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Categoria: | Ricerche |
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Testo
Convitto Nazionale
Vittorio Emanuele II
Classe II B Liceo Classico Europeo
Anno scolastico 1999 – 2000
A cura di Per la prof.ssa
Creazzo Luigi Palladino
Forgia Francesco
Gabriele Giuseppe
Remedia Sveva
Ventresca Ilaria
Sommario
Sommario pag. 2
Indice delle Tavole pag. 3
Introduzione pag. 4
Capitolo 1: Storia dell’Ebraismo pag. 6
1.1 L’Ebraismo dalle origini al post-esilio pag. 6
1.1.1 Le origini: 1800 a.C. pag. 6
1.1.2 La liberazione dalla schiavitù: 1250 a.C. pag. 6
1.1.3 L’occupazione della Terra Promessa pag. 6
1.1.4 L’esilio ed il post esilio (inizio del giudaismo) pag. 7
1.2 Il Giudaismo pag. 7
1.2.1 Dalla dominazione romana ai giorni nostri pag. 7
1.2.2 Le scuole dottrinali del giudaismo pag. 8
1.2.3 Le scuole giudaiche pag. 9
1.2.4 Il misticismo giudaico pag. 10
1.2.5 Il Giudaismo moderno pag. 11
Capitolo 2: I testi sacri pag. 13
2.1 La Bibbia: Tanak pag. 13
2.2 Il Talmud pag. 13
2.3 Lo Zohar pag. 13
Capitolo 3: La teologia e l’antropologia pag. 15
3.1 La teologia pag. 15
3.2 La preghiera pag. 16
3.3 L’antropologia pag. 17
Capitolo 4: Comandamenti, feste e simbologia dell’Ebraismo pag. 19
4.1 I comandamenti pag. 19
4.2 Le feste pag. 20
4.3 La simbologia pag. 23
Capitolo 5: Storia dell’Ebraismo dalla Controriforma
ai giorni nostri pag. 25
5.1 Dalla Controriforma allo stato d’Israele pag. 25
5.2 Distribuzione geografica degli Ebrei dalla
seconda guerra mondiale ad oggi pag. 26
Indice delle Tavole
Tav. I Una miniatura Ebraica del XIV secolo raffigura il severo insegnamento della Torah ad un fanciullo.
Pag. 27
Tav. II Una pagina miniata del Pentateuco di Tours (VII secolo) raffigurante Dio che detta il Decalogo a Mosè sul monte Sinai Pag. 28
Tav. III Una miniatura (arte mozarabica XIII secolo) riproducente l’interno del Tempio di Gerusalemme con i principali oggetti per il culto Pag. 29
Introduzione
Gli Ebrei seguono un complesso di credenze, dottrine, riti e costumi che viene definito Giudaismo e che si è sviluppato in un periodo di oltre 2500 anni sotto l’influsso delle varie civiltà con le quali essi furono in contatto. In Italia, diversamente da quanto avviene all’estero, questo complesso viene genericamente definito Ebraismo; in realtà, questo termine comprende tutta la storia Ebraica, sia quella anteriore all’esilio babilonese (586-538 a.C.), che è chiamata israelitica, sia quella posteriore, che più correttamente è chiamata giudaica. Le origini del Giudaismo sono strettamente collegate all’attività riformatrice esercitata da Esdra, “sacerdote, esperto nella legge del Dio del cielo”, nella seconda metà del V secolo a.C. Sembra che l’espressione Giudaismo – termine che deriva da Giudeo, cioè appartenete o discendente dall’antica tribù di Giuda – sia stata usata per la prima volta da quei giudei che nei secoli II-I a.C. si ribellarono ai successori di Alessandro Magno che volevano loro imporre la civiltà greca. Nel Giudaismo religione e popolo costituiscono un insieme unico: essi sono due elementi diversi ma inseparabili e fra di loro c’è la stessa relazione che esiste fra l’anima ed il corpo. Il popolo Ebraico è costituito dai discendenti delle tribù di Giuda che sono sopravvissuti, come gruppo separato nella diaspora1, cioè dispersi in varie nazioni per 25 secoli. Il Giudaismo è il sistema religioso, l’elemento vitale che ha permesso al popolo Ebraico di conservarsi e rinnovarsi continuamente adattandosi al mutare delle situazioni politiche, sociali e culturali.
Elemento fondamentale del Giudaismo è una continua tensione fra la concentrazione sulle proprie tradizioni, che si accompagna all’isolamento ed alla chiusura verso tutto quello che non è Ebraico, e l’interesse verso le esperienze intellettuali degli altri popoli, dal quale derivano l’apertura verso il mondo non Ebraico ed assidui tentativi di assimilarne abitudini ed espressioni culturali. Un’altra tensione, che sembra di essere di riflesso, sul piano geografico, di quella esistente sul piano culturale, è presente nel giudaismo: quella fra la “Terra d’Israele” e la diaspora. Infatti da un lato la Terra d’Israele, secondo la tradizione, è la terra promessa agli Ebrei quando sul Sinai fu stipulato il patto tra Dio e Mosè; dall’altro, il Giudaismo si è sviluppato, soprattutto nell’epoca postbiblica, prima nel Vicino Oriente, poi nell’Africa settentrionale, poi in Europa (Dall’Inghilterra alla Russia) e, infine, nelle Americhe. I centri vitali del giudaismo, sia sul piano religioso
sia su quello culturale, non sono mai stati immobili; spesso si sono spostati seguendo ed accompagnando ora questa ora quella civiltà della diaspora.
Attualmente, le due comunità che si contendono la guida del mondo giudaico sono quelle degli Stati Uniti e d’Israele.
Capitolo 1: Storia dell’Ebraismo
1.1 L’Ebraismo dalle origini al post-esilio
1.1.1 Le origini: 1800 a.C.
Abramo, primo patriarca del popolo “eletto”, fu chiamato da Dio. Verso il 1800 a.C. circa, Abramo partì dalla sua città, Ur, nella Mesopotamia, e si trasferì nella terra di Canaan, detta molto più tardi Palestina (nome derivato dai Filistei). Abramo ed i suoi figli Isacco e Giacobbe adoravano Dio sotto vari nomi, il principale dei quali era Elohim. Giacobbe ed i suoi dodici figli – capostipiti delle dodici tribù d’Israele – spinti dalla carestia, si recarono in Egitto dove si stabilizzarono. Successivamente furono trattati come schiavi e sfruttati per la costruzione di città e di magazzini per l’ammasso del grano.
1.1.2 La liberazione dalla schiavitù: 1250 a.C.
Dio, che non aveva dimenticato il suo popolo, suscitò Mosè, che liberò gli Ebrei dalla schiavitù e fece di loro un popolo ed una nazione. Mosè fu uno degli uomini più grandi della storia. A lui Dio si manifestò sotto il nome nuovo: “Io sono colui che sono”.
Il tetragramma הוה׳ (JHWH) non può essere pronunciato, e quando si leggevano le Scritture ad alta voce era sostituito dal termine Ebraico Adonai, che significa “Signore”. Gli studiosi della Bibbia della scuola babilonese e palestinese lo vocalizzarono utilizzando le vocali di Adonai, la qual cosa dette origine alla malformazione Geova. JHWH era pronunciato probabilmente “Jahwhè”.
