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Testo
Etica Nicomachea
Introduzione di Berti
Aristotele ci ha lasciato tre opere di etica, l' Etica Nicomachea, l' Etica Eudemea e la Grande Etica.
Secondo Aristotele l' etica non era scienza ma uno strumento delle scienze.
Aristotele divide le scienze in: scienze teoretiche, aventi per oggetto la realtа che non dipende dall' uomo e come fine la sola conoscenza; scienze pratiche, aventi per oggetto l' agire umano e per fine quello di realizzare il bene dell' uomo; scienze poietiche, aventi per oggetto la produzione di opere e per fine la perfezione di queste.
Le scienze pratiche, anche dette filosofia pratica, sono comprese da Aristotele nella scienza politica, cioи quella scienza che ha per oggetto il bene che comprende tutti gli altri, cioи il bene della cittа. All' interno della politica si possono distinguere tre parti: una prima parte che verte sul bene dell' uomo, chiamata Etica, una seconda parte che parla del bene della famiglia e della casa, chiamata economica, e una terza parte che tratta del bene della cittа, la politica in senso stretto.
Tra le tre Etiche di Aristotele la piщ sicura dal punto di vista dell' autenticitа и l' Etica Nicomachea, la piщ lunga e la migliore stilisticamente. Per quanto riguarda l' Etica Eudemea dopo essere stata dubitata per tutto l' Ottocento, ora и accettata da tutti. Invece permangono ancora dubbi e pareri diversi sulla Grande Etica.
Quindi tra tutte l' Etica Nicomachea и la piщ importante perchй и un autentico capolavoro, dal punto di vista sia del contenuto che dello stile.
La sua importanza filosofica deriva dal fatto che и la prima opera che tratta di una disciplina completamente nuova, mai considerate, neanche da Platone, come una scienza a sй stante.
Analizzando le caratteristiche dell' etica si comprende che il suo oggetto и caratterizzato da una contingenza e imprevedibilitа superiori all' oggetto della fisica: l' agire umano и "il regno della libertа".
Il metodo della filosofia pratica и molto meno rigoroso rispetto a quello della filosofia teoretica, perchй il comportamento dell' uomo и piщ difficile da descrivere con proposizioni assolute e universali, ma solo con proposizioni valide "per lo piщ".
Nel I libro dell' Etica Nicomachea, Aristotele definisce l' oggetto della disciplina, il bene, cioи il fine dell' uomo ed essendo l' uomo un "animale politico", il bene dell' uomo и dato dal bene della cittа.
Nel II libro tratta delle virtщ etiche, che mirano alla formazione di un buon carattere con il governo della ragione sulle parti irrazionali dell' uomo con la scelta, guidata dalla ragione, del "giusto mezzo".
Poi Aristotele si sofferma nel III libro ad analizzare la scelta, cioи una decisione che ha per oggetto non il fine supremo, ma i mezzi per raggiungerlo.
Nel IV libro viene effettuata un' analisi dettagliata delle virtщ etiche, e nel V viene parlato della piщ importante virtщ etica, la giustizia, che indica sia l' insieme di tutte le virtщ, sia la virtщ che consiste nel rispetto del rapporto umano.
Nel VI libro si parla delle virtщ dianoetiche, cioи quelle che vertono alla perfezione del pensiero ottenuta mediante l' esercizio della ragione stessa.
Nel VII libro vengono trattati due argomenti: nella prima parte si parla della continenza e dell' incontinenza, mente nel secondo si parla del piacere, sensazione derivata dalla realizzazione di un' attivitа naturale.
I libri VIII e IX sono dedicati all' amicizia, condizione indispensabile della felicitа.
Nel X libro Aristotele si dedica alla determinazione del contenuto della felicitа, che, stabilito che questa consiste nell' attivitа intellettuale, и la vita teoretica.
Infine Aristotele accenna alla necessita di un buon governo per potere dare all' uomo quelle virtщ che portano alla felicitа.
