Il Karate

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IL KARATE
UN PO’ DI STORIA
Circa 1400 anni fa, Dharma, il fondatore del Buddismo Zen, lasciò’ l’India Occidentale attraversando catene montuose tra cui il gruppo dell’Himalaya, fiumi senza ponti e terre selvagge, per raggiungere la Cina per presentare delle letture sul buddismo. Siccome anche le strade d’oggi tra l’India e la Cina sono descritte come difficilmente percorribili, ci si può immaginare quanto grande era lo spirito di Dharma assieme alla forza fisica, tanto grande che sarebbe stato capace di superare con tanto coraggio questo difficile strada, lunga quasi duemila miglia, tutto da solo. Durante gli anni che seguirono, arrivato al tempio di Shao-lin nella provincia di Hunan, in Cina, egli ideò per i suoi allievi alcuni metodi d’addestramento fisico al fine di creare in loro quella resistenza e quella forza fisica necessarie a mantenere la rigida disciplina che era parte della loro religione. Questo metodo di allenamento fisico fu presto sviluppato e modificato per divenire quello che è conosciuto oggi come il metodo di combattimento Shao-lin.
Tale arte marziale fu poi importata ad Okinawa e si mescolò con le tecniche di combattimento proprie delle isole. In seguito il signore dell’antica Okinawa e più tardi il feudatario di Kagoshima, sulla punta più meridionale di Kiushu in Giappone, proibirono l’uso delle armi: fu così che si svilupparono il combattimento “a mani vuote” e le tecniche di difesa personale. Quest’arte marziale, per la sua origine cinese, fu chiamata karate, scritto in caratteri aventi il significato letterale di “mano cinese”.
Il moderno maestro di quest’arte, Funakoshi Gichin, morto nel 1957 all’età di 88 anni, mutò i caratteri letterali per dargli il significato di “mano vuota”. Per il maestro il karate era sì un’arte marziale, ma anche un modo per plasmare il proprio carattere.
Egli scrisse: “Come la superficie lucidata di uno specchio riflette tutto ciò che sta davanti e una valle silenziosa riporta ogni più piccolo suono, così chi si accinge a praticare il karate deve rendere il proprio spirito vuoto da ogni egoismo e malvagità in uno sforzo per reagire convenientemente dinanzi a tutto ciò che può incontrare”. Questo è il significato del termine kara o “vuoto” nella parola karate.
Il karate fu presentato per la prima volta al pubblico giapponese nel 1922, quando Funakoshi, professore presso l’università d’Okinawa, fu invitato a tenere una lezione dimostrativa in un’esibizione d’arti marziali patrocinata dal Ministero dell’Educazione. Questa dimostrazione impressionò a tal punto i presenti che egli fu sommerso di richieste per insegnare a Tokyo. Così, invece di tornare ad Okinawa, Funakoshi insegnò karate presso varie università finché fu in grado, nel 1936, di fondare la scuola Shotokan, un evento decisivo nella storia del karate in Giappone.
La Japan Karate Association fu fondata nel 1955 con Funakoshi come capo-istruttore. A quel tempo l’organizzazione aveva soltanto pochi membri e alcuni istruttori che avevano studiato karate sotto l’anziano maestro. L’Associazione fu riconosciuta come corporazione del ministero dell’Educazione nel 1958. In quello stesso anno fu promosso il primo campionato giapponese di karate, ora evento annuale, aiutando l’affermazione del karate come sport competitivo.
Da allora l’Associazione ha avuto un grande sviluppo e vanta ora oltre 100.000 allievi in attività, e più di 300 società affiliate in tutto il mondo.
Molte scuole includono il karate nei loro programmi di educazione fisica, e in tutto il mondo il karate ha assunto grande popolarità come sport agonistico, che mette in risalto sia la disciplina mentale sia la forza fisica. Quella che nacque come arte marziale, è sopravvissuta e si è trasformata fino a diventare non soltanto un efficacissimo mezzo di difesa personale senza armi, ma anche uno sport entusiasmante.
PRINCIPI BASILARI PER L’ESECUZIONE DELLE TECNICHE
L’allenamento nel karate può essere considerato scientifico solo quando è condotto sulle basi di corretti principi fisici e fisiologici.
