vi è anche una forte componente di crudeltà psicologica. La durata e l’incertezza costituiscono una combinazione perversa. Dopo anni di attesa, l’annuncio dell’esecuzione può essere dato con pochi giorni di anticipo (vedi USA) o addirittura pochi minuti di anticipo (molti Paesi, fra cui il Giappone). A partire dal giudizio di primo grado, il condannato è un uomo costretto a vivere senza futuro, privo di una dimensione. A volte decide di recidere ogni residuo contatto con il resto dell'umanità, parenti e amici compresi, perché ne avverte l’inutilità. Altre volte il condannato è ossessionato dal pensiero della sua futura esecuzione, che continua a raffigurarsi mentalmente. Così, la morte della personalità può anticipare di molti anni la morte fisica.
Una sommaria descrizione dei metodi di esecuzione utilizzati testimonia che la pena capitale può essere considerata una vera e propria forma di tortura.
La sedia elettrica
Dopo che il detenuto è stato legato ad una sedia costruita appositamente, alla testa e ad una gamba, che sono state in precedenza rasate per assicurare una buona aderenza, vengono fissati elettrodi di rame inumiditi. Potenti scariche elettriche, applicate a brevi intervalli, causano la morte per arresto cardiaco e paralisi respiratoria. Il procedimento procura effetti visibili devastanti: gli organi interni sono ustionati. Il prigioniero a volte balza in avanti trattenuto dai lacci. In certi casi orina, defeca o vomita sangue. Si diffonde un odore di carne bruciata. Benché lo stato di incoscienza debba subentrare dopo la prima scarica, in alcuni casi questo non accade. La sedia elettrica fu introdotta negli USA nel 1888 perché considerata più umana rispetto all’impiccagione.
L’iniezione letale
L’esecuzione comporta un’iniezione endovenosa continuata di una dose letale di un barbiturico ad azione rapida, in combinazione con un agente chimico paralizzante. La procedura somiglia a quella utilizzata per effettuare un’anestesia totale, salvo che le sostanze vengono iniettate in dosi letali. In Texas viene utilizzata una combinazione di tre sostanze: un barbiturico, che rende il prigioniero incosciente, una sostanza, che rilassa i muscoli e paralizza il diaframma in modo da bloccare il movimento dei polmoni e un’altra, che provoca l’arresto cardiaco. I sostenitori dell’iniezione letale sostengono che questo è il metodo di esecuzione più umano. Tuttavia, possono insorgere varie complicazioni. Se il prigioniero si agita nel corso dell’esecuzione, il veleno può penetrare in un’arteria o in una parte di tessuto muscolare e arrecare dolore; se il barbiturico anestetico non agisce rapidamente il prigioniero può essere cosciente mentre soffoca o mentre i suoi polmoni si paralizzano.
La camera a gas
Il prigioniero viene fissato ad una sedia in una camera a tenuta stagna. Uno stetoscopio fissato al suo torace viene collegato a delle cuffie che si trovano nella stanza adiacente, dove stanno i testimoni, in maniera tale che un medico possa controllare il progredire dell’esecuzione. Nella camera stagna viene quindi liberato gas cianuro, che uccide il prigioniero. La morte avviene per asfissia. Lo stato di incoscienza può subentrare rapidamente, ma l’esecuzione durerà più a lungo se il prigioniero tenta di prolungare la propria vita trattenendo il fiato o respirando lentamente.
L'impiccagione
La perdita di coscienza è quasi immediata; la morte avviene rapidamente per asfissia, ad opera di un cappio posto attorno al collo e fissato ad un sostegno per l'altro capo. Il peso del corpo, abbandonato nel vuoto o inclinato in avanti, grava sul cappio, ne determina la chiusura e la conseguente azione comprimente sulle vie respiratorie. L'impiccagione lascia vari segni, sia interni che esterni: il condannato diventa cianotico, la lingua sporge in fuori, i bulbi oculari escono dalle orbite, vi è un solco alla cute del collo; ci sono inoltre lesioni vertebrali e fratture interne.
La fucilazione
La sentenza viene eseguita da un plotone composto da un numero di fucilieri che varia da sei a diciotto; non tutte le armi sono cariche. Dopo che il condannato (o i condannati) ha ricevuto la prima scarica all'ordine dell'ufficiale che comanda il plotone, quest'ultimo gli si avvicina e gli spara alla tempia o alla nuca: è il colpo di grazia.
Ghigliottina
Macchina per decapitazione, così chiamata dal nome del fisico francese Joseph-Ignace de Guillotin, che ne propose l'adozione nel 1789: siccome la decapitazione era considerata il metodo di esecuzione meno doloroso e più umano, Guillotin suggerì la costruzione di una macchina apposita. Essa consiste di due travi parallele issate verticalmente, incavate al centro e unite in alto da una traversa, e di una lama obliqua, legata con una fune alla traversa. Il condannato pone il collo in una struttura tipo gogna dalla quale passerà la lama obliqua; liberata la fune, la lama scivola lungo le due travi e cade sul collo del prigioniero, tagliandogli di netto la testa, che cade nel cesto posto davanti alla ghigliottina. Essa fu impiegata soprattutto durante la rivoluzione francese. Oggi, nell’Arabia Saudita, viene utilizzata la decapitazione.