L' Etica Nicomachea и un testo destinato all' uso scolastico. Come altri testi simili ha un linguaggio piuttosto asciutto, disadorno, arido, proprio perchй erano spesso appunti usati poi per tenere delle lezioni: essi quindi lasciavano all' esposizione orale la ricerca di effetti piщ suggestivi.
Le lezioni si Aristotele comprendevano la formulazione di un problema, delle sue possibili soluzioni, delle argomentazioni e delle obiezioni.
Nell' Etica Nicomachea abbondano proverbi, citazioni di poeti e analisi psicologiche.
I procedimenti argomentativi hanno un andamento dialettico, cioи quello di una discussione tra piщ membri di opinioni diverse: formulato il problema si prosegue citando delle soluzioni, le opinioni dei filosofi precedenti e della gente, facendone una critica, sviluppata mediante gli endoxa, le opinioni degne si stima perchй affermate da tutti e dai sapienti.
Oltre ad utilizzare metodi dialettici, Aristotele utilizza altri tipi di procedimento come l' analisi psicologica, o l' indagine sociologica, o l' analisi semantica, o quando vuole dimostrare una propria tesi paradossale si serve di vere e proprie confutazioni delle tesi opposte.
L' Etica Nicomachea incominciт ad essere studiata nell' etа imperiale.
Nel mondo cristiano ebbe molto successo perchй fu apprezzata la teoria del giusto mezzo e poi divenne il simbolo della vita contemplativa.
Ebbe fortuna anche nel Rinascimento, nel mondo Umanistico, per poi avere un tracollo nell' Ottocento, quando la tesi di Kant segregarono l'Etica Nicomachea solo per un studio filologico.
Perт negli anni sessanta di questo secolo l'Etica Nicomachea ha avuto una rinascita in quanto considerata fondamentale per orientare la prassi umana in quanto il sapere scientifico era incapace di fare ciт.
Oggetto e metodo dell' etica
Aristotele esordisce affermando che ogni arte, ricerca, scelta ed azione mirano ad un bene e il bene и "ciт a cui ogni cosa tende". Ma tra i fini esiste una differenza: ci sono dei fini che vengono ricercati per se stessi, altri perchй sono mezzi per raggiungere qualche altro fine. Il bene dell' uomo deve per forza appartenere alla prima categoria di fini, perchй se no si procederebbe all' infinito senza mai raggiungere qualcosa di definitivo e supremo.
Perт per permettere all' uomo di mettersi alla ricerca di questo fatidico bene supremo bisogna che sappia di cosa si tratti, e quindi bisogna tentare di determinarlo.
Il bene supremo apparterrа alla scienza piщ importante, che и chiaramente la politica, che stabilisce le regole della cittа e quindi il suo fine comprenderа quello delle altre e perciт tale sarа il bene dell' uomo.
La politica ha quindi un oggetto, il bene, che и molto variabile, soggetto a fluttuazioni: infatti il bello e il giusto, sui cui verte la politica, non hanno un loro valore assoluto, ma relativo.
Quindi anche la veritа riguardo al bene supremo va presentata in modo grossolano e approssimativo. Bisogna perciт ricordare di non cercare la precisione in tutte le cose, ma di cercarla in ogni caso particolare secondo l' oggetto della materia.
Il problema ora sta nell' identificare cosa sia veramente questa felicitа. C'и molto disaccordo tra gli uomini: alcuni pensano sia qualcosa di appariscente e materiale altri diversamente. Infatti a testimoniare la differenza di pareri, il povere considera felicitа la ricchezza, il malato la salute, l' ignorante la conoscenza e altri come Platone pensano che esista un bene in sй, causa di tutti i beni in quanto tali.
L' uomo che vuole ascoltare lezioni sul bello e sul giusto, cioи sulla politica, deve essere educato con abitudini: infatti "chi и moralmente educato coglie i principi o li afferra facilmente".
