AIDS

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Testo

L’AIDS
La sigla AIDS è l’abbreviazione dell’inglese Acquired Immuno-Deficiency Syndrome, in italiano “Sindrome da immunodeficienza acquisita”.
L’AIDS è una malattia infettiva che deprime il sistema immunitario, cioè quel complesso di cellule (soprattutto linfociti e istiociti) che difendono il nostro organismo dalle infezioni. In questi termini, l’AIDS priva l’organismo della capacità di difendersi dalle altre malattie.
Responsabile di quella che ormai viene definita “la pesta del 2000” è il virus dell’HIV (Human Immonodeficiency Virus, cioè virus dell’immunodeficenza umana).
Per i malati di AIDS anche una semplice influenza od un’altra qualsiasi infezione, possono diventare causa di morte.
Nella maggioranza dei casi le infezioni sono sostenute da microrganismi di norma innocui in soggetti sani, mentre tra le neoplasie è molto frequente il sarcoma di Kaposi oltre a linfomi maligni e carcinomi dell’orofaringe e dell’intestino retto.
I primi casi di AIDS furono diagnosticati nel 1980 in alcune grandi città degli Stati Uniti (Los Angeles, New York, San Francisco), in soggetti maschi omosessuali e bisessuali nonché in tossicodipendenti e, in misura molto minore, in pazienti che avevano più volte ricevuto trasfusioni di sangue.
Superato l’enorme sconcerto iniziale per la “scoperta” di un morbo fino ad allora pressochè sconosciuto negli stessi ambienti medici e completamente ignoto all’opinione pubblica, alcuni scienziati effettuarono vari screening (indagini a campione, o di massa), riesaminando anche alcuni misteriosi casi clinici del passato e scoprirono che in realtà vi erano stati episodi di AIDS fin dal 1979; nel 1981 furono registrati altri casi in Europa, in Africa ed in Asia.
Gli scienziati sono ormai concordi nel ritenere che la malattia sia molto più antica di quanto comunemente si crede, non evidenziata in passato a causa dell’insufficienza di specifici strumenti diagnostici. Accurati studi retrospettivi hanno permesso di identificare casi clinici risalenti alla fine degli anni ’50 per i quali oggi sarebbe stata formulata la diagnosi di AIDS.
Il fatto che i “gruppi a rischio” rientrassero principalmente tra gli omosessuali (75% dei malati) ed i tossicodipendenti che si iniettano droga per via endovenosa (16%) fece subito classificare l’infezione da HIV fra le malattie sessuali, scatenando quella che negli USA fu definita “Aids hysteria”.
Solo nel 1983 l’opinione pubblica europea cominciò a sentir parlare di AIDS.
Il mondo occidentale fu scosso dal panico; un intero patrimonio di certezze individuali e collettive circa gli atteggiamenti ed i comportamenti sessuali ammissibili fu messo in crisi e non furono pochi colore che, a vario titolo, parlarono di “resa dei conti” dopo decenni di immoralità e di promiscuità sessuali.
Il virus (o meglio, retrovirus) dell’AIDS fu isolato inizialmente nel maggio del 1983 dai ricercatori dell’Istituto Pasteur di Parigi, guidati da Luc Montaigner, e fu denominato LAV (Lympho-adenopathy associated virus). L’anno seguente l’equipe diretta dall’americano Robert Gallo, del National Cancer Institute dell’Università di Bethesda, isolò l’HTLV III, l’Human T cell lymphotropic virus type III. Il LAV e l’HTLV III sono varianti del medesimo retrovirus.