Infine, si segnala che, in alcuni Paesi, sono ancora utilizzate la lapidazione e la garrota.
La pena di morte è un deterrente?
Un argomento frequentemente usato è quello secondo il quale la pena di morte costituirebbe un deterrente efficace nei confronti di omicidi e di altri gravi reati comuni. Ma è veramente così?
Nessuno degli ormai numerosi studi condotti in materia ha potuto dimostrare la maggiore efficacia della pena di morte rispetto ad altre pene, in ordine a particolari figure di reato, omicidio compreso. E’ del tutto errato ritenere che la maggioranza di coloro che commettono crimini gravi quali l’omicidio calcolino razionalmente le conseguenze delle loro azioni. Gli omicidi sono spesso commessi in momenti di passione, quando forti emozioni prevalgono sulla ragione. Sono a volte commessi sotto l’effetto di droghe o dell’alcool, o in momenti di panico, quando il colpevole è scoperto nell’atto di rubare. Alcuni soggetti colpevoli di omicidio hanno problemi di grave instabilità psichica o sono malati mentali. In nessuno di questi casi è pensabile che il timore di essere condannati a morte possa operare come deterrente efficace.
Vi è un altro grave limite a cui va incontro l’argomento della deterrenza. Anche chi progetta un crimine in maniera calcolata può scegliere di procedere, nonostante la consapevolezza del rischio che corre, nel convincimento che non sarà scoperto. La maggioranza dei criminologi sostiene da tempo che il modo migliore per scoraggiare questo tipo di comportamento criminale non è quello di accrescere la severità della punizione, bensì di aumentare le probabilità di scoprire il delitto e di condannare il colpevole.
Addirittura è possibile che la pena di morte abbia effetti contrari a quelli voluti. Chi sa di rischiare la morte per il reato che sta commettendo può essere, in certi casi, incoraggiato a uccidere i testimoni del suo crimine o chiunque altro possa identificarlo e farlo incriminare.
Infine, i dati sulla diffusione dei crimini negli Stati abolizionisti non dimostrano affatto che la pena di morte abbia provocato il loro incremento. L’insieme dei dati non corrobora in alcun modo la tesi della deterrenza.
La pena di morte viene spesso invocata come strumento utile e necessario per arginare il terrorismo. L'indignazione suscitata da attentati dinamitardi, rapimenti, uccisioni di pubblici ufficiali o esponenti politici, dirottamenti di aerei e altre azioni di violenza a sfondo politico suscitano una comprensibile indignazione; tuttavia, come hanno ripetutamente affermato diversi esperti di lotta al terrorismo, le esecuzioni possono, anziché porre un freno al terrorismo, provocarne l’inasprimento.
I terroristi e gli autori di crimini politici sono motivati ideologicamente e votati al sacrificio per amore della loro causa, e non provano timore per la pena di morte. Inoltre, le attività terroristiche sono pericolose, il terrorista affronta quotidianamente rischi letali e tende a non essere intimorito dalla prospettiva della morte immediata.
Le esecuzioni portate a termine per crimini di natura politica hanno l’effetto di pubblicizzare gli atti terroristici, suscitando l’interesse dell’opinione pubblica e offrendo ai gruppi terroristici l’opportunità di rendere note le proprie posizioni politiche; si rischia anche di creare dei “martiri” la cui memoria deve essere onorata. Inoltre, le esecuzioni vengono utilizzate come giustificazione di ulteriori atti di violenza compiuti per ritorsione: i gruppi armati potrebbero sostenere la legittimità delle proprie azioni dicendo di volersi servire anch’essi della stessa “pena di morte” che i governi sostengono di avere diritto di applicare nei loro confronti.
D – Verso l’abolizione
della pena di morte
La pena di morte non è soltanto una realtà di uomini e di donne uccisi, ma è anche la concreta attuazione di un principio etico giuridico, di quel principio, cioè, in base al quale lo Stato può decidere legittimamente di togliere la vita a una persona.
In Italia, fino al 1994, la pena capitale era prevista soltanto dal codice militare di guerra. Dopo diversi tentativi sono state cancellate del tutto dal nostro ordinamento giuridico le norme che consentivano di togliere la vita legalmente. Una scelta analoga è stata fatta nel 1992 dalla Svizzera e nel 1993 dalla Grecia: manca ormai poco al traguardo di una “death penalty free Europe”, un’Europa senza pena di morte.
Da qualche anno, il problema giuridico – politico della pena di morte si sta, in qualche modo, internazionalizzando: questa, infatti, non è più vista esclusivamente come oggetto di una scelta di politica criminale propria di ciascuno Stato, bensì, innanzitutto, come una questione di diritti umani, trascendente l’ambito dei singoli Stati. Nel quadro del Consiglio di Europa, è in vigore un Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che obbliga gli Stati firmatari a non prevedere la pena capitale in tempo di pace. Attualmente si discute la possibilità di elaborare un ulteriore Protocollo addizionale, che preveda l’obbligo di abolizione totale, senza eccezioni.