Riprendendo il discorso di prima sul valore della felicitа per i vari uomini, si comprende che gli uomini ricavano tale definizione dal loro modo do vivere. Esistono tre modi di vivere: la vita di godimento, dedicata al piacere personale, la vita politica e quella contemplativa.
Chi appartiene ai primi due gruppi, e in particolare al primo, non fa una vita elevata: infatti il primo gruppo и sottomesso dall' istinto e dalla brama di piacere e il secondo gruppo, ponendo il bene nell' onore, giudica implicitamente che ci sia qualcuno di piщ virtuoso che debba lodarlo, e quindi che il bene sia piщ in alto. Anche la vita dedita alla ricerca di denaro и contro natura perchй si vuole accumulare ricchezza in funzione di ottenere qualcos' altro.
Aristotele prende in considerazione al teoria delle idee di Platone, e in particolare la sua idea di bene. Secondo Aristotele l' idea di bene, cosм assoluta, non regge, perchй se si indaga nel particolare si scopre che esistono numerosi significati di bene per tutti i significati che ha l' essere. Per di piщ Platone nei suoi ragionamenti considera solo una specie di bene, quelli amati per se stessi, ma in realtа esistono anche quelli che sono fondamento dei precedenti.
Si potrebbe controbattere dicendo che sarebbe utile avere un modello di bene cosicchй si possano raggiungere meglio i beni per noi: ma ciт и in dissonanza con le altre scienze, che, pur tendendo tutte a qualche bene, tralasciano la conoscenza del bene in sй: il medico non ha di mira la salute in sй ma quella di un uomo determinato, di colui che cura.
Quindi Aristotele, dopo aver chiarito il concetto che il bene supremo и diverso in ogni azione ed arte, tenta di identificarlo dicendo che il bene и il fine di tutte le azioni che si compiono. Infatti per la medicina il bene supremo и la salute, per la strategia la vittoria, per la architettura la casa, e cosм via.
Conclude dicendo che la felicitа и qualcosa di perfetto, in quanto fine delle nostre azioni, e autosufficiente perchй и amabile per se stessa.
Perт non si и ancora detto tutto su cosa si veramente la felicitа. Si potrebbe capire meglio partendo dalla funzione propria dell' uomo: infatti come c'и una funzione propria del falegname, del flautista, ma anche dell' occhio e dell' orecchio, ce ne deve essere una propria dell' uomo: la sua funzione peculiare, la forma, и l' essere razionale.
Inoltre va detto che se la funzione dell' uomo и la vita secondo ragione, o perlomeno non senza ragione, essa sarа uguale sia per sia per un individuo sia per un individuo di valore. Infatti и del flautista suonare bene il flauto, e del citaredo di valore suonarlo bene.
Quindi essere felici vuol dire esercitare con virtщ la propria funzione specifica. Bisogna infine aggiungere in una vita compiuta: una rondine non fa primavera e un solo giorno non fa felice nessuno.
Aristotele prosegue dicendo che i beni piщ elevati sono quelli dell' anima, rispetto a quelli esteriori e del corpo.
Ma nonostante ciт dice che la felicitа ha bisogno anche dei beni esteriori perchй и impossibile o perlomeno difficile compiere azioni buone se si и privi di risorse materiali, come il potere politico, l' aiuto degli amici, dei figli, della ricchezza. In piщ и evidentemente meno felice quello che, ad esempio, ha degli amici o dei figli malvagi, oppure и brutto o povero.
Le virtщ etiche
Aristotele alla fine del primo libro incomincia a parlare delle virtщ dell' uomo; per fare ciт incomincia il suo discorso partendo dall' anima. Essa si divide in due parti, una razionale e una irrazionale: non и importante che relazione ci sia tra queste due, se sono distinte come le parti del corpo o se sono distinte idealmente ma per natura inseparabili.
Dunque anche le virtщ si dovranno dividere cosм come si divide l' anima, e perciт abbiamo le virtщ dianoetiche (della ragione, dianoia) e quelle etiche (del carattere, ethos).