Mosè fu scelto quale guida del popolo Ebraico nel passaggio del Mar Rosso e nel cammino attraverso il deserto. Per mezzo di lui Dio stabilì un patto di alleanza con il suo popolo e gli consegnò i 10 comandamenti, che, scolpiti su due tavole di pietra, furono posti nell’arca portata dagli Ebrei nelle loro peregrinazioni.
I 40 anni trascorsi nel deserto contribuirono a consolidare tra i discendenti delle 12 tribù l’unità nazionale che fu poi la causa prima della loro successiva grandezza. Mosè tuttavia non vide la Terra Promessa.
1.1.3 L’occupazione della Terra Promessa
Fu Giosuè a guidare gli Ebrei alla conquista della Palestina. Ha inizio così il periodo dei Giudici (sec. XIII a.C.). In seguito, di fronte ai continui attacchi delle popolazioni circostanti (Filistei, Medianiti, Edomiti, Moabiti, ecc.) gli Ebrei si organizzarono in regno sotto la guida di Saul, a cui successe Davide e poi Salomone (circa 925 a.C.). Alla morte di quest’ultimo divamparono le guerre civili che condussero alla formazione del regno di Israele a Nord, con capitale Samaria (distrutto, poi, nel 721 a.C. da un re assiro) e del Regno di
Giuda a Sud, con capitale Gerusalemme, distrutta nel 586 a.C. ad opera di Nabucodonosor II.
1.1.4 L’esilio ed il post esilio (Inizio del giudaismo)
La deportazione e l’esilio del popolo Ebraico si protrassero dal 586 al 538 a.C. quando Ciro il Grande, con un editto, ordinò la ricostruzione del tempio con i fondi pubblici e la restituzione degli arredi sottratti da Nabucodonosor come bottino. Gradualmente si ricostituì la comunità Ebraica. Ne furono artefici, tra gli altri, Zorobabele, Esdra e Neemia. Di Zorobabele parlano Aggeo e Zaccaria. Egli era governatore di Gerusalemme e, come tale, curò che l’opera di ricostruzione procedesse secondo la volontà del suo re. Suscitò molte speranze nella restaurazione di un futuro e risorto regno davidico, poiché era nipote del re Ioakin, il 19° re di Giuda, deposto da Nabucodonosor dopo la conquista di Gerusalemme e deportato a Babilonia. Questo è l’unico caso in cui dei profeti abbiano collegato l’attesa di un futuro “Messia” con una figura storica contemporanea. L’impulso verso la riorganizzazione della vita sociale e religiosa venne anche da Esdra e Neemia, due saggi governatori, di cui è però incerta la cronologia. Per due secoli Gerusalemme fu una piccola provincia dell’impero persiano. Sconfitti i persiani da Alessandro Magno, la Palestina fu sottomessa prima ai Tolomei, signori dell’Egitto, poi ai Seleucidi, che regnavano sulla Siria, subendo un processo di ellenizzazione da parte di Antioco Epifanie. Ciò determinò la rivolta dei Maccabei, i quali liberarono la Giudea e diedero inizio ad un nuovo stato. Ripresero, però, le discordie interne, questo fatto determinò l’intervento dei Romani.
1.2 Il giudaismo
1.2.1 Dalla dominazione romana ai giorni nostri
La potenza romana era apparsa in Siria-Palestina nel 64 a.C. ed aveva sconfitto il regno dei Seleucidi. Essa diede un nuovo assetto alla storia d’Israele. Dopo vari interventi militari, Pompeo nel 63 a.C. riordinò radicalmente la Siria-Palestina ponendo sotto l’autorità del sommo sacerdote di Gerusalemme la Giudea, l’Idumea e la Galilea centrale, naturalmente con il controllo del governatore romano della Siria. Nel 40 a.C. l’idumeo Erode il Grande ebbe da Roma il riconoscimento del titolo di re vassallo, e dal 27 al 4 a.C. regnò su tutta la Palestina con abilità, magnificenza e crudeltà, nella sottomissione totale ai capi di Roma. Alla sua morte esplosero lotte per la successione che videro ora l’uno ora l’altro dei pretendenti (Archelao, Erode Antipa, Filippo) richiedere l’appoggio dei Romani.
Durante il regno di Erode Antipa, mentre era procuratore Romano Ponzio Pilato, fu processato e messo a morte Gesù Cristo.
Nel 70 d.C. scoppiò una rivolta violentissima, sempre guidata da fanatici che sognavano l’autonomia del popolo eletto. La repressione di Tito fu feroce:
Gerusalemme venne distrutta ed i vincitori portarono come trofei gli arredi sacri del tempio di Gerusalemme, di cui rimase solo quella parte che oggi viene comunemente chiamata “Muro del Pianto”.
Un’altra rivolta fu domata da Adriano (132-135 d.C.).
Da quel momento, fino al 1948, la storia degli Ebrei è quella di un popolo che è unito dalla stessa fede, dalla stessa legge e dallo stesso rituale del culto, ma è senza patria. Gli Ebrei si trovano di volta in volta coinvolti in grosse forme di repressione e di persecuzione (sono espulsi dalla Spagna nel 1492; sono istituiti per loro i ghetti nel 1565; subiscono massacri nell’Europa orientale nei secoli XVII-XX; l’antisemitismo nazista di Hitler ne stermina circa 6 milioni) o vivono in pace nei periodi di tolleranza. Nel 1948, per decisione dell’O.N.U., viene ristabilito la stato di Israele che, tuttavia, non riesce a trovare pace per le tensioni e le contese con popoli arabi e palestinesi, per sanare le quali da molto tempo si trascinano proposte, incontri, mediazioni, provocazioni militari ed attentati terroristici. Nonostante la formazione di tale stato, non è finita la diaspora degli Ebrei nel mondo: nuclei consistenti rimangono negli Stati Uniti, in Russia, Francia, Gran Bretagna, ecc.
1.2.2 Le scuole dottrinali del giudaismo
Nonostante la dispersione e la mancanza di un tempio, di uno stato, di un governo e di una terra, il popolo giudaico – con il saldo legame della Torah (i libri biblici che formano il Pentateuco) – fu in grado di foggiarsi una sua cultura e di mantenere viva la propria religione in migliaia di sinagoghe sparse per il mondo, attraverso tanti maestri che continuarono l’opera dei loro predecessori. Anche il sinedrio – supremo tribunale politico, religioso e giudiziario – si mantenne attivo in Palestina fino al 425 d.C., e da Gerusalemme si trasferì prima a Javne (o Jamnia) e Sefforis, poi a Tiberiade, sebbene dopo il 70 d.C. i Romani non gli avessero riconosciuto alcun potere civile (e fu detto perciò “sinedrio accademico”). L’insegnamento e la trasmissione della Torah avveniva attraverso due metodi: quello del midrash e quello del mishnah. Il midrash è il metodo tradizionale di esegesi2 biblica fatta sul testo scritto che mira all’analisi ed all’applicazione delle norme bibliche (midrash accademici) od all’amplificazione edificante e narrativa (midrash omiletici3) e che produce kalakhah (norma legale), o haggadah (narrazione). La mishnah è il metodo della raccolta sistematica della legge orale Ebraica. Considerata di origine sinaitica (come la legge scritta), la legge orale si viene formando attraverso l’esegesi rabbinica dei testi biblici. Da tale esegesi ha avuto origine nei secoli III – V d.C. il Talmud.
