Impianti di riscaldamento

Materie:Appunti
Categoria:Ricerche
Download:353
Data:27.06.2001
Numero di pagine:15
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
impianti-riscaldamento_1.zip (Dimensione: 390.66 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_impianti-di-riscaldamento.doc     9211 Kb


Testo

Area di progetto presentata dagli alunni Martini Massimo e Ferraresi Gilles per l’anno scolastico 98/99
Dispersione del calore da una casa
Fotografando una casa all'infrarosso è possibile osservare quali sono le zone più esposte alla dispersione del calore. Le aree nere sono quelle che lo trattengono meglio, mentre quelle bianche, che qui corrispondono alle finestre, sono responsabili delle massime perdite di energia termica.
PRESENTAZIONE
L’area di progetto da noi presentata riassume tutto il lavoro fatto nell’arco del biennio riguardante gli impianti di riscaldamento. Possiamo quindi enunciare brevemente il lavoro compiuto in questi due anni in questa presentazione. Già dallo scorso anno avevamo cominciato a trattare i primi argomenti riguardanti gli impianti di riscaldamento. Eravamo partiti dagli impianti medievali per arrivare poi, verso la fine dell’anno a parlare delle moderne caldaie a vaso chiuso. Il progetto si è concluso quest’anno con la progettazione di un semplice impianto di riscaldamento in grado di garantire ad un appartamento una temperatura adeguata in tutte le diverse stanze.
In questa relazione si è ottenuto opportuno inserire, arricchendola così nella forma e nei contenuti alcuni approfondimenti. L’esperienza si apre con una serie di definizioni ed interrogazioni che consentono di avere una più approfondita conoscenza in riferimento alle reali possibilità applicative e si conclude con una dimostrazione della teoria spiegata nella parte iniziale.
INTRODUZIONE
Lo scopo fondamentale di un impianto di riscaldamento è quello di garantire all’individuo una temperatura ideale a seconda delle varie situazioni in cui il corpo umano si viene a trovare. Dal punto di vista biologico la temperatura corporea è il grado di calore del corpo degli animali. Gli animali si dividono in endotermi ed ectotermi. Negli endotermi, tra cui l'uomo, il mantenimento della temperatura corporea è il risultato dei processi metabolici, i quali trasformano l'energia chimica degli alimenti e di altre sostanze presenti nell'organismo in molteplici forme di energia, tra cui il calore. Più elevata è l'attività metabolica di un particolare tessuto e maggiore è la liberazione di calore a essa collegata. Il tessuto muscolare, ad esempio, quando è attivo presenta un'attività metabolica più intensa di quando è a riposo e dunque cede una maggiore quantità di calore alle altre parti del corpo. Il brivido è una reazione dell'organismo alle basse temperature esterne, che provocando la contrazione di un certo numero di muscoli, fa aumentare il metabolismo generale dell'organismo e produce il riscaldamento del corpo.
Le cellule degli endotermi funzionano in maniera ottimale in uno stretto intervallo di temperature. Nell'uomo la temperatura ottimale è di 36,9 °C, ma può variare senza conseguenze rilevabili tra 36,4 °C e 37,2 °C. Se la temperatura corporea è troppo elevata le cellule possono subire seri danni funzionali e strutturali; viceversa, se è troppo bassa il metabolismo e le diverse attività cellulari rallentano. Gli impianti di riscaldamento devono dunque garantire il benessere dell’individuo, assicurando una migliore qualità della vita sia nel lavoro che nel quotidiano.
