Materie: | Tema |
Categoria: | Psicologia |
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Data: | 17.06.2009 |
Numero di pagine: | 5 |
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FRANCESCO PANIZZON 5°A 02/06/2009
L’invecchiamento comporta cambiamenti importanti sul piano fisico, psichico e sociale, che, in base a come vengono vissuti possono portare ad una situazione di benessere o di malessere psicologico, dove per malessere si intende una situazione di sofferenza interiore dovuta al mancato soddisfacimento di un bisogno.
I cambiamenti fisici della senescenza, compromettono la funzionalità di molti organi e a lungo andare possono portare a patologie o essere causa della perdita di autosufficienza.
Le modificazioni che maggiormente possono minare il benessere psicologico dell’anziano sono le modificazioni a carico dell’apparato tegumentario. I capelli si diradano e diventano bianchi e a causa della perdita di elasticità della cute, appaiono le rughe. Nell’età anziana il rapporto con il corpo diventa ambivalente, di lui ci si prende cura, ma al tempo stesso questo incute paure e timori come la paura della morte o della malattia. Questo perché è il corpo il segnale più evidente del processo di invecchiamento, in alcuni casi l’anziano può arrivare al rifiuto del cambiamento, mettendo in atto comportamenti giovanilistici nel modo di vestire e comportarsi, oppure con interventi chirurgici e cure estetiche quali ad esempio botulino e lifting. In ogni caso il rapporto con il corpo e con la vecchiaia cambia da persona a persona e dipende da una serie di variabili quali l’alimentazione, l’attività fisica, la presenza o meno di malattie, hobby e lavoro.
Il sentirsi anziani quindi non è legato ad un’età, è soggettivo; un’ottantenne può sentirsi ancora giovane mentre un sessantenne con uno stato di salute precario può sentirsi anziano. Lo stato di salute è quindi un fattore che può portare al malessere psicologico, soprattutto malattie altamente invalidanti come ictus o emiplegie, o malattie croniche come il diabete, causa di un elevato livello di disabilità, cambiano la percezione di sé e modificano il livello di dipendenza della persona anziana. Può capitare inoltre che a causa dello stato di salute la persona anziana sia costretta a ricoveri ospedalieri più o meno lunghi, questi comportano forte disagio a causa della perdita di riferimenti relazionali e all’abbandono del contesto di vita.
Evento stressante soprattutto per gli uomini è il pensionamento, in quanto la perdita del ruolo lavorativo corrisponde spesso con la perdita di un ruolo sociale. Ciò costringe l’anziano a riorganizzare il tempo libero e il proprio ruolo.
Causa di malessere possono essere anche le modificazioni famigliari. L’abbandono dei figli o la vedovanza comportano un cambiamento delle dinamiche famigliari e spesso anche l’affronto di un lutto.
Altre modificazioni che causano sofferenza sono le modificazioni abitative; soprattutto per motivi economici l’anziano può dovere affrontare un trasloco, ciò comporta anche la perdita di una rete di relazioni e amicizie con i vicini di casa.
Di fronte a tutti i cambiamenti che accorrono la persona anziana può attuare reazione di accettazione che porta al benessere oppure può attuare una reazione di non accettazione che porta ad un disadattamento.
La persona a questo punto può mettere in atto meccanismi di difesa quali negazione, rifiuto, collera, rabbia, disperazione o anche rassegnarsi ai cambiamenti e diventare passivo, fino al completo isolamento sociale.
Come vissuto interiore di sofferenza il malessere psicologico è visibile solo attraverso manifestazioni fisiche esteriori, rappresentate in questo caso da vere e proprie psicopatologie quali ansia e depressione.
L’ansia è una preoccupazione sproporzionata riguardo ad una situazione che comporta uno stato di grave sofferenza psicologica che perdura nel tempo, associato a compromissioni nella vita quotidiana e nelle relazioni.