1.2.3 Le scuole giudaiche
La scuola di Javne
La scuola di Javne si dedicò con grande fervore a conservare il corpo di leggi ed insegnamenti tradizionali redigendoli in forma di mishnah, cioè di codificazione sistematica ed apodittica4. Grande maestro fu Rabbi Akiba (50-135 circa) che iniziò il lavoro di sistemazione della legge tradizionale col metodo della mishnah rendendola più accessibile ai discepoli. In questa scuola fu portato a termine il processo di canonizzazione dei testi Ebraici che costituiscono ancor oggi la Bibbia Ebraica. Akiba incaricò, inoltre, il convertito aquila di tradurre i sacri testi in greco, ma di questa traduzione rimangono solo alcuni frammenti.
La scuola di Rabbi Giuda
Il sinedrio accademico raggiunse il suo fulgore sotto la guida di Rabbi Giuda (135-217), figlio di Simone Gamaliele, che redasse la mishnah in un Ebraico puro e scorrevole, fissando la legge ma lasciando ampia possibilità di ricerca e di studio ulteriore.
La scuola di Babilonia
Con Abba Arika (175-247), discepolo di Rabbi Giuda, sorse la famosa scuola di Sura, che, assieme ad altre scuole, mantenne e sviluppò le tradizioni della dottrina giudaica. Il testo di studio era quello di Rabbi Giuda, ma i maestri (amoraim = coloro che parlano) ne interpretavano il contenuto, discutendone il significato, cercando di conciliare le contraddizioni e di risalire dai suoi insegnamenti alla Scrittura. Ad essi toccava il compito di formulare nuovi giudizi legali per risolvere i problemi scaturiti dalle mutate condizioni di vita. Questa notevole attività intellettuale si cristallizzò nella Gemara (compimento). La Gemara ed il Mishnah costituiscono il Talmud (da una radice Ebraica che significa studiare).
Il Talmud è l’insieme di riflessioni morali, apologhi5, omelie, meditazioni sapienzali6, storie e leggende del passato di Israele, visioni del suo futuro e di salvezza messianica7 universale.Vi sono poi numerosi detti che rivelano una conoscenza notevole in campo astronomico, medico, geometrico, botanico, scientifico.
I Masoreti (coloro che trasmettono) assolsero il compito di rendere più agibile il testo biblico nel quale mancavano vocali e segni di interpunzione, integrandovi le vocali, i punti, gli accenti, la pronuncia, il collegamento delle
parole, la divisione delle frasi e dei periodi. Notarono anche tutte le varianti e le particolarità, contarono le lettere ed i versi nei diversi libri, calcolarono il più precisamente possibile parole, espressioni, ortografia. La rivalità culturale, che era rimasta sempre accesa tra la scuola di Palestina e la scuola di Babilonia, si risolse a favore della Massora palestinese, che impose il suo Codice, ritenuto modello fondamentale della Bibbia Ebraica. Scuole talmudiche sorsero un po’ dovunque: in Africa, in Egitto, in Italia, in Germania, in Spagna. Qui, sotto la protezione di Ibn Shaprut, ministro del califfo di Cordova e mecenate munifico di dotti Ebrei, si sviluppò un centro di dottrina Ebraica. Fiorirono la ricerca intellettuale e scientifica, la poesia e la letteratura, la filosofia e l’esegesi biblica. Gli esponenti più prestigiosi furono Shelomoh ibn Gebirol (1021-1069 circa) Giuda Haleui, un poeta dolcissimo (1075-1141 circa) e Mose ibn Ezra di Granata (nato nel 1060 circa).
La scuola filosofica giudaica
La tendenza razionalistica, della quale c’è già traccia nella Bibbia (lo spirito del dubbio dell’Ecclesiaste, caratteristico della filosofia), permise ai maestri di Israele di pervenire ad una concezione spirituale di Dio, nonostante gli antropoformismi di cui la Bibbia abbonda, ma che servono all’uomo per imprimere nella mente, attraverso metafore, il carattere personale di Dio. Il concetto di spiritualizzazione di Dio divenne così fondamentale che si usò il termine Memra (parola) per indicarlo. Il movimento filosofico giudaico iniziò in Alessandria verso il II sec. a.C. Il più famoso rappresentante fu Filone (25 a.C.-40 d.C. circa) che si propose di conciliare la teologia con la filosofia greca. Egli tento di risolvere il problema suscitato dalla tendenza platonica di mettere Dio ad una incommensurabile distanza, con l’insegnamento biblico secondo cui Dio è intimamente interessato al mondo che Egli ha creato per un atto di volontà. Giuda Halevi, vissuto a Toledo (1075-1141 circa), oltre che filosofo della religione si può considerare il poeta più grande dai tempi della Bibbia, per avere espresso negli stupendi canti di Sion la tenace nostalgia della sua patria lontana, considerata da lui il cuore delle nazioni”. Ma Mosè Maimonide fu sinceramente il genio religioso più eccelso del suo tempo. Nato a Cordova nel 1134, ebbe la massima devozione per Aristotele, che egli considerava, dopo i profeti, il più alto rappresentante delle facoltà umane. La sua concezione della conoscenza lo portò ad affermare che la profezia è una facoltà naturale che chiunque può acquisire, con la necessaria preparazione e la perfezione spirituale ed intellettuale. La sua “Guida dei Perplessi” suscitò non poche polemiche. Fu oggetto di studio anche da parte dei filosofi cristiani, come Tommaso d’Acquino.
1.2.4 Il misticismo giudaico
Dopo il XIV sec, fu usato il termine Qabbalah (tradizione) per indicare un insegnamento religioso in origine tramandato di generazione in generazione,
dapprima come dottrina segreta affidata a poche privilegiati e poi come studio al quale si dedicarono apertamente tutti.
Il perno di questo misticismo fu la concezione secondo cui l’uomo è stato creato da Dio per collaborare con Lui, che lo ha dotato delle capacità e dei mezzi necessari per controllare e ridurre le cose ai propri fini ed a quelli della creazione. La caratteristica del misticismo giudaico è l’orientamento messianico. La creazione, animata ed inanimata, travagliata da una lotta universale per la redenzione del male che in qualche modo è entrato nel mondo, troverà la salvezza nell’avveramento del regno di Dio, con l’avvento messianico.
La Qabbalah speculativa (che si sviluppò in Provenza nel sec. XII, raggiungendo il massimo splendore nella Spagna nel sec. XIV) si fonda su una lettura mistico-segreta della Torah, e tende a recuperare le verità che i primi uomini conobbero all’inizio della storia umana e che poi furono occultate dai loro discendenti. Il maggior qabbalista è Iizchaq Luria (1534-1572). I temi centrali della letteratura qabbalistica riguardano la natura di Dio, l’origine dell’universo da Lui, il ritorno a Lui di tutte le cose attraverso varie mediazioni.
Il testo fondamentale è lo Zohar (Splendore) che viene terzo dopo la Bibbia ed il Talmud. Dopo l’espulsione degli Ebrei dalla Spagna (1492), lo Zohar fu per gli esuli fonte di forza e di speranza, nella certezza che – oltre le tragedie delle persecuzioni – ci sarà il trionfo finale del bene.