E’ sorprendente come un esame delle tecniche del karate, create dai nostri predecessori e perfezionate con uno studio e una pratica continui, riveli che tali siano in perfetto accordo con i moderni principi scientifici. In ogni modo un ulteriore perfezionamento è sempre possibile e noi dobbiamo analizzare le nostre tecniche in uno sforzo incessante per progredire. I seguenti punti sono di primaria importanza nell’apprendimento del karate.
• FORMA, EQUILIBRIO E CENTRO DI GRAVITA’ Il karate, come molti altri sport, non si basa solo sull’utilizzazione più razionale possibile del corpo umano, ma su una forma corretta sulla quale poggia l’efficacia delle loro tecniche. Nel baseball, ad esempio, una buona forma di battuta è indispensabile per ottenere una buona media di battuta. Una forma corretta è indispensabile nel karate; tutte le parti del corpo devono armonizzare per creare l’equilibrio necessario a sostenere il colpo di un pugno o di un calcio.
L’allievo del karate deve spesso rimanere su un solo piede per attaccare o per difendersi, quindi l’equilibrio è di primaria importanza.
Situando i piedi ad una certa distanza, con un conseguente abbassamento del centro di gravità, un calcio o un pugno saranno più potenti, però curandolo troppo si perderà l’elasticità. Quindi la posizione del corpo e del centro di gravità dipendono dalle circostanze, quindi il centro di gravità è continuamente spostato.
A volte il peso del corpo è ugualmente distribuito su entrambi i piedi, altre volte grava più su un piede che sull’altro. Il centro di gravità deve cambiare rapidamente da destra a sinistra o viceversa per evitare di favorire l’avversario nei suoi attacchi. Nello stesso tempo bisogna costantemente aspettare che si apra un varco nella sua difesa.
• POTENZA E VELOCITA’
Non basta possedere la forza muscolare per eccellere nelle arti marziali, ma bisogna essere capaci di sfruttarla efficacemente. La potenza derivante da ogni movimento dipende da un certo numero di fattori: uno dei più importanti è la velocità. Nel karate le tecniche basilari del pugno e del calcio ottengono grande efficacia mediante l’applicazione della massima forza possibile al momento dell’impatto. Quest’applicazione di forza dipende molto dalla velocità con cui le tecniche sono eseguite, quindi una maggiore velocità sfocerà in un’accresciuta potenza.
Il pugno di un buon karateka può spostarsi alla velocità di 13,115 metri al secondo, e può sviluppare una potenza distruttrice di 700 chilogrammi. La velocità è un elemento importante, ma non può raggiungere la sua massima efficacia senza un buon controllo. Il tipo di movimento richiesto nelle tecniche di karate è quello di poter spostare un oggetto leggero con la massima velocità possibile.
Un altro punto da ricordare è che la velocità è tanto maggiore quanto più lungo è il tragitto che la parte che colpisce compie verso il bersaglio. Per esempio quando si sferra un calcio, il ginocchio della gamba che sta per colpire deve essere il più piegato possibile e il corpo va distanziato dal bersaglio in modo tale che al momento dell’impatto la gamba sarà completamente tesa. Più lungo è il percorso che la gamba compie verso il bersaglio, più potente sarà il calcio.

• CONCENTRAZIONE DI POTENZA
Un pugno o un calcio saranno deboli se scagliati soltanto con il braccio e con la gamba; infatti, per raggiungere la massima potenza è necessario sfruttare simultaneamente la forza di tutte le parti del corpo. La potenza si muove dal centro del corpo, attraversando i muscoli più importanti, verso le estremità, terminando nella mano o nel piede. Questa potenza si trasmette da una parte all’altra del corpo ad una velocità di 1/100 di secondo. L’intero movimento, dall’inizio alla fine, è brevissimo se la quantità di moto possibile nell’azione viene sfruttata correttamente.
L’addestramento dovrebbe essere condotto in modo tale da giungere a concentrare tutta la forza utilizzabile nel piede o nella mano al momento dell’impatto del calcio o del pugno, quindi è importante che i vari muscoli e tendini siano tenuti sciolti e rilassati per permettere una reazione immediata alle varie situazioni. Un costante allenamento a contrarre e a rilassare il corpo è molto importante per progredire nell’applicazione delle tecniche del karate

• RUOLO DELLA POTENZA MUSCOLARE
La forza dinamica del corpo è fornita dai muscoli. Nel karate sono indispensabili muscoli ben allenati, potenti ed elastici. La tecnica di un allievo sarà insufficiente se i suoi muscoli non saranno abbastanza potenti; per questo è necessario irrobustirli con un continuo allenamento.