Le virtщ dianoetiche hanno origine e crescono con l' insegnamento mentre quelle etiche derivano dall' abitudine.
Le virtщ etiche non nascono per natura in noi, ma perchй per natura siamo predisposti ad apprenderle con l' abitudine: ciт che facciamo и prenderle dapprima in potenza e poi tradurle in atto.
Impariamo una cosa facendola: cosм come impari a suonare la cetra suonandola, diventiamo giusti compiendo azioni giuste. Ognuno puт scegliere se diventare un buon suonatore di cetra o no: nessuno и buono o malvagio per nascita, lo si diventa.
Inoltre secondo Aristotele и importante il legame con la politica, poichй buone leggi e norme creano nel cittadino buone abitudini, cosм da sapersi comportare correttamente in ogni situazione e di fronte a qualsiasi cosa. И anche importante il legame con la pedagogia: se si insegna un buon carattere a una persona fin da bambino, egli sarа giusto.
Ricordandoci che in questa materia non c'и nulla di assoluto, Aristotele dice che per compiere un' azione in modo corretto dobbiamo seguire la strada mediana, cioи non dobbiamo seguire nй gli eccessi nй i difetti, poichй cosм come troppi o pochi cibi o bevande distruggono la salute, un' azione non temperata distrugge la virtщ.
Quindi la temperanza e il coraggio sono distrutti dall' eccesso e dal difetto e preservati dalla medietа.
A questo punto Aristotele passa ad esaminare cosa sia la virtщ che, poichй gli atteggiamenti interni dell' anima sono tre, passioni capacitа disposizioni, deve essere uno di questi.
Ma si arriva presto a capire che la virtщ puт essere solo una disposizione, infatti noi non veniamo giudicati nй per le passioni, nй per la nostra capacitа di provarle, ma per i vizi o le virtщ.
Bisogna determinare che tipo di disposizione и: la virtщ и qualcosa che ha come effetto di mettere in un buono stato e di permettere di compiere la sua funzione su ciт di cui и virtщ. Sarа dunque lo stesso anche per l' uomo.
И chiaro che in ogni cosa divisibile и possibile prendere il piщ, il meno o l' uguale, che и qualcosa in mezzo, equidistante dagli estremi. Per esempio tra dieci e due il mezzo и sei. Questa и una semplice proporzione aritmetica, ma non puт essere lo stesso per scegliere quale sia il mezzo in rapporto a noi: il mezzo puт variare da persona a persona: per qualcuno un kg di cibo puт essere molto, per altri no.
Quindi sta all' individuo scegliere cosa sia meglio per sй evitando ogni eccesso e difetto.
Riassumendo, la virtщ ha a che fare con azioni e passioni, in cui l' eccesso e il difetto sono errori e quindi sono biasimati, mentre il mezzo и l' ottimo e va lodato. Quindi la virtщ и secondo la sostanza e la definizione dell' essenza una medietа, mentre secondo il bene и il culmine.
Alcune passioni e azioni perт non ammettono la medietа: ad esempio quelle come la malvagitа l' invidia o come azioni, l' omicidio, il furto. Compiere una di queste azioni vuol dire errare: esse sono di per sй degli eccessi e non si puт quindi agire rettamente, in quanto non esiste una medietа di eccesso o difetto, e similmente un eccesso o difetto di medietа.
Alla fine del II libro, Aristotele fa un elenco delle virtщ etiche, cioи di tutte le vie di mezzo fra due eccessi. Prima fa un elenco delle azioni, come ad esempio per quanto riguarda i piaceri e dolori la via di mezzo и la temperanza, l' eccesso l' intemperanza, e poi fa un elenco di altre medietа che si istituiscono attraverso le conversazioni e le azioni: ad esempio nello scherzo, chi sta nel mezzo и detto spiritoso e la sua disposizione spirito, mentre l' eccesso и la buffoneria e chi la pratica buffone.