1.2.5 Il Giudaismo moderno
Sotto l’influsso dell’Illuminismo (corrente filosofica che caratterizzò il sec. XVIII), si svilupparono alcune correnti del Giudaismo moderno.
Il Giudaismo liberale (che ebbe come esponente Moses Mendelsshon 1729-1786) fondò l’intera religione, con il suo contenuto dogmatico e morale, sulla ragione. Il Mendelsshon, nella sua opera Jerusalem, sostenne che l’essenza della religione è costituita dalle verità generali (che ogni uomo può
raggiungere con la ragione) e dalla legge morale (la Torah) che la ragione può scoprire e giustificare con le sue forze.
Il Giudaismo riformista, sviluppatosi in Germania e diffusosi in America, tentò di adattare il culto e le credenze ai modelli cristiani e razionalistici fino a sostituire il sabato con la domenica, l’Ebraico con l’inglese, il tedesco o altre lingue moderne, ad abolire la segregazione dei sessi e la preghiera a testa coperta, ecc.
Il sionismo fu la conseguenza delle continue persecuzioni e delle massicce emigrazioni degli Ebrei verso l’Occidente o verso gli Stati Uniti. Praticamente fondato sull’antica speranza in un ritorno nella terra palestinese. Trovò il suo profeta in Theodor Herzl (1860-1904) e, dopo il Congresso di Basilea (1897), divenne un interlocutore internazionale, tanto da ottenere consensi con la dichiarazione di Balfour (1917) e, nel 1947, la decisione dell’O.N.U. della spartizione della Palestina in due stati: arabo ed
Ebraico. Lo stato di Israele fu proclamato il 14 maggio 1948, anche se la pace tra arabi e palestinesi è ancora ben lontana dal concretarsi in modo definitivo.
Capitolo 2: I testi sacri
2.1 La Bibbia: Tanak
Questo termine deriva dal greco τά βίβλια (i libri), già usato da scrittori cristiani come Origine e Clemente di Alessandria. Indica il complesso di libri composti lungo l’arco di oltre un millennio, dagli inizi della monarchia Ebraica (1000 a.C.) fino al I sec. d.C. I libri appartenenti all’antico popolo Ebraico sono denominati Antico Testamento e ci documentano le vicende, le istituzioni, la storia ed il culto Ebraico. Essi costituiscono la Bibbia Ebraica è suddivisa in tre parti: la Torah o Legge/insegnamento, i Profeti (Nebiim) e gli Scritti (Ketubim).
2.2 Il Talmud
Il Talmud è la monumentale raccolta dei commenti alla toràh che sono stati scritti nel corso dei secoli. La sua compilazione è cominciata in seno al sinedrio – assemblea di settanta “anziani” fin dal secondo secolo prima di Cristo –, che conservava e ripeteva le leggi, gli insegnamenti ed i commenti della legge, il cui patrimonio si era arricchito lungo i secoli a partire dai tempi di Mosè. Alla fine del secondo secolo dopo Cristo, il capo del sinedrio, Yehuda Hanassi (o Rabbenu Hakkadosh), comincia a mettere ordine in questa enorme massa di testi: ne risulta un grande trattato, suddiviso in sei parti di 524 capitoli ciascuna (i poveri, i sacerdoti, l’agricoltura, le feste, le donne, il diritto civile e penale, i sacrifici e le purificazioni), che viene chiamato la Mishna (“ripetizione”), e comprende due tipi di testi, i commenti della legge (kalakha) e le riflessioni sapienzali (aggadà). Alcuni insegnamenti più tardivi che erano stati lasciati da parte verranno riuniti nella Gemara (“supplemento”). Alla fine del V secolo i due libri vengono unificati nel Talmud (“studi”), che costituiscono la base dell’insegnamento dei rabbini (“maestri”). A questo Talmud di Gerusalemme si aggiunge, un secolo dopo, il Talmud Babilonese, che raccoglie la tradizione delle accademie rabbiniche della Mesopotamia. Anche se lo stile e le argomentazioni sono leggermente diverse, la sostanza è la stessa. Insieme, le due opere comprendono una cinquantina di volumi.
2.3 Lo Zohar
Il terzo libro sacro, lo Zohar (“splendore”), si presenta come una nuova redazione (scritta all’inizio del XIV secolo, in Spagna, da un mistico erudito, Mosè de Leon), di una raccolta delle rivelazioni fatte dal profeta Elia a Simeone bar Yoshai, nel primo secolo. In esso si parla della natura di Dio,
del mistero dei nomi divini, dell’uomo, della grandezza della toràh e del suo insegnamento sul Messia. Accanto alla dialettica dei maestri del Talmud, lo Zohar rappresenta la dimensione mistica, affettiva dell’anima giudaica. In questa direzione si muove anche tutta una ricerca in cui lo spirito israelitico, sempre assetato di infinito e di mistero, intraprende una cammino di tipo esoterico8, non privo di pericoli che si esprime nella cabala. Questa parola, che significa letteralmente “tradizione”, e che ha dato origine al termine cabalistico, sinonimo di strano, complicato, oscuro, sta ad indicare tutta una letteratura giudaica del Medioevo, fiorita intorno allo Zohar ed ad un’altra opera, il Libro della Creazione.
Capitolo 3: La teologia e l’antropologia
3.1 La teologia
La creazione del mondo, la caduta della prima coppia umana, il diluvio ed altri elementi mitici sono rappresentazioni secondarie in rapporto al tema centrale dell’origine, dello sviluppo e della fine della storia della salvezza, cioè della storia concepita come manifestazione e azione di Dio nel tempo; di un Dio che stringe un patto di alleanza prima con tutti gli uomini, poi con Israele, eleggendolo a strumento di salvezza per tutti.
• L’atto creatore di Dio dà inizio alla storia, trasforma il caos in universo ordinato in forza della sua parola che dà la vita.
• Il cosmo come ordine perfetto. Si regge sulla parola e sullo spirito di Dio, anche dopo la rottura del peccato, Dio non viene meno alla fedeltà promessa al suo popolo: “Allora Mosè prese il sangue, ne asperse il popolo e disse: ‘Ecco il sangue del patto che Jhwh ha fatto con voi sul fondamento di queste parole’” (Es 24,8).
• Il patto mosaico segna il passaggio da forme religiose idolatriche a forme religiose rigidamente monoteiste.
