Il sogno

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Testo

IL SOGNO
Tesina multidisciplinare
di Barassi C.
A.S. 2001/2002
LE CONDIZIONI PER IL SOGNO: LA FASE REM.
Dal punto di vista fisiologico il sonno costituisce una condizione eterogenea, sia che consideriamo l’attività elettrica del sistema nervoso centrale, sia che si analizzino le funzioni somatiche e vegetative dell’organismo (le prime, sensitive e motorie, mantengono le relazioni con l’ambiente circostante; le seconde regolano la stabilità dell’ambiente interno).
Dal momento dell’addormentamento le onde frequenti a basso voltaggio dell’elettroencefalogramma sono progressivamente sostituite da ritmi più lenti, di maggiore ampiezza; si riducono la frequenza cardiaca e respiratoria, la pressione arteriosa, il consumo di ossigeno, la temperatura corporea.
Questo stato (noto come sonno quieto SQ o sonno sincronizzato SS), intuitivamente identificabile con una condizione di riposo dell’organismo, è bruscamente interrotto dalla comparsa di atonia muscolare, scosse miocloniche (contrazioni involontarie brusche e non coordinate a carico di un singolo muscolo o di gruppi muscolari), irregolarità respiratorie e cardiocircolatorie con l’aumento del flusso ematico che connotano quello che è definito sonno attivo (SA).
In questo stato di sonno compaiono tratti che somigliano più ad una condizione di veglia, e che sono all’origine della denominazione di “sonno paradosso”: il paradosso di uno stato che partecipa delle condizioni tra loro antitetiche del sonno e della veglia.
Caratteristici di questo stadio sono anche movimenti oculari rapidi (rapid eye movement, in sigla REM): con una reductio ad unum questa fase viene perciò descritta come sonno REM.
Nel sonno attivo la captazione complessiva di glucosio aumenta, così come aumentano l’attività neuronale e il flusso ematico, confermando la globale condizione di attivazione cerebrale che caratterizza questo stato di sonno. Gli incrementi massimi sono stati riscontrati in quelle aree del tronco dell’encefalo (la parte più primitiva del cervello) che svolgono un ruolo determinante nella comparsa di questa fase del sonno (rafe pontino, area gigantocellulare del tegmento pontino)
Uno studio del 1995 ha utilizzato il 2-desossiglucosio (C6H12O5) nel tentativo di chiarire la natura dei rapidi movimenti oculari che caratterizzano il sonno attivo. In precedenza, sempre avvalendosi dell’incremento metabolico come traccia per seguire i percorsi dell’attivazione corticale, era stata dimostrata una coincidenza dei circuiti cerebrali coinvolti nell’immaginazione visiva e nella percezione visiva. (per esempio se chiediamo ad un soggetto di immaginarsi ad osservare gli oggetti lungo un percorso che gli è familiare, il flusso e il metabolismo cerebrale aumentano in quelle stesse aree corticali che controllano i movimenti oculari durante l’effettiva percezione degli oggetti lungo il medesimo percorso).
Durante il sonno attivo sono stati riscontrati incrementi metabolici in quelle aree (campo visivo frontale, corteccia prefrontale, premotoria e occipitale) che sono anche coinvolte nei movimenti saccadici della veglia (i movimenti oculari che consentono di spostare rapidamente il punto di fissazione). E’ dunque ipotesi plausibile che i movimenti oculari del sonno attivo possano essere in effetti movimenti saccadici che esplorano la scena del sogno.
La fase REM, scoperta nel 1953 da Aserinsky e Kleitman è infatti lo stadio del sonno in cui compare l’attività onirica e ricorre regolarmene durante il sonno, alternandosi a periodi SQ; svegliando alcuni soggetti immediatamente dopo il termine di una fase REM i due studiosi americani dimostrarono che a questo stadio del sonno è associata un’intensa attività onirica. Nell’uomo gli episodi di sonno REM, della durata ciascuno di pochi minuti, ricorrono all’incirca ogni ora e mezza.
Anche la temperatura cerebrale subisce delle variazioni nel passaggio veglia-SQ-SA: nello specifico con la fase SQ si ha una diminuzione di tale temperatura di una frazione di grado centigrado, temperatura che durante la fase SA torna a livelli pari a quelli dello stato di veglia, per poi diminuire nuovamente al termine dell’episodio di sonno REM.

(da: Le Scienze n.338, ottobre 1996)
[EEG= elettroencefalogramma; EOG= elettrooculogramma; EMG= elet-
tromiogramma; PA= pressione arteriosa; FR= frequenza respiratoria]
E’ stato dimostrato che la regione del tronco cerebrale interessata dalla condizione di attivazione durante il sonno attivo può regolare la locomozione senza nessun contributo da parte dei centri cerebrali superiori; questa regolazione coinvolge tre strutture.
La prima è un “generatore della locomozione”, situato nel midollo spinale, il quale comprende i neuroni che controllano e coordinano i movimenti reciproci degli arti nella deambulazione e nella corsa.
Esso è poi sotto il controllo eccitatorio di una seconda struttura: un “centro della locomozione” posto nel tronco cerebrale. Se questo centro viene stimolato, stimola a sua volta il generatore dei movimenti reciproci degli arti.
La terza struttura è una regione di controllo che si trova nel ponte ed è connessa al centro della locomozione tramite una via inibitoria. E’ stato dimostrato che quando questa regione viene attivata, sopprime l’attività del centro della locomozione. Così nel sonno REM il ponte può indirettamente sopprimere, assieme al tono muscolare, la spinta motoria. D’altro canto, un danno al ponte potrebbe disinibire i muscoli utilizzati nella locomozione.
ponte
[da: enciclopedia medica per la famiglia,1972]
rafe pontino
SIGMUND FREUD e L’INTERPRETAZIONE DEI SOGNI.
Dunque la fase REM è lo stadio del sonno in cui si manifesta il fenomeno del sogno.
Esso, considerato in maniera erronea o superficiale sin dall’antichità, è stato oggetto di una dettagliata analisi empirica soltanto all’inizio del Novecento, analisi dovuta a Sigmund Freud, medico e psicologo tedesco, oggi ritenuto il padre della psicoanalisi.
Egli studiò centinaia di sogni per lo più suoi personali, ma anche di molti suoi pazienti, li interpretò e raccolse i risultati ottenuti nell’opera “L’interpretazione dei sogni”, pubblicata nel 1900.
Tale lavoro inizia con un’ampia digressione in cui Freud illustra le tendenze di pensiero e la letteratura scientifica riguardante il sogno, riferendosi sia all’antichità che all’epoca sua contemporanea, per poi enunciare la propria teoria sull’origine e l’interpretazione dei sogni.
Partendo dalla premessa che i sogni siano precisi atti mentali, Freud ricava che essi sono suscettibili di interpretazione, ossia che è sempre possibile dare loro un senso, mediante un’approfondita analisi.
La teoria freudiana ha il suo caposaldo nella convinzione che tutti i sogni rappresentino la realizzazione di un desiderio, anzi che non vi siano altri sogni al di fuori di quelli di desiderio.
In alcuni però si rivela piuttosto complesso risalire al reale desiderio in oggetto; ciò accade a causa di un processo di deformazione del sogno, operato da una potente forza psichica denominata censura; tale processo genera la compresenza di due tipi di contenuto della manifestazione onirica stessa.
Abbiamo quindi un primo tipo di contenuto, detto manifesto; esso è quello che giunge alla coscienza sottoforma di immagini oniriche e sottende un secondo tipo di contenuto, definito latente, il quale rappresenta il vero centro dei pensieri del sogno e si trova nell’inconscio: esso è il vero desiderio di cui mediante il sogno cerchiamo una realizzazione.