Nel quadro delle Nazioni Unite, gli sviluppi sono più lenti e incerti, visto che gli oltre 180 stati membri dell’organizzazione non condividono, come accade per gli stati membri del Consiglio d’Europa, una comune civiltà giuridica e conservano, in maggioranza, la pena di morte nei loro ordinamenti. Tuttavia, anche in ambito “universale”, l’obiettivo dell’abolizione della pena di morte è ora perseguito in maniera più decisa.
Anche al Patto internazionale sui diritti civili e politici è stato affiancato un Protocollo che pone l’obbligo di non contemplare la pena di morte per il tempo di pace. Non ha, invece, avuto successo un recente tentativo di promuovere una moratoria triennale su tutte le esecuzioni capitali, compiuto dall’Italia in seno all’Assemblea Generale.
Infine, anche nel quadro dei rapporti bilaterali di cooperazione fra Stati in materia penale è venuta acquistando rilievo la questione della pena di morte. Sono, infatti, diversi gli Stati abolizionisti che condizionano l’estradizione di una persona che rischia di essere condannata a morte nello Stato richiedente al ricevimento di garanzie che questo non avvenga, o quantomeno che l’eventuale condanna non venga eseguita: in questo modo si proietta al di là dei confini del singolo Stato abolizionista una scelta che acquista valore universale.
E – Strumenti
TESTI
MOLL FLANDERS - D. Defoe, Londra 1922
La vita di Moll Flanders, nata nel carcere di Newgate da una madre che così è scampata all'esecuzione capitale.
IL BUIO OLTRE LA SIEPE - H. Lee, Philadelphia & New York 1960
La descrizione di una bambina della vicenda giudiziaria di un nero condannato a morte e difeso dal padre.
LETTERE DI CONDANNATI A MORTE DELLA RESISTENZA ITALIANA (8 SETTEMBRE 1943 - 25 APRILE 1944) - P. Malvezzi - G. Pirelli (a cura di), Torino 1975
Opera che attesta il carattere universale della resistenza anti-nazifscista e l'eroismo dei suoi protagonisti.
LA CARNEFICE - P. Kohout, Roma 1980
La storia di un'aspirante carnefice che frequenta una scuola per boia.
PORTE APERTE - L. Sciascia, Milano 1987
La storia di un procedimento giudiziario a carico di un omicida, avvenuto nella Sicilia degli anni '30.
LESSICO UNIVERSALE ITALIANO - AA. VV., Roma, Treccani, 1973
LA PENA DI MORTE - AA. VV., Amnesty International, Torino 1990
LETTERA DI SAN PAOLO AI ROMANI, in: La Bibbia, cap. 13, Milano, Fabbri, 1977
UN ERRORE CAPITALE – IL DIBATTITO SULLA PENA DI MORTE - Antonio Marchesi, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (FI), 1995
FILM
GIUSTIZIA È FATTA - A. Cayatte, Francia 1950
Un caso giudiziario emblematico.
SIAMO TUTTI ASSASSINI - A. Cayatte, Francia 1952
L'omicida René Le Guan, che ha acquisito l'abitudine ad uccidere durante la seconda guerra mondiale, viene condannato alla ghigliottina.
UN CONDANNATO A MORTE È FUGGITO - R. Bresson, Francia 1956
Francia 1943. L'evasione di un partigiano da un carcere nazista offre l'occasione per un'indagine sulla forza di reazione dell'uomo, sul suo insopprimibile istinto di vita.
SACCO E VANZETTI - G. Montaldo, Italia 1971
Narra la storia dei due anarchici italiani emigrati negli USA, ingiustamente condannati a morte negli anni fra le due guerre.
L'AFFARE DELLA SEZIONE SPECIALE - C. Costa-Gavras, Francia 1975
Parigi 1941: un tribunale speciale allestisce un processo-farsa per condannare a morte alcuni Francesi, ma l'ingiusto meccanismo s'inceppa...
HOUSTON TEXAS - F. Reichenbach, Francia 1979
L'odissea di un giovane accusato dell'omicidio di un poliziotto. Il film è una sorta di pamphlet contro la pena di morte.
CONDANNATO A MORTE PER MANCANZA DI INDIZI - P. Hyans, USA 1983
Un tribunale privato esegue sentenze di morte là dove la giustizia è costretta a fermarsi. E se si scopre che il condannato è innocente?
DANIEL - S. Lumet, USA 1983
E' ispirato alla storia dei coniugi Rosenberg, condannati a morte in base ad accuse non dimostrate, negli USA degli anni '50.
BALLANDO CON UNO SCONOSCIUTO - M. Newell, Gran Bretagna 1985
Ricostruisce la vicenda di Ruth Ellis, l'ultima donna condannata a morte in Inghilterra.
LA SOTTILE LINEA BLU - E. Morris, USA 1988
Film in forma di inchiesta; ricostituisce le testimonianze che portano a condannare a morte un uomo negli USA.
IL DECALOGO 5 - K. Kieslowski, Polonia 1988/89
È un'efficace illustrazione del comandamento "non uccidere".
PORTE APERTE - G. Amelio, Italia 1990
Il processo a un pluriomicida di Palermo, diventa per il giudice Di Francesco l'occasione per sfidare il codice Rocco. Tratto dall'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia.
CONFORTORIO - P. Benvenuti, Italia 1992
Tortura e esecuzione di due ebrei, nella Roma del XVIII secolo.