JHWH
- è la Presenza: “Ora Jhwh parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla con il proprio amico” (Es 33,7);
- è Energia numinosa9 nelle azioni militari di Israele: “Jhwh scese con me tra i prodi” (Gdc a,13). “Allora Davide rispose al Filisteo: ‘Tu vieni a me con la spada, con la lancia ed il giavellotto ma io vengo a te nel nome di Jhwh degli Eserciti, del Dio delle schiere di Israele che tu hai insultato’” (Sam 1,4a);
- è Verità: “La tua benignità e la tua verità mi guardino di continuo” (Sal 40,11);
- è Re della storia: “Benedissi l’Altissimo e lodai e glorificai colui che vive in eterno, il cui dominio è un dominio perpetuo, ed il cui regno dura di generazione in generazione” (Dn 4,34);
- è Santo: “Santo e tremendo è il suo nome” (Es 34,14);
- è Misericordioso: “Egli non serba l’ira sua in perpetuo, perché si compiace di usare misericordia” (Mic 7,18);
- è Glorioso: “Tutta la Terra sarà piena della gloria dell’Eterno” (Sal 14,21);
Tutti gli attributi ed i nomi divini, sia quando rivelano influenze di altri ambiti culturali, sia quando sono assoggettati ad un processo di raffinamento ideologico, occorrono alla formazione del patrimonio religioso che ha distinto Israele dagli altri popoli dell’antichità. I servi di Jhwh, che costituiscono la sua corte, sono gli angeli che esistono prima della creazione dell’uomo e giubilano davanti al suo trono. Essi assumono forma umana, proteggono l’uomo, intervengono presso di lui come messaggeri di Dio. Fra essi ci sono i Serafini, che gridano la gloria del Signore ed uno di essi porta in mano un carbone ardente (Is 6,2); ci sono i Cherubini, angeli guardiani del propiziatorio (Es 25, 17); sono dominati poi, Gabriel e Michael “uno dei primi capi” (Dn 10,13). Parallelamente esistono le forze demoniache che tentano l’uomo al male. Conoscere Dio è una realizzazione che la creatura compie seguendo i suoi comandamenti su questa terra. L’uomo si salva inserendosi nel progetto della storia che Dio ha prestabilito.
Accanto a questa visione individualista ve ne è una “sociale”: Dio, all’inizio, ha stabilito un patto con tutte le creature, ma quando le creature si sono ribellate, Dio si è scelto un popolo – Israele – affinché nell’evolversi della storia tutte le creature ritornassero a lui, per mezzo di tale popolo. Quando questo avverrà, non è precisato, ma certamente un giorno si verificherà. Di fronte a questa visione, anche il problema del destino individuale dopo la morte è posto in termini abbastanza incerti.
Con i profeti e con i farisei si è formata la credenza in un giudizio e nella resurrezione finale (cfr. Ez 37) che si diffuse a livello popolare, ma che non entrò nella dottrina sacerdotale come invece l’unicità di Dio, la sua spiritualità e santità, onnipresenza, onnipotenza, onniscienza, eternità e paternità.
3.2 La preghiera
La preghiera modella tutta la vita degli israeliti. In ogni famiglia , il “Rituale delle preghiere di Israele” (Sidur), è un libro prezioso, che si trasmette di padre in figlio e che guida le recite delle preghiere quotidiane (del mattino,
del pomeriggio e della sera) e delle preghiere spontanee nel corso della giornata, ove tutto è occasione di lode e di benedizioni. Il capitolo della Bibbia che ritorna più spesso nella preghiera giudaica è naturalmente lo Shemà Israel. È la prima preghiera che si insegna ai bambini, fin dalla più tenera età, ed è la preghiera che si ripete più volte lungo la giornata.
Le tre grandi preghiere di ogni giorno comprendono una parte comune chiamata “le diciotto benedizioni”, immensa azione di grazie che celebra il Dio di Israele che fa vivere il suo popolo, gli dona la salvezza e lo colma di beni. La formula che riassume tutto è l’esclamazione: “Benedetto, l’Eterno, nostro Dio!”. Il luogo della preghiera comunitaria è la sinagoga, che però non è riservata esclusivamente al culto, essendo anche un luogo di incontro e di studio. La sua istituzione risale all’indomani della distruzione del primo tempio, nel VI secolo avanti Cristo. La preghiera comunitaria comunque non deve essere fatta obbligatoriamente nella sinagoga: si può anche compierla in una casa o in un luogo qualsiasi, purché siano presenti almeno dieci uomini che abbiano più di tredici anni. Questa preghiera è soggetta a prescrizioni meticolose, che spesso a noi sembrano strane: indossare uno scialle di preghiera (tallith) ornato di frange, portare dei filatteri (tephillim) al braccio sinistro ed alla fronte. Ma sono le prescrizioni del Signore (Nm 15,39 – Dt 11,18) per ricordare a colui che prega la protezione divina ed i comandamenti di Dio, nei quali è come incastonata tutta la sua vita.
3.3 L’antropologia
L’uomo religioso ha una chiara consapevolezza del suo stato creaturale, della sua dipendenza e della sua immensa distanza da Dio. Percepisce tutte le emozioni legate al luminoso ed al tremendo, ma nella sua condizione effimera riesce a trovare la fiducia in Colui che, per natura, è infinitamente distante, ma che, per misericordia, è paternamente vicino. Nel suo rapporto con Dio, l’uomo biblico non dimentica mai la grandezza, la potenza, l’aspetto terribile del suo creatore, come non gli manca la fiducia nel suo provvidente amore che non viene mai meno, neppure quando la creatura si ribella. Ha una viva coscienza della sua immensa dignità di uomo: “Quando io considero i cieli opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché tu te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne dia pensiero? L’hai fatto poco meno degli angeli” (Sal 8,3-5).
L’uomo, per realizzare concretamente il sentimento della sua dipendenza deve aderire a Dio non solo con la sua intelligenza, ma amarlo, entrare con lui in familiarità, dialogare con lui. La storia di Davide presenta i termini esatti di questo rapporto straordinario che si stabilisce fra la creatura ed il suo creatore.
Amare Dio, rispettarlo, rispondergli, interrogarlo, servirlo, avvertire la potenza che emana da lui, praticare la giustizia con particolare attenzione ai poveri ed agli indifesi, sono i diversi sentimenti che si alternano nel cuore
dell’uomo che accetta come verità basilare della sua vita Dio come padre e creatore, un Dio che provvede con bontà e misericordia alle sue creature. In opposizione all’uomo fedele, c’è l’empio, il quale rifiuta la sua dipendenza creaturale vivendo fuori dal rapporto con Dio, senza la conoscenza di Dio. “Ecco l’uomo che non aveva fatto di Dio la sua fortezza ma confidava nella sua grande ricchezza e si faceva forte della sua perversità” (Sal 52,7). Il suo comportamento determina la frattura del rapporto, genera il male, il peccato. Si allontana volontariamente da Dio, pretendendo di divenire l’artefice del suo destino.
Capitolo 4: Comandamenti, feste e simbologia dell’Ebraismo
4.1 I comandamenti
I comandamenti (mitzvoth) sono molto numerosi. Se ne contano 613, di cui 365 negativi (non farai questo...) e 248 positivi (farai quest’altro...). Si tratta soprattutto dei comandamenti dati da Dio sul Sinai, che però sono maturati e si sono precisati nel corso della storia. Riguardano i rapporti con Dio nella preghiera e le regole morali, ma anche i particolari della vita quotidiana. Si può dire che per l’israelita ogni gesto ha un significato religioso: tutta la sua vita è impregnata di religione.
Oltre al comandamento della preghiera, le prescrizioni più caratteristiche sono quelle che riguardano la circoncisione, il riposo del sabato ed il cibo.
La circoncisione: viene compiuta all’ottavo giorno dopo la nascita, per ogni figlio maschio che viene al mondo, in un contesto di preghiere e di celebrazioni festive. In quel momento, al bambino viene anche dato il nome. Questo segno di appartenenza al mondo giudaico, impresso nella carne, si può dire che è diventato attraverso i tempi il segno distintivo più importante dell’israelita. Per le bambine è prevista invece una cerimonia sociale che si svolge un mese dopo la nascita, quando la madre esce per la prima volta di casa in un’atmosfera di festa: si recitano preghiere per la salute della madre e della bambina, che riceve il nome in quell’occasione.