Il meccanismo di diffusione del retrovirus all’interno dell’organismo umano è stato individuato con soddisfacente chiarezza: le sue vittime sono i linfociti T, cioè i globuli bianchi contenuti nel sangue e che gestiscono il sistema immunitario, cioè il complesso sistema di difesa dell’organismo. Il retrovirus infetta i linfociti e li distrugge, quindi si riproduce all’interno delle cellule con un enzima (la trascriptasi inversa) e trasforma il suo RNA in DNA. La differenza tra virus e retrovirus consiste proprio nel fatto che nel retrovirus l’informazione genetica nella particella virale non è conservata in una molecola di DNA (come avviene nei virus) ma in una di RNA e, circostanza ancora più eccezionale, questo RNA funge da stampo per “riscrivere” l’informazione sul DNA.
Appena il suo materiale genetico si è integrato in quello della cellula ospite, l’HIV programma la creazione di altri componenti virali e la loro unione. I nuovi retrovirus abbandonano la cellula gemmando al di fuori della membrana cellulare, pronti ad infettare altri linfociti in un perverso processo a catena.
Le attuali ricerche, abbastanza avanzate, hanno dimostrato, contrariamente a quanto si pensava qualche anno fa, che il periodo d’incubazione della malattia è molto più lungo del tempo ipotizzato in precedenza, che si riteneva andasse da 6 mesi a 3 anni; invece, si è accertato che l’apposito test del sangue può rilevare, entro 3-6 mesi dal contagio, l’eventuale presenza di anticorpi contro il virus (sieropositività) e che nei soggetti sieropositivi l’AIDS può manifestarsi nel termine di 7-10 anni dal contagio. Inoltre, si deve notare che il virus è abbastanza mutevole, dotato di spiccate doti di “mimetismo”. A tale riguardo, in termine strettamente scientifici, si parla di latenza (dal verbo latino lateo, mi nascondo) per descrivere la fusione di informazioni genetiche di un virus con quelle della cellula infettata.
Questa circostanza determina notevoli difficoltà nella ricerca di un’efficace vaccino anti-AIDS perché è difficile scovare una formula capace di resistere a tutte le mutazioni. Similmente arduo risulta individuare un’efficace terapia.
La crescente diffusione dell’AIDS anche fra soggetti eterosessuali (chi ha rapporti con l’altro sesso) o, comunque, non rientranti tra i cosiddetti “gruppi a rischio” dimostra che chiunque, se non rispetta determinate misure precauzionali, può essere infettato. Inoltre, è molto interessante notare che il virus può introdursi nell’organismo umano permanendovi per anni senza scatenare l’AIDS e senza provocare alcun sintomo di malattia anche se, naturalmente, nell’individuo portatore sono presenti gli anticorpi anti-AIDS (come si è detto, l’individuo è sieropositivo).
Sono stati individuati anche casi di “pre-AIDS”, cioè di malattie meno gravi dell’AIDS anche se molto simili, oggi definite “AIDS correlate (ARC o LAS).
L’imponente ricerca effettuata, permette attualmente di ridimensionare numerose paure emerse nei primi tempi di diffusione del morbo. In primo luogo l’AIDS non si trasmette attraverso l’aria (goccioline di saliva, colpi di tosse), gli alimenti, i normali contatti sociali (in famiglia, a scuola, negli ambienti di lavoro, sui mezzi di trasporto, nei locali pubblici), né attraverso i servizi igienici, le piscine, gli spogliatopi, i liquidi biologici (sudore, saliva, lacrime, urina, feci, …) e neanche con i contatti con animali né a causa di punture di zanzare o di altri insetti.
Nessun caso d’infezione è stato registrato in una comunità scolastica a seguito della presenza di un sieropositivo. Non vi è alcun rischio nel donare sangue perché gli aghi e l’altro materiale usato per il prelievo sono sterili e monouso. Ugualmente non si corrono rischi dal dentista perché la legge impone la sterilizzazione degli strumenti e le associazioni professionali vigilano perché ciò avvenga.
L’HIV è distrutto facilmente dal calore (ad esempio, l’ebollizione) e dai comuni disinfettanti per ambienti come la varechina.