La natura del materiale onirico e le sue fonti.
Per quanto concerne il materiale onirico, quello cioè che andrà a formare le immagini del sogno, l’esperienza mostra che vi è un’enorme predilezione per del materiale recente ed indifferente: in ogni sogno, infatti sono riscontrabili uno o più contatti con le esperienze del giorno prima.
Ciò che bisogna sottolineare è che nel contenuto manifesto si ritrovano soltanto alcune impressioni indifferenti del giorno prima, nulla che abbia particolarmente attirato al nostra attenzione, tanto che spesso fatichiamo a ricordare l’origine di tali immagini.
In realtà queste impressioni fungono da elementi ispiratori e conducono a qualcosa di significativo che può riferirsi al giorno stesso precedente il sogno, come a desideri meno recenti ma radicati nel nostro inconscio, quali, per esempio, quelli infantili.
Da ciò si evince che i nostri pensieri nei sogni sono dominati dallo stesso materiale che ci tiene impegnati nella vita da svegli, e, contrariamente a quanto si potrebbe ipotizzare di primo acchito, ci preoccupiamo di sognare solo ciò che ci ha dato motivo di riflettere. Esiste dunque una potentissima forza che crea quella che viene definita deformazione onirica, mediante lo spostamento dell’enfasi psichica dal materiale di vero interesse a quello insignificante.
Tale forza è denominata censura e agisce non legando casualmente le due tipologie di contenuto, bensì per mezzo di associazioni intermedie.
L’importante è avere presente che non esistono sogni “innocenti”, ossia che ogni stimolo indifferente sottende un complesso gruppo di pensieri.
Per questo motivo è possibile risalire mediante l’analisi ai pensieri del sogno, tentando di ripercorrere a ritroso le tappe che hanno portato la mente, sotto l’azione della censura, a produrre determinate immagini.
Una particolare rilevanza è da assegnare al materiale infantile. Talora esso si rivela direttamente, altre volte è legato a singoli elementi, altre volte ancora si manifesta sottoforma di giochi infantili, quali la storpiatura di nomi e via dicendo.
Ciò che bisogna sottolineare è il fatto che tale tipologia di materiale è presente in ogni sogno e a volte è rilevabile solo dopo un’analisi alquanto approfondita. Anzi, in ultimo Freud arriverà a sostenere che tutti i sogni muovono almeno in parte da impulsi e desideri infantili che riaffiorano dal preconscio.
In ultimo, per quanto riguarda le fonti che originano il materiale del sogno, bisogna ricordare quelle somatiche. Esse, considerate in passato di primaria importanza, sono state suddivise in quattro gruppi:
• Eccitazioni sensoriali esterne (oggettive): sono gli stimoli esterni inevitabili e casuali che ci raggiungono durante il sonno;
• Eccitazioni sensoriali interne (soggettive): sono le eccitazioni soggettive della retina;
• Stimoli fisici interni: sono rappresentati da eventuali disordini degli organi interni;
• Fonti di stimolo meramente psichiche: sono rappresentate dagli interessi del giorno;
Tali tipologie di fonti sono dimostrate come valide nel contesto della formazione dei sogni e inoltre attestano che la mente distingue le sensazioni durante il sonno, mantenendo quindi un certo legame di coscienza con il mondo reale (senza il quale non sarebbe possibile il risveglio).
E’ necessario precisare tuttavia che queste fonti non sono di primaria importanza.
Lo stimolo somatico infatti viene riconosciuto dalla mente, ma viene interpretato diversamente a seconda delle situazioni.
La reazione a tale stimolo può essere triplice: esso può
- essere ignorato, non entrando pertanto a far parte del sogno;
- portare al risveglio del dormiente;
- entrare a far parte del sogno;
Quest’ultimo caso si verifica soltanto nel momento in cui alla mente sia stato possibile trovare nello stimolo del materiale rappresentativo confacente all’espressione del desiderio.
Lo stimolo sensorio rientra in un sogno soltanto quando è compatibile con esso. In caso contrario tende ad essere ignorato o, se persiste, porta al risveglio del dormiente.
Tutti i sogni sono dunque in un certo senso sogni di comodità; essi sono i custodi del sonno e la reazione a disturbi esterni ne è la prova.
Il metodo di interpretazione.
Il metodo interpretativo freudiano consiste nel ricreare almeno in parte le condizioni in cui la mente si trovava quando ha prodotto il sogno. E’ dunque necessaria una “preparazione” del paziente, il quale deve porsi in posizione rilassata e ad occhi chiusi, per favorire la cosiddetta “eliminazione della critica”, ossia ridurre il più possibile l’attività autoritaria dell’Io cosciente, stabilendo uno stato analogo a prima di addormentarsi.
Successivamente si prendono in esame singole parti del sogno. Esso infatti non deve essere visto come un’unità, bensì come una struttura composita, le cui parti, se talora servono a rimarcare un concetto già espresso, altre volte conducono a diversi nodi concettuali.
Per questo motivo non bisogna tentare di ricondurre il contenuto nella sua totalità entro i nostri schemi mentali, bensì utilizzare il metodo diagnostico delle “associazioni libere”del paziente.
Lo psicologo cita alcuni elementi del sogno in questione, e il paziente deve esporre quanto gli affiora alla mente, senza frapporre il minimo giudizio tra il pensiero e la parola.
La rapidità della replica è un fattore essenziale: il soggetto analizzato non deve avere il tempo di riflettere (mobilitando così le attività consapevoli e censorie della propria psiche), ma deve al contrario rispondere d’istinto.
Solo in questo modo è possibile mettere fuori gioco la vigilanza della coscienza ed aprire un varco all’emersione dei contenuti latenti dell’inconscio.
Tale processo associativo è fondamentale in quanto le immagini oniriche non rispondono ad un determinato codice crittografato (altrimenti i sogni sarebbero interpretabili a livello universale come una lingua geroglifica), bensì ogni elemento assume diversi significati a seconda della psiche del soggetto e dei suoi metodi associativi. Tuttavia è da segnalare che esistono alcuni motivi topici di significato affine in quasi tutti i sogni.
Bisogna inoltre ricordare che secondo Freud è quasi impossibile compiere un’analisi completa di un sogno, dal momento che ogni minimo elemento può avere infinite connessioni con l’immensa quantità di materiale presente nella nostra psiche.
Formazione del sogno
Inconscio desiderio censura sogno Coscienza (cont. latente) (cont. manifesto)

materiale materiale fonti somatiche
recente e indifferente infantile
Interpretazione del sogno

Sogno(cont. manifesto) analisi Desiderio(cont. latente)
Il lavoro onirico.
Una volta determinate le fonti che forniscono il materiale per la genesi delle immagini oniriche, Freud si sofferma sul metodo di creazione di esse, in modo che siano rispondenti ad una realizzazione di desideri e, nel contempo, la mascherino.
Il lavoro onirico si basa, come precedentemente detto, sull’azione della censura quale principale forza psichica; essa opera mediante lo spostamento dell’enfasi psichica come sistema primario di attivazione della deformazione, ossia originando un contenuto manifesto apparentemente insignificante.
La censura però utilizza anche la condensazione come mezzo di creazione delle immagini oniriche. Tale procedimento consiste nel riunire entro precisi “centri di collegamento” i molti fili di pensiero che compongono il tessuto del sogno.
Questo espediente è evidente se consideriamo l’enorme sproporzione tra i pensieri del sogno ed il contenuto latente.