Motivi d’ansia possono essere l’insorgenza di patologie che inducono disabilità, la percezione del proprio deterioramento , problemi economici, l’isolamento sociale. Una particolare forma d’ansia è l’ipocondria, patologia molto frequente nella senescenza, l’ansia in questo caso è dovuta ad una eccessiva preoccupazione riguardo la propria salute fisica.
Sintomi d’ansia sono: ansia e preoccupazione eccessiva prolungata nel tempo, difficoltà di memoria e concentrazione, tensione muscolare, agitazione, facile affaticabilità e disturbi del sonno.
La depressione invece può essere causata sia da cause esterne (lutti, malattie, precarietà economica, istituzionalizzazione), oppure le cause possono non essere definite. Nel primo caso si può intervenire direttamente sulla causa, mentre nel secondo caso la persona sente di avere un umore basso, di essere stanca, ma senza sapere il perché.
Nell’età anziana la depressione si caratterizza con diverse modalità: può causare il declino delle facoltà cognitive, con impoverimento del pensiero e del linguaggio oppure si può verificare un’accentuazione dei sintomi somatici come gastriti, cefalee.
Fattori di rischio sono situazioni che fanno vivere un senso di perdita, che inducono all’auto-svalutazione, o situazioni di stress psico-fisico. Per quanto riguarda i sintomi, questi si manifestano sia sul campo fisico sia su quello psichico. Per quanto riguarda la sfera fisica, abbiamo disturbi del sonno, dell’alimentazione e affaticamento eccessivo; per quanto riguarda il piano psichico abbiamo perdita di interesse per le attività quotidiane e incapacità di provare piacere, scarsa stima di sé, difficoltà di concentrazione, apatia e nei casi più gravi, pensieri di morte e tentativi di suicidio.
Nell’età anziana ansia e depressione spesso coesistono, si verifica allora la difficoltà ad operare una distinzione e risulta difficile capire quali siano i sintomi prevalenti. La differenza sostanziale tra ansia e depressione è che nella prima c’è sempre una richiesta d’aiuto, mentre nella depressione prevale la passività e non vi è richiesta d’aiuto.
Ruolo fondamentale nel caso in cui l’anziano sperimenti malessere psicologico riveste l’atteggiamento degli operatori, questi non devono essere invadenti, devono avere rispetto dell’altro e della sua privacy.
Relazione tipica all’interno dei contesti di servizi sociali è la relazione d’aiuto. La relazione d’aiuto è definita dagli psicologi dell’approccio umanistico-esistenziale una relazione caratterizzata dal fatto che uno dei partecipanti cerchi di favorire una valorizzazione delle risorse personali del soggetto e una sua maggiore possibilità di espressione.
Chi vuole porsi nel ruolo di helper e cioè, chi è portatore di aiuto, deve essere in grado di mettere in atto una relazione in modo consapevole, intenzionale, finalizzata ad attivare le risorse d’aiuto. Sempre secondo i teorici dell’approccio umanistico-esistenziale il rapporto tra helper e cliente deve essere caratterizzato dalle condizioni di autenticità, empatia e accettazione incondizionata, questa è la condizione necessaria perché la persona possa attivare un processo di crescita, processo che comporta una chiarificazione della propria situazione, una reinterpretazione, mettendo in evidenza aspetti che prima erano sullo sfondo e l’assunzione di responsabilità rispetto la propria situazione. Questa tecnica prevede degli elementi fondamentali, quali la presenza di un contatto psicologico, l’helper deve attivare un ascolto attivo, deve comprendere le idee dell’altro e riassumerle al suo posto, l’helper deve avere una buona conoscenza delle sue dinamiche emotive e delle sue capacità di gestirle, deve essere in grado di analizzare se stesso. Le finalità della relazione d’aiuto sono portare la persona ad accettare la responsabilità della propria condotta e gli esiti della propria vita, aiutarla nella ricerca del suo vero sé e ad assumersi una responsabilità sociale e infine aiutarla a trasformare i momenti distruttivi in momenti di crescita personale.
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