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Categoria: | Ricerche |
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Testo
Il termine razzismo si riferisce a qualsiasi teoria o dottrina che affermi che i caratteri fisici, il colore della pelle, la fisionomia del volto, la struttura dei capelli, ecc. determinino il comportamento, la personalità o le capacità intellettuali.
Nella pratica il razzismo afferma la superiorità di alcune razze umane nei confronti di altre.
Esistono naturalmente delle differenze genetiche fra i vari gruppi umani, ma non è stato mai dimostrato che alcuna di differenze influisca sulla personalità, sull’intelligenza o su qualsiasi facoltà che abbia a che fare col comportamento sociale.
Secondo Tahar Ben Jelloun autore della monografia “Il razzismo spiegato a mia figlia” (Edizioni Bompiani 1998), il razzismo è presente da quando è presente l’uomo. Esso consiste infatti nel manifestare diffidenza e poi disprezzo per le persone che hanno caratteristiche fisiche e culturali diverse dalle nostre.
Si tratta di un comportamento molto vecchio ed universale, dice T. B. Jelloun, cioè si manifesta da sempre ed ovunque e dipende in gran parte dal tipo di educazione ricevuta; ad esempio in Germania, durante il nazismo, a scuola si insegnava ai ragazzi a disprezzare ed odiare la razza ebrea perseguitata e quasi sterminata (oltre sei milioni di morti) nei campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale.
Sempre secondo la sua analisi, il razzista è colui che pensa, in modo più o meno cosciente, che tutto ciò che è troppo differente da lui lo minacci nelle sue tranquillità e sicurezza; egli soffre infatti di un complesso che più spesso è di superiorità, ma anche di inferiorità, comunque con il medesimo risultato: il disprezzo.
Spesso si tende a diffidare degli stranieri se sono più poveri di noi o miseri per paura che loro possano in qualche portarci via qualche cosa; ciò accade quando i “diversi” sono una minoranza; quando invece diventano numericamente più significativi si può cominciare ad avere un timore inconscio e quindi a sviluppare pensieri violenti nei loro confronti.
Questo fenomeno prende il nome di xenofobia (dal greco: ostilità verso gli stranieri) e molto spesso si accompagna alle manifestazioni di razzismo.
Tahar Ben Jelloun è nato a Fès(Marocco) nel 1944.Vive a Parigi ed è padre di quattro figli.
Poeta, romanziere e giornalista, è noto in Italia per i suoi numerosi romanzi e per i suoi acuti e attenti articoli di osservazione internazionale.
Alcuni esempi di razzismo nella storia
Quasi a riprova dei concetti espressi da T. B. Jelloun si possono trovare nella storia esempi di forme di razzismo manifestatesi già millenni prima di Cristo.
Ad esempio, attorno al 3500 a.C. le popolazioni di guerrieri nomadi bianchi Aria invasero il subcontinente indiano ove prosperava la civiltà matriarcale dravidica. Nel volgere di alcune centinaia di anni li conquistarono completamente e instaurarono un’organizzazione sociale in cui il primo criterio di discriminazione, puramente razziale, fu “varna”, parola sanscrita che significa colore della pelle, razza. Nel XVI secolo i marinai portoghesi che raggiunsero l’India, notando tale divisione sociale, tradussero il termine “varna” con “casta”: dal latino “purezza”. Tale organizzazione sociale è in parte ancora presente adesso nelle usanze e nei costumi dell’India, anche se fu abolita per legge nel 1954.
E’ stato però negli ultimi secoli che si è addirittura tentato da parte di vari studiosi di dare fondamento scientifico al razzismo.
Le grandi conquiste coloniali europee e l’espansione verso l’Ovest negli Stati Uniti d’America, dovute a ragioni essenzialmente economiche, trovarono giustificazione e spinta in tali studi.
C’era già allora chi come Herder si dissociava sostenendo che l’amore per la propria e patria ed il proprio popolo non poteva impedire di rispettare gli altri ma già nei primi decenni dell’ottocento si sosteneva che gli stranieri come gli Ebrei erano caratterizzati dalla incapacità di parlare la lingua nazionale del paese nel quale erano ospiti.
L’anatomista olandese Camper indagò sulle diverse tipologie razziali mettendo a confronto le misure facciali dei negri e delle scimmie e tra queste trovò una progressione ordinata verso la perfezione del volto caratteristica della razza bianca.
Per il filosofo tedesco Kant i negri ed i bianchi costituivano due razze diverse perché nel corso della storia non si erano mai mescolate.
Alcuni credevano, seguendo il racconto della Genesi, ad una sola origine di tutte le razze mentre altri ritenevano che, per le differenze esistenti tra le varie razze, esse non potessero avere un’unica origine.
Idee di questo tipo venivano diffuse da società culturali come la Societé Ethnologique di Parigi (1839) la quale sosteneva che le razze dovevano essere distinte per organizzazione fisica, carattere morale ed intellettuale. Anche la Ethnological Society di Londra (1843) e la American Ethnological Society (1842) propugnavano idee simili.
Ancora, nei decenni che seguirono, molte società scientifiche come la Antropological Society di Londra assunsero atteggiamenti nettamente razzisti nei confronti dei popoli che erano oggetto delle loro ricerche ed anche in Francia il razzismo permeava le ricerche che antropologi, storici e linguisti conducevano sulle popolazioni coloniali.