Notiamo che la circoncisione non è praticata soltanto dagli israeliti: esisteva in molte religioni antiche, e si dice che gli Ebrei l’abbiano appresa dagli egiziani. Ai nostri giorni è praticata in particolare da alcune popolazioni africane e, in virtù di un’antica tradizione, dai musulmani, benché non sia prescritta dal Corano.
Dopo la circoncisione, altre cerimonie segnano le grandi tappe dell’esistenza. La maggiore età, per la vita religiosa, è fissata a tredici anni, per i maschi, e viene sottolineata dalla celebrazione del bar mitzva, che abilita il ragazzo a leggere nella sinagoga; per le ragazze, la maggiore età viene raggiunta a dodici anni, ma è accompagnata soltanto da una festa in famiglia.
Il matrimonio, considerato normalmente come un dovere, comporta un determinato rituale, che termina col gesto dello sposo che spezza un calice per ricordare, nel momento della gioia, l’antica distruzione del tempio di Gerusalemme che ha segnato l’inizio delle sventure del popolo ebraico.
Dopo la circoncisione, segno dell’alleanza, il comandamento più importante è quello del riposo del sabato, a ricordo dell’antichissimo comandamento di Dio e ad imitazione di Dio stesso, che il settimo giorno della creazione ha riposato. Dal venerdì sera al sabato sera, l’israelita non deve fare nessun lavoro, ma dedicarsi alla preghiera, allo studio ed all’incontro con gli amici. Un sabato che diventa sempre più difficile osservare nel mondo moderno,
perché sarebbe proibito non soltanto andare in macchina, ma anche in metropolitana o in ascensore, e, al limite, persino tenere in tasca un fazzoletto o una carta d’identità, perché “portare” qualcosa è un lavoro. Ma un sabato è fatto per la liberazione dell’uomo, e che gli israeliti ritengono sempre più importante, nella misura in cui il ritmo di vita si fa più intenso. Quando si comprendono i valori profondi che sono in gioco, non si può che ammirare questa volontà intransigente, che obbliga a spezzare il ritmo opprimente delle società moderne per dedicarsi in piena libertà al servizio del Dio unico.
Anche le prescrizioni che riguardano il cibo trovano il loro fonda mento nella Bibbia. Si possono mangiare soltanto gli animali puri, cioè quelli che ruminano e che hanno il piede biforcuto, se vivono sulla terra, o quelli che hanno pinne e squame, se vivono nell’acqua. La lepre ed il cammello, che non hanno il piede biforcuto, sono animali impuri così come il maiale, che non rumina, ed i crostacei, che vivono nell’acqua, ma non hanno pinne e squame. Inoltre, per essere kasher (“leciti”) gli animali devono essere abbattuti ritualmente, da una persona autorizzata, con un coltello speciale, e devono essere svuotati completamente del sangue, che non deve essere consumato, ma ritornare alla terra. È facile che queste prescrizioni ci facciano sorridere, ed è certo che finiscono per porre dei problemi agli israeliti stessi, ma non dobbiamo dimenticare che hanno costituito la forza del popolo ebraico nella sua volontà di distinguersi dagli altri popoli, diventando uno straordinario mezzo di coesione. L’osservanza della circoncisione, del sabato e delle leggi riguardanti i cibi puri, proprio per la sua difficoltà, manifesta in maniera sorprendente il rispetto dell’alleanza con Dio, e costituisce una risposta dell’uomo ai doni di Dio, che chiama in causa tutto il suo essere. Più questi riti sono strani, più risulta evidente che sono gesti di sottomissione all’assoluta volontà di Dio, che non è tenuto a spiegare le sue decisioni. Per l’israelita convinto, essi esprimono sostanzialmente la comunione con Dio. Gli israeliti usano dire che se tutto il popolo giudaico osservasse fedelmente il sabato per due volte soltanto, verrebbe il messia. Il filosofo Abraham Heschel scriveva che il sabato è una santificazione del tempo come le cattedrali cristiane sono una santificazione dello spazio.
4.2 Le feste Ebraiche
E veniamo all’ultima istituzione essenziale della comunità, le feste giudaiche, tutte ispirate ai grandi eventi dell’antico testamento, che scandiscono la santificazione del tempo lungo l’intero corso dell’anno.
Ecco le celebrazioni festive più importanti:
La festa del Capodanno: ROSH HASHANA
Si celebra il 1° Tishri (settembre-ottobre). È l’anniversario della creazione ed inaugura il periodo in cui Dio giudica l’operato degli uomini nell’anno appena trascorso; tutti sono chiamati a rendere conto del creato affidato alle loro cure. Gli Ebrei si salutano reciprocamente: “Possa tu essere iscritto e segnato per un buon anno”. La festa adombra anche il futuro verso il quale si muove tutto il creato. Durante il culto solenne si suona lo shofar (corno d’ariete) il cui suono proclama l’inizio della redenzione messianica di Israele e dell’umanità. Siamo nel 5761 al sett. ‘99.
La festa dell’Espiazione (Kippur)
Viene celebrata il 10 di Tishri ed è un giorno di pentimento e di espiazione per le impurità del popolo, della nazione e dei singoli fedeli. Il gran sacerdote, con un complesso rito espiatorio, offre sacrifici per la purificazione sua e del popolo dalle impurità e dai peccati, pronuncia, l’unica volta nell’anno, il nome di Dio (Jhwh), ed entra, l’unica volta nell’anno, nel “Santo dei Santi” del tempio per offrire il sangue e l’incenso. Si ritiene che a Kippur Dio decida i destini degli uomini secondo il loro pentimento.
La festa delle Capanne o tende (Sukkoth)
Si celebra alla fine della vendemmia per ringraziare Jhwh dei suoi doni generosi. Inizia il quindici di Tishri (settembre-ottobre) e dura sette giorni. Vi è l’usanza di agitare verso i quattro punti cardinali il frutto del cedro ed i rami della palma, del salice e del mirto, e di recitare Salmi. I rami vengono portati poi in processione verso la sinagoga. Secondo la tradizione giudaica, rappresentano gli uomini di ogni razza uniti in collaborazione.
Le capanne dal tetto di rami o di paglia, nelle quali si consumano i pasti durante la festa, ricordano l’amore costante con il quale Dio assistette gli Israeliti nel deserto. La capanna della festa è stata sempre considerata un simbolo della capanna divina sotto il cui tetto saranno, un giorno, radunati tutti gli uomini. La nota gioiosa della festa è determinata dallo studio della Torah. All’ottavo giorno termina, e ricomincia, la lettura annuale del Pentateuco.
La festa della consacrazione (Hanukkah)
Di origine post-biblica, fu istituita per ricordare la vittoria degli Ebrei contro i dominatori della Siria nel 165, quando Giuda Maccabeo liberò Gerusalemme, ripulì il tempio da ogni contaminazione, riaccese il sacro candelabro e ristabilì il culto del vero Dio. Si celebra, con l’accensione progressiva di otto luci, il 25 Kislev (dicembre).
La festa del Purim
Ha i caratteri profani tipici del capodanno persiano (con feste di tipo carnevalesco, sospensione della vita normale, interruzione del potere costituito, elezione del re Carnevale...), ma è anche la commemorazione
della vittoria di Israele grazie alla donna-eroe Ester. La casa viene illuminata in modo particolare. Si legge il libro di Ester e nelle famiglie è occasione di incontri, banchetti, mascherate. Viene celebrata nel periodo di febbraio-marzo.
