Ambiente ed ecologia.

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4.2 I FONTANILI
• Un ambiente caratteristico della media pianura è quello dei fontanili, che possiamo considerare solo parzialmente naturale.
• I fontanili sono risorgive che portano alla superficie acque che hanno seguito un lungo percorso sotterraneo.
• Sono compresi tutti in una medesima fascia, orientata in senso Est- Ovest (detta “linea di risorgenza dei fontanili”)
• La fuoriuscita dell’acqua viene facilitata con l’escavazione artificiale di fosse circolari (“testa” del fontanile), nelle quali sono piantati in posizione verticale dei tubi metallici forati. Dalla testa parte un canale (cavo), che convoglia l’acqua ad una rete di canali.
• Quest’acqua è limpidissima ed ha la proprietà di avere una temperatura quasi costante nel corso dell’anno: fra i 12 e i 13°C.
• In queste zone si sviluppa una folta vegetazione che anche d’inverno mantiene e rinnova le sue foglie. Tra queste si trova un’abbondante piccola fauna che costituisce un’ottima base alimentare per la trota, che spesso viene reimmessa artificialmente in queste acque per favorirne la pesca.
4.3 I FIUMI
• La pianura lombarda è attraversata da fiumi di notevole portata che scendono dalle Alpi e si gettano nel Po
• Nel tratto in cui attraversano l’alta pianura hanno un andamento abbastanza rettilineo ma, raggiunte le quote più basse, tendono a descrivere curve sempre più ampie.
• Nei periodi di piena trasportano nel loro alveo grandi quantità di ghiaie e di ciottoli e contemporaneamente tendono ad erodere la riva esterna delle anse, formando così i meandri; questi, raggiunto il loro massimo sviluppo, vengono poi abbandonati quando il fiume, in una nuova piena, modifica il suo corso, assumendo un andamento rettilineo.
LA FAUNA e LA VEGETAZIONE
• Nelle acque dei fiumi non troppo inquinati vive una fauna ittica abbondante e varia, che comprende quasi tutte le specie presenti nella regione.
• Caratteristici dell’ambiente reofilo sono le trote (particolarmente Salmo trutta) e il temolo. Fra le tante specie frequenti nelle acque dei fiumi si ricorda il luccio e il barbo (Barbus barbus plebejus).
• Tipico dei corsi d’acqua maggiori, anche se divenuto rarissimo, è lo storione (Acipenser sturio) che da noi può raggiungere i 150 cm di lunghezza; è una specie marina che risale i fiumi in primavera per deporre le uova.
• Infine si ricorda un pesce di dimensioni ancora maggiori, tipico del bacino del Danubio, che da poco tempo si è diffuso nelle acque del Po: il siluro (Silurus glanis) che è stato introdotto abusivamente (e contro ogni regola e logica degli equilibri naturali). Essendo un vorace divoratore di ogni forma animale, rischia di alterare il nostro ecosistema fluviale.
Le rive dei grandi fiumi formano un ambiente abbastanza povero, in quanto periodicamente sommerso e dilavato dalla corrente; si presentano come grandi distese ciottolose, ghiaiose o anche limose, sulle quali cresce una vegetazione pioniera costituita da poche specie, numericamente ben rappresentate. Citiamo fra esse Cyperus fuscus, Scirpus michelianus, Chenopodium album e Xanthium italicum
Questo ambiente ripariale si estende ai piani golenali, ossia a quelle distese non utilizzabili dalle attività umane perché periodicamente inondate. Essi hanno la funzione di ricevere una certa quantità di acqua durante le esondazioni determinando così una specie di polmone che tende a smorzare l’effetto delle piene.
E’ questo l’ambiente preferito dagli uccelli limicoli, ossia dalla pettegola (trigola totanus) e dalla pantana (Tringa nebularia), entrambe dotate di un becco lungo e sottile con il quale riescono a scovare gli invertebrati nascosti nel fango e nella sabbia fine: insetti, crostacei, molluschi.
