L'innovazione finanziaria nel finanziamento delle imprese

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Testo

L’innovazione finanziaria nel finanziamento delle imprese:
le emissioni obbligazionarie


N

egli ultimi anni, le emissioni di corporate bond sono state caratterizzate da una forte componente innovativa. Alcune di esse nascevano dalla necessità, manifestata dagli emittenti, di ottenere maggior flessibilità al fine di far coincidere il più possibile i flussi di cassa del debito, con i flussi di cassa disponibili, acquisendo, di conseguenza, una più elevata capacità d'indebitamento. Altre, al contrario, erano mosse da motivazioni errate, come l’imitazione, o una scappatoia per mascherare ad analisti finanziari, agenzie di rating o autorità di controllo, la propria struttura finanziaria reale.
Negli Stati Uniti, culla dell’innovazione finanziaria, si sono sviluppati due filoni principali: il comparto delle asset backed securities, ormai maturo,[1] e le più recenti debt/equity bond. In particolare, le prime mirano a cartolarizzare flussi futuri di liquidità aziendale, provenienti da attività di diversa natura: canoni di locazione del patrimonio immobiliare, crediti bancari, singoli eventi sportivi o di intrattenimento, film, dischi, ecc.[2] Le seconde, hanno l’obiettivo di incorporare nel titolo di debito una parte del rischio di impresa, altrimenti tipicamente di competenza dell’azionista.
In ogni caso, é ormai agevole osservare come le recenti emissioni siano diventate di una complessità tale da giustificare una presenza sempre più necessaria di investment bank che seguono l’operazione in tutte le sue fasi.
La domanda a cui questo scritto vorrebbe dare risposta, con particolare riferimento al mercato domestico, é: “Quando la complessità dell’emissione giova all’impresa e quando, invece, é controproducente?”.

Il mercato delle Obbligazioni Corporate

In Italia, negli anni settanta, le imprese finanziavano il proprio sviluppo tramite l’emissione di azioni oppure facendo ricorso all’indebitamento, bancario o, più raramente, obbligazionario. Nel decennio successivo, invece, il volume di obbligazioni in essere ebbe un deciso incremento (grafico 1).

Grafico 1 - Obbligazioni nel campione Mediobanca di 997 aziende

Fonte: Campione Mediobanca 1749 Aziende. Dati in milioni di Lire.

Peraltro, quell’incremento, era imputabile sostanzialmente alle emissioni obbligazionarie delle imprese pubbliche, essendo quelle private praticamente costanti ed irrilevanti. Negli anni novanta, si assiste ad una caduta sensibile della componente pubblica, ma contemporaneamente una ripresa delle emissioni corporate private (grafico 2).

Grafico 2 - Campione Mediobanca 1749 imprese

Fonte: Campione Mediobanca 1749 imprese. Dati in milioni di Lire.

Fra queste, il settore dell’abbigliamento, sembra quello che più degli altri sfrutti lo strumento obbligazionario, anche in virtù del suo forte legame con i mercati internazionali (grafico 3).

Grafico 3 - Il settore dell’abbigliamento, nel campione Mediobanca


Fonte: Campione Mediobanca 1749 aziende. Dati in milioni di Lire.

La ripresa del mercato delle obbligazioni corporate di imprese private é legata, almeno, a due fatti rilevanti.
In primis, la liquidità del sistema finanziario, fino ad allora assorbita dalla sottoscrizione dei titoli del debito pubblico, per effetto della discesa dei tassi di interesse, cominciava a migrare verso altre possibilità di investimento: mercato azionario, fondi comuni di investimento mobiliare, corporate bond. La riforma fiscale del 1998 (dls 461/1997) accelera il processo: i certificati di deposito bancari, di durata inferiore ai 12 mesi, praticamente, non vengono più emessi, perché gravati da una tassazione del 27%. Le Banche diventano allora le prime ad accorgersi della possibilità di finanziare il proprio fabbisogno con obbligazioni, il più possibile flessibili e adattabili alle proprie esigenze legate alla dinamica degli impieghi (tabella 1 e grafico 4). Secondariamente, le imprese intravedono un nuovo mezzo per accedere al pubblico risparmio, far coincidere la moneta degli incassi con quella del debito e flussi di debito con flussi della gestione, approfittare della discesa dei tassi di interesse e del rinnovato regime fiscale.[3] Tuttavia, il processo di sofisticazione é stato tale che molte imprese, da sole, non sono più in grado di valutare costi e benefici dell’operazione.