Nel praticare una nuova tecnica gli allievi a volte usano i muscoli non necessari o che in qualche caso ostacolano l’esecuzione della stessa. Perciò i principianti devono seguire gli avvertimenti dei propri maestri. Quando i muscoli adatti opereranno con armonia e completezza, le tecniche saranno potenti ed efficaci. Infine è importante la velocità della contrazione muscolare, perché più velocemente un muscolo è contratto, più grande sarà la potenza sviluppata.
• RITMO
Un elemento essenziale per l’adempimento delle tecniche nelle arti marziali è il ritmo, senza il quale è impossibile l’esatta esecuzione di una serie di movimenti. Inoltre il ritmo evidente nei movimenti degli atleti è più complesso di quello musicale e non può essere espresso nei medesimi termini. Per lo studente di karate è essenziale acquistare un giusto ritmo nelle tecniche basilari e, più avanti, nel combattimento. Il ritmo è essenziale specialmente nell’esecuzione delle forme (kata o combattimenti immaginari). I tre elementi più importanti nell’esecuzione dei kata sono l’applicazione della potenza al momento giusto, il controllo della velocità nelle varie tecniche e passando da una tecnica all’altra, il passaggio scorrevole del corpo da una tecnica a quella successiva.
Questi requisiti non possono essere soddisfatti senza ritmo. L’esecuzione dei kata da parte di un buon karateka è potente, ritmica e conseguentemente armoniosa.
• LA SCELTA DEL TEMPO
Nell’applicazione delle tecniche è di primaria importanza una esatta scelta del tempo; se questa sarà errata, anche la tecnica sarà errata. Nel karate il risultato di un incontro può essere deciso in un attimo, un errore nella scelta del tempo può essere disastroso. L’attacco deve essere portato dalla solita posizione di guardia o di difesa, durante il corso di questi movimenti il corpo deve rimanere rilassato, ma allerta con i muscoli pieni d’energia e pronti ad ogni eventualità.
• PARTE INFERIORE DELL’ADDOME E FIANCHI Gli istruttori degli sport moderni pongono costantemente in rilievo la funzione dei fianchi nel fornire la massima potenza ad ogni movimento. In Giappone l’importanza del tanden è stata insegnata fin dai tempi più antichi; questo perché si credeva che vi fosse situato lo spirito umano e che quest’area fornisse le basi della forza dell’equilibrio.
Il tanden oggi è l’area dietro l’ombelico, al centro del corpo. Quando si è in posizione eretta il centro di gravità del corpo è collocato lì. Nel karate, se la posizione è corretta, il centro di gravità deve trovarsi nel tanden. Una corretta posizione permetterà all’allievo di Karate di mantenere l’equilibrio delle parti superiori o inferiori del suo corpo, consentendogli un’armoniosa azione dei muscoli e una minima dispersione di energia. Se la potenza concentrata nel tanden viene messa in gioco nell’esecuzione delle tecniche, le ossa pelviche e dei fianchi saranno saldamente sostenute dalle cosce, e il tronco dalla spina dorsale. Questo duplice sostegno produrrà tecniche potenti.
KARATE COME ALLENAMENTO ATLETICO
La natura del karate richiede che il corpo si muova in tutte le direzioni, in contrasto, per esempio, al maggior uso delle braccia nel remare o delle gambe nel saltare. Non c’è pertanto minimamente da preoccuparsi, per quanto riguarda il karate, di sviluppi unilaterali di parti del corpo; ecco perché lo sviluppo armonico può essere considerato come uno dei suoi primi benefici.
Nella maggior parte dei casi, come una persona continua a praticarlo, i movimenti diventano più veloci e l’allenamento nel suo insieme più vigoroso; così che si ottiene un buon esercizio fisico, con un periodo di tempo relativamente breve. Questa è una forma ideale d’esercizio per la maggior parte della gente che si lamenta che vorrebbe esercitarsi ma non ne ha il tempo. Il poco tempo richiesto è, pertanto, un secondo vantaggio importante.