Esistono molti mezzi mediante i quali si attua la condensazione: i più frequenti sono la creazione di “figure collettive” e quella di neologismi.
Per quanto concerne il primo, tali tipologie di figure possono essere formate assimilando i tratti di due o più persone che si intende associare, oppure attribuendo ad una persona atteggiamenti di altre o frasi dette da altri.
Il discorso sul linguaggio verte invece sul fatto che il lavoro onirico non è in grado di produrre discorsi autonomi. Ciò significa che tutti i dialoghi che rientrano all’interno di un sogno sono parti di discorsi sentiti o fatti in passato ma che sono richiamati alla mente con precisi significati allusivi da riferirsi al contesto in cui sono inseriti.
Le parole, con le dovute ambiguità del linguaggio corrente, sono veri e propri centri di collegamento di numerose idee, talora mediante assonanze, altre volte grazie all’uso della spostamento (per es.: inserire una parola a sproposito in un contesto).

Per ciò che concerne i neologismi, bisogna ricordare che il lavoro onirico tratta le parole come fossero oggetti (gioco peraltro tipicamente infantile) e fa sì che riunendo suoni o parti di diverse parole si possa risalire alle associazioni di pensiero che hanno determinato il sogno.
Freud adduce l’esempio di un sogno ove un vestito di lustrini (in tedesco Lustern), stava a significare che per il sognatore la donna che lo indossava era una lussuriosa (Lust in tedesco significa lussuria).
Parallelamente all’uso delle parole è da considerare quello dei numeri. Così come il sogno non può generare discorsi, non può fare alcun tipo di calcolo: numeri e calcoli sono solo ulteriori espedienti per collegare idee.
Da tutto questo si riesce a comprendere il perché dell’apparente assurdità o illogicità del materiale onirico: solo ciò che apparentemente risulta innocuo può eludere la censura e giungere al contenuto manifesto del sogno.
Le varie tipologie associative del linguaggio comune devono in un certo senso, per poter essere comprese, essere riprodotte nei sogni in maniera più o meno univoca e universalmente valida.
In effetti il lavoro onirico ha dei modi di rappresentazione delle svariate relazioni logiche piuttosto codificati:
- connessione logica - simultaneità nel tempo (e vicinanza per sottolineare legame);
- relazioni causali sequenza temporale di due parti distinte del sogno
oppure
trasformazione davanti agli occhi di chi sogna di un’immagine in un’altra;
- “ o – o” congiunzione (le alternative non sono espresse ma si fondono);
- somiglianza, identificazione o composizione di immagini (solitamente
l’elemento in comune non è rappresentato direttamente);
Un discorso a sé meritano le contraddizioni e i contrari. Essi sono infatti generalmente ignorati dal lavoro onirico, in quanto pensieri diametralmente opposti sono rappresentati nel contenuto manifesto dagli stessi elementi, anche se in alcuni casi il lavoro onirico si serve di tecniche quali l’inversione (temporale o di contenuti) o la sostituzione per esprimere questo genere di rapporti.
Ambedue sono artifici atti ad eludere la censura; l’inversione, nella fattispecie, è spesso utilizzata per esprimere il desiderio che accada il contrario di ciò che si è sognato.
Altre precisazioni sono d’obbligo: anzitutto i sogni di una notte sono parte di uno stesso tutto; secondariamente sognare il commento ad un sogno che si sta facendo è indice di giudizio sul contenuto latente del sogno, non sulla sua forma; in ultimo sognare di sognare è molto spesso l’espressione del desiderio che ciò che si sogna di sognare non sia mai accaduto.
Tutto ciò mostra palesemente che sono molti i motivi ricorrenti e quasi universalmente interpretabili, e questa definizione è ampliabile, sebbene con le dovute riserve relative alle associazioni libere del sognatore, alla simbologia frequentemente presente a livello onirico, nonché ai cosiddetti sogni tipici.
Una premessa è doverosa: molto spesso la relativa universalità di queste manifestazioni oniriche è semplicemente dovuta a schemi mentali ricorrenti e diffusi all’interno di una determinata società o di un preciso modo di pensare, percui alcuni simboli assurgono quasi a luoghi comuni o sono ricollegabili a modi di dire o ad assonanze con la lingua corrente.
Generalmente nei sogni il simbolismo si nasconde dietro a ciò che è più insignificante; bisogna infatti ricordare che nulla appare a caso in un contesto onirico. In particolare anch’esso rappresenta un mezzo ottimale per eludere la censura.
Nonostante spetti sempre al sognatore l’attribuire il significato reale ai simboli che si incontrano nell’analisi di un sogno, alcuni sono topici, come per esempio:
- imperatori, imperatrici, grandi uomini genitori;
- oggetti allungati, armi acuminate, ponti p organo maschile;
- oggetti cavi, scatole, colline boscose organo femminile;
- entrare ed uscire, essere investiti, percorrere scale atto sessuale;
- letto e mensa matrimonio;
- giocare con un bambino, percuoterlo masturbazione;
- taglio di capelli, decapitazione castrazione;
- destra / sinistra / bene/male (signif.etico)
- fiori sfera sessuale;
- bestie feroci - passioni o persone
legate ad esse;
Così come esistono alcuni simboli ricorrenti, nei sogni vi sono anche dei motivi ce si potrebbero quasi definire codificati: essi sono detti sogni tipici.
Eccone alcuni prelevati dall’ampia casistica freudiana:
- Sogno di perdere un treno Desiderio di non morire (paura di morire);
- Sogno di cadere S Desiderio e paura di cedere ad una
tentazione erotica;
- Sogno di fallire esami già superati Desiderio di non fallire;
- Sogno di essere nudi Desiderio di esibizione (anche sessuale);
- Sogno di morte di persone care Reminescenza di desideri di morte infantili;
(con sentimento di dolore)
Si può notare che sia a livello di simbologia che di sogni tipici è predominante l’apporto di elementi legati alla sfera sessuale. Ciò avviene perché nei sogni si rivela quanto più di inibito possediamo entro la nostra psiche: nessun altro istinto è stato soggetto in ognuno, sin dall’infanzia, a tanta repressione quanto quello sessuale.
Nei sogni è anche possibile provare affetti. Essi si presentano con la stessa intensità che possono avere nella vita da svegli.
Tuttavia ciò che sorprende è che spesso non c’è nel sogno l’affetto che il contenuto manifesto richiederebbe.
Ciò è semplicemente dovuto al fatto che il contenuto latente del sogno ha come fulcro qualcosa di ben diverso da quello manifesto, contenuto che non necessita di alcun sentimento.
In altri termini la scarica d’affetto e il contenuto rappresentativo del sogno non costituiscono un’unità indissolubile, bensì sono due unità distinte.
Talora l’indifferenza emotiva all’interno di un sogno deve essere considerata come azione della censura, la quale riporta in questo modo (e solitamente anche per mezzo di un contenuto ambiguo) due sentimenti contrastanti, entrambi causa del sogno in oggetto.
Perché dimentichiamo i sogni?
Inizialmente Freud sostiene che esistono quattro fattori principali i quali determinano il dimenticarsi i sogni al risveglio. Essi sono:
- Unicità dell’esperienza onirica;
- Difficoltà del ricordare ciò che è disordinato e non ha senso logico;
- Debolezza dell’impressione onirica, che al risveglio viene soppiantata dalla realtà;
- Scarso interesse che ciascuno ha per i propri sogni.
Successivamente egli riconosce nell’atto del dimenticare quanto sognato il tentativo estremo della censura di proteggere il contenuto latente.
Tale tentativo è definito revisione secondaria ed è forse l’espediente più subdolo con cui la censura esercita la propria attività.