La festa degli Azzimi - Pasqua (Peshah)
In origine era un rito di primavera durante il quale si offrivano le primizie dell’orzo ed i primogeniti dei greggi. Questa festa, che cade nel mese di Aviv, chiamato poi mese di Nisan (metà marzo-aprile), fu trasformata in seguito nella commemorazione di un avvenimento fondamentale dell’Ebraismo, la liberazione di Israele dalla schiavitù d’Egitto. Nelle famiglie ebraiche è celebrata con particolare solennità e con un pasto rituale e commemorativo, il seder.
La festa delle settimane o Pentecoste
Questa festa, che si celebra sette settimane dopo la Pasqua, aveva un carattere gioioso per la raccolta del grano, per cui si esprimeva il profondo ringraziamento a Dio. Si offrivano oltre alle primizie del grano, olocausti e sacrifici per i peccati. In seguito la festa assunse anche il significato di celebrazione del dono della Torah sul Sinai. Nel giudaismo, dal sedicesimo secolo in poi, è uso rimanere svegli e trascorrere la notte nello studio della Torah. Inoltre, nel moderno stato di Israele si portano offerte di primizie a beneficio del Fondo Nazionale Ebraico.
Il tisha beav (il 9 del mese di av), che commemora il giorno in cui il primo ed il secondo tempio vennero distrutti: è la solennità più triste del calendario giudaico, giorno di dolore e di digiuno.
Si potrebbe aggiungere anche una festa recente: il «giorno dell’indipendenza» (jom hahatsmauth), che ricorda la nascita, nel maggio 1948, dello stato d’Israele. Si coglie, nella creazione di questa festa, il riflesso di una fede che cerca di legare ai grandi interventi di Dio nella storia
sacra l’avvenimento moderno più significativo per la comunità giudaica. Nello stesso tempo, però, questa iniziativa tocca una delle questioni più delicate del dialogo con gli israeliti, controversa anche all’interno della comunità giudaica: quella del movimento sionista e della fondazione dello
stato di Israele. In senso lato, il sionismo è una realtà antica: gli Ebrei dispersi hanno sempre pregato rivolti verso Gerusalemme, nella nostalgia del ritorno, e nelle ore più oscure non hanno mai cessato di ripetere, come un grido di folle speranza: «L’anno prossimo a Gerusalemme!» Ma questa realtà ha assunto un significato più preciso nel periodo in cui è stata inventata la parola stessa (dal nome della collina di Sion, simbolo di Gerusalemme), quando cioè Teodoro Herzl, Ebreo ungherese che lavorava come giornalista a Parigi ai tempi dell’affare Dreyfus, che l’aveva colpito in modo determinante, pubblicava, nel 1876, un opuscolo dal titolo: lo Stato
giudaico. L’idea centrale era che l’unico mezzo per far uscire gli Ebrei dalla situazione angosciosa in cui si trovavano e per preservare la loro identità, compromessa dall’esilio e da tutti i rischi di assimilazione, era quello di creare uno stato ebraico in Palestina. L’anno seguente si teneva a Basilea il primo congresso sionista mondiale. Il seguito è noto: con la dichiarazione Balfour, nel 1917, gli inglesi si impegnano, a guerra finita, a creare una patria giudaica in Palestina; dopo diverse vicissitudini, nasce infine uno stato ebraico indipendente, con tutte le implicazioni politiche create dall’annessione al nuovo stato e dalla successiva occupazione dei territori abitati dai palestinesi. La questione, dopo trent’anni, è ancora aperta, e non fa che inasprirsi col passare del tempo, con tutte le sofferenze, le frustrazioni e le ingiustizie che porta con sé, accompagnata anche, sullo sfondo, da un sordo conflitto religioso tra Giudaismo ed islam.
4.3 La simbologia
Il candelabro a sette bracci e la stella di Davide a sei punte – diventata, purtroppo, segno distintivo del feroce antisemitismo nazista dal 1938 fino al termine dell’ultima guerra mondiale – sono i simboli della religione ebraica.
Il candelabro a sette bracci (menorah), la cui più antica menzione si trova in Zaccaria (sec. IV a.C.), al capitolo IV, diviene, dopo la distruzione del tempio da parte dei romani nel 70 d.C., il più diffuso simbolo del Giudaismo nell’iconografia tombale e sinagogale.
Tra i significati simbolici assunti dalla menorah, il principale ne fa una figura del Signore onniveggente, “quei sette là, gli occhi di Jhwh che percorrono tutta la terra” (Zac, 10), autore e dispensatore di luce.
La stella a sei punte, chiamata anche “scudo di Davide” o “sigillo di Salomone”, si ritrova come simbolo del Giudaismo fin dai tempi più antichi. Si coniava sulle monete già sotto Erode il Grande e probabilmente anche
prima, all’epoca dei Maccabei. Era usata come elemento decorativo nelle sinagoghe.
Oggi campeggia sulla bandiera dello stato di Israele ed è un simbolo più politico che religioso, indicante l’intrecciarsi dello spirito con la materia nella composizione dei due triangoli perfettamente uguali ed opposti che si uniscono fra loro.
Capitolo 5: Storia dell’Ebraismo dalla Controriforma ai giorni nostri
5.1 Dalla Controriforma allo stato d’Israele
La situazione degli Ebrei peggiorò con la Controriforma: soprattutto nei paesi cattolici, ma un po’ in tutta Europa essi furono costretti ad abitare in un quartiere separato (ghetto), furono esclusi dalle professioni, talvolta espulsi, talvolta fatti oggetto di feroci persecuzioni; in Polonia, per esempio, dove a conferma dell’importanza assunta dagli Ebrei era stata istituita a rappresentarne unitariamente gli interessi l’assemblea detta delle “quattro regioni” (1623, con sede a Lublino), il Giudaismo fu violentemente perseguitato dai cosacchi ribelli di B. Chmel’nichij nel 1648. In questo generale aggravarsi delle condizioni degli Ebrei si svilupparono movimenti religiosi come quello, che raccolse larghe adesioni, incentrato nella figura di Shabbetay Sebi, un Ebreo di Smirne che si autoproclamò Messia, per essere poi sconfessato l’anno successivo come impostore. In alcuni paesi, tuttavia, la condizione degli Ebrei si mantenne tollerabile: così, dal territorio della repubblica di Venezia essi non furono mai totalmente scacciati; in Toscana godettero di particolare protezione (la città di Livorno accoglieva alla fine del XVI secolo i marrani di Spagna); le loro attività commerciali furono protette in funzione antispagnola ed antiolandese dall’Inghilterra di Cromwell (che li richiamò nell’isola), ed in funzione antispagnola in Olanda durante la lotta per l’indipendenza. Ma un movimento europeo tendente all’emancipazione, o almeno all’alleviamento della condizione degli Ebrei, si ebbe soltanto nel XVIII secolo, nella scia delle discussioni sulla tolleranza e la religione naturale, e soprattutto col diffondersi dell’Illuminismo. La dichiarazione d’indipendenza (1776) e la Costituzione americana (1789) riconobbero i diritti degli Ebrei; nel 1782 l’imperatore Giuseppe II emanò l’editto di tolleranza; la parità dei diritti degli Ebrei fu riconosciuta nel 1791 in Francia, ed a Francoforte nel 1811; nel 1848 ottennero l’emancipazione gli Ebrei dello Stato sardo e successivamente quelli delle altre regioni italiane. Dopo il 1870 in tutti gli stati dell’Europa centrale ed occidentale (dove gli Ebrei rappresentavano minoranze più o meno cospicue) ci si incamminò, a poco a poco, e non senza gravi resistenze, verso una parità effettiva dei diritti degli Ebrei con quelli degli altri cittadini. Ben diversa rimase a lungo la situazione delle comunità ebraiche, di gran lunga più numerose, viventi nei paesi dell’Europa orientale: in Russia l’emancipazione fu decretata soltanto nel 1917, allorché, con l’avvento del bolscevismo, gli Ebrei, che vi avevano sofferto spesso persecuzioni e massacri (pogrom), ottennero piena libertà ed eguaglianza civile e politica; in Polonia, nel 1919. l’avvento del nazismo addusse nuove persecuzioni, che durante la seconda
guerra mondiale (1939-1945) portarono a spaventosi massacri in massa, che in alcuni paesi, quali la Polonia, causarono la quasi totale distruzione della popolazione ebraica. La convinzione che solo la nascita di uno stato ebraico indipendente avrebbe potuto risolvere il problema ebraico e proteggere gli Ebrei dall’antisemitismo, espressa da T. Herzl in Der Judenstaat (1896), fu alla base del movimento sionista che, a partire dalla fine del XIX secolo, e soprattutto durante l’occupazione britannica della Palestina (1917-48), promosse la creazione di colonie ebraiche nel paese, ponendo le premesse per la fondazione dello Stato d’Israele (15 maggio 1948).