Tabella 1 - Provvista di un Istituto di Credito specializzato nel medio termine



1994
1995
1996
1997
1998
Certificati di deposito
10.112,7
9.463,4
8.670,5
6.100,8
3.694,9
Prestiti Obbligazionari
1.909,1
1.732,4
3.362,8
5.309,5
8.327,0
Altro
2.058,0
2.772,4
2.040,1
2.835,6
2.700,0
Totale
14.079,8
13.968,7
14.073,4
14.245,9
14.721,9


Fonte: Bilancio 1998 Centrobanca. Dati in miliardi di Lire.

Grafico 4 - Dinamica della Raccolta su dati Tabella 1
Le più recenti emissioni domestiche prevedono la struttura reverse, convertibili in azioni diverse dall’emittente, con o senza clausola di knock-in, oppure con interessi legati all’andamento di un paniere di titoli quotati (settore finanza, internet, ma non solo), con o senza un rendimento minimo garantito (obbligazioni equity-linked).[4] In particolare, un esempio di reverse convertible é il seguente. Emissione del titolo alla pari, pagamento degli interessi garantito, ma rimborso del capitale a scadenza legato all’andamento di una azione sottostante: se a scadenza l’azione quota ad un livello pari o superiore allo strike price, l’emittente rimborsa per intero il capitale sottoscritto. Se, invece, a scadenza, l’azione segna un prezzo inferiore, e se in un qualsiasi giorno di negoziazione il prezzo dell’azione é sceso sotto un predeterminato valore (clausola di knock-in), allora vengono consegnate un numero predefinito di azioni del sottostante. In questo caso, la rischiosità non é sul rendimento della cedola, ma sul rimborso del capitale. Un esempio di obbligazione equity-linked, emessa di recente, é il seguente.[5] Prezzo di emissione alla pari e rimborso del capitale in un’unica soluzione a scadenza, alla pari (investimento minimo 1.000 Euro). La rischiosità, in questo caso, é legata al tasso di interesse: a scadenza viene corrisposto un importo pari al maggiore tra il 12% (2,29% lordo per anno: minimo garantito) ed il 100% dell’apprezzamento medio del paniere determinato con riferimento a ciascuna obbligazione secondo la formula seguente:

i = 1.000 Euro (Paniere1 - Paniere0)/Paniere0

dove, paniere1 é il valore medio del basket formato da 6 azioni del settore finanza: 1 azione Allianz, 4 azioni Deutsche Bank, 8 azioni Generali, 25 azioni Alleanza, 150 Banca di Roma, 20 azioni Banco Bilbao Vizcaya; paniere0 é il valore del basket alla data del pagamento.
Si cercherà ora di delineare uno schema di riferimento per valutare la convenienza per l’impresa di tali operazioni.

La scelta del rapporto di indebitamento

L’approccio accademico sul trade off tra debito e mezzi propri insegna che é da preferirsi l’indebitamento, per il vantaggio fiscale generato, fin tanto che i costi del dissesto, legati alla possibilità di fallimento, non superano tali benefici.[6] In termini di valore di impresa:

Valore impresa indebitata = Valore impresa non indebitata + VA dei benefici fiscali - VA costi del dissesto

I costi del dissesto nascono, fra le altre motivazioni,[7] anche dal fatto che l’impresa che ha emesso obbligazioni a cedola fissa, diversamente dallo stacco di dividendi, deve effettuare i medesimi pagamenti anche quando il giro d’affari é diminuito: non c’é alcuna correlazione tra flusso di cassa della gestione corrente, utilizzato per servire il debito, e il piano di ammortamento del debito. Al contrario, se il pagamento degli interessi avesse una correlazione con la dinamica monetaria dell’impresa, il valore attuale dei costi del dissesto diminuirebbe, aumentando al tempo stesso il valore dell’impresa. Il costo della raccolta deve, in altri termini, considerare il matching tra flussi di rimborso del debito e flussi liberati dalla gestione: questa é la questione chiave. Per sottolineare meglio tale aspetto, torniamo alla definizione di valore di impresa come valore attuale dei flussi di cassa futuri. Il valore dell’impresa varia nel tempo non solo per effetto dei nuovi investimenti con Van positivo, ma anche per effetto di variabili macroeconomiche, come inflazione, tassi di interesse, tassi di cambio, congiuntura. Si consideri un’ipotetica impresa dove le uniche fluttuazioni del suo valore siano legate a variabili macroeconomiche (grafico 5).

Grafico 5 - Valore dell’impresa nel tempo

Il valore per l’azionista, é dato dalla differenza tra valore di impresa e debito in essere. Se questa impresa decidesse di finanziare il proprio fabbisogno, ipotizzato costante, sempre a breve termine, e che tale debito non risenta delle variabili di lungo periodo, allora la sua situazione sarebbe quella esposta nel grafico 6.