• Al di là di questo ambiente troviamo invece una vegetazione rigogliosa, costituita soprattutto dal salice bianco (Salix alba) che insieme ad alte specie congeneri (ad esempio Salix eleagnos) forma dei saliceti arbustivi spesso molto intricati.
• Sono poi frequenti l’ontano nero (Alnus glutinosa), il pado (Prunus padus) e naturalmente i pioppi: il pioppo bianco (Populus alba) e quello nero (Populus nigra).
In questa folta vegetazione si nasconde un gran numero di uccelli, anche di notevoli dimensioni, che vi nidificano: sono l’airone cenerino (Ardea cinerea), l’airone rosso (Ardea purpurea), la nitticora (Nycticorax nycticorax) e la bianchissima garzetta (Egretta garzetta).
Gli aironi si raccolgono spesso in colonie e costruiscono grandi nidi sulle parti più alte dei pioppi, mentre nitticore e garzette formano delle concentrazioni di coppie nidificanti che raggiungono spesso un’altissima densità; questi agglomerati prendono il nome di garzaie
4.4 LE LANCHE
Uno degli ecosistemi più complessi della pianura è quello delle lanche, ossia delle anse morte del fiume, antichi meandri abbandonati, dove non giunge abitualmente la veemenza della corrente del fiume.
Il lento ricambio di acqua, assicurato dalla superficialità della falda idrica, favorisce il mantenersi di temperature abbastanza elevate, fin dalla primavera, che consentono un notevole sviluppo della vegetazione acquatica e della fauna.
LA FLORA
• Generalmente attorniati da un folto canneto a Phragmites australis, questi specchi d’acqua sono affollati da poche specie vegetali sommerse, come il millefoglie d’acqua comune (Myriophyllum spicatum) e la lingua d’acqua (Potamogeton natans) e la brasca trasparente (Potamogeton lucens). Tutte queste specie hanno fiori che emergono dall’acqua.
• La superficie è spesso ricoperta da vegetazione galleggiante come la lenticchia d’acqua (Lemna minor) e la lenticchia spatolata (Lemna trisulca).
LA FAUNA
• Ricchissima è la fauna che completa la biocenosi delle lanche: numerosi insetti e le loro larve, fra cui il grande ditisco (Dytiscus marginalis) e gli emitteri Notonecta glauca e Nepa cinerea.
• Sul fondo abbondano le neanidi di molte specie di libellule, le cui forme adulte volteggiano, eleganti e veloci, sulla superficie dell’acqua.
• Interessante è la presenza del ragno palombaro (Agryroneta aquatica) che, con la sua fitta tela si costruisce, nella vegetazione sommersa, una campana piena d’aria, nella quale resta in stato di riposo o in agguato. E’ un grande divoratore di crostacei asellidi, comunissimi nei detriti vegetali che si accumulano sul fondo.
• In primavera nell’acqua della lanche abbondano le larve del tritone punteggiato (Triturus vulgaris) e del tritone crestato (Triturus cristatus), assieme agli adulti, che vi trascorrono alcuni mesi.
• Comunissimi sono poi i girini della rana verde minore (Rana esculenta) e della raganella (Hyla arborea), mentre rarissimi sono quelli del rospo dalla vanga o pelòbate (Pelobates fuscus insubricus): è questo un anuro endemico della pianura padana, di costumi notturni che, oggi, per la riproduzione, sembra preferire l’ambiente artificiale della risaia
• Talvolta fra la folta vegetazione delle rive è possibile scorgere la rara testuggine d’acqua (Emys orbicularis).
• Nelle lanche troviamo poi una grande varietà di uccelli; il germano reale (Anas platyrhynchos) e l’alzavola (Anas crecca) vi nidificano regolarmente, mentre altri anatidi sono frequenti solo nel periodo di passo primaverile o autunnale. Sempre abbondante è la folaga (Fulica atra), nidificante e presente anche d’inverno e la garrula gallinella d’acqua (Gallinula chlorupus)
IL GERMANO REALE (*)
• Per la loro nutrizione le specie di Germano reale sfruttano il pelo dell’acqua ed una trentina di centimetri sopra e sotto il suo livello.
