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Categoria: | Ricerche |
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Beat generation
Con tale espressione s’intendeva designare il gruppo di scrittori statunitensi che dalla metà degli anni ’50 circa, operarono in particolare a S. Francisco e nel piccolo centro di Big Sur in California.Beat equivale a sconfitto, battuto; se lo leggiamo come abbreviazione di beatus (secondo ciò che suggerì una volta Kerouac ) equivale ad abbattuto e a santo: a quella identificazione della santità con la sconfitta che era una delle loro caratteristiche migliori. In poche parole il succo principale del loro messaggio è che siamo tutti imprigionati e quindi indifesi, siamo tutti invasi dagli stessi doveri e discorsi, da sogni che appartengono ad altri e che vengono inseriti subdolamente nel nostro cervello; siamo, come disse Riesman, una “folla solitaria”. Lo scopo della beat generation è difendersi da tutto ciò che è possibile, ma a patto di allargare l’area della coscienza, di trascendere il proprio “io”.
Col termine beatnik, si designavano coloro che erano partecipi del movimento sia artisticamente sia per stile di vita. Questo termine ha assunto col tempo una connotazione negativa, andando a identificare più un’iconografia stereotipata ( capellone, sandali, bonghi ecc.) che un umore artistico. Fu poi adottato per definire il teppistello rock anni ’50 di strada che, ben mimetizzato con chi credeva veramente nell’estetica del sandalo, in realtà era totalmente esterno al movimento beat.
Gli scrittori beat, Kerouac, Ginsberg, Burroughs si ritrovavano a recitare poesie e a praticare la cultura alla libreria, successivamente anche casa editrice, City Lights di San Francisco, di proprietà di Ferlinghetti, che rese famoso il movimento e si rese famosa per la pubblicazione della poesia di Ginsberg “l’Urlo” (Howl) considerato osceno e per il quale Ferlinghetti e lo stesso autore dello scritto vengono denunciati e poi arrestati. Perciò il caso porta la City Lights e i beat sotto i riflettori dei media. L’avanguardia poetica nasce, più che da un nuovo modo di guardare il mondo, da un nuovo modo di partecipare a ciò che esso propone: la valenza della rivoluzione non è estetica ma morale→Le idee esistono solo nelle cose. Per Kerouac i beat volevano spassarsela, il loro intento principale era la ricerca del piacere e del divertimento. Nelle loro opere si cercò di elaborare un nuovo linguaggio poetico adatto ad esprimere la diversa e ribelle sensibilità artistica, che doveva manifestarsi anche in uno stile di vita anticonformista: rompere gli schemi precostituiti ed esaltare in una sorta d'individualismo anarchico e romantico il vagabondaggio, la libertà sessuale, l’uso di droghe e alcool. La beat generation fu anche attratta dai misticismi orientali e dalla filosofia zen, che diventarono immediatamente molto popolari negli anni 60 fra gli studenti dei campus americani.
Brion Gysin è l’inventore della tecnica del cut-up ovvero una tecnica di collage che fu tipica di certi surrealisti e dadaisti. Prima di utilizzare apparecchiature elettroniche come ad esempio il registratore, Gysin e Burroughs ritagliavano giornali e foto che venivano rimescolati secondo linee casuali. Il cut-up è la “sovrapposizione di quello che sta succedendo intorno a quello che stai leggendo. E’ come viaggiare nel tempo” (Burroughs). Il fallimento intellettuale del cut-up fu nel ritenere che potesse far trasparire una realtà vergine, non adulterata. Invece si trattava di una realtà seconda e indiretta costituita da frammenti. Gysin fu anche l’inventore della “dream machine”, strumento a fonte luminosa ipnotico e psichedelico per esperienze “fuori dal corpo”.
Alcune opere beat sono diventate essenzialmete importanti per la storia della letteratura mondiale.I linguaggi erano piuttosto scarni ed essenziali. Contenevano numerose espressioni gergali, quasi a voler dare un’impronta più familiare al testo, come per voler dare l’impressione di un linguaggio improvvisato sul momento, simile al parlato, libero e creativo. Già questo modo di scrivere, sottolinea la voglia di creare qualcosa di nuovo. Rispecchia un po’ quei modi di fare scaltri, essenziali, quei vestiti strappati, la predisposizione verso l’alcool e la droga che erano riconoscibilissimi in loro. Furono proprio questi fattori che fecero guadagnare loro la designazione di “gioventù bruciata”, proprio perché secondo le teorie di alcuni protagonisti di questo movimento letterario, si dovevano provare tutte le sensazioni, tutte le cose possibili, droga e alcool compresi, era importante provarle perché potevano aiutare ad allargare la famosa area della coscienza.