Grafico 6 - Valore dell’impresa con finanziamento a breve termine.

Appare dalla figura una situazione di evidente tensione finanziaria, per cui la direzione tenderà a ridurre l’esposizione verso terzi finanziatori. Si ipotizzi ora sempre l’impresa del grafico 5, ma questa volta finanziata in modo che il cash flow del debito sia coincidente con il cash flow liberato dalla gestione, e che il debito sia sensibile alle fluttuazioni macroeconomiche. (grafico 7)

Grafico 7 - Valore dell’impresa con debito variabile
In tale circostanza, il rischio di fallimento é ridotto, la capacità di indebitamento aumenta e, con essa, il valore dell’impresa per effetto dei benefici fiscali collegati. Il solo fatto di prevedere una struttura del debito che consenta il matching tra i flussi di cassa contrapposti, ha determinato un più elevato ed ottimale livello di indebitamento: maggior debito, finanziariamente sostenibile, significa maggior valore.

Quale obbligazione emettere?

Per aumentare la capacità di indebitamento, ottenuta dal matching tra i flussi di cassa in uscita (debito) e in entrata (dalla gestione), gli operatori del mercato finanziario anglosassone, hanno sviluppato una sorprendente varietà di obbligazioni alternative.
La caratteristica comune é quella di diminuire i costi del fallimento, tutelando l’emittente contro la possibilità di una forte contrazione del proprio business.[8] Sono nate così le “commodity bond”, ove il pagamento degli interessi é legato all’andamento del prezzo di una specifica materia prima, come un minerale o un prodotto agricolo. Un’azienda mineraria, una compagnia petrolifera o un grosso produttore di cerali (per esempio), il cui fatturato deriva prevalentemente dal prezzo del bene venduto, emettendo una commodity bond ottiene il vantaggio fiscale legato agli interessi passivi e la diminuzione del rischio fallimento, se il prezzo del bene dovesse precipitare. Le aziende di assicurazione hanno, invece, adottato le “catastrophe bond”, che prevedono la sospensione o l’interruzione dei pagamenti, nel caso si verificasse un preciso evento catastrofico, come uragani (nella East coast) o terremoti (nella West coast), per il solito fine di utilizzare il debito senza compromettere la solvibilità, per eventi rovinosi.[9] La convenienza dei nuovi strumenti finanziari non viene da un minor costo della raccolta: gli investitori richiederanno un premio per il rischio, una maggiorazione del tasso di interesse, rispetto ad una emissione tradizionale. E neppure da una riduzione del rischio, di per sé, giacché lo stesso potrebbe essere coperto tramite strumenti derivati. L’origine del valore deve essere ricercato nell’aumento della capacità di indebitamento, finanziariamente sostenibile, che genera maggiori benefici fiscali e una diminuzione del rischio d’impresa.
Per contro, é da segnalare anche in Italia una nuova operazione di finanziamento che si avvicina a tale logica: il prestito obbligazionario denominato “Samp 1999/2003”.[10] Dal momento che all’epoca dell’emissione la società sportiva stava già affrontando un periodo di contrazione del proprio business,[11] l’obbligazione garantiva un rendimento minimo del 2,5% lordo annuo, con la possibilità di uno step-up interest al verificarsi delle seguenti ipotesi: interesse del 7% in caso di promozione in serie A, interesse del 5% in caso di permanenza in serie A; interesse del 14% in caso di accesso alla Champions League. Anche in questo caso, é possibile riscontrare un tentativo di legare gli oneri finanziari del debito con la liquidità della gestione caratteristica, assimilando questo strumento alla obbligazioni debt/equity.

Come accennato, é possibile ottenere lo stesso risultato facendo ricorso ai derivati, uniti all’emissione di obbligazioni tradizionali, in modo che i flussi di cassa contrapposti coincidano. Ad esempio, una società petrolifera, potrebbe emettere obbligazioni a tasso fisso e vendere contratti futures sul petrolio (o comprare un’opzione put sul petrolio), in modo da costruire un prospetto di flussi futuri simile a quello generato dalle commodity bond, e sfruttare una maggiore flessibilità, periodo per periodo. In generale, si sceglierà l’operazione che genera costi globali inferiori, comparando questo approccio con le commodity bonds. Imprese con una stabile esposizione nel lungo periodo ad un rischio specifico (valuta, prezzo) dovrebbero cercare di incorporare una protezione verso tale rischio nel loro sistema di finanziamento (commodity bond, per es.). Se, invece, l’esposizione può variare di anno in anno, allora l’approccio dei derivati sarà da preferirsi come strumento di copertura.