E’ infatti sempre tale revisione secondaria responsabile dell’apparente coerenza di molti sogni, coerenza che ha lo scopo di non far sorgere nel sognatore alcuna domanda sul reale significato del sogno stesso, mantenendo quindi l’inconscio “al sicuro” dalla coscienza.
FINNEGAN(‘)S WAKE.
L’opera freudiana ebbe un’enorme influenza sul pensiero di inizio novecento, e non mancò di interessare un gran numero di intellettuali e letterati, tra cui l’irlandese James Joyce.
I meccanismi di cui si serve il lavoro onirico per generare un linguaggio all’interno del sogno gli sono stati fonte di ispirazione nella stesura del suo ultimo romanzo, il più oscuro ed incomprensibile: Finnegan(‘)s Wake.
Esso è la rappresentazione del portare alle estreme conseguenze la tecnica narrativa dell’ ”interior monologue”, tentando di riprodurre il lavoro onirico di condensazione e deformazione mediante la creazione di neologismi (per esempio formati da parole di diverse lingue) ed onomatopee, la destrutturazione delle frasi, la mancanza di una qualsiasi continuità logica.
Finnegan(‘)s Wake è infatti il racconto di una notte nella mente del sognatore, Earnwicker, l’oste protagonista della vicenda.
IL SURREALISMO.
Non soltanto Joyce attinse dalla lezione freudiana materiale e ispirazione per la propria opera, bensì il movimento surrealista fece di essa uno dei propri capisaldi ideologici.
Il Surrealismo è un movimento artistico-letterario nato in Francia negli anni Venti e precisato ufficialmente nelle sue linee programmatiche nel primo “Manifesto surrealista” del 1924, ad opera dello scrittore francese André Breton.
La matrice reale del movimento si trova nell’Europa del primo dopoguerra. La delusione era lo stato d’animo dominante tra gli intellettuali europei; una delusione radicale, dal momento che il caos e la distruzione post-bellica sembravano l’unico esito di tutte le promesse di progresso che avevano illuso l’Europa di inizio secolo.
La nascente filosofia surrealista coglie un punto di mistificazione particolarmente significativo: la ragione è posta sul banco degli accusati, la prima lotta surrealista è contro di essa, la quale aveva prodotto gli sviluppi tecnici e scientifici del secolo precedente e determinato la logica del potere esistente.
L’arte e la letteratura cercano dunque una serie di alternative che possano aprire strade rivoluzionarie.
Caratteristica del movimento è l’attenzione alla dimensione dell’uomo che oltrepassa la sua realtà ordinaria e percepibile con gli strumenti della logica.
Torna allo scoperto quella soggettività di matrice romantica, che si era vista svalutata durante il secolo precedente, un’interiorità che era stata esplorata a partire da Turner e Géricault, o da Wordsworth e i poeti romantici inglesi.
Costoro però si erano limitati a rapportare lo sguardo verso il profondo con il mondo esteriore, proiettandolo cioè nell’aspetto della natura.
Il Surrealismo si pone dunque come ultimo sviluppo di un'intera linea di ricerca che, inaugurata con tale introspezione psicologica nel Romanticismo, era stata poi approfondita attraverso il rinnovamento linguistico ed espressivo operato dal Simbolismo.
Soltanto nel corso del XX secolo infatti si assiste alla creazione di forme atte a rappresentare la parte oscura della coscienza, quell’inconscio ampiamente teorizzato nello stesso periodo da Sigmund Freud.
I Surrealisti tentano la rielaborazione in chiave creativa del pensiero psicoanalitico. La psicoanalisi, nel suo compito di liberazione e svelamento delle forze occulte dell’inconscio, dei tabù e delle costrizioni che la coscienza troppo rigida impone alla personalità soprattutto nella sfera sessuale, dà l’impulso principale al progetto surrealista di rifondazione dei vari aspetti dell’esistenza umana, proprio a partire da un atto di liberazione da qualunque consapevolezza razionale (di ispirazione dadaista) e culturale che non permetta il libero accesso e l’immediata trasposizione della fantasia sulla mano che realizza l’opera d’arte.
L'attività immaginativa, basata sul materiale illogico ed apparentemente assurdo delle immagini mentali, trova così nella specificità del linguaggio artistico la sede ideale della sua analisi ed espressione.
Il sogno entra con l’onirico a far parte dell’universo costitutivo dell’arte e della letteratura non solo come fantasia allegorica o stravagante come in passato, ma come diretta espressione dell’inconscio portato così alla luce dalla profondità dell’Io.

E’ necessario ricordare, però, che nonostante i surrealisti dichiarino come coordinata essenziale del loro pensiero le teorie psicoanalitiche freudiane, Freud rifiuta di considerare la poetica surrealista come una filiazione legittima della psicoanalisi. Egli, pur ammettendo che il processo primario (inconscio) sia per sua natura preverbale, non arriva mai a capire la natura concettuale dell’arte figurativa contemporanea, asserendo: “Non sono in grado di rendermi conto di ciò che è e di ciò che vuole il Surrealismo; forse non sono indicato a comprenderlo, io che sono tanto lontano dall’arte”.
Il movimento surrealista è accompagnato sin dall’inizio da una pletora di manifesti e dichiarazioni programmatiche che esplicitano i nuclei portanti della sua poetica, così come le numerose riviste pubblicate dal gruppo affermano la presenza di un forte collante ideologico rappresentato non solo dalla teoria bretoniana, ma anche dalla scelta di assumere modelli di riferimento artistico-letterari precisi ed individuabili sia nel Simbolismo di Baudelaire o in quello di Redon e Moreau, sia nella metafisica di De Chirico, a cui si deve aggiungere la carica dissacratoria del quasi contemporaneo dadaismo.
Nel rapporto col Dada, il Surrealismo si pone in antitesi, dal momento che rappresenta una forza costruttiva, volta alla creazione di una “realtà assoluta, una surrealtà, se così si può dire.” (Breton).
Nel Secondo Manifesto (1930) Breton afferma che il fine dei surrealisti è “tentare di ottenere una disposizione dello spirito dalla quale vita e morte, reale e immaginario, passato e futuro, comunicabile e non, non siano più percepiti come contraddizioni.”
Anche dal punto di vista politico il movimento ebbe una tendenza comune: orientati sin dall’inizio su posizioni di sinistra, all’avvento al potere di Stalin si divisero, molti pronunciandosi a favore di Trotskij; quasi tutti comunque mostrarono un atteggiamento battagliero nei confronti delle dittature fascista e nazista, contro le quali avrebbero combattuto nelle file della resistenza durante la seconda guerra mondiale.
La definizione di Surrealismo data da Breton nel manifesto del 1924 è la seguente:
"Automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere sia per iscritto o in qualunque altra maniera, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale".
Ad esso seguiva un commento filosofico: "Il Surrealismo si basa sulla fede nella realtà superiore di certe forme di associazione fino a lui trascurate, nell’onnipotenza del sogno, nel gioco disinteressato del pensiero. Tende a distruggere definitivamente tutti i meccanismi psichici e a sostituirsi ad essi nella soluzione dei principali problemi di vita".
I Surrealisti infatti inizialmente tentano di assumere a metodo il concetto di automatismo psichico; ciò avviene soprattutto attraverso prove di "scrittura automatica" con la quale si intende l'operare dell'artista che procede secondo un'immediata corrispondenza tra inconscio ed azione pittorica, ma anche poetica, che porta alle estreme conseguenze alcuni elementi sia delle passate poetiche romantiche, ma anche di quelle simboliste, una rappresentazione cioè non precedentemente meditata.