Un libro che viene ricordato poco, ma che ha rappresentato un estremo fondamentale della cultura beat è “Il pasto nudo” di William Burroughs. Tale saggio che rappresenta al meglio la figura di Burroughs, è ricordato poco volentieri per il semplice fatto che l’autore scrive sotto l’effetto di droghe. Questo causa l’alternarsi di due differenti tipi di scritture: una meno confusionale, più razionale, nei momenti in cui l’effetto della droga stava andando via e uno al massimo dello sbando, confusionale, che ci aiuta a capire davvero come uno ci si senta durante una dose. Burroughs era considerato il “drogato, omossessuale, pecora nera di buona famiglia” fra i beat; era stato accusato di aver ucciso la moglie per gioco e di aver sperimentato ogni tipo di droga possibile e inimmaginabile ( è morto nel ‘97 all’età di 83 anni ). Era stato riconosciuto un po’ il padre spirituale della beat generation. Linizio del movimento, infatti, risale a quando, ancora studente incontrò Kerouac e Ginsberg, dando vita a questo fenomeno. Una delle sue caratteristiche principali è che intravedeva già negli anni ’50 ciò che sarebbe accaduto 20/30 anni dopo.
Altro saggio fondamentale che rappresenta l’altro estremo della beat generation è “On the road” di Jack Kerouac, l’unico testo beat che viene inserito nei libri di letteratura. Romanzo sull’amicizia, sull’amore, sulla ricerca di se stessi, sul bisogno di rivolta. Romanzo che incarna il sogno americano, quello di vagabondare liberi da ogni vincolo alla ricerca di spazi sempre nuovi e sempre più aperti. In tale romanzo si notano altri “miti” per i beat, come lo spostarsi senza soldi e senza mezzi in autostop, o saltando sui treni merci: un modo per evadere dalle brutture della società. Il romanzo si può considerare autobiografico mentre Kerouac è stato l’esempio che incarna i beat a suo meglio.
Se “On the road” e “The naked lunch” rappresentano gli estremi fondamentali del movimento beat, la poesia “The howl” (l’Urlo) di Allen Ginsberg è il fulcro, il centro di questa cultura. E’ qui che ogni ideale, ogni norma di comportamento, ogni esempio viene a galla. E’ questo il manifesto dei beat. Come dice l’intestazione di questo libro, “il messaggio è: allargate l’area della coscienza”. Questo significa che sia Ginsberg, sia Kerouac, sia Burroughs girino intorno agli stessi ideali. Le poesie di Ginsberg sono spesso polemiche e imperniate su realtà sociali e personali, scottanti per lui. E quando Ginsberg recitò per la prima volta la sua poesia “Urlo” davanti al pubblico estasiato di San Francisco, fu aspramente criticato. Quando Ferlinghetti pubblicò quella poesia, tutte le copie del libro che la conteneva vennero distrutte per paura che quei versi potessero turbare la coscienza di quei bambini che casualmente ne fossero venuti a contatto Allen Ginsberg nasce a Newark, New Jersey, il 3 giugno del 1926. Decide di diventare poeta a 22 anni dopo aver avuto una visione del “maestro” William Blake”. E’ uno studente della Columbia University a Manhattan. Il padre Louis era poeta e insegnante di liceo; la madre, Naomi, nata in Russia e membro del Partito Comunista negli anni della Depressione, prima di morire in età precoce aveva sofferto per anni di esaurimento nervoso. Ginsberg le dedica la sua seconda raccolta di poesie del 1959 “Kaddish”che è una preghiera rituale ebraica per i morti.Alla Columbia incontra Cassady (driver della b.g., che tiene viva la rete di comunicazione con gli altri attraverso le lettere che manda un po’ a tutti e che con la sua vitalità, affascina Kerouac, Burroughs, Ginsberg) e Kerouac e divide l’appartamento con Burroughs e signora. Verrà espulso per due volte dalla Columbia a causa del suo spirito ribelle. Un po’ di galera e otto mesi a Bellevue, ospedale psichiatrico di New York, poi l’incontro decisivo col poeta William Carlos William. Ma è dal suo trasferimento a San Francisco, nel 1954 che Ginsberg comincia seriamente a scrivere. Nella città californiana mette insieme un gruppo di scrittori e poeti; luogo di ritrovo è la libreria di Ferlinghetti. C’è Kerouac ogni tanto, ma ci sono Cassady, Lamantia, Mc Clure, Snyder, Whalen insieme ai vecchi “poeti” Carl Solomon e Kenneth Rexroth. Si parla del Rinascimento di san Francisco. Nel 1955 è Ginsberg a organizzare la prima lettura pubblica di poesie.