Per facilitare le operazioni di calcolo delle dispersioni termiche di un edificio abbiamo pensato, vista l’importanza che al giorno d’oggi assume l’informatica, di realizzare un piccolo programma che una volta inseriti i vari dati porta al calcolo delle Kcal/h
disperse dalle varie stanze con il relativo numero di stecche da utilizzare negli eventuali radiatori.
program dispersione_termica;
uses crt;
var t1,t2, t,K,M,mcmq,Q,Kcal_h,num:real;
sn,s,n:char;
begin
repeat
clrscr;
writeln ('Inserisci la temperatura interna in gradi');
readln (t1);
writeln ('Inserisci la temperatura esterna in gradi');
readln (t2);
2t:=t1-t2;
writeln ('La differenza termica è di: ',wt:8:2,°,);
readln;
writeln ('Inserisci il volume o la superficie');
readln (mcmq);
writeln ('Inserisci il coefficiente di trasmissione');
readln (K);
writeln ('Inserisci le maggiorazioni');
readln (m);
q:=-t*mcmq*k*m;
writeln ('la dispersione termica è di ',q:8:2,'Kcal/h');
readln;
writeln ('Inserisci le Kcal/h erogate da una singola stecca di radiatore');
readln (Kcal_h);
num:=q/Kcal_h;
writeln ('E''necessario un numero di stecche pari a: ',num:8:0);
writeln ('SOMMARIO: La dispersione termica totale è di:',q:8:2,'Kcal/h ed è necessario');
writeln('installare un numero di stecche pari a:',num:8:0);
writeln ('vuoi ripetere l''operazione?(s/n)');
readln (SN);
until sn 's';
end
Loc.
n.
Descrizione
ti
te
t
m3-m2
K
Magg.
Kcal/h
Kcal/h
totali

101
LETTO
18
-5
23
10.51 x 2,7
0.3
----
196
1120
PAVIMENTO
18
10
8
10.51
1.5
----
126
APERTURA SUD
18
-5
23
2.0
4
1.45
266
MURI SUD
18
-5
23
5.42
1.6
1.05
209
MURO EST
18
-5
23
1.35 x 2.7
1.6
1.02
159
MURO INT.
18
10
8
2.4 x 2.7
1.2
----
62
INT 10%
102
102
BAGNO
26
-5
31
4.52 X 2.7
0.45
----
170
705
PAVIMENTO
26
10
16
4.52
1.5
----
108
APERTURA SUD
26
-5
31
0.81
4
1.35
135
MURI SUD
26
-5
31
4.6
1.6
----
228
INT 10%
64
103
LETTO
18
-5
23
17.97 x 2.70
0.3
----
317
2080
PAVIMENTI
18
10
8
17.97
1.5
----
216
APERTURA OVEST
18
-5
23
2.10 X1.80
4
1.45
420
MURO EST
18
-5
23
2.36 X 2.70
1.6
1.10
490
MURO EST
18
10
8
4.52 X 2.70
1.6
1.10
259
INTE 10%
106
Loc.
n.
Descrizione
ti
te
t
m3-m2
K
Magg.
Kcal/h
Kcal/h
totali
104
LETTO
18
-5
23
13.32 X 2.7
0.3
---
248
886
MURO EST
18
-5
23
1.55 X 2.7
1.6
1.05
158
APERTURA
OVEST
18
-5
23
1.20X1.5
4
1.45
240
PAVIMENTO
18
10
8
13.32
1.5
---
160
INTE 10%
105
CUCINA
18
-5
23
9.76 X 2.7
0.3
---
182
666
PAVIMENTI
18
10
8
9.76
1.5
---
117
MURO INT
18
10
8
2.2 X 2.7
1.2
---
57
MURO NORD
18
-5
23
1.11 X 2.7
1.6
1.35
149
APERTURA
OVEST
18
-5
23
0.81
4
1.3
101
INTE 10%
60
106
SOGGIORNO
22
-5
27
41.24 X 2.7
0.3
----
902
6734
PAVIMENTO
22
10
12
41.24
1.5
----
742
TOT. APERT NORD
22
-5
27
7.25
4
1.6
1253

APERTURA
OVEST
22
-5
27
3.3X 2.7
4
1.45
512
MURO NORD
22
-5
27
1.8 X 2.7
1.6
1.2
952
MURO SUD
22
10
12
1.5 X 2.7
1.2
---
58
INTE 10%
Loc.
n.
Descrizione
ti
te
t
m3-m2
K
Magg.
