Il superuomo

Materie:Tesina
Categoria:Multidisciplinare

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Testo

IL SUPERUOMO
Dal messaggio originario del suo creatore ai vari fraintendimenti
Di Giuseppe C.
Percorso umanistico esame di stato anno scolastico 2001/2002
Liceo Scientifico
INDICE
INTRODUZIONE
Parte prima
La nascita del Superuomo
Parte seconda
Come Hitler interpretò e strumentalizzò la figura del Superuomo
Parte terza
Come D’Annunzio fraintese il Superuomo
Parte quarta
George B. Shaw and the principle of The Life Force
Parte quinta
Nietzsche e Darwin
Conclusioni
INTRODUZIONE
“Conosco la mia sorte. Si legherà un giorno al mio nome il ricordo di una crisi, come non ce ne fu un’altra simile sulla terra… Io non sono un uomo, sono una dinamite… sono necessariamente pure un uomo del destino”
F. Nietzsche
(Ecce homo)
A circa cent’anni dalla morte di Nietzsche, il suo pensiero continua a d essere frainteso, rivisitato, discusso come se fosse difficile posizionarlo in modo pacifico all’interno della cornice classica della storia della filosofia. Seppure letto, amato e odiato anche dalla massa, quella massa da cui Nietzsche aveva preso le distanze – la sua filosofia è del resto per tutti e per nessuno –perché il gioco dell’interpretazione coinvolge tutti, senza che nessuno possa tuttavia rivendicare il possesso dell’unico “vero” e “definitivo”senso del testo ,l’intero suo pensiero è ancor lontano dall’essere assimilato, digerito e omologato.
Piuttosto ci si serve dei suoi aforismi e dei suoi libri come se fossero una sorta di baedeker, sfruttando or l’una or l’altra sua frase a seconda di quella che risulta più conveniente al contesto intorno a cui si discute, e non si coglie –forse perché così si preferisce – l’intima coerenza che rivela quello che a Nietzsche sembrava una della migliori virtù dell’uomo greco e rinascimentale: l’onestà. Nietzsche è forse il miglior interprete della fine di un mondo e del bisogno di rinnovamento di tutta un’epoca: profeta insieme della decadenza e della rinascita,dà origine alle interpretazioni più discordi,che si sono tradotte nelle influenze più diverse.
Riguardo alla sua idea di SUPERUOMO, inteso come giusto trionfatore di una massa di deboli o schiavi,va senza dubbio rivisitata. Sebbene fu l’iniziatore di un processo di sviluppo di una civiltà e di un idea dell’uomo radicalmente rinnovate, Nietzsche non fu mai l’estensore di un vangelo della violenza.
Di certo si tratta di uno scrittore asistematico e fortemente originale. Forse anche per questo motivo che nella sua opera rimane costante una certa ambiguità di fondo, anche di tipo socio-politica, che ha permesso lo sviluppo di contrastanti strumentalizzazioni politiche. Il filosofo infatti non ha mai specificato espressamente chi sia il soggetto della volontà di potenza: il Superuomo.
Ecco allora come molti lo identificano in un’umanità che vive in modo libero e creativo,mentre molti altri lo limitano ad un’élite,che esercita la sua volontà di potenza non solo nei riguardi della caoticità del mondo,ma anche verso il prossimo; la stessa sorella Elisabeth operò una ricostruzione sistematica delle sue idee,che fu largamente responsabile delle interpretazioni naziste.
Parte prima
LA NASCITA DEL SUPERUOMO
“Io vi insegno il superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato”
F. Nietzsche
(Così parlò Zarathustra)
“Io vi insegno il Superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che cosa avete fatto voi per superarlo? Tutti gli esseri hanno sempre creato qualcosa al di sopra di sé: e voi volete essere il riflusso di questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che andare avanti e oltrepassare l’uomo?
Che cos’è per l’uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa. Avete percorso il cammino dal verme all’uomo, e troppo in voi ha ancora del verme. In passato foste scimmie, e ancor oggi l’uomo è più scimmia di qualsiasi scimmia. E il più saggio tra voi non è altro che un’ibrida disarmonia di pianta e spettro. Voglio forse che diventiate uno spettro o una pianta?
Ecco, io vi insegno il superuomo!
Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra volontà: Sia il superuomo il senso della terra!
Vi scongiuro, fratelli, rimanete fedeli alla terra e non credete a coloro che vi parlano di ultraterrene speranze! […]
L’uomo è un cavo teso tra la bestia e il superuomo, - un cavo al di sopra dell’abisso.
Un passaggio pericoloso, un pericoloso essere in cammino, un pericoloso guardarsi indietro e un pericoloso rabbrividire e fermarsi. La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto.
[…]
E il grande meriggio è: quando l’uomo sta al centro del suo cammino tra l’animale e il superuomo, e celebra il suo avviarsi alla sera come la sua speranza più elevata: giacché quella è la via verso un nuovo mattino. Allora chi tramonta benedirà se stesso, come uno che passa all’altra sponda; e il sole della sua conoscenza sarà per lui nel meriggio.