• Le loro forme slanciate, le ali estese e larghe gli concedono un volo sostenuto.
• Il dimorfismo sessuale è assai accentuato. I maschi rivestono colori vivaci; le femmine sono di una tinta generalmente bruna, molto mimetica sugli sfondi delle vegetazioni acquatiche.
• Il maschio del Germano reale è un grosso uccello del peso di 1100-1300 grammi, con un bellissimo verde sulla testa e sul collo, un collarino bianco lo separa dal davanti del petto marrone. La base della coda è nera con quattro eleganti timoniere arricciate; i fianchi sono grigi a zigrinature nere; il ventre è bianco sericeo, le zampe color arancio.
• Il Germano reale è progenitore di tutte le razze di anitre domestiche allevate in cattività fin dai tempi più antichi.
• Allo stato selvatico la specie occupa un’area immensa dell’Eurasia e dell’America settentrionale, sia con la forma tipica, sia con le numerose sottospecie.
• Purché goda di un po’ di tranquillità si accontenta di qualsiasi ambiente. Gli stanno bene le rive di un lago, i bordi di uno stagno e persino uno specchio d’acqua in un parco pubblico, un canale in mezzo alla città, dove vive perfettamente integrato. Non rifiuta nemmeno le vallate montane: recentemente e con vivissima sorpresa si è trovato a qualche centinaio di metri da Aosta, lungo le coste della Dora.
• il Germano reale fa rilevare degli incrementi numerici costanti. Bisogna aggiungere che è comunemente allevato per usi di caccia ed anche ciò aiuta, sebbene sia messa in pericolo la purezza genetica della specie.
• Tra il marzo è l’aprile la femmina depone dalle 8 alle 12 uova su un rialzo asciutto; talvolta persino sugli alberi. Le cova da sola per 24-26 giorni e poche madri sono migliori di lei per la cura e la preoccupazione verso i figli.
• I figli, fino al tempo della seconda muta, rimangono del colore della madre, poi i maschi assumeranno l’aspetto paterno.
• I nostri si aggirano qui tra lago e lago, a Mantova una sera a Lugana la sera seguente.
• I nati al settentrione rimangono lassù finché il raffreddarsi delle acque glielo concede, quindi si avviano verso i paesi meridionali dell’Europa, spesso in stormi numerosi, indifferentemente di notte o di giorno, in relazione alla fretta imposta al viaggio dalle condizioni meteorologiche
LA GALLINELLA D’ACQUA (*)
• La Gallinella d’acqua si trova dappertutto dove le due condizioni essenziali alla sua esistenza si realizzano. Ce ne sono di nidificanti negli slarghi morti dell’Oglio, del Chiese, nelle torbiere, negli sguazzi stabili, nelle cave e nei canali. Compare frequentemente all’epoca delle migrazioni sulle rive dei laghi se appena ci siano canne.
• E’ facile riconoscerla. Pesa dal 210 ai 280 grammi, la forma è molto snella, la base del becco e la placca frontale sono rosso vermiglio. Il collo e la testa sono neri, il dorso nero oliva, il sottocoda bianco, con rinforzi di tinte a primavera nei maschi.
• Qualcuno dice che è di indole diffidente e sospettosa; altri dicono invece che è timida e cauta nel sentirsi perseguitata, altrimenti si tranquillizza e si adegua alla presenza umana assidua e continuativa pur non abiurando alle norme di sicurezza.
• Il suo metodo di difesa nei confronti dei cani e degli antagonisti è unico. Si tuffa; con le zampe dalle lunghe dita abbranca il culmo di una canna e li sta, tenendo il fiato, anche parecchi minuti se è necessario. Se è sorpresa all’asciutto guadagna una siepe, si barrica negli spini avendo nozione della lentezza e linearità del suo volo.