Uno schema di approccio generale

Per rendere proficua l’operazione, é necessaria un’attenta analisi dell’impresa, attraverso più fasi (figura 1).
La determinazione dei flussi di cassa periodali, liberati dalla gestione, non é sufficiente. E’ necessario valutare l’attività in termini di durata del ciclo economico di impresa, di sensibilità alla variabili macroeconomiche (inflazione, tassi, cambi) e la valuta prevalente degli incassi. Imporsi delle regole di condotta per riconsiderare le decisioni adottate in tema di mix debt/equity. In una fase successiva, si devono valutare i benefici fiscali legati all’adozione di una forma di finanziamento e i costi collegati al suo abbandono. Per le aziende quotate, si deve anche considerare il giudizio di analisti e agenzie di rating sulle diverse possibilità di finanziamento. Infine, si deve considerare l’impatto sui portatori di interesse, azionisti e obbligazionisti, per ogni diversa forma di finanziamento.

Figura 1 - Uno schema di riferimento



Alcune errate motivazioni nell’uso delle obbligazioni alternative

Da quanto sinora esposto, dovrebbe essere chiaro qual’é la finalità delle nuove obbligazioni. Tuttavia, é possibile che alcune società le utilizzino per altre ragioni. Ad esempio:

1. camuffare il debito;
2. dimostrare di essere sempre innovativi, i precursori di nuove tecniche;
3. sfruttare l’asimmetria informativa;

Se si utilizza una struttura complessa nell’emissione obbligazionaria, é possibile ottenere un diverso verdetto da chi é tenuto a giudicare l’impresa: analisti finanziari, società di rating e autorità di vigilanza. Ciò accade perché costoro utilizzano criteri diversi di valutazione. Gli analisti finanziari, nell’interesse degli azionisti, valutano l’utile per azione, o altre multipli che permettano di confrontare l’impresa con altre sul mercato.[12] Le aziende di rating, nell’interesse degli obbligazionisti, valutano la capacità di rimborso e la solidità nel lungo periodo, utilizzando indici finanziari ed economici, di derivazione contabile. L’autorità di vigilanza sugli intermediari bancari, a tutela della solidità del sistema finanziario, é interessata alla consistenza patrimoniale e alle riserve di garanzia. E’ chiaro che, nell’intento di accontentare tutti, o uno solo, l’impresa cercherà di sofisticare sempre più lo strumento di finanziamento, perdendo di vista lo scopo primario.
E’ anche possibile che, per imitazione, o per sembrare sempre all’avanguardia dell’innovazione finanziaria, un’impresa opti per questa possibilità, anche se, magari, non é esposta al rischio valuta, genera flussi di cassa costanti e, probabilmente, l’emissione di una obbligazione tradizionale sarebbe la scelta migliore. Come in tutte le operazioni commerciali, bisogna perseguire il proprio interesse, non farsi condizionare da fattori esterni e non esporsi a rischi non necessari.
E’ anche possibile che la complessità dell’operazione generi un’asimmetria informativa nella valutazione del prezzo del titolo, perché la determinazione dei flussi di cassa del rimborso non é di semplice identificazione. Tuttavia, ciò comporterebbe l’allontanamento dell’investitore privato, e lascerebbe il campo a quello istituzionale, che, al contrario, é in grado di valutare se il prezzo di emissione e di negoziazione é corretto, vanificando il malizioso intento originario.

