Cardinal Borromeo

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Testo

Le figure di don Abbondio e del Cardinale Federigo Borromeo rappresentano due modi diversi di intendere e di praticare la religione; l’esempio dato dal Cardinale è un modello da seguire, mentre il modo “distorto” del Curato è non rappresenta un buon esempio. Le enormi differenze esistenti fra i due ecclesiastici affiorano in diverse circostanze.
Federigo fin da piccolo aveva cercato di trovare il modo di rendere utile la sua vita; quando nel 1580 entrò in collegio cercò di soddisfare tutti i suoi doveri come meglio poteva e, inoltre, insegnò la dottrina religiosa ai “rozzi” del paese e soccorse gli infermi. Il Cardinale aveva intrapreso la carriera religiosa perché era intenzionato a fare del bene e ad aiutare le persone in difficoltà; al contrario don Abbondio non si preoccupava di aiutare i più deboli, soprattutto perché questo avrebbe potuto creargli qualche problema con i potenti signori del posto.
L’enorme diversità che vi è fra i due si nota soprattutto nel motivo per cui hanno intrapreso la carriera clericale; infatti, se Federigo ha seguito la sua vocazione don Abbondio non ha avuto nessuna vocazione, ma voleva solo ottenere dei privilegi e tenersi lontano da ogni pericolo.
Quando l’Innominato si reca dal Cardinale per confessarsi, questi lo accoglie con benevolenza e lo aiuta nella sua conversione come avrebbe fatto con ogni altra persona che avesse chiesto il suo aiuto; invece Don Abbondio nella stessa situazione si sarebbe fatto influenzare dai suoi pregiudizi e avrebbe tentato in ogni modo di evitarlo.
Dalle riflessioni del Curato mentre si reca al castellaccio dell’Innominato per riportare a casa la povera Lucia si possono capire altri elementi fondamentali della sua concezione di vita religiosa infatti egli riflette sulle “sventure” che la vicenda gli ha procurato.
Nel suo monologo il frate, nei suoi pensieri, maledice don Rodrigo con queste parole: “essendo lui bello, ricco e giovane e potendo “andare in paradiso in carrozza”, ha voluto incapricciarsi proprio di Lucia, rischiando di finire “all’infermo a piè zoppo”, e coinvolgendo così un povero curato che se ne stava in pace lontano da ogni problema”; egli poi chiede solamente di essere lasciato in pace, per vivere come un qualunque altro uomo. Inoltre don Abbondio si domanda come mai il Cardinale abbia l’argento vivo addosso, come gli angeli, e voglia coinvolgere tutti nei suoi “intrighi” (secondo il suo punto di vista), in questo caso il “tutti” è riferito proprio al curato, lui che non cerca nessuno.
All’interno del monologo vi è anche una riflessione sull’Innominato, il frate si domanda come mai colui che con le sue scelleratezze aveva messo sottosopra “il mondo” ora doveva pure sconvolgere tutto con la sua conversione, e poi, il cardinale che accetta di aiutare l’Innominato così, senza pensarci su neanche un po’ e di affidargli un povero curato, cioè lui stesso, senza nessuna garanzia.
Secondo Don Abbondio coloro che “disturbano” non sono gli oppressi e gli oppressori, ma quelli che tentano di andare contro questo schema.
Da tutto questo si può capite come Don Abbondio non sia “attaccato” ai valori religiosi ma, al contrario, solo ai privilegi che l’essere curato può dare. Infatti a lui non importa aiutare i deboli e portare la fede in tutte le case, i suoi interessi sono solo rivolti ad avere una vita senza alcun problema lontano dai problemi e dai guai; soltanto da quello che pensa a proposito di quelli che considera “gentiluomini” si può capire come il frate sia un ingenuo di paese, attento solo a non mettersi in pericolo e non rivolga alcuna attenzione ad compiere i suoi doveri di curato.
Il cardinale Federigo Borromeo era l’esatto contrario: discendente da una nobile famiglia, intraprese la via ecclesiastica per vocazione, infatti aveva sempre desiderato rendere utile la sua vita; non aveva mai badato ai privilegi che dava la chiesa, anzi aveva sempre vestito umilmente, non voleva avere privilegi e aveva caricato il mantenimento suo e dei suoi servi sulle proprie entrate. Il cardinale era sempre stato disposto ad aiutare chiunque ne avesse avuto bisogno, al di là di chi egli fosse, se un ex criminale o un poveretto. Un valido esempio potrebbe essere la scena in cui il sacrestano Lucifero introduce l’Innominato come un criminale, un persona senza scrupoli, ma Federigo gli risponde con un “fallo entrare”, dimostrando come sia disposto ad aiutare chiunque, anche il peggiore dei criminali; al contrario, nella stessa situazione, Abbondio non lo avrebbe ricevuto e aiutato. Inoltre il cardinale aiuta Lucia e il suo promesso sposo, dona dei soldi a Lucia e Agnese e fa revocare l’ordine di cattura emanato nei confronti del povero Renzo.
In fin dei conti questi due personaggi rappresentano i due estremi della chiesa, l’uno convinto a trascorrere una vita lontano da ogni problema, tentando di evitare qualsiasi pericolo, l’altro disposto a fare di tutto per diffondere la fede e il bene.

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