• Le coppie si formano prestissimo e non senza liti tra i maschi per la determinazione dei loro domini.
• Il nido è di solito ammasso di materiale vegetale collocato preferibilmente nel canneto e predisposto da entrambi i membri della coppia.
• Si depongono una media di 6-8 uova, grigio azzurrine, ma variabili di tinta. Vengono covate per una ventina di giorni, con sosta dei pulcini nel nido per due-tre giornate.
• Hanno un’eccellente organizzazione familiare. Ad una settimana di vita è solo il padre a prendersi cura dei figli, la madre cova la seconda deposizione e magari una terza, mentre il genitore e i fratelli maggiori si assumono le cure parentali di tutti quanti i fratelli successivi, insegnandoli a scegliere i semi, le erbe, gli insetti della loro dieta nel canneto o ai bordi dell’acqua.
4.5 L’AMBIENTE DELLA CITTA’
Le nostre città rappresentano la massima alterazione antropica dell’ambiente naturale. L’uomo ha cancellato ogni aspetto ed ogni componente degli ecosistemi precedenti per costruire una propria nicchia artificiale, in funzione delle esigenze della vita moderna.
LA VEGETAZIONE
• Ha poi cercato di ricostruire una parvenza del verde che aveva soppresso: così sono nati i giardini ed i viali alberati. In questi ambienti artificiosi prevalgono le scelte estetiche, per cui la gran parte delle piante d’alto fusto, dei cespugli e dei ciuffi fioriti appartengono a specie importate da altri ambienti o da altre fasce climatiche; oppure sono frutto di una selezione innaturale indotta dall’uomo mediante forzature genetiche.
• Un tipo di vegetazione spontanea, però, si sviluppa talvolta negli angoli abbandonati, dove forma dei piccoli e semplici ecosistemi. Questi comprendono graminacee poco esigenti (come Poa pratensis e Lolium perenne) e specie a fiore di modesto sviluppo, come la balsamina (Impatiens glandulifera), la cicora selvatica (Cichorium intybus) e alcune altre. Ma periodicamente l’uomo interviene con opere di pulizia o di manutenzione, eliminando quanto vi si era naturalmente e faticosamente insediato.
• Un altro microambiente di formazione spontanea, più tollerato del precedente, è quello che si sviluppa sulle mura che cingono i centri storici. E’ formato da specie rupicole e ruderali, che affondano le loro radici negli interstizi fra le singole pietre. Fra esse si ricorda la bocca di leone (Antirrhinum majus) e la comune parietaria (Parietaria offinalis), dalle foglie appiccicaticce.
LA FAUNA
• Molte specie animali possono vivere bene e riprodursi regolarmente nell’ambiente cittadino; altre, specialmente se di piccola taglia, possono giungervi casualmente, trascinate dal vento o attirate dalla mille luci notturne: a questo secondo gruppo appartengono le forme adulte alate degli insetti.
• Fra i vertebrati che vivono abitualmente nelle città troviamo la lucertola dei muri (Podarcis muralis), il rettile che meglio ha accettato la convivenza con l’uomo. E’ però limitata ai giardini e alle mura.
• I dominatori delle città sono invece gli uccelli: a parte le specie semidomestiche come il piccione, possiamo incontrare con frequenza il merlo (Turdus merula), il passero (Passer domesticus italiae), il rondone (Apus apus), talvolta lo storno (Sturnus vulgaris). A questi si aggiungono specie attualmente in espansione come la taccola (Corvus monedula), che vive in colonie e che conduce una complessa vita sociale, e la tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto) che si è diffusa da noi solo negli ultimi decenni.
• Fra i mammiferi la specie più frequente è il surmolotto o ratto delle chiaviche (Rattus norvegicus) che, essendo più aggressivo, ha soppiantato il congenere ratto nero (Rattus rattus) un tempo molto diffuso da noi.