ARRIVEDERCI RAGAZZI - Louis Malle, Francia 1987
La storia di Quentin, ragazzo ebreo in una scuola tedesca durante il regime nazista.
DEAD MAN WALKING - Tim Robbins, USA 1995
La vita di un condannato a morte prima dell'esecuzione.
DISCHI
GALLOWS POLE - Led Zeppelin, Atlantic 1970
Dall'album "Led Zeppelin III".
LA BALLATA DI SACCO E VANZETTI - Joan Baez, RCA 1971
Dall'album "From Every Stage".
LA BALLATA DEGLI IMPICCATI - Fabrizio De Andrè, Ricordi 1972
Dall'album "Tutti Morimmo A Stento".
DEAD MAN WALKIN' - Bruce Springsteen, Columbia 1995
PROMISES - Lyle Lovett, Columbia 1995
THE FALL OF TROY - Tom Waits, Columbia 1995
THE LONG ROAD - Eddie Vedder con Nusrat Fateh Ali Khan, Columbia 1995
Dall'album "Dead Man Walking O.S.T.".
WOMAN ON THE TIER (I'LL SEE YOU THROUGH) - Suzanne Vega, Warner Bros 1995
Dall'album "Nine Objects Of Desire".LINKS
Testi, Film e Dischi sono stati tratti, in massima parte, dal sito:
http://library.thinkquest.org/23685/data/indice.html
LINKS
http://www.amnesty.it/~pdm/index.html
E’ il sito di Amnesty International, sezione italiana.
http://www.nessunotocchicaino.it
Contro la pena di morte nel mondo
http://www.amnesty.it/~pdm/documenti.html
Contiene documenti di Amnesty International su vari temi, quali: pena di morte e minorenni, pena di morte contro le donne, la pena capitale è un deterrente?, gli accordi internazionali, i costi della pena di morte, pena di morte e opinione pubblica, pena di morte e discriminazione,…
http://www.santegidio.org/solid/pdm/pdm_it.htm
http://www.amnesty.it/~pdm/egidio.html
Proposta di una moratoria sulla pena di morte entro l'anno 2000 lanciata dalla Comunità di Sant’Egidio
http://library.thinkquest.org/23685/data/storia.html
http://www.enet.it/scuole/berchet/ricerche/i-iid/diritti/diritti3.htm
Storia della pena di morte nelle varie epoche storiche
http://library.thinkquest.org/23685/data/mezzi.html
Descrzione degli strumenti con cui viene comminata
http://library.thinkquest.org/23685/data/oggi.html
http://www.enet.it/scuole/berchet/ricerche/i-iid/diritti/diritti3b.htm
La situazione in vari Paesi del mondo
http://www.enet.it/scuole/berchet/ricerche/i-iid/diritti/diritti3c.htm
La pena di morte negli Stati Uniti
http://www.enet.it/scuole/berchet/ricerche/i-iid/diritti/diritti3d.htm
La pena di morte in Italia
http://library.thinkquest.org/23685/data/leggi.html
Legislazione internazionale: Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, Risoluzione dell’ECOSOC, Convenzioni di Ginevra, Patto internazionale sui diritti civili e politici, Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo, Convenzione europea dei diritti dell’uomo, …
http://library.thinkquest.org/23685/data/chiesa.html
http://www.enet.it/scuole/berchet/ricerche/i-iid/diritti/diritti3a.htm
Le religioni e la pena di morte: Cristianesimo, Ebraismo, Islam.
http://www.enet.it/scuole/berchet/ricerche/i-iid/diritti/diritti3e.htm
Considerazioni pro e contro la pena di morte: contributi della classe ID nell'a.s. 1996-1997, che hanno preso spunto dal tema dei diritti e della loro universalità, visti nel contesto dell'incontro fra più tradizioni culturali.
http://www.tile.net:2001/news/itdiscussionipenadim.html
Gruppo di discussione sulla pena di morte
http://www.amnesty.it/~pdm/mondo2.html#internet
TABELLE
I PAESI TOTALMENTE ABOLIZIONISTI: 72 (Gennaio 2000)