C’è un momento in cui l’azione surrealista si trasforma, almeno in parte. Tutto ha inizio da una massiccia adesione al pensiero marxiano, che porterà il titolo della maggiore rivista surrealista “La Révolution Surréaliste” a trasformarsi in “Le Surréalisme au service de la Révolution”. Successivamente vi saranno i primi contrasti all’interno del gruppo, per motivi politici, ed alcuni membri si distaccheranno dal movimento.
In un secondo momento muterà l’attitudine nei confronti del ruolo dell’artista, che non sarà più colui che crea dei valori, bensì chi già li possiede e li vuole difendere. Così sfumerà l’azione dialettica e si affermeranno gli usi e sfruttamenti dell’idea surrealista, trasformata in oggetto di consumo.
ARTE SURREALISTA.
Già il Simbolismo si era proposto l’analisi di una realtà onirica e visionaria, ma soltanto come reazione nei confronti del positivismo scientista del secolo XIX, mediante la restituzione di un mondo immaginifico attraverso gli stessi strumenti della pittura realista borghese.
I temi di Gustave Moreau (1826-1898) sono interpretati secondo una descrittività letteraria attenuata però dalle sue qualità di colorista e di evocatore di atmosfere fantastiche.
Nel dipinto “L'apparizione” l'architettura in cui si svolge la scena è appena accennata e tuttavia acquista la solidità dell'oro; anche il sangue della testa del Battista diviene materia altrettanto preziosa. L'analisi minuziosa degli elementi descritti diviene ossessione di trascrizione scientifica di una realtà in cui il dettaglio viene travolto dalla delirante fantasia dell'insieme.
Anche Odilon Redon (1840-1916) subisce il fascino dell'approccio scientifico alla realtà: ma più che ad un allucinato naturalismo descrittivo sembra riferirsi ad una zoologia inconsueta e mostruosa quale quella che può essere osservata al microscopio. E' questo un mondo che anche nell'uso del bianco e nero allude ad una realtà interna in contrapposizione quasi polemica al colore più esterno degli Impressionisti.
L’arte surrealista accoglie quanto di visionario ed oscuro il Simbolismo aveva prodotto, distaccandosi da qualsiasi approccio scientifico con la materia trattata.
Nell’ambito delle arti figurative tutto questo confluisce in due tendenze espressive principali: il Surrealismo Realistico e il Surrealismo Assoluto.
Il primo fa riferimento a tutti quegli artisti che, come Magritte, non abbandonarono mai la figurazione e, pur dando forma al sogno e all’immaginario, non si scostarono mai da un linguaggio naturalistico in cui gli elementi fossero rappresentati secondo un realismo fotografico. Usavano la pittura per descrivere il lavoro onirico, ossia illustrare le particolari modalità con cui le immagini si organizzano nel sogno.
Per effetto dei meccanismi di spostamento e condensazione (tipici dei processi inconsci), cose che alla coscienza sembrano irrelazionabili appaiono in sogno collegate tra loro.
E’ il metodo delle associazioni incongrue, il più tipico dei procedimenti surrealisti: consiste nel combinare in un solo contesto immagini non logicamente relazionate.
La seconda tipologia di realizzazione surrealista si potrebbe definire più “estrema” e riguarda quegli artisti, come Max Ernst, i quali sperimentarono tecniche e procedimenti miranti all’automatismo pittorico.
Costoro usano la pittura per far emergere i contenuti dell’inconscio: l’artista si pone in una condizione di automatismo, escludendo dal proprio lavoro, attraverso la massimizzazione della velocità esecutiva, ogni possibilità di riflessione razionale.
Tale metodo richiama molto da vicino la tecnica freudiana delle associazioni libere.
Bisogna però ricordare che, al di là di limitative categorizzazioni, essendo l’artista con la sua psiche al centro dell’attenzione, ogni personalità sviluppa motivi simili con modalità rappresentative differenti.
Tra i numerosi artisti che aderirono al gruppo di Breton, ve ne sono alcuni che eseguirono opere in cui il sogno, in qualche modo, è il tema principale.
Max Ernst (1891- 1976)
Nasce a Bruhl, vicino Colonia il 2 aprile 1891; appartenente al gruppo Dada si trasferisce poi a Parigi- dove muore nel 1976-; aderisce al Surrealismo e rivela un carattere complesso e sperimentale. Max Ernst era sicuramente destinato a diventare un "illustre fabbro dei sogni" (titolo di una sua opera). Con costanza, fin dalla primissima giovinezza ha saputo captare quell’istante fuggitivo che Edgar Allan Poe descriveva così: "Il punto sottile del tempo in cui veglia e sonno diventano indistinguibili". Per dirla con Freud, seppe captare le “immagini ipnagogiche” che si producono al momento dell’addormentamento.
Alcune opere di Ernst sono realizzate con una particolare tecnica disegnativa dal processo casuale, il "frottage", che consiste nello strofinare la matita su di un foglio appoggiato ad una superficie movimentata, ad esempio un pavimento, per poi sviluppare dall'immagine così ottenuta tracce e suggestioni da questa suggeritegli, come nella "Foresta imbalsamata" del 1933.
Nel “frottage” è quindi l’immagine di partenza a suggerire in modo immediato ed irrazionale il sogno, e non il sogno a suggerire l’immagine.

La grande foresta (1926)
Juan Mirò
Juan Mirò nasce nel 1893 a Montroilg, in Catalogna. Lascia la Spagna e si stabilisce a Parigi dove comincia a dipingere i suoi "quadri di sogni", che sono una sorta di "interpretazione del vuoto. L'artista muore a Palma di Maiorca nel 1954.
Mirò è un artista dalla pittura solare; non è un astrattista ma ha fatto sue le conquiste più importanti, pure e rigorose di tale movimento, sia nel colore che nell'innovazione formale.
Il suo è un' “astrattismo onirico”, fantasioso e vivace, e non morboso e viscerale come quello di altri surrealisti. La sua pittura è l'espressione immediata dei movimenti dell'essere, captati all'origine, dal loro passaggio sulla tela, che è meno il luogo di una metamorfosi che il ricettacolo del sogno e compie deformazioni fantastiche e fortemente evocative di elementi naturali immersi nei colori più accesi, neri, rossi, gialli, azzurri, verdi, quasi a testimoniare come un surrealista, ricercando nella profondità del proprio essere, possa anche ritrovarvi un universo spensierato.

Il Carnevale di Arlecchino (1924)
René Magritte
René- Francois- Ghislain Magritte nasce nel 1898 a Lessines nella provincia di Hainaut (Belgio). Segue i corsi dell' Accademia di Belle Arti di Bruxelles fino al 1918, anno in cui la sua famiglia si stabilisce definitivamente nella capitale.
La sua pittura è presto conosciuta fuori dalle frontiere del suo paese e a poco a poco, in tutto il mondo. René muore a Bruxelles nel 1967.
"La mia maniera di dipingere è assolutamente banale e accademica. Importante nella mia pittura è ciò che essa mostra". Magritte considera la pittura come un semplice strumento per rappresentare particolari contenuti attraverso libere associazioni, contraddizioni, enigmi, in grado di esprimere la libertà dell'uomo e di evocare "il mistero del mondo".
Egli realizza nelle sue opere degli accoppiamenti incongruenti che spiazzano nella loro apparente semplicità: spazialmente non altera i rapporti prospettici di scala e rappresenta cose riconoscibili ma, decontestualizzandole, fa della pittura un mezzo di conoscenza, uno strumento linguistico che in realtà non permette davvero di essere utilizzato "immediatamente", perché il rapporto tra la "cosa" e la forma che la rappresenta, o la parola che la designa, è mutato.