5.2 Distribuzione geografica degli Ebrei dalla seconda guerra mondiale ad oggi
È difficile determinare il numero totale degli Ebrei, perché spesso nei censimenti non sono distinti dal resto della popolazione. Negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale il loro numero era valutato tra 16 e 17 milioni ed i due nuclei più numerosi si trovavano negli Stati Uniti e nell’Europa centro-orientale (in Polonia costituivano meno del 13% della popolazione). Prevaleva nettamente l’elemento urbano, che rappresentava il 32% ad Odessa, il 26% a Varsavia, il 23% a New York. Le stragi perpetrate dai nazisti ed i cospicui esodi forzati o volontari da molti paesi europei hanno avuto come conseguenza la diminuzione del numero totale degli Ebrei (11.000.000 milioni alla fine della guerra, risaliti a 13.000.000 nel 1980) ed una radicale ridistribuzione: si sono ridotte radicalmente molte delle comunità tradizionali (in Germania, in Polonia e nei paesi baltici si sono avute perdite intorno al 90%); sono aumentati gli Ebrei negli Stati Uniti, in alcuni paesi dell’Europa occidentale ed in qualche stato latino-americano; si è costituito il nuovo importante nucleo di Israele, dove massicce correnti immigratorie, soprattutto tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, hanno portato la popolazione ebraica dai 650.000 cittadini del 1948 (anno di nascita dello stato) ai quasi 2.000.000 del 1960 ed ai 3.600.000 del 1990. secondo calcoli elaborati negli anni 1986 e 1987, la comunità più numerosa è tuttora quella statunitense (5.900.000 persone), la seconda quella israeliana; seguono i nuclei della Russia (800.000), della Francia (700.000, del Regno Unito (350.000), del Canada (300.000), dell’Argentina, del Brasile, del Sudafrica. In Italia gli Ebrei sono circa 35.000.
Tav. I Una miniatura Ebraica del XIV secolo raffigura il severo insegnamento della Torah ad un fanciullo.
Tav. II Una pagina miniata del Pentateuco di Tours (VII secolo) raffigurante Dio che detta il Decalogo a Mosè sul monte Sinai
Tav. III Una miniatura (arte mozarabica10 XIII secolo) riproducente l’interno del Tempio di Gerusalemme con i principali oggetti per il culto
Bibliografia
- Enciclopedia multimediale ENCARTA ‘98, EDITORE Microsoft Corporation voce: Ebraismo, New York, 1998
- Enciclopedia LA PICCOLA TRECCANI, EDITORE Istituto della Enciclopedia Italiana voce: Ebraismo, Roma, 1996
- Enciclopedia LE RELIGIONI DEL MONDO, EDITORE U.T.E.T., Voce: Ebraismo, Torino, 1997
Siti internet
http://www.astori.it/superiori/inrelcat/ebraismo.htm
http://www.nostreradici.it/ebraismo.htm
1 Dispersione degli Ebrei per il mondo. Nel 66 d.C. quando la Palestina era sotto il dominio romano, gli Ebrei si ribellarono ma vennero sconfitti da Vespasiano e da Tito, Gerusalemme fu occupata, il tempio incendiato e distrutto; gli Ebrei furono sterminati o andarono esuli per il mondo. Profondamente legati alla loro religione ed ai loro costumi, essi non si fusero con i popoli che li ospitarono; solo dopo la fine della seconda guerra mondiale gli Ebrei sono riusciti a creare il nuovo stato di Israele (Da “Prima – Percorsi ed immagini per conoscere” UTET).
2 Dal greco εξήγησις, derivato di εξηέομαι “guidare, spiegare, interpretare” – Interpretazione critica di un testo (Dal “Conciso” Treccani)
3 Dal latino tardo homileticus ed homiliticus, dal greco ομιλητικός “che riguarda la conversazione, socievole” - Termine ecclesiastico: di omelie (Dal “Conciso” Treccani)
4 Dal latino tardo apodicticus, dal greco αποδεικτικος “dimostrativo” – Inconfutabile, dogmatico (Dal “Conciso” Treccani).
5 Dal latino apologus, dal greco απόλογος “racconto” – Breve racconto caratterizzato da uno spiccato senso allegorico e morale (Dal “Conciso” Treccani).
6 Dal latino tardo sapientialis – Che riguarda la sapienza, che s’ispira alla sapienza, che tratta della sapienza: Letteratura sapienzale, il complesso degli scritti che contengono massime, proverbi, sentenze, precetti a guida del comportamento morale o della vita pratica; Libri sapienzali, gruppo di libri dell’Antico Testamento (Dal “Conciso” Treccani).
7 Derivato di Messia, sul modello dell’inglese messianic e del francese messianique – Che si riferisce al Messia, o ad un Messia (Dal “Conciso” Treccani).
8 Dal latino tardo esotericus, dal greco εσωτερικός, derivato di έσω “dentro” – Di dottrine e rituali riservati ai soli iniziati e la cui conoscenza non è comunicata ai profani (Dal “Conciso” Treccani).
9 Dal tedesco numinos, derivato del latino numen, numinis “nume” – Esperienza di una presenza invisibile, potente, che ispira terrore ed attira, elemento essenziale del “sacro” (Dal “Conciso” Treccani).
10 Dal Francese mozarabique, dallo Spagnolo mozarabe, dall’Arabo musta’rib “arabizato” – Dei Mozarabi, cristiani di Spagna sotto il dominio mussulmano, i quali aggiunsero molti elementi alla civiltà araba (Dal “Conciso” Treccani).
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L’Ebraismo
di Creazzo, Forgia, Gabriele, Remedia e Ventresca
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