Quasi nessun’altra forma d’esercizio può essere compiuta con qualsiasi tempo, o in qualsiasi posto così facilmente come il karate. Molti sport richiedono molto spazio, equipaggiamento, od un partner, e pure a questo riguardo il karate è il più adattabile. Nessuno spazio specifico, equipaggiamento e persino partner sono necessari, perché può essere eseguito in giardino, in una stanza a casa propria a qualsiasi ora ed in qualunque posto quando si ha voglia di praticarlo.
Questo è il terzo vantaggio del karate.
Generalmente, l’esercizio fisico adatto agli uomini non va bene per le donne, e quello delle donne non è probabilmente abbastanza impegnativo per gli uomini; quello per la gente in convalescenza da una malattia non è sufficiente per la gente in salute, ed analogamente, un’esercitazione sufficiente per la gente giovane ed in buona salute risulta faticoso per la gente più anziana e per i bambini. Il karate può persino essere praticato dalla persona debole, dalle donne, bambini e dalle persone anziane. In altre parole, poiché ogni individuo può proporzionare l’esercizio alle sue capacità, e poiché ogni serie d’esercizi dura da uno a due minuti, non c’è alcun pericolo di sforzarsi od esaurirsi fisicamente. Inoltre, così come il corpo viene allenato e le tecniche diventano più valide, i movimenti acquistano naturalmente più potenza, cosicché tal esercizio diventa sufficiente anche per il giovane in buona salute.
In questo modo l’ammontare dell’esercizio cresce naturalmente con il progredire dell’allenamento.
Il valore del karate come allenamento fisico per la salute può essere facilmente dimostrato da prove scientifiche, e persino anche solo dopo un anno o meno di pratica, uno può facilmente vedere da se stesso i grandissimi miglioramenti ottenuti nella sua condizione fisica a confronto del suo stato prima di iniziare l’allenamento al karate.

KARATE COME DIFESA PERSONALE
Quasi tutte le creature viventi possiedono dei meccanismi di difesa, perché, quando queste prerogative mancano, i più deboli sono distrutti e periscono nella feroce lotta per la sopravvivenza. Le zanne della tigre e del leone, gli artigli dell’aquila e del falco non sono preparazioni per la difesa? E perché l’uomo non deve essere preparato parimenti?
Una base di risposta a questa domanda è prevista dalla dichiarazione che noi non dovremmo avere alcuna intenzione di danneggiare gli altri, ma dobbiamo cercare di proteggere la nostra incolumità.
Per proteggere se stessi, si deve trovare un sistema tale da poter assicurare al più debole la possibilità di difendersi contro degli avversari più forti. Il potere del karate in questi tempi è ben conosciuto per la possibilità di rompere delle tavole, o pietre senza alcun attrezzo, e non è un’esagerazione affermare che un uomo ben allenato in questa forma di autodifesa può considerare l’intero corpo come un’arma di rispettabile effettivo potere offensivo.
Infine, sebbene contempli tecniche di lancio, il karate si basa principalmente su tecniche di percossa, calci e colpi. Questi movimenti sono molto più veloci e possono sfuggire all’occhio non allenato. Le combinazioni di parata ed attacco sono eseguite simultaneamente, ed individui più deboli, donne e ragazzi, possono controllare, mediante le tecniche, degli avversari più forti.
In breve tra i vantaggi del karate come mezzo di difesa personale c’è da ricordare che non è necessaria alcuna arma; tutti possono difendersi con il karate: il vecchio, o malato, oppure le donne; qualsiasi persona può proteggersi effettivamente anche con poca forza naturale. Questi punti combinati fanno del karate una forma d’autodifesa senza eguali.

KARATE COME ALLENAMENTO DELLO SPIRITO
Non essendoci bisogno di un posto particolare dove allenarsi, di un equipaggiamento o di un avversario, è prevista una flessibilità nell’allenamento in modo tale che la persona debole fisicamente o spiritualmente possa sviluppare il suo corpo e la mente gradualmente e naturalmente e far sì che essa si renda conto dei propri progressi. La flessibilità dell’allenamento rende inoltre possibili grandi passi nello sviluppo spirituale, perché, se l’allenamento nelle arti marziali viene interrotto per sei mesi od un anno, molto difficilmente ci si potrà aspettare di pervenire ad un certo livello di allenamento dello spirito. Conoscere i profondi aspetti dell’arte, impararne la tecnica quasi alla perfezione, rifinire la virtù del coraggio, della cortesia, dell’umiltà e dell’autocontrollo da fare di queste la luce interiore che guidi le proprie azioni d’ogni giorno: questo richiede almeno dieci, venti anni e, se possibile, la durata della vita di devozione di quest’arte. In vista della sua adattabilità ad un allenamento continuato, il karate è considerato l’arte marziale più utile per portare a compimento i fini dell’allenamento dello spirito.