L’AIDS si trasmette attraverso rapporti sessuali con persone infette, punture da siringhe o da strumenti sporchi di sangue infetto, trasfusioni con sangue contaminato dal virus. Inoltre, la madre sieropositiva può trasmettere il virus al figlio già durante la gravidanza ed i bambini contagiati hanno un’enorme probabilità di ammalarsi di AIDS.
Poiché, dunque, il virus infetta se raggiunge il sangue e considerato che esso è contenuto in maggiori quantità nello sperma, nelle secrezioni vaginali e nel sangue steso, le persone più esposte al contagio sono gli omosessuali, coloro che hanno rapporti promiscui, i tossicodipendenti e quanti hanno subito molte trasfusioni nel passato; dal 1985, infatti, ogni flacone di sangue per trasfusioni è sottoposto a severissimi controlli preventivi.
Il Ministero della Sanità del nostro Paese ha emanato, a partire dal 1987, una serie di decreti e circolari in materia di AIDS.
Il 5 giugno 1990 il Parlamento ha varato la prima legge nazionale per la lotta all’AIDS, la n.135, attraverso la quale si intendono affrontare gli enormi problemi di prevenzione, cura, organizzazione logistica, preparazione del personale medico e paramedico, sollevati da una rapida diffusione della malattia.
È stata, inoltre, costituita un’apposita Commissione Nazionale, dipendente dal Ministero della Sanità.
Attraverso un informazione capillare e mediante numerose iniziative sostenute anche da Enti ed Associazioni private, tale Commissione sta contribuendo a diffondere nella pubblica opinione una corretta informazione che consente a tutti di combattere paure esagerate ed ingiustificate imparando a valutare nella giusta misura la pericolosità della malattia sì da adottare tutte le indispensabili misure preventive. Inoltre, può essere di immediato conforto, specialmente per gli ammalati, sapere che esistono attualmente cure particolari basate, ad esempio, sul farmaco denominato AZT o sostanza S (azidotimidina o zidovudina), posto in commercio fin dal 1986 con il nome di Retrovir. Altri farmaci sono in fase di sperimentazione a livello internazionale ed alcuni vengono già somministrati in studi clinici controllati, da soli o in associazione con l’AZT. Fra questi, il farmaco in fase sperimentale più avanzata, anche in Italia è il ddI o dideossinosina, mentre si stanno sperimentando la dideossicitina (ddC), la dideidrotimidina (d4T) ed il recettore Cd4 solubile ricombinante.
Tali farmaci, pur non consentendo ancora la guarigione totale, ritardano comunque il decorso del morbo donando tempo prezioso ai ricercatori impegnati a ritmo serrato in tutto il mondo.
Per chi teme di aver contratto l’AIDS esistono centri specializzati nelle maggiori città italiane che effettuano analisi approfondite ed assolutamente anonime.
Anche la scuola, attraverso la competenza professionale e la sensibilità umana dei suoi operatori, è chiamata ad assolvere importanti compiti educativi in merito, soprattutto favorendo l’inserimento e la successiva integrazione dei bambini e dei ragazzi ammalati che hanno diritto all’istruzione, ma anche e soprattutto alla solidarietà ed al conforto, nella consapevolezza di non rappresentare alcun pericolo per i propri compagni a condizione, naturalmente, che vengano osservate le basilari e consuete norme igieniche che devono presiedere a qualsiasi vita comunitaria.
La diffusione dell’AIDS ha richiamato in vita le grandi paure collettive del passato ma nel contempo ci ha indotti a ripensare criticamente il nostro presente affievolendo un sempre immanente desiderio di onnipotenza ed aiutandoci a riflettere, fra l’altro, sul senso e sullo scopo ultimo della nostra fugace esistenza.
Com’è stato affermato più volte nel corso della VII Conferenza Internazionale sull’AIDS, svoltasi a Firenze dal 16 al 21 giugno del 1991, dobbiamo tutti imparare a convivere con questa malattia, recuperando altresì le ragioni di solidarietà e della speranza contro il pregiudizio o l’indifferenza.

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