Conclusioni

L’innovazione finanziaria nelle emissioni obbligazionarie, iniziata negli Stati Uniti già negli anni settanta, sta cominciando ad affacciarsi anche nel nostro Paese, pur nel solo ambito delle emissioni bancarie. L’origine e il successo di tali operazioni é da ricercare nella possibilità, offerta dal nuovo strumento di finanziamento, di incorporare nel titolo una parte del rischio d’impresa.
E’ possibile, infatti, agganciare il rimborso del debito a determinati parametri, come valute, prezzi di materie prime, accadimenti specifici, affinché i flussi di cassa del piano di ammortamento del debito, si muovano in sintonia con la liberazione dei flussi di cassa della gestione caratteristica asserviti al rimborso del debito. L’effetto che si determina é duplice: aumento della capacità di indebitamento (finanziariamente sostenibile) e diminuzione dei costi del dissesto (in caso di congiuntura sfavorevole). Entrambi i fenomeni portano ad una crescita del valore dell’impresa, in seguito ai benefici fiscali collegati. Tuttavia, dati i costi addizionali e la complessità dell’operazione -effettuabile anche tramite contratti derivati-, suggeriscono di effettuare una attenta analisi differenziale di convenienza. E’ possibile, infatti, che imprese non esposte a rischi specifici nel lungo periodo e dai flussi di cassa non soggetti a forti fluttuazioni nel lungo periodo,[13] non trovino alcun giovamento.
E’ sempre una buona regola, in finanza d’azienda, scegliere la forma di finanziamento non guardandosi attorno, vedendo cosa fanno gli altri, ma osservare sè stessi, e disegnare la struttura dell’operazione come un vestito su misura!
i[1] Negli Stati Uniti, il mercato delle asset backed securities ha superato per volumi il mercato delle obbligazioni corporate e quello dei titoli di Stato (Cfr. R.Tasca in “Il Sole24Ore” del 24/12/1999, pg.33). In Europa, per contro, si é ancora agli stadi iniziali: il volume nel 1998 é stato di 40 miliardi di dollari, e per il 1999 sono previsti 60 miliardi di dollari. Fonte: Milano Finanza, 16/10/1999, pag.32.
i[2] Nel Regno Unito, la Bankers Trust ha raccolto 300 milioni di sterline garantite dalla vendita di birra nei pub della Pubmaster, società oggetto di un management buy out.
i[3] Per contro, é da sottolineare come la stessa riforma fiscale abbia posto fine alla pratica di numerose piccole e medie imprese di camuffare aumenti di capitale tramite l’emissione di obbligazioni sottoscritte dagli stessi azionisti, godendo allo stesso tempo di un regime fiscale migliore. Oggi, infatti, per le società non quotate, é prevista una ritenuta del 27% se il rendimento delle obbligazioni supera il TUS aumentato di 2/3 - se i titoli sono negoziati in mercati regolamentati italiani o collocati tramite offerta al pubblico- o di 1/3, negli altri casi.
i[4] In genere, sono gli ex Istituti di Credito Speciale che ricorrono a tali strumenti, sia perché non hanno una raccolta a breve, sia perché cercano di minimizzare il costo del funding sganciandosi dall’andamento dei tassi di interesse (anzi, vale proprio il contrario: se i tassi dovessero salire, il mercato azionario ne risente assai maggiormente).
i[5] Prestito obbligazionario 1999-2004, codice ISIN IT0001378204.
i[6] In realtà, la situazione é un po’ più complessa, sia per effetto delle norme tributarie, sia per quanto riguarda la politica di “composizione del passivo” di impresa. In particolare, in Italia si sono susseguiti numerosi interventi normativi di natura fiscale che hanno contribuito in maniera differente sulle struttura ottimale del Passivo. Per un approccio generale, si veda: M.Regalli, Le scelte di tipo finanziario nelle piccole e medie imprese: la politica dei dividendi, AF, n.34, 1999. Sulla DIT, si veda: G.Tagliavini - M.Regalli, Come ottimizzare la DIT, Amministrazione e Finanza, n.3, 1998.
i[7] Altman distingue due categorie: i costi indiretti e i costi diretti. Cfr.: E.I.Altman, A further Empirical Investigation of the bankruptcy Cost Question, Journal of Finance, Sept. 1984.
i[8] Si può infatti parlare di obbligazioni “debt/equity” perché il titolo di debito incorpora una parte del rischio di impresa.
i[9] Nel giugno 1997 la USAA Insurance Company fece un’emissione obbligazionaria di 477 milioni di dollari, tutelandosi dal rischio che un uragano colpisse la costa Est entro il giugno ‘98 e che causasse danni per più di un miliardo di dollari. Vi erano due classi di titoli: la prima, nel caso si fossero verificate tali condizioni disastrose, prevedeva un rimborso inferiore del capitale; la seconda, prevedeva la sospensione del pagamento degli interessi. L’investitore, per contro, poteva contare su una maggiorazione del tasso di interesse del 1,5%, nel primo caso, e del 0,5%, nel secondo. Si veda: Marc Hochstein and Ross A. Snel, Dow Jones Newswires, 1/12/1997, New York.
i[10] Emissione di 1.400 obbligazioni dal valore nominale di 2.500 Euro, per un importo complessivo di 3.500.000 Euro. Codice ISIN IT0001387023.
i[11] Nel campionato di calcio 1999-2000 la Sampdoria é stata retrocessa in serie B, con evidenti diminuzioni di incassi dagli spettatori, introiti pubblicitari, merchandising, ecc.
i[12] Utilizzando i noti multipli come il price earnings, price su book value, net asset value, price su cash flow e altri, a seconda del tipo di azienda.
i[13] Il settore delle utilities, per esempio.
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