Kcal/h
Kcal/h
totali
107
INGRESSO
18
10
8
8.56 X 2.70
---
----
58
296
MURO EST
18
10
8
1.2 X 2.70
1.2
----
37
APERTURA
EST
18
10
8
0.90 X 2.7
4
----
78
PAVIMENTO
18
10
8
8.56
1.5
----
103
INTE 10%
----
108
BAGNO
26
10
16
3.36 X 2.7
0.45
----
65
458
MURO EST.
26
10
16
1.75 X 2.7
1.2
----
91
PAVIMENTO
26
10
16
3.36 X 2.7
1.5
----
81
MURO INT.
26
18
8
6.9 X 2.7
1.2
----
179
INTE 10%
42
Isolante Termine usato per indicare qualunque materiale che offra un'elevata resistenza al passaggio di calore o di cariche elettriche; nel primo caso si parla di isolante termico, nel secondo di isolante elettrico. Noi ci occuperemo particolarmente degli isolanti termici usati nell’edilizia per eliminare le dispersioni termiche. Gli isolanti termici, infatti, vengono usati per impedire il flusso di calore tra corpi, o regioni di uno stesso corpo, che si trovano a temperature diverse. Poiché la propagazione del calore può avvenire secondo tre modalità diverse (conduzione, convezione e irraggiamento), la scelta del metodo e del materiale per garantire un adeguato isolamento termico deve essere condotta analizzando le caratteristiche del sistema in oggetto e le esigenze specifiche del caso. La conduzione e la convezione sono praticamente nulle nel vuoto, mentre l'irraggiamento può essere ridotto utilizzando superfici riflettenti; perciò per minimizzare il riscaldamento solare sui tetti si usano in genere sottili fogli di alluminio e metalli riflettenti; i thermos, o i vasi di Dewar , garantiscono invece un buon isolamento termico grazie a un'intercapedine in cui è praticato il vuoto, con le facce interne rivestite da uno strato di argento o alluminio. L'aria offre una resistenza alla conduzione del calore circa 15.000 volte maggiore dell'argento e circa 30 volte maggiore del vetro; pertanto, i materiali tipici da isolamento sono non metallici e piuttosto porosi. Vengono abitualmente utilizzati: carbonato di magnesio, sughero, feltro, cotone in strati, lana di vetro o di roccia, farina fossile; in passato era molto usato anche l'amianto, che è stato riconosciuto dannoso per la salute e quindi vietato in molti paesi. I materiali termoisolanti inoltre devono avere requisiti di infiammabilità e intaccabilità, inerzia chimica e inattacabbilità da funghi e insetti. Recentemente è stata sviluppata la tecnica del superisolamento, usata soprattutto nelle tecnologie spaziali, dove è necessario garantire una protezione pressoché totale in condizioni di temperature esterne molto basse. I tessuti superisolanti sono costituiti da strati multipli di mylar alluminato, ciascuno spesso circa 0,005 cm, separati da sottili intercapedini.
Isolante termico
L'isolante termico applicato alle pareti di questo edificio serve ad aumentare l'efficienza del sistema di riscaldamento riducendo al minimo le fughe di calore. Un sottile foglio metallico esterno riflette le radiazioni elettromagnetiche verso l'interno e un mezzo poroso, trattenendo dell'aria nelle sue piccole cavità, garantisce uno strato "cuscinetto" che rallenta e disperde il flusso in uscita.