Data abolizione
Abolizione per reati comuni
Ultima esecuzione
Albania
1999
1994
Andorra
1990
1943
Angola
1992
Australia
1985
1984
1967
Austria
1968
1950
1950
Azerbaijan
1998
1993
Belgio
1996
1950
Bermuda
1999
1977
Bulgaria
1998
Cambogia
1989
Canada
1998
1976
1962
Capo Verde
1981
1835
Città del Vaticano
1969
Colombia
1910
1909
Costa Rica
1877
Croazia
1990
Danimarca
1978
1933
1950
Ecuador
1906
Estonia
1998
1991
Finlandia
1972
1949
1944
Francia
1981
1977
Georgia
1997
1994*
Germania
1987
Grecia
1993
1972
Guinea Bissau
1993
1986*
Haiti
1987
1972*
Honduras
1956
1940
Irlanda
1990
1954
Islanda
1928
1830
Isole Salomone
1966
**
Isole Marshall
**
Italia
1994
1947
1947
Kiribati
**
Liechtenstein
1987
1785
Lituania
1998
Lussemburgo
1979
1949
Macedonia
Mauritius
1995
1987
Micronesia
**
Moldavia
1995
Monaco
1962
1847
Mozambico
1990
1986
Namibia
1990
1988*
Nepal
1997
1990
1979
Nicaragua
1979
1930
Norvegia
1979
1905
1948
Nuova Zelanda
1989
1961
1957
Paesi Bassi
1982
1870
1952
Palau
Panama
1903*
Paraguay
1992
1928
Polonia
1997
1988
Portogallo
1976
1867
1849*
Regno Unito
1998
1973
1964
Rep. Ceca
1990
Rep. Dominicana
1966
Rep. Slovacca
1990
Romania
1989
1989
San Marino
1865
1848
1468*
Sao Tomè e Principe
1990
**
Seychelles
1993
**
Slovenia
1989
Spagna
1995
1978
1975
Sudafrica
1997
1995
1991
Svezia
1972
1921
1910
Svizzera
1992
1942
1944
Turkmenistan
1999
1997
Tuvalu
**
Ungheria
1990
1988
Uruguay
1907
Vanuatu
**
Venezuela
1863
*Ultima esecuzione di cui si hanno notizie
**Nessuna esecuzione dall'indipendenza.
I PAESI MANTENITORI PER REATI ECCEZIONALI: 13 (Gennaio 2000)
Tra questi vi sono, per esempio, i Paesi che mantengono la pena di morte per reati commessi in tempo di guerra.
Data abolizione
Ultima esecuzione
Argentina
1984
Bolivia
1997
1974
Bosnia-Herzegovina
1997
Brasile
1979
1855
Cipro
1983
1962
El Salvador
1983
1973*
Fiji
1979
1964
Isole Cook
Israele
1954
1962
Lettonia
1999
1996
Malta
1971
1943
Messico
1937
Peru'
1979
1979
* Ultima esecuzione di cui si hanno notizie.
** Nessuna esecuzione dall'indipendenza.
PAESI ABOLIZIONISTI DE FACTO: 21 (Gennaio 2000)
Si tratta di Paesi che mantengono la pena di morte, ma nei quali non hanno luogo esecuzioni da almeno dieci anni oppure Paesi che si sono impegnati a porre fine alle esecuzioni.
Ultima esecuzione
Ultima esecuzione
Bhutan
1964*
Niger
1976*
Brunei Darussalam
1957
Papua Nuova Guinea
1950
Congo
1982
Rep. Centro Africana
1981
Costa d'Avorio
Samoa Occidentale
**
Gambia
1981
Senegal
1967
Gibuti
**
Sri Lanka
1976
Grenada
1978
Suriname
1982
Madagascar
1958*
Togo
Maldive
1952*
Tonga
1982
Mali
1980
Turchia
1984
Nauru
**
* Ultima esecuzione di cui si hanno notizie
** Nessuna esecuzione dall'indipendenza
PAESI MANTENITORI 89 (Gennaio 2000)
Afghanistan
Algeria
Antigua e Barbuda
Arabia Saudita
Armenia
Bahamas
Bahrain
Bangladesh
Barbados
Belize
Benin
Bielorussia
Botswana
Burkina Faso
Burundi
Camerun
Cile
Cina
Ciad
Comore
Congo
Corea del Nord
Corea del Sud
Cuba
Dominica
Egitto
Emirati Arabi Uniti
Eritrea
Etiopia
Gabon
Ghana
Giamaica
Giappone
Giordania
Guatemala
Guinea
Guinea Equatoriale
Guyana
India
Indonesia
Iran
Iraq
Kazakstan
Kenya
Kuwait
Kirghizistan
Laos
Lesotho
Lettonia
Libano
Liberia
Libia
Lituania
Malawi
Malaysia
Marocco
Mauritania
Mongolia
Nigeria
Oman
Pakistan
Palestina
Qatar
Russia
Saint Christopher e Nevis
Saint Lucia
Saint Vincent e Grenadines
Sierra Leone
Singapore
Siria
Somalia
Stati Uniti D'america
Sudan
Swaziland
Tailandia
Taiwan
Tajikistan
Tanzania
Trinidad e Tobago
Tunisia
Turkmenistan
Ucraina
Uganda
Uzbekistan
Vietnam
Yemen
Yugoslavia
Zambia
Zimbabwe
PAESI CHE HANNO CONDANNATO O GIUSTIZIATO DONNE NEL 1999
Afganistan (e), Arabia Saudita (e), Cina (e), Egitto (e), Figi (c), Filippine (c), India (c), Indonesia (c), Iran (c), Libano (c), Malesia (c), Repubblica Democratica del Congo (e), Sierra Leone (e), Singapore (e), Tailandia (e), Stati Uniti (e), Vietnam (c), Zimbabwe (c)
Paesi che escludono la pena di morte nei confronti delle donne
Armenia, Cuba, Guatemala, Mongolia (per le donne con più di 60 anni), Tonga, Uzbekistan
Altri Paesi dove donne sono detenute nei bracci della morte
Marocco (12), Ruanda (1), Sri Lanka (4), Trinidad e Tobago (1), Zambia (1)
PAESI CHE HANNO CONDANNATO O GIUSTIZIATO PERSONE PER DROGA NEL 1999
Arabia Saudita (e), Benin (c), Brunei Darussalam (c), Cina (e), Emirati Arabi Uniti (c), Filippine (c), Kuwait (c), Indonesia (c), Iran (e), Malesia (c), Pakistan (e), Ruanda (e), Singapore (e), Tailandia (e), Vietnam (e).