Ginsberg diventa il punto di riferimento del movimento pacifista americano, si batte per l’amore libero, ma anche per l’ecologia e la dignità dell’uomo.
Kral Majales, pubblicata nel’66 sulla “Evergreen Review” è stata scritta da Ginsberg sull’aereo che lo portava via dalla Cecoslovacchia, da dove era stato espulso all’indomani delle repressioni seguite alla “Primavera di Praga”. Leggendo questi versi “I Marxisti mi hanno picchiato per strada, mi hanno tenuto tutta la notte alla Stazione di Polizia, mi hanno seguito attraverso la Primavera di Praga…” si avverte lo sdegno del poeta per la repressione di regime contro chi aveva saputo alzare la testa. Poesie come Kral Majales mostrano la visione non solo artistica di Ginsberg, la sua disponibilità a battersi contro qualsiasi oppressione e l’attenzione per i diritti civili. I giovani di tutto il mondo lo hanno sempre ripagato, portando i suoi testi in tasca nelle giornate di lotta per la libertà. E’ accaduto in Italia e in Francia nel ’68, è capitato all’Est dove le poesie di Ginsberg e degli altri Sotterranei hanno circolato clandestinamente, ed è avvenuto più di recente con le ultime ondate di protesta in Europa.
Ginsberg ha un modo di scrivere piuttosto originale ma soprattutto libero da schemi e convenzioni. Misura i suoi versi in relazione alla lunghezza e alla larghezza della pagina in cui li scrive. Per esempio nel poema lungo “Da New York a San Francisco” dato che lo scrisse su un foglio di carta e in silenzio fu la pagina a determinare il verso. Se componeva servendosi di un taccuino abbastanza grande, allora venivano fuori dei versi corposi e in genere lunghi poiché la mano ha spazio di muoversi libera in larghezza e la mente puo’ pensare libera in termini di verso lungo. Se invece si trattava di usare un taccuinetto, di quelli che s’infilano nella tasca posteriore dei calzoni, allora tendeva ad avere versi più brevi, più spezzettati. Un’altra cosa che determina il punto di chiusura del verso è il momento in cui il pensiero s’interrompe. Le frasette brevi che vanno a modificare i versi che le precedono restano “appese” alla pagina sempre un po’ più a destra, che a Ginsberg pareva un modo “spontaneo e intuitivo”. Come dice lui, è un po’ come l’analisi logico-sintattica di un periodo, dove si mettono soggetto, verbo e complemento su una specie di piccola mensola disegnata. Questa struttura ha effetto nel modo di leggere la poesia, perché le interruzioni di pensiero costituiscono anche le pause naturali del discorso. Con queste pause Ginsberg vuole far credere di stare cercando di pensare la frase successiva, in modo che la mente di chi legge o di chi ascolta resti sospesa con la sua. E dato che ciò che sgorga in seguito porta con se’ sempre qualche piccolo cambiamento strano, c’è sempre un elemento di sorpresa di verso in verso. Se si fa una pausa si ottiene sempre un certo tipo di struttura, se non la si fa un altro tipo ancora. Ginsberg segue la linea di Corso che aveva enunciato che il verso era un’unità di pensiero. Se si da’ voce al pensiero, accanto all’unità di pensiero nasce anche l’unità di suono.
Metodo di rimodellazione di un libro:
Quando Ginsberg rivisitava un suo scritto per apportargli modifiche, cancellava le sillabe in eccesso che secondo lui non contribuivano a “far volare la mente”, come gli o, i di, le e, i ma. Tentava di ottenere un “condensazione sintattica” che portasse ad una presentazione più diretta della poesia, perciò se da due versi poteva venirne fuori uno. Allora li metteva insieme. Usa questo metodo soprattutto per le poesie brevi. Tiene le immagini del verso, per togliere il superfluo sintattico. Per es.→”I milioni di bimbi delle migliaia di mondi” diventa “I milioni di bimbi\ le migliaia di mondi”.
Metodo del registratore:
Usa questo metodo per la spaziatura. Ogni volta che ha qualcosa da dire, accende il registratore e registra la frase, spegnendolo dopo aver finito di parlare. Si forma così una serie di frasi e di “clic” alla fine di queste, che riascoltando la registrazione per intero al momento di trascrivere, i “clic” suggeriscono quali sono le pause da seguire. In poche parole ad ogni “clic” corrisponde una pausa e ad ogni pausa una spaziatura.
Altra abitudine di Ginsberg è di usare come base del verso la congiunzione “che”, ripetendola più volte. E’ il punto d’avvio di ogni frase, che la lega insieme alle altre in un unico pensiero.