Un'opera come "Questa non è una pipa" del 1929 è significativa dell'intento di Magritte di scardinare per ridefinire le usuali corrispondenze tra l'oggetto, la sua immagine e la sua definizione verbale, ponendo le basi per quell'arte definita negli anni Settanta "concettuale" che partirà proprio da quei meccanismi e associazioni mentali da lui visualizzati, confermando come il suo surrealismo non sia fantasmatico e visionario, ma proceda da una attenta analisi degli elementi rappresentativi e significativi dell'immagine dipinta.

Salvador Dalì
Un’altra faccia del Surrealismo è costituita da una pittura risolta attraverso la rappresentazione di immagini tratte dai sogni o anche di associazioni figurative che, seppure talvolta sorprendenti, si concretizzano non già attraverso le innovazioni tecniche e concettuali di Ernst o Magritte e più in generale nell’estetica di Breton, ma con una tecnica ed un impianto fortemente tradizionali, ai limiti del virtuosismo, con il conseguente recupero di valori pittorici ormai avulsi dall’incalzante procedere delle vicende artistiche.
E’ di questo genere il Surrealismo cupo e angosciante di Salvador Dalì.
Salvador Dalì (1904-89) è considerato dal pubblico l’artista surrealista per antonomasia. Incubi, allucinazioni, visioni deformi: questa è la materia delle sue opere, sculture, quadri.
Salvador Dalì vide nascere la sua vocazione di pittore e di scrittore già a partire dai primi anni della sua vita.
L'attività culturale legata al suo periodo giovanile, coltivata sia nel suo ambiente familiare, sia nella sua città natale di Figueres, e più in generale in Catalogna, contribuirono in modo decisivo al risveglio e alla formazione del suo spirito artistico.
È proprio questo mondo familiare, in cui risaltano le figure della nonna, del padre e della sorella Anna Maria, e quello dei paesaggi di Figueres e Cadaqués dove trascorre la sua infanzia e la sua adolescenza, quello che il giovane Dalí rispecchierà e interpreterà nelle sue prime opere.
L'evoluzione artistica della sua opera è molto precoce; egli rapidamente crea una sintesi tra la formazione classica dell'artista e l'aria impressionista e delle nuove avanguardie, come il Fauvismo, il Cubismo, e il Surrealismo, che egli inizia a respirare in quel periodo.
Negli anni '20, la sua permanenza a Madrid, le relative esperienze e scoperte e le amicizie allacciate, contribuiscono a rafforzare quello spirito inquieto e originale che già da allora caratterizza la sua pittura.
Questo periodo culmina con l'adesione di Dalí al gruppo surrealista parigino, l'uscita del film “Un chien andalou” scritto e prodotto in collaborazione con Luis Buñuel, l'inizio della sua relazione con Gala, colei che da quel momento diventerà la sua compagna e musa ispiratrice, rimanendogli a fianco per tutta la vita.
Alcune opere surrealiste di Dalì
Il gioco lugubre (Giochi maledetti) fu il primo dipinto veramente surrealista di Dalí.

Quest’opera, in sé strana e che suscitò grande imbarazzo, è un mirabile esempio di quell' "automatismo psichico" di cui aveva parlato André Breton.
Nell'estate 1929 nasce non soltanto il Gioco lugubre, bensì anche “Sottomissione del desiderio”.

In essa Dalì si serve della tecnica del collage, incollando ritagli di foto o di stampati sulla tela, ricercando nel collage più che altro il suo potenziale distruttivo.
La testa del leone è di fatto una stampa, tuttavia il resto del quadro è eseguito con una tale maestria, da non permettere di capire esattamente dove finisca il collage e dove inizi la pittura.
Nel 1929 nasce “Piaceri illuminati”.

Essa, attraverso la tecnica dei "quadri nei quadri" e dell'atmosfera creata dai colori irreali, mette in chiara evidenza l'influsso di De Chirico su Dalí.
Il dipinto è degno di nota per il suo realismo fotografico, che dona particolare credibilità anche ai motivi più irrazionali.
Questo dipinto è composto in parte da collages, tuttavia la sottile tecnica pittorica usata da Dalí rende difficile, come in “Sottomissione del desiderio” la suddivisione precisa tra gli elementi fotografici e quelli pittorici.
IL dipinto “Il sogno” nacque da un sogno, nel quale Dalí vide un mostro sorretto da stampelle.
stampelle
Per Dalí il feticcio delle stampelle ha un duplice significato: da una parte è il simbolo di una società ricca ma debole, la quale ha bisogno di un sostegno; dall'altra la forma delle stampelle richiama i temi della vita e della morte, un sostegno per il suo sentimento del non essere sufficiente a se stesso. La mostruosa testa senza corpo del dipinto poggia su numerose stampelle, che non la tengono soltanto sollevata in aria; esse fungono anche da sostegno di parti singole, come le labbra, il naso e gli occhi.
All’invasione della Francia da parte di Hitler si deve la fuga di Dalì negli Stati Uniti, fuga cha darà inizio al periodo più eclettico dell’artista.
Egli, rimanendo sempre legato a temi e modi surrealisti, li sperimenta in svariati campi artistici: oltre a dipingere quadri, crea gioielli, progetta campagne pubblicitarie, scrive un romanzo, crea scene e costumi per alcuni balletti…
Nel 1945 è a Hollywood: Alfred Hitchcock lo vuole per le scene oniriche di “Spellbound” (Io ti salverò).
Tratto dal romanzo “The House of Doctor Edwards” di Francis Beeding, “Spellbound” è una storia di caccia all’uomo in un involucro di psicoanalisi.
Un giovane medico assume la direzione di una clinica psichiatrica, ma presto si scopre che è un amnesiaco impostore, probabile assassino del vero dottor Edwards. Una bella collega innamorata (I. Bergman) crede nella sua storia e fugge con lui.
La psicoanalisi è cornice e fulcro del film: il giallo viene risolto mediante l’indagine freudiana di un sogno del sedicente dottor Edwards.
E proprio queste immagini sono quelle disegnate da Dalì, una sequenza originaria di venti minuti, che poi fu ridotta a due dal produttore del film, ove l’arte surrealista interpreta se stessa, divenendo diretta espressione dell’inconscio del protagonista.
Con l'inaugurazione del Teatro-Museo Dalí (1949), nella città natale dell'artista, Figueres, egli opera volontariamente una ricapitolazione di tutto il suo contributo all'arte del Secolo XX.
Questo aspetto caratterizza la sua opera di questi anni, dal momento che si assiste ad un recupero non solo di tematiche già sfruttate da Dalì, ma anche di altri aspetti propri di altri grandi artisti.
Il deterioramento delle condizioni fisiche del Maestro corrisponde ad una progressiva semplificazione tecnica e formale delle sue opere, oltre a provocare un'insistenza, prima della sua morte, avvenuta nel 1989, a lasciare scritto in forma chiara, tutto quanto egli desideri che faccia parte della storia dell'arte.
LETTERATURA SURREALISTA.
Anche in ambito letterario il Surrealismo si presenta come l’ultima trascrizione, con le opportune precisazioni e differenze, di quei romantici impulsi irrazionalistici che irrompono periodicamente dal seno di civiltà troppo saturate dal progresso.
Figlio dell’intuizionismo bergsoniano, il Surrealismo letterario trae molti elementi dalla poesia di Baudelaire e dei simbolisti francesi successivi, quali, per esempio, Mallarmé e Valéry.