Altri Paesi le cui leggi prevedono la pena di morte per reati di droga
Birmania, Cuba (introdotta nel 1999), Iraq, Libia, Oman (introdotta nel 1999), Pakistan, Qatar, Tagikistan, Uzbekistan
PAESI CHE HANNO GIUSTIZIATO IN PUBBLICO NEL 1999
Afganistan, Arabia Saudita, Cina, Libano, Libia, Iran, Pakistan, Repubblica Democratica di Corea, Somalia, Vietnam, Yemen
PAESI CHE HANNO CONDANNATO O GIUSTIZIATO MINORI NEL 1999
Pakistan (c), Iran (e), Somalia (e), Stati Uniti (e)
Altri Paesi che prevedono la pena di morte per minori
Afganistan, Arabia Saudita, Birmania, Filippine, India, Iran, Iraq, Malesia, Nigeria, Pakistan, Yemen
PAESI CHE HANNO CONDANNATO O GIUSTIZIATO STRANIERI NEL 1999
Arabia Saudita (e), Brunei Darussalam (c), Cina (e), Cuba (e), Emirati Arabi Uniti (e), Guatemala (c), India (c), Indonesia (c), Kuwait (c), Libano (c, 1 donna), Malesia (c), Pakistan (c), Singapore (e), Stati Uniti (e), Tailandia (e), Vietnam (e).
PATTO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI CIVILI E POLITICI
Afganistan, Albania, Algeria, Angola, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Barbados, Belgio, Belize, Benin, Bielorussia, Bolivia, Bosnia-Erzegovina, Brasile, Bulgaria, Burkina Faso, Burundi, Cambogia, Camerun, Canada, Capo Verde, Ciad, Cile, Cina (solo firmato), Colombia, Congo, Congo (Repubblica democratica del), Corea (Repubblica Democratica di), Corea (Repubblica di), Costa Rica, Costa díAvorio, Croazia, Cipro, Danimarca, Dominica, Ecuador, Egitto, El Salvador, Estonia, Etiopia, Filippine, Finlandia, Francia, Gabon, Gambia, Georgia, Germania, Giamaica, Giappone, Giordania, Grecia, Grenada, Guatemala, Guinea, Guinea Equatoriale, Guyana, Haiti, Honduras, India, Iran, Iraq, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Iugoslavia (Repubblica Federale di), Kenya, Kirghizistan, Kuwait, Lesotho, Lettonia, Libano, Liberia, Libia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia (Ex Repubblica Iugoslava di), Madagascar, Malawi, Mali, Malta, Marocco, Mauritius, Messico, Moldova, Monaco, Mongolia, Mozambico, Namibia, Nepal, Nicaragua, Niger, Nigeria, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Panama, Paraguay, Perù, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Centroafricana, Repubblica Dominicana, Romania, Ruanda, Russia, Saint Vincent e Grenadine, San Marino, Sao Tomè e Principe, Senegal, Seychelles, Sierra Leone, Siria, Slovacchia, Slovenia, Somalia, Stati Uniti, Sudafrica, Spagna, Sri Lanka, Sudan, Suriname, Svezia, Svizzera, Tailandia, Tanzania, Tagikistan, Togo, Trinidad e Tobago, Tunisia, Turkmenistan, Ucraina, Uganda, Ungheria, Uruguay, Uzbekistan, Venezuela, Vietnam, Yemen, Zambia, Zimbabwe.
SECONDO PROTOCOLLO AL PATTO INTERNAZIONALE SUI DIRITTI CIVILI E POLITICI (PER L'ABOLIZIONE DELLA PENA DI MORTE)
Australia, Austria, Azerbaigian, Belgio, Bulgaria, Cipro, Colombia, Costa Rica, Croazia, Danimarca, Ecuador, Finlandia, Georgia, Germania, Grecia, Honduras (solo firmato), Irlanda, Islanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Macedonia (Ex Repubblica Iugoslava di), Malta, Mozambico, Namibia, Nepal, Nuova Zelanda, Nicaragua (solo firmato), Norvegia, Olanda, Panama, Portogallo, Regno Unito, Romania, Seychelles, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Ungheria, Uruguay, Venezuela.

SONDAGGI SULLA PENA DI MORTE
(tratti da http://library.thinkquest.org/23685/data/sondag.html)
I CRIMINI PER CUI E’ PREVISTA LA PENA DI MORTE
(tratto da http://library.thinkquest.org/23685/data/crimini.html)
Ovviamente, non tutti i Paesi la prevedono per tutti i crimini.