• Un’altra specie frequente in città è il pipistrello o serotino comune (Vespertilio serotinus) che si può vedere svolazzare dal crepuscolo all’alba intorno alla guglie del duomo, alle torri, ai campanili e soprattutto intorno ai lampioni dove insegue gli insetti che intrecciano voli vorticosi, attratti dalla sorgente di luce; possiamo definirlo un nostro alleato per l’alto numero di insetti che riesce a divorare ogni notte.
IL MERLO
• Il merlo è molto noto e conosciuto ed è spesso incluso nella tradizione popolare. Lo si trova protagonista di numerosi racconti e leggende, ad esempio quella prettamente bresciana dei “giorni della Merla”.
• Ovunque vada dimostra di trovarsi a suo pieno agio e per questo si trova inurbato da qualsiasi parte si senta rispettato.
• Il maschio adulto è tutto nero, con i circoli oftalmici ed il becco giallo aranciato. La femmina è superiormente bruna, con un colore sfumato e schiarito nelle parti inferiori. Il peso è di 75-115 grammi.
• I residenti sulle colline bresciane iniziano prestissimo la nidificazione, magari prima di far sentire il loro canto spiegato, molto melodioso. Nel bresciano si usa definire con tre parole la posizione delle covate successive del merlo: topa (zolla), soca (ceppo) e broca (albero). La realtà tiene fede al detto. In ambiente alpino però le nidiate si riducono a due.
• E’ una specie decisamente prolifica.
• La sua alimentazione è molto varia: insetti e loro larve, lombrichi, lumachine. Poi ci sono bacche silvestri di ogni genere e frutta coltivata dove possibile: ciliegie, uva, olive, il che talvolta può renderlo un ospite sgradito.
• Gli stazionari dimostrano alla nostra terra un attaccamento quasi commovente. Neve o non neve, freddo o non freddo rimangono e appena il primo sole illumina l’aria sia danno a provare le loro canzoni di primavera. La migrazione, a gruppetti o individui isolati, inizia ad ottobre e termina con i Morti.
• Una curiosità: non frequentemente, ma nemmeno eccezionalmente, il merlo va soggetto a forme di albinismo, tanto in soggetto adulti che giovani
LO STORNO
• Nel bresciano lo storno fu numeroso fino a circa il 1900, calò successivamente con il suo minimo negli anni ’30. Quindi ad iniziare da circa il 1960 rivelò un incremento notevolissimo con un’estensione progressiva della sua area distributiva.
• Le coppie nidificanti sui rilievi in genere allevano una sola covata anziché due come in basso (4-8 uova), poi scendono in pianura
• Lo storno pesa da 63 ai 96 grammi; è un uccello ben noto, dalle tinte generali nere a riflessi iridescenti, una punteggiatura bianca più fitta nella femmina. Il becco è giallo limone. I giovani fino alla loro prima muta estiva-autunnale sono di color bruno topo uniforme.
• E’ intelligente, dotato, mobilissimo e robusto volatore; ha un’organizzazione sociale progredita; è chiassone con un’inclinazione accentuata per l’imitazione delle voci altrui.
• E’ duttilissimo nella collocazione dei suoi nidi; dal tetto passa al traliccio o all’albero cavo.
• Non si finirebbe più di parlar bene di questo mariolo se i danni che combina non fossero tanto elevati da raggiungere l’intollerabilità. E’ onnivoro e fortemente frugivoro e ciò spiega parecchio. Tutto gli aggrada, semi e semi in germinazione, tenere foglie, frutta ed uva, insetti e lombrichi.
• Dagli inizi della primavera alla schiusa delle uova della prima covata, circa la fine di aprile, potrebbe persino essere considerato utile per il gran consumo di insetti. Il guaio è che se uno Storno scopre un buon albero di frutta, tutti gli altri della “famiglia” lo sanno in una giornata.
IL PASSERO (*)
• Da una ventina d’anni il Passero sta ampliando verso l’alto la sua zona di nidificazione. Ad uno ad uno occupa i paesi della media montagna ai quali non era mai arrivata in precedenza. Tuttavia non ama i rilievi, sono troppo poveri per i suoi gusti.