«Morti sono tutti gli dei; ora vogliamo che il superuomo viva» - questa sia un giorno, nel grande meriggio, la nostra ultima volontà! – […]
Ci devono essere molti superuomini: ogni bontà si sviluppa solo tra pari. Un solo dio sarebbe sempre un diavolo! Una razza dominante. Per «i signori della terra» “.
Questi sono frammenti del pensiero filosofico originario di Nietzsche. Da questi versi sono nate le interpretazioni più variopinte e distorte.
In effetti, come possiamo realmente vedere, nell’annunciare il superuomo, Nietzsche non dice come deve essere questo uomo nuovo. Possiamo ipotizzare allora che egli lo immagini come un individuo consapevole della propria eccezione, un artista-filosofo, critico e creatore di valori nuovi, inattuale, più sensibile e intelligente, con virtù greche e rinascimentali quali l’onestà, la fierezza, il coraggio, la temperanza, l’amore per la libertà, più naturale, ingenuo, sincero, istintivo, che ha rifiutato fino in fondo la morale cristiana e la massificazione.
Il termine Superuomo sta a significare dunque un tipo d’uomo benriuscito al massimo grado, che si contrappone all’uomo moderno, o per dirla alla Nietzsche, all’ “ultimo uomo”.
Chi è dunque il Superuomo? All’interno dello Zarathustra e nelle opere successive, la sua figura oscilla tra quella della “bella individualità” di origine umanistica e quella dell’avventuriero, che è spinto da un impulso più distruttivo che costruttivo. Nei discorsi di Zarathustra, il superuomo appare una figura luminosa: è l’uomo che dona la virtù, che vive il meriggio come l’ora della felicità e della compiutezza del mondo; egli è l’eroe affermatore per eccellenza: in lui c’è una disposizione dionisiaca verso la vita che lo pone al centro del mondo e tuttavia lo mette in grado di assumere su di sé il peso delle contraddizioni della vita. Il superuomo è colui che conosce la verità, sa che Dio è morto e che ormai non bisogna più riporre speranze in un al di là, che non esiste perché Dio stesso non esiste più, anzi si è rivelato come “la nostra più lunga menzogna”. Dio è morto per mano nostra, dell’umanità, che ormai è caduta in una crisi mortale con l’irruzione del nichilismo nel mondo moderno, ossia il fatto che l’insieme degli ideali e dei valori su cui, anche grazie al cristianesimo, la civiltà europea ha costruito per secoli la propria regola di comportamento tradisce ora il nulla che ne era il fondamento nascosto. Oltre gli uomini allora c’è solo il nulla. Per questo motivo, l’unica realtà a cui bisogna rimanere fedeli è la terra; ad essa la nuova umanità deve far ritorno ed esservi fedele, rifiutando l’estrema illusione di una speranza sovraterrena. Ecco allora come il superuomo si rivolge alla terra con lo stesso fervore con cui gli uomini si sono sempre rivolti al mondo divino. Non dunque il superuomo, al posto di Dio, bensì la terra. Dice Zarathustra : “Un tempo peccare contro Dio era il massimo sacrilegio, oggi peccare contro la terra, questa è la cosa più orribile”. Pertanto il superuomo è innanzitutto l’uomo di questo mondo, che sa dire di sì alla vita, sapendo che non c’è nulla al di là di essa.
Il superuomo dunque è senza morale, in quanto “precristiano”: contrapposto al crocifisso sta per Nietzsche ancora “Dioniso” che rappresenta l’energia tumultuosa che trasforma tutto in affermazione. Nietzsche sa che il superuomo verrà tacciato di immoralismo; non dubita che i buoni e i giusti lo chiamerebbero diavolo, ma essi sono tuttavia incapaci di capire che all’uomo superiore possano essere concesse anche la malvagità e l’azione terribile “se esse servono a fare del deserto della vita una contrada ubertosa e fertile”. Alcuni nel corso della storia hanno messo in pratica punto per punto queste parole, la malvagità e le azioni terribili sono state davvero messe in atto (eccome se lo sono state!), in una misura che forse Nietzsche non avrebbe mai immaginato, pensando, a loro modo, di realizzare davvero quella contrada ubertosa e fertile di cui il filosofo parlava.
Parte seconda
COME HITLER INTERPRETÒ E STRUMENTALIZZÒ LA FIGURA DEL SUPERUOMO
“Nei singoli la follia è una rarità: ma nei gruppi, nei partiti, nei popoli, nelle epoche è la regola”
F. Nietzsche
(Al di là del bene e del male)
Hitler, per ottenere il massimo dalla sua propaganda politica, riuscì, tramite abili manipolazioni, a fare in modo che il suo pensiero, le sue folli convinzioni, avessero dei nobili precedenti nelle menti superiori dei più grandi filosofi tedeschi. Per questo motivo nel suo libro, il Mein Kampf, si trovano numerose citazioni falsate e manipolate dei più grandi filosofi tedeschi, tra i quali spiccano Fichte, Hegel e Nietzsche. Soprattutto quest’ultimo fu quello che venne strumentalizzato maggiormente.