L’uso del fuoco, noto all’uomo sin dai tempi dell’homo erectus ha letteralmente rivoluzionato le abitudini di vita. La sua importanza era tale da essere considerato, nelle antiche civiltà come un qualcosa di divino. Sicuramente quelle popolazioni non conoscevano però nulla dal punto di vista fisico-chimico riguardo al fuoco. Oggi sappiamo che è insieme di luce e calore associati al processo di combustione di sostanze solide, liquide o gassose. Le condizioni necessarie perché si possa accendere un fuoco sono la presenza di una sostanza combustibile, una temperatura sufficientemente elevata da provocare combustione (detta temperatura di ignizione) e una determinata quantità di ossigeno, in genere fornito dall'aria atmosferica, o di cloro, per alimentare il processo. Fin dall'antichità si conoscono due semplici metodi meccanici per produrre un fuoco: lo sfregamento, mediante il quale si genera il calore necessario per portare la temperatura del materiale combustibile (di solito legna in piccoli pezzi) al valore corrispondente di ignizione; e la percussione, che consiste nel battere opportuni tipi di pietre, finché non si sviluppi una scintilla che incendia legna o sterpaglia, appositamente preparate. Nell'ambito di questi due metodi semplici e rudimentali, furono messe a punto tecniche diverse, ad esempio si produceva una fiamma sfregando due legnetti rivestiti da materiale combustibile l'uno contro l'altro, fino a raggiungere la temperatura di ignizione; oppure strofinando un legnetto nell'incavo di un secondo pezzetto di legno; o, in alternativa, facendo ruotare rapidamente un bastoncino di legno, o un rametto, nella cavità di un pezzo di legno, ad esempio un tronco, e così via. La tecnica più semplice, che sfrutta la percussione, utilizzata fino alla diffusione dei fiammiferi avvenuta verso il 1830, consiste invece nel battere due pezzetti di pietra focaia l'uno contro l'altro, oppure contro un pezzetto di pirite, un materiale che fu in seguito sostituito dall'acciaio. Il principio di funzionamento dei fiammiferi è altrettanto semplice: sfregando un fiammifero se ne scalda la punta fino alla temperatura in cui i suoi componenti chimici sono in grado di incendiarsi. Una tecnica diversa, che pure risale a tempi piuttosto antichi, consiste nel produrre il calore necessario alla combustione facendo convergere i raggi solari sul materiale combustibile precedentemente preparato; a questo scopo si usa una lente o uno specchietto curvo. Probabilmente, varie tappe portarono le popolazioni primitive all'uso del fuoco; dopo la semplice osservazione del fenomeno, che si manifestava in natura, l'uomo imparò a sfruttarlo per riscaldarsi, per illuminare, per cucinare e anche per proteggersi dai propri simili e dagli animali predatori, quindi a produrlo, impiegando tecniche via via più controllate e perfezionate. La capacità di produrre e controllare il fuoco e l'importanza che ciò assunse nella vita dell'uomo, rendendo netta la distinzione tra ominidi e altre specie animali, può facilmente spiegare il ruolo che tale fenomeno ricoprì sia nelle religioni, sia nei miti, rivestendo significati talvolta sacrali, rituali e magici.
Resti di ossa carbonizzate indicano che l’Homo Herectus accendeva fuochi per cucinare e probabilmente anche per riscaldarsi e proteggersi dai predatori
Prima di iniziare il nostro discorso sulle centrali termiche è necessario chiarire alcuni termini che useremo spesso durante questa relazione.
CALORE: In fisica, il calore è quella forma di energia che si trasferisce tra due corpi, o tra due parti di uno stesso corpo, che si trovano in condizioni termiche diverse. Il calore è energia in transito: fluisce sempre dai punti a temperatura maggiore a quelli a temperatura minore, finché non viene raggiunto l'equilibrio termico. Fino agli inizi del XIX secolo l'effetto del calore era spiegato postulando l'esistenza di un fluido invisibile detto "calorico", capace di trasferirsi dai corpi più caldi a quelli più freddi. Sebbene la teoria del calorico spiegasse bene certi fenomeni di propagazione del calore, alcuni esperimenti condotti nel 1798 da Benjamin Thompson e nel 1799 da Humphry Davy suggerirono che il calore fosse una forma di energia. Questa ipotesi venne confermata dalle ricerche compiute tra il 1840 e 1849 dal fisico James Prescott Joule.