Poi ci sono medietа anche per le passioni: ad esempio pur non essendo il pudore una virtщ, chi и pudico и lodato, mentre и biasimato chi и sfacciato o timido.
Analisi dell' agire umano
Aristotele nella prima parte del terzo libro affronta l' argomento dell' agire umano.
Come prima cosa divide le azioni in volontarie ed involontarie: sono involontarie quelle azioni il cui atto и fatto per forza e per ignoranza, cioи quando il principio dell' atto и esterno e chi agisce, o meglio subisce, non ne concorre.
Perт presto si capisce che questa divisione fa sorgere molti dubbi a riguardo. Infatti spesso dei tipi di azioni non si riescono a classificare. Ad esempio viene difficile decidere se sono volontarie o involontarie quelle azioni che si compiono per paura di mali piщ grandi: ad esempio quando si и obbligati da un tiranno, che tiene in potere la famiglia, a compiere un' azione malvagia. Da un lato esse sono volontarie perchй l' individuo si trova davanti a dovere fare una scelta, ma d' altra parte egli и obbligato da una forza esterna a compiere la scelta con conseguenza meno gravi. Perт precisa Aristotele per alcune azioni non si deve essere sottomessi, piuttosto и meglio morire.
Quindi non si riesce a capire quali siano veramente quelle azioni forzate.
Aristotele dice che tutte le azioni in origine sono involontarie, ma alcune in un determinato momento sono fatte oggetto di scelta e il principio и in chi agisce e perciт diventano volontarie.
Ne consegue che le azioni involontarie, cioи quelle forzate, sono quelle in cui il principio и esterno e senza alcun concorso di chi viene forzato.
Aristotele precisa anche che c'и differenza tra agire per ignoranza o ignorando. Quindi il malvagio ignora ciт che deve fare e ciт che non deve fare.
И importante non confondere il termine involontario nel caso in cui uno ignora ciт che gli conviene: infatti l' ignoranza nella scelta non implica l' involontarietа dell' atto, ma la sua malvagitа e pazzia, mentre la causa dell' involontarietа dell' atto и data, non dall' ignoranza dell' universale, ma dall' ignoranza delle circostanza particolari. Infine viene precisato che sono volontari gli atti compiuti per impulsivitа e per desiderio.
Aristotele prosegue trattando la scelta, che и chiaramente qualcosa di volontario, anche se ha un' estensione minore di quest' ultimo, poichй anche i bambini e gli animali agiscono volontariamente, ma tuttavia non sono in grado di scegliere. Ma stabilire che cosa sia la scelta и difficile: essa non и nй impulsivitа, nй desiderio. Inoltre la scelta riguarda solo ciт che dipende da noi e solo il possibile.
Ma quindi cos'и una scelta? La scelta и quel volontario preceduto da una deliberazione.
Va chiarito su cosa si possa si deliberare. Evidentemente non si puт deliberare su tutto perchй infatti non si delibera sulle cose eterne, su quelle che avvengono per necessitа, per caso o su tutte le cose umane, ma solo sulle cose che dipendono da noi, su ciт che ogni singolo uomo puт fare. Si delibera su quelle cose in cui c'и indeterminatezza su come andranno a finire; inoltre non deliberiamo sui fini, ma sui mezzi per raggiungerli. Chi delibera compie sempre una ricerca e un' analisi dei mezzi migliori e piщ veloci per raggiungere il fine voluto e infine l' unica differenza tra l' oggetto della deliberazione e della scelta и che quello della scelta и sempre determinato, in quanto si sceglie solo ciт su cui si delibera.
Aristotele a questo punto inserisce una piccola precisazione su cosa sia la volontа, piщ precisamente il suo oggetto. Presto arriva a dire che l' oggetto della volontа in senso assoluto l' oggetto и il bene, ma per ciascuno и ciт che appare tale: per l' uomo di valore tutto ciт che и realmente bene, per quello miserabile qualsiasi cosa.