Molto spesso i suoi testi erano particolarmente ambigui, e l’aggiunta di qualche parola in determinati punti poteva totalmente stravolgere il significato delle sue parole. Fu proprio questo quello che si fece per la propaganda nazista. Hitler in questo lavoro fu aiutato dalla sorella di Nietzsche, Elizabeth, donna di notevole cultura e simpatizzante tanto di Hitler quanto delle sue ideologie naziste, la quale non ebbe grandi difficoltà a strumentalizzare le pagine del fratello per gli oscuri scopi del Fuhrer. Fu inoltre facilitata in questo compito dallo stato di pazzia in cui piombò Nietzsche negli ultimi anni della sua vita il quale, quindi, non poteva difendere il vero senso delle sue parole. Nel Superuomo, la propaganda nazista riconosceva l’uomo ariano, colui che avrebbe dovuto dominare le masse di deboli, a lui inferiori. Così, in “Così parlò Zarathustra” si ritrovano riferimenti che esaltano alla guerra: “Dovete amare la pace come mezzo per una nuova guerra, e la pace breve più di quella lunga… la guerra e il coraggio hanno compiuto azioni più grandi della carità”; mentre nella “Volontà di Potenza” si legge di una nuova razza che si stava formando, facendo riferimento al superuomo. Hitler si identifica ampiamente in questo superuomo, che si eleva al di sopra degli uomini e che, seguito da un’élite di uomini sarebbe diventato il padrone della terra.
In seguito a queste considerazioni, vi sono alcuni che hanno considerato Nietzsche come ispiratore di un superuomo che Hitler applicò con ferocia, o addirittura come un anticipatore della dottrina della razza ariana, ma egli non è mai stato nulla di tutto ciò. In primo luogo Nietzsche morì nel 1900 e non poteva affatto prevedere l’avvento di un individuo come Hitler, né tantomeno che sua sorella stravolgesse i suoi scritti in favore di Hitler stesso.
Dunque il superamento dell’equivoco Nietzsche-Hitler è fondamentale per ridare quanto di dovuto ad un filosofo di tale ingegno. Per superare l’equivoco occorre capire che Nietzsche non ipotizzò mai un Superuomo inteso come “uomo super” che soggiogasse gli altri: egli ipotizzava al contrario un “uomo superiore” che riuscisse a divincolarsi dalla sua condizione di fragilità terrena, per concorrere a formare una società migliore, fatta di uomini “superiori”, scevri dalle bassezze cui solo gli uomini comuni sono capaci.
È in questo senso allora che allo scopo di fugare errate interpretazioni, viziate da pregiudizi, lo studioso italiano Gianni Vattimo si è utilmente impegnato per tradurre il termine tedesco Ubermensch (il cui prefisso avverbiale uber significa sia sopra sia oltre) con “Oltreuomo”.
Il Nazionalsocialismo al potere in Germania
Il governo formato in Germania all’inizio del 1933 sotto la giuda di Hitler fu un governo di coalizione in cui i nazisti disponevano soltanto di tre ministri su undici.
Hitler però mirava ad accentrare tutto il potere nelle sue mani, e per far ciò aveva bisogno di nuove elezioni che gli dessero la maggioranza assoluta. Automaticamente scattò in azione la macchina della propaganda nazista, affiancata da quella repressiva. Hermann Goring, esponente di spicco del nazismo e ministro del Reich nel governo Hitler, fece della polizia un vero e proprio strumento nelle mani del partito; inoltre accanto alla polizia tradizionale, creò una polizia ausiliaria formata da membri delle SA e SS. Durante la notte del 27 febbraio 1933, in piena campagna elettorale, fu appiccato un incendio doloso alla sede del parlamento. Immediatamente e senza prove, furono incolpati i comunisti. Questo offrì il pretesto per una vasta repressione anticomunista e il partito venne messo fuori legge. Fu così che nel 14 luglio il partito nazionalsocialista fu dichiarato l’unico partito legittimo in Germania, dopo che qualche mese prima (aprile 1933) era stata creata la Polizia segreta di stato, Gestapo (Geheime Staats – Polizei), a cui si affianco l’anno seguente, come strumento di repressione, la Suprema corte popolare per i casi di tradimento.