TEMPERATURA: La sensazione di caldo o di freddo che si prova toccando un corpo è determinata dalla sua temperatura e dalla sua conducibilità termica, ma anche da altri fattori. Sebbene sia possibile confrontare al tatto, con qualche cautela, le temperature relative di due corpi, è impossibile darne una valutazione assoluta. Tuttavia, fornendo calore a un corpo, non solo si aumenta la temperatura, per cui si avverte una più acuta sensazione di caldo, ma si producono variazioni direttamente misurabili di alcune proprietà fisiche. Al variare della temperatura variano infatti le dimensioni del corpo, la resistenza elettrica e, in alcuni casi, anche la pressione. Queste proprietà possono essere usate per definire una scala termometrica (vedi sotto).
MISURAZIONE DEL CALORE
In fisica, si adotta per il calore la stessa unità di misura valida per il lavoro e l'energia, cioè il Joule. Spesso tuttavia si fa uso di un'altra unità, detta caloria, che è definita come la quantità di calore necessaria a portare la temperatura di 1 g di acqua da 14,5 °C a 15,5 °C in condizioni di pressione ordinarie, e vale 4,185 Joule. Le reazioni di COMBUSTIONE devono la loro importanza alla grande quantità di energia termica e luminosa che sviluppano, che può essere utilizzata per l'illuminazione e il riscaldamento domestici, nei motori diesel e a benzina e, in generale, nel settore dell'industria. La temperatura raggiunta nel processo di combustione dipende sia dalle proporzioni fra materiale combustibile e comburente, sia dalla velocità di sviluppo e dissipazione dell'energia stessa. L'aria fornisce la fonte più economica d'ossigeno: tuttavia, essendo composta per i tre quarti (in peso) da azoto, consente di ottenere un aumento di temperatura notevolmente inferiore a quello che si avrebbe usando ossigeno puro. Per ottenere temperature elevate, si può usare aria arricchita di ossigeno, oppure ossigeno puro, come nel caso del cannello ossiacetilenico
La velocità di combustione può essere aumentata polverizzando il combustibile e miscelandolo con l'aria, in modo da aumentare la superficie di contatto tra combustibile e comburente; dove è richiesto uno sviluppo d'energia molto veloce, ad esempio nella propulsione di un razzo, il comburente deve essere incorporato direttamente nel combustibile durante la sua preparazione.
Cenni storici
L'idea di convertire l'energia cinetica del vapore in energia meccanica apparve per la prima volta nel I secolo a.C nell'opera Pneumatica del matematico greco Erone di Alessandria. Egli descrive una sorta di turbina a vapore, detta eolipila, costituita da una caldaia collegata a una sfera cava libera di ruotare attorno ai due poli, rappresentati dalle estremità dei due tubi di collegamento: la sfera era munita di due tubetti sulla linea equatoriale, piegati ad angolo e contrapposti, dai quali usciva il vapore, causando la rotazione della sfera. Altri riferimenti si trovano in opere medievali e rinascimentali, fino ad arrivare alla prima applicazione pratica realizzata dall'architetto italiano Giovanni Branca: questa consisteva in una caldaia per produrre vapore che, uscendo da un beccuccio, colpiva le alette sporgenti di una ruota, facendola girare. Dopo la celebre "pentola" del francese Denis Papin, il primo motore a vapore di impiego pratico fu costruito dal britannico Thomas Savery nel 1698: utilizzava due cilindri di rame riempiti alternativamente con il vapore generato da una caldaia, e veniva usato per azionare le pompe di drenaggio delle miniere. Analogo impiego trovò il cosiddetto motore atmosferico, inventato nel 1705 dal britannico Thomas Newcomen, al quale lo scozzese James Watt apportò importanti modifiche, introducendo serbatoi sferici o cilindrici riscaldati da una fiamma libera sottostante. La caldaia di Watt, realizzata nel 1769, era formata da un corpo orizzontale nel quale circolavano gas caldi di combustione. Watt, che fu uno dei primi studiosi a occuparsi delle proprietà termodinamiche del vapore, inventò anche vari dispositivi di sicurezza, fra cui il noto regolatore di pressione che porta il suo nome .

La caldaia è un’apparecchiatura che impiega il calore prodotto da un combustibile per riscaldare un liquido, generalmente acqua, come negli impianti di riscaldamento a termosifoni o in quelli di produzione del vapore. Nella sua forma più semplice è costituita da una camera di combustione dove viene bruciato il combustibile e da una camera nella quale l'acqua viene trasformata in vapore.