LE DISCIPLINE DEL KARATE
Il karate si divide in due discipline fondamentali: il kata e il kumite.
IL KATA
Il kata è una disciplina del karate che comprende un combattimento immaginario con uno o più avversari. Questo combattimento immaginario avviene attraverso l’esecuzione d’alcune tecniche prestabilite. Tali tecniche accrescono di difficoltà, tanto più cresce il grado del kata.
Se si dovessero classificare i kata verrebbero divisi in due stili: stile Shorei e stile Shorin. Il primo accentua prima di tutto lo sviluppo della forza fisica e del potere muscolare e ne è caratteristico il lato vigoroso. In contrasto, lo stile Shorin è molto leggero e veloce, con rapidi movimenti avanti ed indietro, che possono paragonarsi al veloce volo del falco. E’ veramente impressionante vedere un uomo di grossa costituzione e mole eseguire un kata Shorei, schiacciando l’osservatore con con la dimostrazione della pura forza vibrante, tuttavia, mancando qualcosa nella velocità. Ancora, non si può essere che grandemente impressionati nel vedere un uomo di leggera mole con movimenti veloci quanto un uccello nel volo eseguire un kata Shorin con tecniche coordinate e veloci, che sono il risultato di un intenso allenamento. Entrambi gli stili, tuttavia, sviluppano sicuramente corpo e mente e uno non è migliore dell’altro.
I kata più semplici sono i cinque kata Heian ognuno dei quali corrisponde ad un grado di cintura:
Heian Shodan (1°) Cintura bianca
Heian Nidan (2°) “ gialla
Heian Sandan (3°) “ arancione
Heian Yodan (4°) “ verde
Heian Godan (5°) “ blu
Dopo questi cinque ce ne sono molti altri che sono più complessi e vengono più che altro eseguiti dalle cinture marroni e nere.
IL KUMITE
Il kumite è una disciplina del karate che comprende un combattimento reale contro un avversario.
Questo combattimento durante le competizioni viene eseguito su un quadrato dal quale non si può uscire. Sul quadrato solitamente sono presenti quattro arbitri (uno per angolo) più uno centrale che arbitra gli incontri. I due atleti, per distinguersi, utilizzano cinture e guantini di colore differente: uno ha cintura bianca e guantini blu (Shiro), e uno ha cintura rossa e guantini rossi (Aka).

Esistono diversi tipi di combattimento che vengono divisi a seconda dell’età:
ESORDIENTI (da 12 a 14 anni) = Il loro combattimento si basa su una valutazione arbitrale che decide chi ha svolto meglio l’incontro. Proprio perché gli atleti sono molto giovani e potrebbero farsi del male è vietato “toccare” l’avversario, ma ciò non toglie che le tecniche non debbano essere precise.
CADETTI (da 15 a 17 anni) = Loro possono, anzi devono “toccare” l’avversario con le loro tecniche, che, se saranno efficaci, riceveranno un punto (Wazari) o due punti (Ippon). L’atleta che totalizza più di sei punti vince.
JUNIORES (da 18 a 21 anni) Possono fare tutte le tecniche possibili e vince chi fa più di sei punti.
SENJORES ( dai 22 anni ) Possono fare tutte le tecniche possibili e vince chi fa più di sei punti.
LE TEORIE DELLO ZEN DEL DIAMANTE
Il karate insieme a tutte le arti marziali, in antitesi con maggior parte degli sport, ha una intima filosofia che accompagna la pratica e che lo rende di molto superiore ad una qualsiasi semplice attività fisica. Tutti i praticanti delle arti marziali devono conoscere la propria forza interiore procedendo sulla strada dell’unità del corpo e dello spirito anche attraversando l’azione intensa, provocata dal confronto con l’avversario. Quindi bisogna arrivare al perfetto dominio di se stessi, dimenticando le paure e le angosce della vita quotidiana, giungendo a considerare mente e corpo come strutture d’atomi.
Al limite si potrebbe sostenere che lo zen è il karate e che il karate è lo zen. Inoltre chiunque voglia imparare il karate deve ricordarsi di arricchire ogni istante con la tutta forza vitale a sua disposizione.