Concludendo il III libro Aristotele parla della responsabilitа dell' uomo dei vizi e delle virtщ. Infatti sia l' agire che il non agire di fronte ad un' azione bella o brutta dipende da noi, e quindi и chiaro che anche le singole virtщ e vizi dipendono da noi stessi. La frase di Socrate " nessuno и volontariamente malvagio, nй volontariamente felice" и in parte vera e in parte falsa: infatti che nessuno и involontariamente felice и un dato di fatto, ma che nessuno и malvagio volontariamente и assurdo, perchй non ci sono altri principi a cui ricondurre le nostre azione, fuorchй noi stessi.
Le virtщ dianoetiche
Aristotele inizia affermando che sapere soltanto che dobbiamo attenerci sempre nel giusto mezzo, non ci basta per potere vivere: infatti le virtщ dianoetiche di occupano di farci imparare ad usare la ragione in modo eccellente. Continua dicendo che l' anima razionale di puт dividere in due parti: una teoretica che si occupa di quei principi che non possono essere diversi da come sono e una pratica che si occupa delle realtа contingenti.
Dato che la ragione ha come funzione la veritа, le virtщ dianoetiche in quanto disposizioni ad usare la ragione, hanno come funzione anche loro la veritа.
Le virtщ dianoetiche sono cinque: scienza, arte, saggezza, intelletto, sapienza.
La scienza ha per oggetto tutto ciт che non puт essere diverso da come и, ciт infatti che puт cambiare quando и fuori dal nostro controllo non sappiamo piщ se c'и o no. Quindi l' oggetto della scienza и eterno ed esiste di necessitа. La scienza и una disposizione alla dimostrazione.
Invece per quanto riguarda a ciт che puт essere diverso da come и, esso puт essere oggetto di produzione e di azione, che non и la stessa cosa. Siccome, ad esempio, l' architettura и un' arte ed и visibilmente rivolta alla produzione, l' arte sarа una disposizione ragionata secondo veritа alla produzione.
Invece per quanto riguarda la saggezza, noi diciamo che и saggio chi sa deliberare non da un punto di vista generale, ma su ciт che и giusto e buono da un punto di vista globale. Ma non si puт deliberare su ciт che non puт essere diversamente, nй su ciт che и fuori dalle sue possibilitа. E quindi se scienza vuol dire dimostrazione e non si puт dimostrare ciт che puт essere diversamente e non si puт d' altra parte deliberare su ciт che и necessariamente, la saggezza non и nй scienza, perchй l' oggetto dell' azione puт essere diversamente, nи tecnica, perchй il genere della produzione e dall' azione sono diversi. Per cui la saggezza и una disposizione ragionata all' azione avente per oggetto ciт che и bene e male per l' uomo.
L' intelletto и la virtщ della ragione teoretica che consiste nella disposizione a conoscere i principi e le dimostrazioni.
И sapiente invece chi ha la piщ grande abilitа nelle arti, ma ci sono anche sapienti in senso piщ onnicomprensivo. Quindi la sapienza и la piщ alta delle scienze. Si dice sapiente chi conosce i principi e sa cogliere il vero nei principi stessi. И quindi un insieme di intelletto e scienza.
Proseguendo Aristotele riprende la virtщ della saggezza e la divide in tre tipi: la politica, che si occupa degli atti particolari, la saggezza relativa all' amministrazione familiare e la saggezza vera e propria che riguarda al singolo individuo.
Aristotele spiega la differenza che c'и tra saggezza e sapienza, cioи la saggezza и indispensabile per la felicitа in quanto ci da i mezzi per raggiungerla rendendoli retti, mentre la sapienza и la felicitа stessa: chi la possiede и felice. И interessante il concetto di abilitа che Aristotele inserisce: l' abilitа и una potenzialitа che permette di raggiungere gli scopi proposti: se sono scopi buoni si parla di saggezza, se sono cattivi parla di furberia. Viene precisato perт che la saggezza non и abilitа, anche se non puт esistere senza di essa.