Nel luglio del 1933 un concordato con la chiesa cattolica, procurò al regime l’acquiescenza degli ambienti cattolici; a questo punto Hitler aveva bisogno di tagliare un altro traguardo: assumere insieme alla carica di cancelliere quella di capo dello Stato. A questo scopo aveva bisogno dell’appoggio degli ambienti industriali e di quelli militari. Questi ultimi però rivendicavano la propria autonomia dal potere politico, oltre che il rispetto della tradizionale disciplina, lontana dal modello estremistico e rissoso delle SA. Fu così che Hitler doveva liberarsi di queste, e lo fece a suo modo, ovvero durante la notte del 30 giugno 1934 – ricordata come la notte dei lunghi coltelli - reparti delle SS assassinarono gli uomini delle SA. Hitler ottenne l’appoggio dei militari, e con la morte di Hindenburg (2 agosto), poté accumulare le cariche nelle sue mani. Come capo dell’esercito, da quel momento ricevette il giuramento di fedeltà dei soldati, finché nel 1938 assunse direttamente il comando militare, assommando nelle sue mani nello stesso tempo le funzioni di capo dello Stato e del governo, capo del partito e capo dell’esercito. L’alleanza fra nazismo, potere economico e potere militare, costituì la base del nuovo stato Hitleriano, che prese il nome di Terzo Reich.
Nel 1935 le leggi di Norimberga sancirono le discriminazione razziale già in atto: gli ebrei furono privati dei diritti politico-civili; vennero proibiti i matrimoni misti fra i soggetti di razza “inferiore”e quelli appartenenti alla razza “ariana”. Nel 1938 un diplomatico tedesco fu ucciso a Parigi in segno di protesta contro l’antisemitismo del Reich. L’episodio scatenò come risposta un vasto pogrom che portò alla devastazione di case, negozi, proprietà, durante la notte fra l’8 e il 9 novembre 1938 – ricordata come la notte dei cristalli –vi furono moltissimi morti e migliaia di persone arrestate. Il regime hitleriano si impose senza significative resistenze e il consenso in suo favore fu altissimo; il paese, che aveva vissuto con senso di frustrazione la sconfitta e le sue conseguenze, accolse con favore il riacquistato prestigio della Germania,e con esso, il suo artefice.
Parte terza
COME D’ANNUNZIO FRAINTESE IL SUPERUOMO
“Questa è interpretazione, non testo”
F. Nietzsche
(Al di là del bene e del male)
In Italia Nietzsche divenne oggetto dell’interpretazione estetizzante di Gabriele D’Annunzio. Egli,nella sua fase superomistica, è profondamente influenzato dal pensiero del filosofo, seppur forzando entro un proprio sistema di concezioni,le sue idee. Dà molto rilievo al rifiuto del conformismo borghese e dei principi egualitari,all’esaltazione dello spirito “dionisiaco” e dello spirito della lotta e dell’affermazione di sé.
È in questo modo,dunque, che D’Annunzio giunge a vagheggiare l’affermazione di una nuova aristocrazia che si elevi al di sopra della massa comune attraverso il culto del bello e della vita attiva ed eroica. Per D’Annunzio, infatti, devono esistere alcune èlite che hanno il diritto di affermare se stesse,le quali, elevandosi al di sopra della massa devono spingere per una nuova politica dello Stato italiano,una politica di dominio sul mondo, verso nuovi domini imperiali.
La figura dannunziana del superuomo è, comunque, uno sviluppo di quella precedente dell’esteta, la ingloba e le conferisce una funzione diversa, nuova; l’estetismo non è più solo rifiuto sdegnoso della società, ma si trasforma nello strumento di una volontà di dominio sulla realtà. D’Annunzio applica, in modo personale, le idee di Nietzsche alla situazione politica italiana. Ne parla per la prima volta in un articolo “La bestia elettiva”,del ’92, e presenta il filosofo di Zarathustra come il modello del rivoluzionario aristocratico, il maestro di un uomo “libero”, più forte delle cose (“forza che si governa,libertà che si afferma”).
GABRIELE D’ANNUNZIO
Cenni Biografici
Gabriele D’annunzio interpretò la componente estetizzante e superomistica della poetica decadente. Con i suoi numerosi amori, la passione per il fasto e il lusso, le gesta clamorose, in cui si insediano la partecipazione alla prima guerra mondiale accompagnata dall’eroica impresa di Fiume; egli infatti volle costruire la sua vita come un’opera d’arte e la visse come un’avventura entusiasmante, infatti la sua vita e la sua opera furono strettamente complementari, quasi un’unica realtà.
Nacque a Pescara nel 1863 da una famiglia borghese di modeste origini. Esordì giovanissimo come poeta, dopodiché si dedicò al giornalismo e alla letteratura. Visse a Parigi, Napoli, Firenze, Venezia, un’intensa vita mondana fatta di successi, avventure e amori. Allo scoppiare della I Guerra Mondiale, fu un deciso interventista e partecipò attivamente al conflitto, segnalandosi per alcune imprese audaci come il volo di Vienna e l’occupazione militare di Fiume tra il 1919 e il 1920. Finì i suoi anni a Gardone, sul lago di Garda, dove morì nel 1938.
