Darwin

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Darwin

Charles Darwin non è stato il primo a pensare ad un processo evolutivo della specie.
Aristotele fu infatti il fondatore della zoologia e riuscì a distinguere i pesci dai cetacei, anche se queste due classi continuarono ad essere raggruppate insieme fino al Medioevo. Successivamente due studiosi alessandrini Erofilo e Erasistrato effettuarono alcuni studi sull’anatomia e si resero conto della complessità del cervello umano rispetto a quello degli altri animali. Dopo di loro tuttavia la scienza greca cominciò una lenta decadenza e anche durante i secoli in cui Roma dominò non avvenne alcun tipo di progresso a causa dei dogmi imposti dalla religione cristiana. In seguito con la riscoperta e con lo studio di opere del mondo greco da parte degli arabi, gli studiosi europei, accorgendosi della superiorità culturale di quest’ultimi iniziarono a tradurre alcuni testi scientifici. Da qui la rinascita della scienza e della biologia aiutata anche dal mutamento della mentalità cristiana. Con il Rinascimento si iniziò finalmente ad osservare in modo più approfondito le omologie tra più specie e si iniziò a raggruppare insieme animali dall’aspetto molto diverso: operazione che si concluse poi con Linneo nel 1700, il quale classificò tutti gli esseri viventi. Nonostante esso fosse legato agli insegnamenti della Bibbia cominciò infatti a fare delle ipotesi riguardo la possibilità della nascita di nuove specie da altre più antiche e un suo contemporaneo, il conte di Buffon, cominciò a chiedersi se una scimmia e un cavallo non potessero essere rispettivamente un uomo e un asino degeneri. Comunque una delle teorie fondamentali per la formazione di Charles Darwin è il trasformismo, elaborata tra la fine del ‘700 e i primi anni dell’ ’800. Essa faceva dipendere i mutamenti ambientali da precisi nessi di causa effetto: l’ambiente influisce infatti direttamente sugli organismi inferiori, mentre su quelli superiori provoca dei nuovi bisogni che li costringono a cambiare abitudini, le quali impongono un uso diverso del corpo e in particolare l’esercizio di alcuni organi con una frequenza ed una intensità diversa rispetto al passato. Da qui si ha il rafforzamento di alcuni organi e l’atrofizzazione o addirittura la scomparsa di altri; tutte cose che secondo Lamarck possono in qualche modo essere trasmesse ai discendenti, i quali riescono così ad allontanarsi dagli antenati ed a costituire specie diverse. Lamarck può quindi essere considerato assieme al suo contemporaneo Malthus l’ispiratore della biologia ottocentesca.
Tra il 1700 ed il 1800 la popolazione subì infatti un notevole incremento, il quale fu reso possibile grazie anche ai progressi realizzati nell’agricoltura, ma giustamente alcuni storici fanno notare che in taluni luoghi la produzione agricola non fu sufficiente a soddisfare il fabbisogno della popolazione. La prima conseguenza della rivoluzione demografica fu il fenomeno delle migrazioni, in particolar modo verso il Nuovo Mondo dove la popolazione aumentò in modo vertiginoso, basti pensare infatti che negli Stati Uniti salì da poco più di un milione nel 1750 a oltre 5 milioni nel 1800. Nonostante questo però la questione demografica divenne particolarmente grave come si rese conto Thomas Robert Malthus che nel 1798 pubblicò un’opera: “ Saggio sul principio di popolazione nei suoi effetti sul futuro miglioramento della società”, dove affrontò la questione del progresso. Egli mise infatti in correlazione il futuro miglioramento con la crescita demografica, considerata in rapporto alle risorse disponibili e sostenne che soltanto se queste ultime fossero aumentate in misura maggiore al numero degli uomini si sarebbe ottenuto un miglioramento delle condizioni di vita. Malthus negava che tutto questo potesse avvenire senza interventi che limitassero l’incremento demografico naturale e criticava le leggi sui poveri emanate in quel periodo in quanto riteneva che esse, spingendo i poveri a sposarsi tendessero ad accrescere la popolazione senza aumentare le risorse necessarie a farla sopravvivere. Darwin dichiara nell’ “ Autobiografia” di aver letto il libro di Malthus nel 1798. Esso osservando tutto il materiale raccolto durante il suo viaggio a bordo del Beagle suppose che le specie si modificano gradualmente, ma non riuscì a spiegare come questo cambiamento potesse avvenire sulla base delle condizioni di vita. Studiò, prese appunti, osservò i cambiamenti e cercò di favorire la conservazione di questi attraverso degli accoppiamenti mirati, operando cioè una selezione artificiale, per mezzo della quale riuscì a fare dei notevoli passi avanti nella specie. Non comprendeva però l’analogia che poteva essere istituita tra la selezione operata dall’uomo e quella che agisce in natura, fu allora che lesse il libro di Malthus il quale lo portò a rendersi conto che ogni essere vivente si modifica per continuare a sopravvivere, tende a conservare quelli che risultano essere caratteri utili ed ad abolire gli altri, ma soprattutto lo portò ad elaborare il concetto di lotta per l’esistenza, idea già presente nelle teorie di Linneo e Lamarck a cui il nonno paterno di Darwin, Erasmus si era interessato a lungo. Esso infatti nella sua opera più importante “Zoonomia” , scritta in versi presenta un primo abbozzo della teorie evoluzionista e mostra fede nel cammino ascendente degli organismi viventi versoi una maggiore perfezione.