Nella lirica simbolista, però, l’apparente arbitrarietà delle immagini celava sovente precise trame di significati razionalmente perseguibili, nonostante l’intenzionale esoterica e sacrale oscurità voluta del discorso.
Con i Surrealisti ciò non è più possibile, poiché il senso ultimo della parola poetica prodotta tramite il procedimento della scrittura automatica (ossia senza il vaglio della ragione, tentando di eludere la censura psichica), la chiave per decodificarla, giace nel profondo della psiche dello scrittore.
A proposito della scrittura automatica comparve un articolo su Littérature in cui Breton e Soupault scrissero che “riguardo il proposito della voce interiore, spesso, qualunque cosa si dica, per le lacune del senso comune (..), lo scrittore stesso non possiede il codice in grado di decifrare quel linguaggio”.
La scrittura automatica è, dunque, un procedimento mirante a stimolare l’inconscio a liberarsi e rivelarsi (in questo caso tramite la parola), non a razionalizzarlo o renderlo interpretabile.
Ne deriva la presenza o la ricerca di immagini sorprendenti, illogiche , contraddittorie, altamente metaforiche e oniriche, il cui valore comunicativo giace essenzialmente nella capacità suggestiva ed evocativa.
Nel Manifesto del 1924 Breton raccomanda infatti “poeticamente parlando”[…] “l’assurdità immediata” in grado di svelare il grido del subcosciente; egli inoltre descrive i suoi primi esperimenti di scrittura automatica come un monologo proferito il più rapidamente possibile, sul quale lo spirito critico non eserciti alcun giudizio, partendo dal presupposto che “la velocità del pensiero non sia superiore a quella della parola”.
Alcuni tra i maggiori esponenti del Surrealismo in campo letterario furono lo stesso Breton, Paul Eluard e Louis Aragon.
Paul Eluard (pseudonimo di Eugéne Grindel)
Nato nel 1895 a St. Denis (Parigi), viene internato giovanissimo in un sanatorio in Svizzera a causa di una forma di tubercolosi. Qui vede nascere la passione per la poesia e conosce Helena Dimitrievnia Diakonova (Gala), che diviene sua moglie nel 1917 e che sarà fonte sia di ispirazione che di enormi dolori (nel 1929 lo lascerà per andare a vivere col pittore spagnolo Dalì).
Partecipa alla Grande Guerra e, una volta tornato a Parigi, aderisce prima al movimento dadaista e poi a quello surrealista. A questo periodo appartengono svariate raccolte poetiche, quali “Morire di non morire” (1924), la celebre “Capitale del dolore” (1926), “L’amore e la poesia” (1929) e “La vita immediata” (1932).
Nel 1926 entra a far parte del Partito Comunista Francese e nel 1935 rappresenta i Surrealisti al congresso degli scrittori antifascisti.
Dopo la rottura con Breton per motivi politici (Eluard, non rendendosi conto della realtà dei fatti, diviene accanito sostenitore di Stalin), durante la seconda guerra mondiale partecipa alla resistenza clandestina. In questi anni si allontana progressivamente dal Surrealismo per ricercare un’espressione più immediata e per affrontare temi di più aperto impegno civile. Muore nel 1952.
Secondo Eluard la missione della poesia è quella di rinnovare il linguaggio allo scopo di effettuare poi radicali cambiamenti in tutti gli ambiti dell’esistenza umana. Egli vede la poesia come un’azione capace di provocare una sorta di consapevolezza nel lettore, e svelare la realtà interiore di ciascuno.
Da questa concezione deriva la peculiarità dell’esperienza surrealista di Eluard: egli si avvale del dettato dell’inconscio, di immagini oniriche, della vertigine data dall’esplorazione dei propri abissi interiori per evocare in chi legge la consapevolezza del proprio Io.
Di certo influenzato dalla sua vicenda personale e dall’intensa passione per Gala, Eluard pone al centro delle proprie liriche l’amore, percepito come una forza liberatrice in grado di disseminare la verità tra gli uomini; l’amore opera infatti una rivoluzione dello spirito e con l’unione di due anime differenti tra loro genera una forma di surrealtà.
Le liriche d’amore dunque sono una parte preponderante della produzione surrealista eluardiana, e mostrano o la surrealtà intesa come unione d’amore (“L’amoureuse”) oppure gli effetti visionari dell’amore, come ben si può notare in “Première au monde” tratta da “Capitale de la doleur”.(1926)
L’amoureuse
Elle est debout sur mes paupières Lei sta in piedi ritta sulle mie palpebre
Et ses cheveux sont dans les miens, E i suoi capelli sono nei miei,
Elle a la forme de mes mains, Lei ha la forma delle mie mani,
Elle a le couleur de mes yeux, Lei ha il colore dei miei occhi
Elle s’engloutit dans mon ombre Lei è inghiottita nella mia ombra
Comme une pierre sur le ciel. Come una pietra si staglia nel cielo
Elle a toujours les yeux ouverts Lei ha sempre gli occhi aperti
Et ne me lasse pas dormir. E non mi permette di dormire.
Ses reves en pleine lumière I suoi sogni nella luce splendente
Font s’évaporer les soleils Fanno sì che i soli evaporino,
Me font rire, pleurer et rire, Mi fanno ridere, piangere e ridere,
Parler sans avoir rien à dire. Parlare senza avere nulla da dire.
Prima al mondo
Schiava della paura, agonizzante folle,
La luce su di te si cela, vedi il cielo:
ha chiuso gli occhi per darsi al tuo sogno,
Ti ha richiusa la veste per spezzare i tuoi vincoli.
Davanti alle ruote annodate
Ride spiegato un ventaglio.
Fra le reti ambigue dell’erba
Si offuscano le strade.
Non puoi tu prendere l’onde
Dove le barche sono mandorle
Nella palma calda e morbida
O alle anella dei capelli?
Non puoi tu prendere le stelle?
Divaricata le somigli,
In quei nidi ardenti e vivi
E il tuo splendore si moltiplica.
Dall’alba imbavagliata un sol grido vuol sorgere,
Un sole roteante scorre sotto la scorza,
Su le tue palpebre chiuse verrà.
O dolce, quando dormi giorno e notte si uniscono.
“L’amoureuse” è una lirica giocata sulla musicalità, peraltro connaturata alla lingua francese, dell’alternanza di vocali aperte e chiuse, che determinano un ritmo cadenzato a cui fa da contraltare la presenza di rime che non seguono uno schema definito.
Sono presenti immagini audaci tipicamente surrealiste, quali lo “stare ritto sulle palpebre” o i “soli che evaporano”: esse creano stupore lasciando spazio al non detto, alla psiche del lettore, cui viene rimandata la scoperta di un eventuale significato, di una verità nascosta, che nemmeno il poeta razionalmente riesce ad afferrare, ma che la sua psiche conosce e tenta di trasmettere.
In “Prima al mondo” invece è proprio questo aspetto evocativo a predominare all’interno della composizione, con moltissime immagini onirico-metaforiche dall’ignoto significato, su tutte i versi 5-6, la cui raffigurazione rimanda inevitabilmente a qualsiasi opera pittorica surrealista (Dalì, Mirò..)
Anche nella lirica, dunque, si tenta di attuare quell’unione superiore di sogno e realtà, e si realizza quell’intento costruttivo proprio dell’arte surrealista, allo scopo di creare un mondo in grado di permettere la completa espressione dell’essenza dell’uomo.