Il pensiero
Dal punto di vista culturale , D’Annunzio assimila le contemporanee esperienze d’oltralpe –parnassiani, simbolisti –che risultano più in linea con le sue aspirazioni. Poi, forte di queste esperienze, muove alla ricerca di un sistema ideologico e filosofico entro cui inserire la propria concezione esistenziale. Lo scrittore si accosta così al mito nietzschiano del Superuomo, ma, trasceglie, non senza “fraintendimenti e deformazioni”, solo alcuni aspetti del pensiero di Nietzsche, ossia quelli che meglio si adattano alla sua personalità.
D’Annunzio finì allora col privilegiare gli aspetti che gli permettevano di giustificare l’alto concetto che egli nutriva di sé in quanto artista e dell’artista in genere. Per questi motivi, egli fece suo del pensiero di Nietzsche il principio della completa libertà d’azione dell’uomo superiore, il quale è sempre, in ogni suo atto, al di là di ogni possibile giudizio.
Successivamente, a questa assimilazione personale ed estetica del pensiero nietzschiano, il poeta fece seguire un’interpretazione di essi più propriamente legata a motivi politici e sociali: scoprì e fece propria la polemica antidemocratica e antiparlamentare, insieme all’esaltazione della violenza e della guerra. Con ciò, aderendo “a suo modo”all’ideologia nietzschiana e a suo modo interpretandola, D’annunzio andava ancora una volta incontro alle aspettative del pubblico al quale indirizzava le sue opere.
Dunque l’incontro –tra il 1892 e il 1893- di D’annunzio con i testi del filosofo Nietzsche,fu decisivo e influì in modo centrale sull’attività artistica dannunziana.
Il primo prodotto artistico ispirato all’etica del Superuomo è il romanzo “Trionfo della morte”, pubblicato nel 1894, anche se in esso i tratti superumani del protagonista,Giorgio Aurispa, appaiono mediati da una sorta di esasperazione sessuale e sadica.
Più maturo è invece il romanzo successivo “Le vergini delle rocce”: nell’opera il protagonista Gladio Cantelmo incarna in modo organico il tipo del superuomo ed espone compiutamente le sue tesi antidemocratiche e ultrareazionarie.
Anche il suo teatro risulta caratterizzato da argomenti inconsueti, da “personaggi eroici ed eccezionali”. Nelle opere di questi anni – La città morta, La Gioconda, La Gloria - è tutto un succedersi di stragi, atti di lussuria, gesti di ferocia con cui un individuo d’eccezione cerca di affermare la sua superiorità. Il mito del Superuomo, doveva però trovare una sua più coerente e compiuta forma non nelle opere teatrali, bensì in un nuovo romanzo “Il Fuoco”, che vide luce nel 1900.
In questo romanzo si celebra e si esalta un superuomo che ha ferma coscienza delle sue prerogative e dei suoi diritti di individuo eccezionale, che si vede riconosciuto come tale anche dagli uomini comuni, i quali si sottomettono a lui e alla sua volontà. Il protagonista Stelio Effrena è un superuomo-artista; come tale egli si è posto al centro dell’universo ed è convinto che tutto e tutti siano a lui subordinati, sia allo scopo di procurargli una vita fatta di gioia, sia a quello di permettergli di creare un’opera d’arte superiore da cui possa uscire un grandioso motivo di trionfo, oltre che per l’artista, per la stirpe latina.
Il romanzo presenta anche importanti novità strutturali, poiché il D’Annunzio, liberatosi dall’esigenza di raccontare una storia, dissolve la struttura tradizionale del romanzo e, ora il narratore si limita a disporre l’uno accanto all’altro i vari episodi.
Nell’arte come nella vita, le tensione superomistica è prevalente, ma si scandisce in due fasi: la prima è caratterizzata da un’effusa “sfrenatezza” e si conclude con il poema autobiografico Laus Vitae, in Maia (1903), che è la trasposizione sul piano concretamente poetico dei motivi volontaristici sparsi nei romanzi (Le vergini delle rocce; Il Fuoco) e nelle tragedie (La città morta; La Gioconda; La gloria). Nella seconda fase, durante e dopo l’esilio in Francia, prevale un superuomo che “ricorda e del ricordo fa arte”. È la resa e la negazione del superuomo. Un atteggiamento che si riflette in alcune opere di teatro (Più che l’amore; Fedra) e di narrativa (Forse che si, forse che no; La leda senza cigno; Notturno).
In mezzo a queste due fasi, tra questi due momenti conflittuali, c’è la grande tregua di Alcyone, il capolavoro della poesia dannunziana. Qui cadono le intrusioni volitive e il canto si libera in pura mistica sensuale. Una poesia compiutamente decadente perché fatta solo di sensazioni e di atmosfera, in totale assenza di costruzione, di contenuti, di centri logici. Le punte più alte di questa lirica alcynoniana sono nella Sera fiesolana, Bocca d’Arno, Pioggia nel pineto, Stirpi canore.
Laus Vitae
Maia è cronologicamente l’ultimo dei tre libri delle Laudi, ma fu pubblicato per primo. In esso campeggia l’ideologia superomistica, non solo nei due componimenti premiali dedicati a Ulisse e Pan, ma soprattutto nella Laus Vitae.