Darwin arrivò ad elaborare la teoria della selezione naturale attraverso una serie di ragionamenti logici: Malthus infatti, come è già stato detto, sosteneva che l’abolizione di tutte le leggi sui poveri sarebbe stata “ La soluzione migliore per aumentare la felicità del popolo inglese nel suo insieme “ poiché sovvenzionare la miseria significava l’aumento dei prezzi e l’aumento del costo di lavoro cioè il peggioramento delle condizioni di vita generali. Pertanto, sembrò notare Darwin l’incremento della specie umana poteva essere reso uguale all’incremento dei mezzi di sussistenza solo grazie al costante effetto della dura legge della necessità. Questa per quanto riguarda gli animali e le piante si identifica con predatori e mancanza di spazio e nutrimento, mentre per quanto riguarda gli uomini c’è l’uso della ragione che riesce a frenare l’impeto di propagazione; ma là dove la ragione non opera la necessità si concretizza nei termini di una legge di natura, come inevitabile competizione che comunque per Malthus rientra in un disegno provvidenziale. Questa sorta di lotta per l’esistenza ha continuamente bisogno di uno stimolo come ad esempio nel nostro caso, sembra volerci dire Darwin, un eccessivo aumento della popolazione in relazione ad uno scarso aumento della produzione.
Anche se la lotta per l’esistenza può sembrare un fenomeno negativo, in realtà garantisce un continuo miglioramento: piccoli cambiamenti dell’ambiente si riflettono in grandi cambiamenti nel numero degli individui di una specie e solo coloro che si adattano al cambiamento sviluppando una nuova struttura continuano a vivere a spese dei più deboli.
La teoria dell’evoluzione appare come una rottura sconvolgente con tutto il pensiero tradizionale. In realtà è importante sottolineare il fatto che l’opera di Darwin nasce e si sviluppa, oltrechè a causa degli avvenimenti storici di quel periodo, in un contesto storico e culturale più vasto. Lo studio della storia infatti, in questo periodo, acquistando una concezione dinamica aveva attribuito un valore fondamentale ai concetti di mutamento e progresso. Anche l’illuminismo, tipico di questi anni, gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo del pensiero evoluzionistico come testimonia il fatto che uno dei punti centrali dell’ideologia illuminista è la convinzione che sia possibile migliorare le condizioni sociali dell’umanità e il suo bagaglio di conoscenze. L’illuminismo, nato in Francia, sviluppa l’idea di progresso e si diffonde in Inghilterra dati gli stretti rapporti culturali che esistevano tra le due nazioni. L’idea di progresso subì però delle modificazioni legate soprattutto a delle diverse
condizioni politiche, l’Inghilterra godeva infatti di grandi libertà da questo punto di vista mentre la Francia gemeva ancora sotto la tirannia dei governanti indegni. In generale, il pensiero britannico tendeva a vedere la salvezza nella stabilità delle istituzioni e a guardare con sospetto ogni mutamento; E’ per questo che i pensatori inglesi erano inclini a sostenere l’idea espresso da l filosofo J.Locke secondo la quale la funzione principale del governo era quella di mantenere l’ordine e di difendere la vita e la proprietà, non proporsi direttamente il miglioramento della società, ma mantenere una situazione stabile. Per questi motivi la teoria dello sviluppo indefinito della società lasciò alquanto freddi molti dei più importanti pensatori inglesi. La più grande opera di questo periodo tuttavia, che trattò di problemi sociali e che dette un contributo alla dottrina del progresso fu “ La ricchezza delle nazioni “ di Adam Smith, la quale affermava che i liberi rapporti commerciali tra i popoli non ostacolati dalla politica governativa avrebbe recato a tutti la massima utilità: si sarebbe infatti così raggiunto un ideale della “ solidarietà “ economica del genere umano, che era un elemento degli ideali di progresso. Questa idea venne in seguito estremizzata da William Godwin che con la sua opera “ Inchiesta sulla giustizia politica” partiva dal principio che le istituzioni sociali sono del tutto perniciose e sono un ostacolo quasi insuperabile per il progresso. Il governo è il male, il governo deve sparire. Sostenne inoltre che il carattere dell’uomo e la natura sono modella ti completamente dall’ambiente, non dall’ambiente naturale, ma da quello intellettuale e morale, e perciò possono essere modificati indefinitamente.