• Crimini contro la persona
• Crimini che comportano la perdita della vita (anche non intenzionali)
• Reati che causano ferite e sofferenze
• Tortura
• Trattamento crudele e inumano inferto ai detenuti
• Reati che potrebbero causare gravi ferite o morte
• Uso di esplosivi contro individui
• Crimini contro la morale
• Adulterio
• Fornicazione
• Sodomia
• Pubblicazione e commercio di pornografia
• Altri generi di crimini contro l'integrità della persona
• Rapina
• Violenza carnale
• Crimini contro la proprietà e crimini economici
• Furto di proprietà privata
• Furto di proprietà pubblica
• Sabotaggio
• Realizzazione di profitti in modo illecito
• Cambio nero
• Accaparramento di beni alimentari
• Danneggiamento dell'economia
• Altri reati economici
• Corruzione
• Falso in bilancio
• Vendite illegali
• Contrabbando di chiodi di garofano
• Crimini contro lo stato e reati politici
• Crimini contro la sicurezza dello Stato
• Tradimento
• Spionaggio
• Collaborazione con gli imperialisti
• Provocazione dell'intervento straniero
• Provocazione della rottura delle relazioni diplomatiche
• Complotto con un governo straniero
• Fomentazione di guerra civile
• Prestazione di servizio tra le file del nemico
• Cospirazione col nemico
• Insurrezione e sabotaggio
• Attentato all'autorità del governo
• Attentato alla Costituzione e al governo
• Attività che sconvolgono l'ordine sociale ed economico
• Ripudiare la sovranità e l'indipendenza del Paese
• Attività controrivoluzionarie
• Attività contro o a vantaggio di determinati gruppi sociali
• Scioperi e dimostrazioni illegali
• Disturbo dell'ordine pubblico
• Terrorismo
• Attività illegali in collegamento con partiti politici
• Altri reati
• Sedizione
• Disturbo della quiete pubblica
• Propaganda attraverso articoli, libri, discorsi a beneficio di ribelli
• Propaganda contro lo Stato
• Scritti e discorsi incompatibili con l'ordine socialista
• Apostasia
• Attività comunista di qualsiasi tipo, compresi i discorsi privati
• Incoraggiamento di manifestazioni studentesche
PER LAVORARE SUL TEMA
Presentiamo due casi di condannati a morte che hanno suscitato un certo scalpore, invitando gli insegnanti a discuterne con i ragazzi o a dar vita ad un gioco di simulazione (vedi in fondo).
Il caso di Leonel Herrera (tratto da “Il Manifesto”, 13 maggio 1993)
Una iniezione letale ha messo fine, ieri mattina all’alba, ai tre anni di battaglia legale per salvare la vita a Leonel Herrera. 45 anni, indiano – americano di discendenza messicana, era stato condannato a morte nel 1981 per l’omicidio di un poliziotto.
Il 29 settembre 1981 nella cittadina di Los Fresnos, nel sud del Texas, viene ammazzato con un colpo di pistola Enrique Carrisalez, ufficiale di polizia. A pochi metri di distanza dal luogo del delitto viene ferito anche un poliziotto di pattuglia, David Rucker. Sono soprattutto le sue testimonianze che portano alla cattura di Leonel. Lo stato di ubriachezza in cui versa l’accusato nel momento dell’arresto diventa la prova della sua colpevolezza. Dopo due settimane di galera arriva una sua confessione: sì, ha sparato a Rucker, ma non ha ammazzato Carrisalez. E sulla base di questa sua confessione si svolge il processo. Per l’accusa è facile dimostrare la sua colpevolezza: la pistola che ha ucciso l’ufficiale Carrisalez è la stessa che ha ferito il Rucker. Per gli avvocati di difesa – nominati d’ufficio perché Herrera non ha soldi – è impossibile provare alla giuria la loro tesi: la confessione dell’arrestato è stata estorta con la forza. L’accusato, al momento del processo, avrebbe avuto ancora addosso i segni dei “colloqui” avuti con la polizia. Ma non sono sufficienti per fare nascere il dubbio fra i giurati. Il loro verdetto è chiaro: pena di morte per l’assassinio di Carrisalez e condanna a vita per il ferimento dell’altro.
Gli avvocati difensori non si danno per vinti. Dai colloqui avuti con il loro difeso e con vari parenti e amici emergono tante contraddizioni ma, anche, una convinzione unanime: il condannato non è un tipo violento e non ha mai posseduto un’arma da fuoco. Il suo arresto è avvenuto grazie alla descrizione dei caratteri somatici fatta dal poliziotto ferito, caratteri comuni alla comunità cui appartiene Herrera nel Sud del Texas. Solo agli inizi del ’90 il lavoro di ricerca degli avvocati ottiene soddisfazione: una testimonianza scritta di Raul Herrera jr., 18 anni, nipote di Leonel. “Nel settembre del 1981, avevo allora 9 anni, ho visto mio padre, Raul Herrera, fratello del condannato, ammazzare il poliziotto Carrisalez e poco dopo, durante la fuga, sparare contro la guardia di pattuglia Rucker”. Forti di questa nuova testimonianza, gli avvocati di difesa fanno ricorso. Ma la legge del Texas impedisce un nuovo processo: i condannati a morte, è scritto nel codice dello Stato, hanno diritto al ricorso contro la pena capitale se ne fanno richiesta, portando nuove prove, entro i primi 30 giorni dall’emissione del verdetto. Ma la condanna di Herrera è vecchia di 9 anni. La difesa non si dà per vinta. Nel 1991 trova altre testimonianze. Una dell’avvocato difensore di Raul Herrera, una della sorella dei due Herrera: la sera del 29 settembre 1981 ha visto passare davanti casa il fratello Raul; le ha confessato di avere ucciso un poliziotto e ferito un altro; era sotto gli effetti di eroina e alcol. Il tribunale di Stato decide di sospendere l’esecuzione della pena di morte a Leonel Herrera e si riserva di ricorrere alla Corte Suprema dello Stato. La Corte Suprema del Texas non ha incertezze: le nuove prove non possono essere prese in considerazione perché manca l’indiziato principale. Raul, infatti, è morto nel 1984.