Infine Aristotele illustra il rapporto che c'и tra sapienza e saggezza. La saggezza и subordinata alla sapienza, poichй la saggezza non comanda la sapienza, ma dirige le azioni in vista della sapienza e quindi della felicitа.
La felicitа come vita teoretica.
Come и giа stato detto precedentemente la felicitа non consiste in una disposizione, se no apparterebbe a chiunque, ma in una attivitа, che va chiaramente scelta per se stessa, non in vista di qualcos' altro.
Perт bisogna stare attenti a non confondere la felicitа con il divertimento: infatti sarebbe sbagliato fare questa uguaglianza in quanto sarebbe stupido faticare tutta la vita per poi divertirsi soltanto.
Quindi la felicitа и una attivitа scelta a seconda della disposizione propria ad un individuo: per l'uomo dei valore sarа conforme alla virtщ, perciт la vita felice sarа conforme alla virtщ e ne consegue che tutto ciт richiederа una grande applicazione.
L' attivitа deve essere di quella parte del corpo che comanda, che guida, che ha le nozioni delle cose divine: in ciт risiede la felicitа. Dato che nell' uomo la parte piщ elevata и l' intelletto, la sua attivitа e detta attivitа contemplativa, ed и appunto la piщ alta.
L' attivitа contemplativa и anche autosufficiente, perchй, nonostante il sapiente, il giusto e ogni uomo abbiano bisogno delle stesse cose per vivere, il sapiente non ha bisogno di nessun altro per contemplare, mentre il giusto ha bisogno di qualcuno per esercitare la giustizia, cosм come il coraggioso e per tutti gli uomini virtuosi.
Pur essendo chiaro che tra le azioni virtuose eccellono quelle relative alla politica e alla guerra, и altrettanto chiaro che queste non vengono scelte per se stesse, ma mirano a qualche fine e non sono dunque degne di essere scelte per se stesse, e che l' attivitа contemplativa, и piщ alta in quanto и un' attivitа teoretica, и autosufficiente, и scelta per sй, ha il piacere in sй e quindi solo in questa risiederа la vera felicitа.
Si potrebbe obbiettare che una vita del genere и impossibile per un uomo, poichй и una vita divina: infatti nell' uomo c'и qualcosa di divino che gli permette di elevarsi e di comportarsi quasi divinamente: non bisogna perciт ascoltare chi afferma che l' uomo si deve occupare delle cose umane, mortali e terrene, dato che ognuno deve cercare di vivere, per quanto gli и possibile, da immortale.
Aristotele proseguendo dimostra la superioritа della vita contemplativa in un modo molto semplice. Tutti credono che gli dei sono beati e felici al massimo grado, ma che azioni sono da attribuire a loro? Certo non quelle giuste, perchй и ridicolo pensare che tra loro facciano contratti, non quelle coraggiose, perchй non affrontano battaglie o pericolo, neanche quelle liberali, perchй a chi donerebbero e quale moneta userebbero e cosм via...
Non rimane quindi che la contemplazione, che и quindi l' attivitа di Dio.
La felicitа и direttamente proporzionale al posto che ha la contemplazione nella vita di un essere: in Dio la contemplazione и perenne e cosм la felicitа sarа infinita, gli animali non contemplando per nulla non possono essere felici, mentre tra gli uomini ci possono essere varie situazioni.
Inoltre per contemplare un uomo ha bisogno anche dell' appoggio della realtа esteriore, cioи deve essere fornito moderatamente di beni esteriori, deve essere in buona salute ...
Bisogna ricordare perт che non ci deve essere abbondanza in tutto ciт, perchй non и da dimenticare che la vita contemplativa и comunque autosufficiente.
Aristotele conclude dicendo che se gli dei si prendono cura delle cose umane, и certo che essi si prenderanno cura di chi tra gli uomini и piщ vicino a loro, di chi и piщ elevato, и quindi dei sapienti, che curano al massimo l' attivitа dell' intelletto.