L’opera di Godwin, pur con tutti i suoi eccessi visionari e fin troppo radicali, fu però importante perché proclamò al momento giusto in Inghilterra il credo del progresso affermato dai filosofi francesi. Godwin fu drasticamente criticato da Robert Mathus, che come abbiamo visto riteneva necessario un intervento esterno per il miglioramento delle condizioni di vita, esso infatti affermò che la legislazione ed il governo avrebbero avuto un potere illimitato nel modificare la condizione della società. Si vanno così differenziando due teorie del progresso che corrispondono a due teorie politiche radicalmente opposte. Un tipo è quello degli idealisti e dei socialisti costruttivi secondo i quali è possibile raggiungere la sognata “ città d’oro ”, posta nella loro immaginazione al di là di un promontorio. Lo sviluppo umano è quindi un sistema chiuso, la sua meta è nota ed a portata di mano. L’altro tipo è quello di coloro che analizzando la graduale ascesa dell’uomo sono convinti che grazie all’azione combinata delle stesse forze che l’ hanno condotto fino al punto in cui si trova si muoverà lentamente verso una condizione di armonia e di felicità sempre crescenti. In questo lo sviluppo è illimitato, non se ne conosce il termine, la libertà individuale è la forza motrice e la teoria politica che vi corrisponde è il liberalismo. Un altro aspetto importante nel quale si sviluppò la teoria dell‘evoluzione riguarda i suoi rapporti con la tradizione religiosa – ortodossa; molti furono infatti coloro che interpretarono l’ideologia del progresso come una sfida alla visione della storia tradizionalmente offerta deal cristianesimo. Secondo tale visione non solo il fattore chiave nel succedersi degli eventi storici è rappresentato dalla provvidenza, ma addirittura credere che senza l’aiuto della Grazia l’uomo sia capace di sollevarsi con le sue sole forze costituisce un’eresia. Questa eresia è costituita dal nucleo di tutte le ideologie progressiste che traggono la loro forza dal profondo convincimento che il miglioramento della condizione umana sia possibile senza l’invocazione di aiuti esterni. Per questo le prime teorie evoluzionistiche apparvero incompatibili con la fede cristiana ed il progressivismo organico fu giustamente considerato antitetico al provvidenzialismo cristiano. Sempre nell’ambito dei rapporto tra evoluzione e fede religiosa è importante sottolineare che nei primi anni del XIX secolo alcuni pensatori cristiani erano giunti ad accettare l’idea di una interpretazione non letteraria, ma metaforica della Bibbia, infatti sarebbe un errore considerare i primi evoluzionisti atei: essi tendevano a raffigurarsi Dio come un creatore dell‘Universo, ma tendevano a respingere un successivo intervento di Dio nella storia del Creato. I rapporti non idilliaci fra evoluzionismo religioso furono infine resi più complessi dal fatto che in Inghilterra i legami fra pensiero religioso e scienza erano da sempre stati molto profondi. Ovunque il quadro della natura svelato dalle nuove ricerche era volto ad esaltare la saggezza e la provvidenza del Creatore.

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