Caldaia a tubi di fumo
I motori di Savery, Watt e Newcomen funzionavano tutti a pressione poco maggiore di quella atmosferica. Nel 1800 l'inventore statunitense Oliver Evans costruì un motore a vapore ad alta pressione, utilizzando una caldaia che anticipava la caldaia a tubi di fumo: in essa l'acqua scorreva tra due involucri cilindrici orizzontali, inseriti uno nell'altro. Griglia e focolare erano alloggiati nel cilindro interno, consentendo il rapido aumento della pressione del vapore. Nello stesso periodo, il britannico Richard Trevithick sviluppò la caldaia Cornovaglia, con caratteristiche simili; nel 1845 il britannico William Fairbairn brevettò la caldaia Lancashire, detta a tubi di fumo perché i gas caldi di combustione passavano entro un fascio di tubi inseriti nel contenitore d'acqua, con conseguente aumento della superficie di trasferimento del calore. Le caldaie a tubi di fumo avevano potenzialità e pressione limitate, e talvolta risultarono addirittura esplosive.
Caldaia a tubi d'acqua
La prima caldaia veramente affidabile era del tipo a tubi d'acqua, e fu brevettata nel 1867 dagli inventori statunitensi George Herman Babcock e Stephen Wilcox. In essa, l'acqua fluiva attraverso tubi riscaldati esternamente dai gas di combustione, e il vapore veniva raccolto in una cupola (duomo) corrispondente alla parte superiore della caldaia. Tale configurazione utilizzava sia il calore di convezione dei gas sia il calore irradiato dal carbone – che bruciava nel focolare – e dalle pareti della caldaia. Nel XX secolo questo tipo di caldaia diventò il modello standard per tutte le caldaie di grosse dimensioni, grazie anche all'impiego di acciai speciali in grado di sopportare temperature elevate e allo sviluppo di moderne tecniche di saldatura.
Le caldaie a tubi d'acqua moderne possono produrre oltre 2500 tonnellate all'ora di vapore surriscaldato a 600 °C e alla pressione di 350 atmosfere. La temperatura di combustione può superare i 1650 °C e il flusso d'acqua viene regolato mediante circolazione naturale o forzata. Con l'impiego di surriscaldatori, le caldaie attuali possono superare il 90% di rendimento del combustibile. L'aria in entrata e l'acqua di alimentazione vengono riscaldate da preriscaldatori che utilizzano i gas di combustione scaricati nei camini. La regolazione del tiraggio e il trattamento chimico dell'acqua, per impedire la corrosione e la formazione di incrostazioni, contribuiscono a migliorare l'efficienza delle apparecchiature.
LEGENDA
1.
1. BRUCIATORE
2. TERMOSTATO DI FUNZIONAMENTO
3. TERMOSTATO A RIARMO MANUALE (DI BLOCCO)
4. VALVOLA DI SICUREZZA DI TIPO MECCANICO
5. VALVOLA JOLLY PER SFIATO D’ARIA AUTAMATICO
6. SEPARATORE D’ARIA
7. PRESSOSTATO A RIARMO MANUALE (DI BLOCCO)
8. TERMOSTATO CON FONDO SCALA 120°c
9. POZZETTO CAMPIONE
10. SARACINESCA
11. ELETTROPOMPA A CIRCOLATORE A PREVALENZA VARIABILE
12. MANOMETRO
13. ALIMENTATORE AUTOMATICO
14. VASO DI ESPANSIONE A MEMBRANA
15. TUBAZIONE DI RITORNO
16. TUBAZIONE DI MANDATA
17. TUBAZIONE DI ALIMENTAZIONE
FUNZIONE
1. DÀ LUOGO ALLA FIAMMA
2. APPARECCHIATURA DI SICUREZZA ELETTRICA. SERVE PER INTERROMPERE LA CORRENTE AL BRUCIATORE QUANDO L’ACQUA RAGGIUNGE LA TEMPERATURA DI TARATURA
3. INDICA LA TEMPERATURA ED È TARATO CIRCA A 2°C IN PIÙ DEL TERMOSTATO DI FUNZIONAMENTO. ESSO ENTRA IN FUNZIONE TOGLENDO LA CORRENTE AL BRUCIATORE SOLO QUANDO NON FUNZIONA IL TERMOSTATO DI FUNZIONAMENTO; PER ATTIVARLO BISOGNA OPERARE MANUALMENTE SU UN PULSANTE.