La ragione dell’odierno boom mondiale del karate è senza dubbio la sua presa sull’uomo contemporaneo, logorato da un ambiente meccanico, e viene visto come un sistema per provare i limiti della nuda forza umana.
Il karate è un metodo per unificare il corpo con lo spirito e per rendere la vita umana più vasta e profonda, tenendo come unico scopo uno sviluppo spirituale e fisico, il più vicino possibile alla perfezione.
Un vecchio insegnante di zen disse: “Inizia ogni giorno come se fosse il tuo primo.
Finisci ogni giorno come se fosse il tuo ultimo. Il perfezionismo è l’essenza della bellezza.
Programma il tuo lavoro, poi lavora il tuo programma”.
TEORIA DELLO ZEN DEL DIAMANTE
Studiando approfonditamente lo zen si può scoprire che esso è diviso in varie branche ognuna con la sua filosofia. Una di queste branche, forse la più importante, si chiama “kongo zen”, la scuola del diamante, e deriva direttamente dal pensiero di Dharma in un’interpretazione più rispondente all’esigenza dei tempi moderni.
Continuando le ricerche si arriverebbe a scoprire l’utilità di queste teorie che, anche se appartenenti ai tempi nostri, ad una scuola diversa, derivano dalla stessa matrice del karate e proiettate nel futuro vanno a combaciare perfettamente con le aspirazioni del karate italiano.
TEORIA DELLA INDIVIDUALITA’
L’uomo all’apice della piramide evoluzionistica è direttamente responsabile della sua fortuna o sfortuna. Troppo spesso, l’uomo, invece di fronteggiare le varie calamità ed i vari problemi, ha passivamente accettato le varie situazioni come provenienti da qualcosa di superiore, a cui non poteva opporsi. Invece, nell’equazione che determina la condizione di sopravvivenza dell’uomo, l’individualità rappresenta la variabile più significativa e decisivo nella natura e nella società.
“Se non riesci la prima volta, prova ancora” “Volere è potere”, sono espressioni dello sforzo individuale di cambiare sia la società che la natura in modo da renderle più rispondenti all’esigenza di una vita migliore.
Ogni individuo deve coltivare il corpo e la mente in modo da raggiungere la massima efficienza possibile: solo così, sviluppando la propria individualità, può influire per un miglioramento qualificativo e per una più fruttuosa attività di gruppo.
TEORIA DELL’UNITA’ DI CORPO E MENTE
Il corpo simbolizzato dal pugno -KEN-, indica l’azione ed il movimento. La mente, la calma e la compostezza. Il corpo e la mente sono elementi inseparabili, l’uno influenza l’altro e viceversa. Solo l’ignoranza di quest’unità fa si che molti puniscano il loro corpo in vari modi, credendo erroneamente in un dualismo che comporti al limite la vittoria della mente solo quando il corpo sia diventato debole e quasi inservibile.
Altri pongono enfasi esclusivamente nelle materie fisiche o nell’apprendimento della sola tecnica e sviluppo della forza muscolare, senza tendere pertanto alla formazione di un uomo completo.
Qualsiasi metodologia che miri allo sviluppo di un uomo armonico e ben bilanciato deve necessariamente curare corpo e mente, azione e pensiero e considerare attentamente le ripercussioni del primo sul secondo.
TEORIA DELLA FORZA E DELL’AMORE
La legge del più forte si applica a tutte le creature viventi.
E’ una legge della natura cui l’uomo non può sottrarsi malgrado possa dire il contrario. La storia e purtroppo i fatti di cronaca quotidiana dimostrano chiaramente che l’uomo è incline alla violenza in contrapposto alla ragione, per sistemare una controversia. In effetti, la persona che si basa sulla forza è in grado di distruggere quella che si basa sulla teoria e la seconda è alla mercé della prima a meno che, a sua volta, non faccia uso della forza. La giustizia ed i codici sociali hanno quel tanto di valore in quanto sono coadiuvati dalla forza per renderli esecutivi, e, specialmente oggi, nella società in cui viviamo, ci rendiamo conto che nessun codice o legge, anche la più perfetta, può garantire l’incolumità fisica dei cittadini.