Nel gennaio del 1992 gli avvocati difensori arrivano con il loro caso alla Corte Suprema USA. Ma anche qui sono sconfitti. Il compito della Corte Suprema federale si limita all’assicurazione che i processi non siano svolti in violazione della Costituzione; e non per correggere “errori di fatto”. Inoltre, se si è convinti dell’innocenza di un condannato a morte, anziché ricorrere alla Corte Suprema federale si faccia richiesta di clemenza al governatore dello Stato. Una delibera assurda, contro cui si solleva una marea di proteste tra giuristi e rappresentanti del Congresso americano. Ma nulla è valso per salvare Leonel Herrera, ammazzato ieri mattina, probabilmente innocente.
Il caso di Girvies Davis (tratto da “Un errore capitale” di Antonio Marchesi, Ed. Cultura della Pace, 1995)
Girvies Davis è morto il 17 maggio 1995 in un penitenziario dell’Illinois, a causa di un’iniezione di veleno, essendo stato condannato 16 anni prima, nel 1979, per l’omicidio dell’ottantanovenne Charles Biebel, ucciso nel corso di una rapina. Inizialmente Davis viene accusato di “rapina a mano armata” ma secondo la polizia, dieci giorni dopo l’arresto, Davis avrebbe consegnato agli agenti una nota scritta in cui si attribuisce la responsabilità di ben 11 precedenti omicidi. Successivamente, Davis viene condotto nei luoghi dove avrebbe commesso i delitti e in questa occasione se ne attribuisce nove.
Fin qui la versione della polizia. Quella di Davis è radicalmente diversa: egli viene prelevato dalla sua cella e portato su una strada isolata: qui gli viene offerta la possibilità di firmare una dichiarazione già scritta dagli agenti, che altrimenti lo avrebbero ucciso mentre “tentava di scappare”. Davis afferma di non avere mai visto la dichiarazione originale fino a quando questa non è stata prodotta in giudizio come prova a suo carico. La dichiarazione in questione presenta chiaramente due diversi tipi di scrittura, entrambi in bella calligrafia.
Ora, Davis non è mai andato a scuola ed è analfabeta; gli è stato diagnosticato un “disordine cerebrale organico” ed è ritardato mentale. Uno dei poliziotti che raccolse la sua confessione ha ammesso che questa non venne mai riletta all’imputato. Nel corso del primo processo la pubblica accusa ammette che almeno tre dei delitti di cui Davis si è auto-accusato sono stati commessi da altre persone.
Davis proclama costantemente la propria innocenza. Ammette la partecipazione alla rapina a mano ramata per la quale è stato arrestato, ma nega di aver assassinato l’anziano negoziante. Un testimone dell’accusa dichiara che è stato Davis ad aprire il fuoco; peraltro, lo stesso testimone non riesce a riconoscere Davis nel corso di un’identificazione “in linea” svoltasi prima del processo negli uffici della polizia e fornisce una descrizione dell’assassino che sembra coincidere, piuttosto, con quella di un complice di Davis.
Le “confessioni” di Davis sono la principale prova a suo carico in tre delle quattro accuse di omicidio da cui invano ha cercato di difendersi. Nel caso dell’omicidio di Charles Biebel, quello per il quale viene pronunciata la condanna a morte, le “confessioni” di Davis costituiscono l’unica prova a sostegno della sua colpevolezza.
Davis viene processato da una giuria composta da soli bianchi dopo che la pubblica accusa ha fatto ricorso alla sua prerogativa di fare escludere, senza darne motivazione, tutti i possibili giurati neri. Ai giurati non viene detto che Davis non può avere scritto le confessioni e che non gli è mai stato fatto leggere nulla di ciò che avrebbe scritto. La pubblica accusa, per argomentare la sua richiesta di condanna a morte, fa riferimento a omicidi che Davis, con ogni probabilità, non ha mai commesso. Il governatore Jim Edgar, che ha il potere di sospendere l’esecuzione, non prende in considerazione alcun appello poiché “Davis ha commesso un crimine orrendo e vigliacco”.
Sulla base di questi due casi, si potrebbe dar vita ad un gioco di simulazione.
Invece di leggere gli episodi agli alunni, si può “mettere in scena” l’evento, affidando a ciascuno un ruolo definito (e scritto su un foglietto). Così, l’aula della classe si può trasformare in un aula di tribunale, gli alunni in: un giudice, un avvocato difensore, una accusa, alcuni testimoni (pro e contro), l’accusato e la giuria. Ecco quindi che, ognuno seguendo il suo ruolo descritto sui foglietti, si da vita al processo che verrà gestito dall’insegnante e, al termine, discusso e socializzato.
RISORSE DIDATTICHE – VILLAGGIO VOLINT – WWW.VOLINT.IT
1
24
LA PENA DI MORTE

Esempio