4. E’ UN’APPARECCHIATURA DI TIPO MECCANICO, SERVE A SCARICARE ACQUA E DI CONSEGUENZA PRESSIONE IN CASO DI UN EVENTUALE GUASTO DELLE APPARECCHIATURE DI SICUREZZA DI TIPO ELETTRICO.
5. SERVE PER ELIMINARE L’ARIA ALL’INTERNO DELL’IMPIANTO.
6. APPARECCHIATURA DI TIPO MECCANICO CHE SERVE A CREARE TURBOLENZA DELL’ACQUA IN MODO CHE EVENTUALI BOLLE D’ARIA SI SEPARINO FINENDO NELLA VALVOLA JOLLY.
7. TARATA A CIRCA MEZZA ATMOSFERA IN MENO DELLA VALVOLA DI SICUREZZA È UN’APPARECCHIATURA DI TIPO ELETTRICO. INTERROMPE LA CORRENTE AL BRUCIATORE (APPARECCHIATURA ANCHE DI TIPO MECCANICO)
8. SERVE PER REGISTRARE LA TEMPERATURA DELL’ACQUA (65/80-90°C)
9. SERVE PER LA TARATURA DEL TERMOSTATO E DEL PRESSOSTATO
10. APPARECCHIATURA MECCANICA DI CHIUSURA DELL’ACQUA
11. SERVE PER SPINGERE L’ACQUA NELLE TUBAZIONI
12. SERVE PER MISURARE LA PRESSIONE (APPARECCHIATURA DI TIPO MECCANICO)
13. APPARECCHIATURA MECCANICA CHE STABILIZZA O DIMINUISCE LA PRESSIONE DELL’ACQUA ALL’INTERNO DELL’IMPIANTO
14. SERVE PER ASSORBIRE LA DILATAZIONE DELL’ACQUA QUANDO SI RISCALDA (APPARECCHIATURA MECCANICA)
15. TUBO DI RITORNO
16. TUBO DI ANDATA
17. TUBO CHE ARRIVA DALL’ACQUEDOTTO O DALL’AUTOCLAVE
Temperature ideali nelle varie stanze
CORRIDOI ED ENTRATE INDIPENDENTI: temperatura ideale non superiore ai18°C
CAMERE DA LETTO: temperatura ideale non superiore ai 18°C
CUCINE INDIPENDENTI: temperatura ideale 18-19°C
SOGGIORNI STUDI SALOTTI: temperatura ideale 22°C
BAGNI DA: temperatura ideale DA 24 A 26°C
Una prima classificazione delle caldaie può essere fatta in base alla loro capacità: si hanno perciò caldaie a grande volume d’acqua, nelle quali il rapporto tra la quantità d’acqua contenuta e la superficie riscaldante è compreso tra 100 e 250 Kg/m2.; caldaie a medio volume d’acqua in cui tale rapporto è compreso tra 50 e 100 Kg/m2 ; caldaie a piccolo volume d’acqua nelle quali è inferiore a 50 Kg/m2. Le caldaie a grande volume d’acqua sono le più antiche; sono lente da mettere in pressione e pericolose in caso di scoppio, ma poco sensibili alle variazioni di carico e quindi facili da condurre. Al contrario le caldaie a piccolo volume d’acqua, avendo una piccola inerzia termica, possono essere messe in pressione velocemente; sono però più difficili da condurre e richiedono un’accurata sorveglianza del fuoco per adguarle al carico. In caso di scoppio le conseguenze sono meno disastrose.

Esempio