La Laus Vitae è una celebrazione entusiasta del Superuomo che vive fino in fondo il suo sfrenato desiderio di conoscenza e di dominio e, nel contempo, una esaltazione entusiastica della vita e della poesia. Dal punto di vista formale il poema è caratterizzato soprattutto dall’adozione del verso libero, un verso svincolato da qualsiasi schema, che, modulato in un gioco infinito di rime, assonanze e richiami musicali, crea un libero fluire di suoni.
La lode della vita
da Laus Vitae, in Maia, 1903
- La vita è un dono prezioso e il poeta l’ha vissuta e la vive con entusiasmo e con dedizione assoluta. Assetato di sensazioni e di emozioni sempre nuove, non si è negato a nessuna esperienza: ha preso tutto ciò che la vita gli ha offerto, senza scegliere, per non perdere nulla, e si è cimentato in ogni sorta di impresa.
- L’orgogliosa celebrazione della propria vita da parte del poeta è in linea con l’ideologia, o il mito, molto diffusi in Europa intorno alla fine del secolo XIX, del superuomo di Friedrich Nietzsche. Dei molteplici aspetti di tale mito, D’Annunzio fa suo e incarna quello dell’eroe, che, nella crisi di ogni valore, si eleva al di sopra dei mediocri e realizza i suoi istinti al di là di ogni norma.
- Dal punto di vista della forma, il brano è caratterizzato dalla presenza di una serie di espedienti retorici tipici dell’intero poema e tutti volti a enfatizzare il tono del discorso e ad accelerare, a effetto, il ritmo dei versi. Così, in un libero fluire di versi e in un libero gioco di rime e assonanze che tramano tutte le strofe riecheggiandosi anche da lontano, singoli vocaboli o interi nessi sono ripresi in punti diversi del componimento e gli enjambements rompono gli schemi metrici usuali. Inoltre, e soprattutto, a riprodurre l’entusiasmo e lo slancio vitalistico del poeta, lunghe serie enumerative si susseguono nelle strofe con ritmo incalzante ( «Vigile a… Intenta a… Sempre in… sempre in… pronta a… pronta a…»).
Nessuna cosa
mi fu aliena;
nessuna mi sarà
mai, mentre comprendo.
Laudata sii, Diversità
delle creature, sirena
del mondo! Talor non elessi
perché parsemi che eleggendo
io t’escludessi,
o Diversità, meraviglia
sempiterna, e che la rosa
bianca e la vermiglia
fosser dovute entrambe
alla mia brama,
e tutte le pasture
co’ lor sapori,
tutte le cose pure e impure
ai miei amori;
però ch’io son colui che t’ama,
o Diversità, sirena
del mondo, io son colui che t’ama.
Vigile a ogni soffio,
intenta a ogni baleno,
sempre in ascolto,
sempre in attesa,
pronta a ghermire,
pronta a donare,
pregna di veleno
o di balsamo, tòrta
nelle sue spire
possenti o tesa
come un arco, dietro la porta
angusta o sul limitare
dell’immensa foresta,
ovunque,giorno e notte,
al sereno e alla tempesta,
in ogni luogo, in ogni evento,
la mia anima visse
come diecimila!
È curva la Mira che fila,
poi che d’oro e di ferro pesa
lo stame come quel d’Ulisse.
Tutto fu ambito
e tutto fu tentato.
Ah perché non è infinito
Come il desiderio, il potere
umano? Ogni gesto
armonioso e rude
mi fu d’esempio;
ogni artista mi piacque,
mi sedusse ogni dottrina,
m’attrasse ogni lavoro.
Invidiai l’uomo
che erige un tempio
e l’uomo che aggioga un toro,
e colui che trae dall’antica
forza dell’acque
le forze novelle,
e colui che distingue
i corsi delle stelle,
e colui che nei muti
segni ode sonar le lingue
dei regni perduti.
Tutto fu ambito
e tutto fu tentato.
Quel che non fu fatto
io lo sognai;
e tanto era l’ardore
che il sogno eguagliò l’atto.
Parte quarta
GEORGE BERNARD SHAW AND THE PRINCIPLE OF THE LIFE FORCE
“Not necessity, not desire—no, the love of power is the demon of men. Let them have everything—health, food, a place to live, entertainment—they are and remain unhappy and low-spirited: for the demon waits and waits and will be satisfied.”
F. Nietzsche
George Bernard Shaw was a leading figure in British drama for over fifty years. He was born in Dublin in 1856, into a family with aristocratic connections but in steady decline because of his father's alcoholism. At the age of sixteen the family's poverty, which was a source of great frustration to him, obliged him to take a job in an office. At the age of twenty he followed his mother to London. Working as a journalist he earned a living in London. He was interested beside literature in music and in art and theatre criticism. His first literary works - novels serialized in magazines - were a failure. He then turned to the theatre. He wanted to emulate the achievement of Henrik Ibsen, the Norwegian dramatist. Ibsen's plays, which exposed the hypocrisy and corruption of the middle class, convinced him that art was "the most effective instrument of moral propaganda". Shaw used the theatre as a propaganda device: platform from which to declaim against the social evils of his time. This is clear in “plays unpleasant”.