• Il nostro passero ha il vertice della testa color cioccolata. I passeri svizzeri, francesi, iugoslavi invece lo hanno grigio piombo; per il resto sono uguali, come sono uguali le abitudini.
• I passeri hanno sensi ottimi, una mente sveglia, buona memoria e pronunciate facoltà associative. Sono prolifici, gregari, con un notevole grado di intraprendenza.
• La convivenza con l’uomo ha potenziato ancora di più queste doti, cosicché esse conoscono assolutamente tutto di noi e delle nostra vita. Basta guardare in che modo si comportano nella città di Brescia. La stazione ferroviaria la hanno riconosciuta come un luogo generoso e si aggirano tra i binari. Piazza Vittoria è troppo pulita, invece: meglio evitarla. I giardini di Via dei Mille e di Porta Venezia sono splendidi, con tutti quei bambini supernutriti che seminano in giro briciole e pezzi di focacccina. Per dormine c’è il Cimitero monumentale, dove convergono anche gli Storni; ma questo non guasta.
• Il Passero è onnivoro. Tutte le risorse naturali le aggradano. Mangia semi e prodotti dei semi, frutta e cereali. I coltivatori e gli agricoltori la vedono con scarsissimo compiacimento.
• Le parti superiori del maschio sono bruno marrone. Le ali hanno una striscia bianca. Le inferiori sono bianco sudicio con una bavaglia nera triangolare dal becco all’alto petto. La femmina manca di contrasti di tinte ed è più grigiastra. Il peso si aggira tra i 26 e i 36 grammi.
• In ambiente rurale il Passero si sa costruire un bel nido subsferico sugli alberi; tuttavia preferisce il riparo delle tegole, sottotetti e soffitte delle nostre abitazioni.
• Depone regolarmente tre volte all’anno una serie di 4-6 uova, se il cibo abbonda.
LA TORTORA DAL COLLARE ORIENTALE
• Fino ai primi del ‘900 la specie viveva da stazionaria nell’India, tra pagode e rovine di antiche civiltà. Ad un dato momento dei contingenti soprannumerari intrapresero un vasto movimento in due direzioni; l’uno verso l’oriente, l’altro verso occidente. Il ramo orientale guadagnò la Cina; il ramo occidentale l’Europa, attraverso Pakistan, Afganistan, Persia, Turchia. Proseguì lungo i Balcani, pervenne in Iugoslavia, in Austria ed in Italia. Per ora in Italia è diffusa fino all’altezza di Roma e in tutto il nord.
• Eminentemente urbana, quando goda di un po’ di rispetto si moltiplica rapidamente, conquistando progressivamente le zone viciniori. I parchi cittadini, pubblici e privati, con conifere e specialmente cedri del Libano su cui nidificare, sono divenuti la sua residenza preferita.
• Nella città di Brescia stenta ad insediarsi, mentre ve ne sono nei pressi di Verolavecchia, Gardone Riviera e forse ad Adro.
• La presenza di questa tortora, un po’ sfacciata, non passa mai inosservata, perché ha confidenza con l’uomo. Ha l’abitudine di porsi bene in vista su antenne televisive, pali e fili elettrici, il canto continuato sugli alberi troppo palesi.
• Dove vive si arrangia a trovarsi il cibo, rubacchiando nei pollai, visitando le campagne nei periodi delle biade, reperendolo tra parchi e giardini.
• Tra i sessi manca dimorfismo. Le parti superiori sono bruno oliva pallido, le spalle grigio blu. Testa e parti inferiori sono più pallide e grigie, con una tinta vinata sul petto. Uno stretto collare nero, aperto davanti, circonda il collo. La coda mostra molto bianco. Il peso è compreso tra i 160 e i 200 grammi.
• Il nido della Tortora dal collare orientale non è certo un capolavoro: una costruzione leggera di rametti e stecchi, con 2 uova per due covate annuali.

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