Bisogna pertanto porre l’accento sull’importanza della forza, naturalmente non per uccidere o distruggere gli altri, ma per preservare la propria vita. Anche se questo concetto sembra anacronistico di fronte al livello del crimine organizzato dei tempi odierni, ha sempre valore di preparazione psico-fisica. Tale attitudine deve essere completata dall’amore necessario per riportare le condizioni della ragione con equità e giustizia. L’amore trova proprio nell’azione di forza la sua espressione attiva, in opposto alla passiva sottomissione di cui non beneficerebbe nessuno.
TEORIA DEL CINQUANTA PER CENTO
Un vecchio saggio affermava che era sempre disposto a cedere il cinquanta per cento di quel che aveva agli altri che non avevano niente.
L’uomo non vive isolato, ma in un tessuto sociale intrecciato di relazioni interdipendenti. E’ necessario, pertanto, frenare il proprio egoismo cercando di allargare la propria identità sino ad abbracciare il prossimo; altrimenti, se si dovesse dare sfogo illimitato ai propri desideri, la vita sarebbe intollerabile per tutti e l’umanità tornerebbe indietro nel caos e nella distruzione.
Anche la concorrenza oltre i limiti delle risorse naturali tende a disumanizzare gli individui rendendoli egocentrici ed egoisti.
L’uomo, pertanto, deve dirigere il proprio ingegno per assicurare il soddisfacimento dei bisogni primari di tutti, presupposto questo per un’armonica relazione tra gli individui.
Ricercare i propri interessi, dunque, ma pensando contemporaneamente al benessere degli altri, e dirigere le proprie conoscenze e capacità verso fini che tendano anche a migliorare la vita degli altri è un modo per creare le sovrastrutture necessarie per una vita sicura e arricchita di valori per tutti.
APPENDICI
ANALISI DEI MOVIMENTI DEL KARATE
Alcune analisi sperimentali dei movimenti del karate, eseguite da un professore giapponese dell’università di Tokyo, fatte con degli elettromiogrammi ed una speciale cinepresa per filmare le reazioni dei muscoli e i movimenti del karate, hanno ottenuto dati che indicano che il pugno di un allievo esperto viaggia verso il bersaglio con una velocità sensibilmente maggiore di quella di un pugno di un allievo che non si è sottoposto ad un allenamento altrettanto lungo ed intenso.
OSSERVAZIONI:
1° L’accelerazione del pugno nel colpo diritto.
Esaminando attentamente l’accelerazione di un pugno mentre si lancia un colpo diritto si è notato che una forte accelerazione si verifica immediatamente dopo l’inizio del movimento, seguita subito da una decelerazione; quindi una seconda forte accelerazione si verifica quando il braccio viene allungato, seguita da un’altra decelerazione.
2° La forza registrata nel filmino della cinepresa.
Due tavole sospese (peso 1,5 kg) sono state spezzate da un colpo diritto. Durante il colpo il baricentro del corpo si è spostato in avanti, e nel momento in cui le tavole vengono colpite si è calcolata una forza d’impatto di 700kg, utilizzando un tempo di 1/100 di secondo.
3° Elettromiogrammi di un colpo diritto. (L’elettromiogramma è la raffigurazione grafica della contrazione muscolare.)
Si è riuscito a rilevare che il movimento inizia serrando il pugno, prosegue con l’estensione del braccio e quindi con la contrazione dei muscoli del corpo.
Inoltre, quando il pugno raggiunge la sua massima velocità, l’elettromiogramma mostra un periodo di stasi: ciò potrebbe significare sia che il tentativo di raggiungere una velocità ulteriore sarebbe pericoloso per i muscoli, sia che la comunicazione del cervello o l’impulso di lanciare il pugno è controllabile soltanto fino al momento immediatamente precedente al raggiungimento della massima velocità.
4° Osservazioni di elettromiogrammi di sei pugni diretti consecutivi.
Mentre la scarica elettrica registrata nel lanciare un pugno diritto è rapida e improvvisa, quando il movimento del colpo si ferma la scarica elettrica si blocca bruscamente e ciò vuol dire che la contrazione muscolare si è interrotta. Questo è il risultato del grado di allenamento nel karate.
Nei primi due dei sei pugni consecutivi la scarica elettrica segue il modello sopra descritto, ma dal terzo pugno in poi le scariche elettriche si allungano delineando la fatica muscolare compiuta.
Gli esperimenti suddetti sono stati eseguiti con pesi da 150 gr. Attaccati all’indice.

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Esempio