He was interest about socialism. He became one of members of the Fabian society, a group founded by Sidney Webb which believed in a non/revolutionary form of socialism whose aim was to change society from capitalist to socialist by reform and the gradual spreading of ideas. He was very active in its work and wrote a number of essays about it.
Shaw’s discipline of the superman comes from the German philosopher Nietzsche, although he had his own views. For him good would not tolerate that man should go on with his cruelty, corruption and so on, and his theme he illustrated through ever sentence of his life, from politic and social conditions and religion, to education and international affairs. For him is important the life force that is stronger in woman and it’s driven by a creative will. We can see the life force in “ You Never Can Tell” and in “Man and Superman”, in which he further expounds this theory.
The Life Force is a principle that governs the universe and allows for the continuation of the species, but it can only lead to the destruction of mankind and the formation of a kind of superman if it is not accompanied by a rational organization of society. In his own preface to this play he expressed his conviction that contemporary man’s desire to be rich and contemporary woman’s desire to be married would only contribute to all social evils like poverty, prostitution, etc. if there were no rational social structure. Even if men are full of vitality, they have no future if they are not intelligent or inclined to socialism.
The hero of the play is Jack Tanner who tries to escape the amorous snares of Ann, who wants to marry him, in order to perfect his own spiritual fulfillment. In the end he is snared into marriage when he recognizes that the “Life Force” is in Ann, as the continuation and destiny of man is in her, and other women’s reproductive capacity.
In his following plays, collected as Back to Methusela, the Life Force is integrated by his theory on Creative Evolution.
Parte quinta
NIETZSCHE E DARWIN
“Vedo tutti i filosofi, vedo la scienza in ginocchio di fronte alla realtà di una lotta per l’esistenza inversa a quella insegnata dalla scuola di Darwin – cioè dappertutto vedo trionfare, vedo sopravvivere coloro che compromettono la vita… L’aspetto complessivo della vita non è lo stato di bisogno, lo stato di fame, bensì la ricchezza, l’opulenza, persino l’assurda dissipazione. Dove si lotta, si lotta per la potenza.”
F. Nietzsche

Nietzsche aveva previsto che il suo pensiero sarebbe stato frainteso e considerato come una specie di neodarwinismo, ma non ha potuto evitare che ciò accadesse.
Nel momento in cui egli afferma: “L’uomo è una corda tesa tra la bestia e il superuomo”, vuole spiegare che il suo Superuomo, dunque, sta al di là dell’uomo del presente, come quest’ultimo sta al di là della scimmia. Queste formulazioni, sono state interpretate in chiave evoluzionistica e hanno fatto lungamente discutere. Esse hanno dato luogo ad interpretazioni fuorvianti che hanno trasformato il soggetto della volontà di potenza in una sorta di supereroe darwinianamente privilegiato.
Il passaggio dall’uomo al superuomo non è certo da intendersi come un’evoluzione in cui dall’homo sapiens si sviluppa una nuova razza di individui superiori. Nietzsche si trova allora, su molti punti distante dalle teorie evoluzionistiche; ma prima di mostrarne i differenti presupposti sarà utile ricordare brevemente i contenuti principali di queste ultime.
Nel 1800 Lamarck provò a spiegare come gli individui possono sopravvivere e adattarsi all’ambiente. La sua spiegazione era semplice: vi sono individui che, in base all’uso e al disuso degli organi, si adattano all’ambiente in cui vivono. Una talpa, ad esempio, che ha bisogno di scavare per trovare il cibo, svilupperà i muscoli delle zampe e atrofizzerà la vista in quanto non più necessaria sotto terra. Secondo Lamarck lo sviluppo o non degli organi viene poi ereditato dalle generazioni successive,e così l’animale si adatta nel corso delle generazioni all’ambiente in cui vive. L’eventuale cambiamento dell’ambiente costringe gli animali a riadattarsi e determina le differenti specie.
Darwin credeva nella teoria lamarckiana, ma nelle isole Galapagos trovò che in ambienti simili vi erano stesse specie di tartarughe, lievemente differenti tra un’isola e l’altra. Questo fatto non era spiegabile, perché secondo Lamarck, lo stesso ambiente avrebbe dovuto “creare”lo stesso tipo di tartarughe. Allora dedusse che la crescita demografica conduce da una parte ad una variabilità casuale intraspecifica e dall’altra spinge la popolazione ad una lotta per la sopravvivenza alimentare sia intraspecifica che interspecifica. In questo modo Darwin aveva posto le basi per la definizione della selezione naturale. Un elevato numero di “concorrenti” spinge gli individui a lottare per vivere: il tipo più “forte” o più “adatto” all’ambiente sopravvive.