Non può stupire quindi che in questo periodo il razzismo prendesse slancio fra i popoli europei, radicandosi saldamente soprattutto nelle aree sociali colte e benestanti.
Tali basi pseudoscientifiche trovarono terreno fertile anche fra gli appartenenti a sette iniziatiche sorte, come sempre, per il fascino e la paura esercitati dal misterioso e dall’ignoto. Così si consolidò l’antisemitismo che ebbe poi il suo tragico epilogo nelle deportazioni e nelle stragi perpetrate durante la Seconda Guerra Mondiale.
Ma non solo gli Ebrei ebbero a soffrirne, anche gli Armeni, gli Zingari, i Curdi e molti altri popoli patirono, ed in parte patiscono ancora, stermini, segregazioni, tentativi di vario genere di cancellazione vera e propria dell’identità etnica.
Pensiamo ancora, proprio in questi ultimi anni, allo sterminio delle tribù indigene amazzoniche, alle terribili guerre fra Tutsi e Hutu, ed a quelle dei Serbi contro Bosniaci e Kosovari, ai vari sanguinosi tentativi di egemonia dell’integralismo islamico in Algeria, in Iran ed in molti altri stati.
In questo caso “il diverso” è colui che professa un’altra fede; ne abbiamo un esempio vicino: le crociate che per decenni, in epoca medioevale, insanguinarono Medio Oriente.
Oltre oceano gli attuali venti milioni di neri che abitano gli Stati Uniti non godono ancora di una effettiva parità di diritti rispetto ai bianchi su tutto il territorio federale.
L’abolizione della schiavitù è datata con la fine della Guerra di Secessione che gli stati del Sud persero contro quelli del Nord, ma non ha assolutamente coinciso con l’affrancamento della popolazione di pelle nera da maltrattamenti, persecuzioni, segregazioni, non solo nel sud del paese.
Organizzazioni ben protette come gli incappucciati del Ku Klux Klan che poterono permettersi impunemente per anni di infierire con “cacce al negro” culminanti con impiccagioni e roghi, terrorizzando cittadine intere erano certo casi estremi ma scuole, quartieri, chiese, lavori, posti su treni ed autobus off limits per i “negri” erano realtà quotidiana anche nelle grandi città, oltre la mancanza di diritto di voto.
Fu necessaria una lunga lotta contro tali pesanti discriminazioni, culminata in episodi come la marcia su Washington del 1968, ispirata da leaders come Martin Luter King e Jackson e senzaltro aiutata dal miglioramento delle condizioni economiche generali del paese e dalla necessità di integrazione dovuta al bisogno di manodopera nelle fabbriche del nord e nell’esercito.
Conclusioni
Cause economiche, religiose o pretese tali, di territorio, follia di leader, estremismi politici; queste sembrano dunque, e sono in effetti, alla base di comportamenti xenofobi e razzisti ma riteniamo con Tahar Ben Jelloun che da sole non riuscirebbero a fare all’umanità tutto il danno che invece essa ha subito e ancora subisce per queste ragioni.
Le suddette motivazioni attecchiscono e si sviluppano con i tristi risultati sin qui esposti in ogni uomo non educato a leggersi dentro ed a leggere il mondo con occhi illuminati dagli esempi, parecchi ed alti, di civiltà e cultura di cui l’umanità è stata ed è capace.
La paura che qualcuno venga “da fuori” a sconvolgere e minacciare le nostre buone abitudini, le nostre tradizioni, a portarci via il lavoro, a portare malattie e malavita, a rubare è sempre in agguato dentro di noi e spesso i giornali, la televisione e le chiacchiere con la gente che conosciamo non ci aiutano a riconoscerla come molto spesso infondata, quasi certamente ingiusta e potenzialmente, se non già propriamente, razzista.
Gente cattiva c’è ovunque ed ogni società deve difendersi, ma la maggior parte di chi bussa al così detto mondo civile, o più semplicemente ricco, cerca solo rifugio da guerre e stenti e non merita la nostra paura, né di essere considerata diversa perché più sfortunata.
Jelloum ci esorta a conoscere il mondo: leggendo, viaggiando, imparando le lingue e la storia degli altri popoli conoscendo le bellezze dei loro paesi e le ragioni dei loro costumi, trovando così mille ragioni per trovarli simili a noi. Ci esorta anche a non dire “i napoletani”, “i milanesi”, “gli scozzesi”, “le donne”, “i vecchi” perché sono generalizzazioni che sottintendono il concetto: “gente diversa da noi”; oggi queste espressioni possono essere usate in modo neutro o perfino scherzoso ma domani possono riempirsi di significati negativi e diventare, in un momento di scarsa lucidità ladri, sporchi, fannulloni, tirchi o peggio quando sappiamo, invece, che per quanto uno li cerchi non ne troverà due uguali e che comunque fra gli onesti ci sarà chi non lo è e così sarà fra i lavoratori e che, in ogni caso, ognuno ha diritto di essere conosciuto con nome e cognome, apprezzato e giudicato per quel che vale e non sommariamente perché appartenente ad un popolo, perché professa una religione o perché ha caratteristiche somatiche diverse.
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