Spencer ancora, connotò più di Darwin, l’evoluzionismo con un’ideologia “progressiva”, migliorativa. Infatti, secondo lui, attraverso questa lotta si “produce un tipo più elevato”, più intelligente, più evoluto, più forte e più sano. Spencer si riferiva anche all’uomo come vertice dell’evoluzione.
Partendo da queste considerazioni nasce il bisogno di portar fuori il vero messaggio di Nietzsche. Innanzitutto, il filosofo di Rocken non rifiuta il fatto che tra gli individui si dia lotta, semmai rifiuta l’idea che tale lotta conduca al meglio.
Quello che lo allontana maggiormente dall’evoluzionismo, e in particolare da Darwin, è il principio di conservazione. Infatti per Nietzsche “non vi è un istinto né di autoconservazione, né di conservazione della specie”, ma numerosi istinti, fra cui quello del piacere, che spingono l’individuo a ricercare il cibo e il sesso. La natura è dissipazione, caos, accrescimento; l’individuo vuole il piacere, il massimo godimento. Ogni entità vivente vuole soprattutto scatenare la sua forza – la vita stessa è volontà di potenza -: l’autoconservazione è soltanto una delle indirette e più frequenti conseguenze di ciò.
Ma le obiezioni più aspre che Nietzsche muove in moltissimi frammenti all’evoluzionismo del suo tempo, si ritrovano soprattutto quando commenta riguardo alla famosa “lotta per la vita”. All’interno del Crepuscolo degli idoli egli afferma che la lotta tra gli individui, ha purtroppo esito contrario a quello che si augura la scuola di Darwin: ossia a sfavore dei forti, dei privilegiati, delle felici eccezioni. Le specie non crescono nella perfezione: i deboli hanno continuamente la meglio sui forti – ciò avviene perché essi sono in gran numero e inoltre hanno più spirito… Si deve aver bisogno dello spirito, per riceverne – lo si perde quando non se ne ha più bisogno. Chi ha la forza fa a meno dello spirito, dove per spirito si intende la prudenza, la pazienza, l’astuzia, la simulazione e la grande padronanza di sé.
Ecco allora le reali osservazioni da cui muove Nietzsche: le specie non migliorano, semmai vi è una degenerazione. Nietzsche auspicherebbe una razza migliore, nella fattispecie, un uomo migliore, un Superuomo. Ma può essere il superuomo colui che segue il principio di conservazione, di adattamento o che ha tutte le caratteristiche di uno spirito di gravità? No di certo. Il superuomo è un essere raro, un’eccezione che spesso perisce a causa della massa. Definirne le qualità è un compito che appare assai arduo, visto che lo stesso Nietzsche non lo ha fatto.
C’è da dire quindi che, per Nietzsche, come per l’evoluzionismo, sarebbe auspicabile una specie migliore. Ma cosa significa “migliore”? Per l’evoluzionismo, sarà senz’altro la specie che si adatta meglio all’ambiente. Per Nietzsche, invece, il tipo migliore non dovrebbe essere quello che si adatta, perché chi si adatta si ammala. Colui che è adattato, accetta le condizioni della vita mediocri, si rimpicciolisce, si conserva, si corrompe, degenera.
Concludendo, sembra di poter dire che il Superuomo non si possa né definire come il risultato dell’evoluzione, né confonderlo col risultato delle teorie neodarwiniane, perché di fatto, l’evoluzione umana ha prodotto una specie mediocre. Ma con tali affermazioni non bisogna cadere nel pessimismo, poiché, come Nietzsche stesso lucidamente suggerisce: il Superuomo potrà ancora tornare.
Conclusione :
Nonostante il suo messaggio sia stato molto spesso decifrato male (non a caso alcuni sostengono che sulle sue copertine dovrebbe essere scritto: “maneggiare con cura”), Nietzsche rimane comunque uno dei più grandi filosofi dell’umanità perché, ha traghettato l’uomo rinascimentale, ancora per certi aspetti fedele al feudalesimo, verso il nuovo millennio, anticipando temi e problemi di un secolo di cui potè appena vederne l’alba.
Anche per questo fattore, il padre del superuomo, è destinato a stupirci ancora per molto tempo, grazie alle sue idee intramontabili, ancora oggi risultano essere più attuali che mai e questo è innegabile. Prima o poi a tutti toccherà rendersi conto della sua grandezza, nel frattempo, come hanno già citato alcuni suoi studiosi, speriamo che qualcuno lo legga con l’attenzione dovuta…
Riferimenti bibliografici :
- Corso di filosofia 3 (Ciuffi, Luppi)
- Per una filosofia del corpo – Heidegger e Focault interpreti di Nietzsche (Stefano Berni)
- Letteratura cultura e società (Milva, Cappellini)
- Così parlò Zarathustra (Maria Francesca Occhipinti)
- Nietzsche –Dizionario delle idee (Federica Montevecchi)
- I territori della storia 3 (Manzoni, Occhipinti)
- Reflections of the times 2 (Burke)
- www.geocities.com

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