Andrè Breton
Nato a Tinchebray nel 1896, studia neuropsichiatria a Parigi e nel 1921 incontra Freud a Vienna; durante la Grande Guerra presta servizio in ospedali psichiatrici francesi, ove ha modo di applicare le metodologie terapeutiche freudiane. Medico fino al 1919 è tra i fondatori della rivista "Littérature". Fino al 1933 aderisce al Partito Comunista Francese.
Nel 1924 pubblica il Manifesto del Surrealismo, prima formulazione teorica del movimento di cui è il principale artefice e organizzatore.
Obbedendo al principio per cui il surrealista non deve fare "letteratura", si esprime nelle forme più varie: esperimenti di scrittura automatica (Campi magnetici,1920), simulazioni di patologie del linguaggio, racconti tra sogno e realtà (Nadja, 1928), poesie che conoscono momenti di gaiezza su un fondo di tenebra e delirio (Antologia dello humour nero, 1937).
Breton condanna la ricerca calcolata della felicità limitata alla realtà prudente e senza sorprese, che rinuncia al sogno e al desiderio, asserendo che solo nel sogni l'uomo è completamente libero, tutto è possibile.
Nel 1940 emigra negli Stati Uniti, in seguito all’occupazione tedesca della Francia.
Nel 1953 pubblica un’antologia delle sue poesie, già apparse in varie raccolte. Rientrato in Francia dopo la guerra, muore a Parigi nel 1966.
All’interno della sua poesia sono rintracciabili tutti i tratti distintivi del Surrealismo, ed anche, come nelle liriche di Eluard, un accesa musicalità di derivazione Verlaineiana, atta ad incrementare l’evocatività delle immagini (non si dimentichi l’importanza del suono delle parole per la formazione di immagini oniriche).
Ne abbiamo un esempio nel poema “Ma Femme a la chevelure de feu de bois”:
Ma Femme a la chevelure de feu de bois
[…]
A la taille de sablier
Ma femme a la taille de loutre entre les dents du tigre
Ma femme a la bouche de cocarde et de bouquet d'étoiles de dernière grandeur
A les dents d'empreintes de souris blanche sur la terre blanche
A la langue d'ambre et de verre frottés
Ma femme a la langue d'hostie poignardée
A la langue de poupée qui ouvre et ferme les yeux.
[…]
La mia donna ha la capigliatura di fuoco di legno
[…]
Ha la sembianza di clessidra
La mia donna ha sembianza di lontra entro denti di tigre
La mia donna ha la bocca di coccarda e di bouquet di stelle di estrema grandezza
Ha i denti d’impronte di topo bianco sulla terra bianca
Ha la lingua d’ambra e di bicchieri strofinati
La mia donna ha la lingua di ostia pugnalata
Ha la lingua di bambola che apre e tiene fissi gli occhi.
[…]
Louis Aragon
Louis Aragon è un altro tra i maggiori esponenti del surrealismo letterario. Poeta e saggista, nei suoi lavori riflette le principali correnti di pensiero del ventesimo secolo. Nato a Parigi nel 1898 frequenta il liceo per poi intraprendere gli studi di medicina nel 1916. Durante la Grande Guerra è per brevi periodi dottore ausiliario al fronte; al termine del conflitto prosegue gli studi. E’ stato fondatore, insieme con Breton e Soupault, della rivista Littérature.
In ambito surrealista si colloca Le Libertinage (1924), una raccolta di brevi racconti posti l’uno accanto all’altro come un collage surrealista.
Tale tecnica è utilizzata anche all’interno dei singoli racconti, come ne “Il grande Torus”, ove Aragon giustappone i preparativi per un matrimonio con le immagini di una guerra nascente: “Sangue scorre nella città ribelle. Ora l’uomo sta guardando una toppa di stelle e le bianche calze della sposa sono tirate su fino alle sue cosce. Ombre danzano nel vento.”
Sin dal principio Aragon si fa sostenitore dell’automatismo psichico e della scrittura automatica quali rivelatori di genio poetico, se genio poetico c’è, sostenendo che “se voi scrivete, seguendo il metodo surrealista, delle tristi idiozie, queste resteranno delle tristi idiozie.” Diversamente la pensava Breton, il quale sosteneva la non esistenza di una gerarchia estetica nel contesto dell’arte surrealista.
Successivamente Aragon divenne membro del Partito Comunista, e nel 1930 visitò l’Unione Sovietica. Questo viaggio, oltre che permettergli di conoscere Elsa Triolet (sorella dello scrittore russo Mayakovskij) che poi sarebbe divenuta sua moglie, provocò in lui un mutamento di idee, che lo portò alla rottura con i surrealisti. Egli dedicò il resto della sua vita all’impegno sociale e politico, in scritti come Il fronte rosso e collaborando attivamente con la resistenza, sia in Francia che in Spagna. Morì a Parigi nel 1982.
SOMNIUM SCIPIONIS.
Come già rilevato da Freud nella prefazione dell’Interpretazione dei sogni alcune caratteristiche del lavoro onirico erano già note nell’antichità. Per esempio Aristotele era a conoscenza dell’influenza degli stimoli somatici sul lavoro onirico; egli infatti affermò che “ gli uomini credono di stare camminando attraverso il fuoco e sentono un terribile caldo, quando sono appena accaldati in qualche parte del corpo.”
Era comunque prassi usuale nell’antichità, ma non solo, attribuire ai sogni valore premonitorio, e proprio questo aspetto affascinava anche la pratica letteraria.
Illustre esempio di ciò si ha nel Somnium Scipionis ciceroniano.
Il Somnium Scipionis è la parte finale del De Republica (54-51 a.C.) di Cicerone, un dialogo in sei libri che riguarda le visioni dell’antichità classica circa il governo.
Il genere letterario del Somnium è dunque sicuramente quello politico, o di filosofia politica.
Il De Repubblica appartiene alle opere politiche di Cicerone. L’intento dell’autore è quello di rafforzare il potere della repubblica romana considerata come unico modello in cui si fondono aristocrazia (rappresentata dal senato), monarchia (rappresentata dal consolato) e democrazia (rappresentata dai comizi), le tre forme di governo sostenute dai grandi filosofi, Platone e Aristotele.
La repubblica è la forma di governo necessaria per non cadere dove degenerano la democrazia, l’aristocrazia, e la monarchia, ossia rispettivamente nella tirannide, nell’oligarchia e nella demagogia. Cicerone sostiene fermamente che l’impegno politico deve essere considerato come un servizio finalizzato al bene della comunità; a tale idea si collega quella del premio celeste che spetta a coloro che hanno servito e sono vissuti per la patria .
Il De Republica fu scritto intorno al 54 a.C.; esso risente della situazione politica di Roma e della crisi istituzionale causata dal I Triumvirato.
I principali protagonisti del dialogo sono Scipione Emiliano e l’amico Gaio Lelio. Il primo è figlio di Lucio Emilio Paolo e nipote adottivo dell’Africano, il secondo invece era stato un eccellente oratore del tempo. Gli altri personaggi sono membri del cosiddetto circolo degli Scipioni; sono inoltre presenti personaggi più giovani, parenti o amici dei protagonisti.
Il Somnium ha inizio con il nono capitolo del sesto libro del De Republica. E’ il racconto da parte di Scipione Emiliano di un sogno avuto vent’anni prima, durante la terza guerra punica: è significativa la constatazione ““Hic mihi (credo equidem ex hoc quod eramus locuti[…] Africanus se ostendit …” [“A questo punto mi si mostrò l’Africano (credo per l’argomento di cui avevamo parlato…)”…]
con la quale si mostra come fosse già palese nel I sec. a.C. la stretta connessione tra il sogno e le esperienze del giorno addietro.
La struttura del dialogo presenta una cornice narrativa (il discorso con Massinissa) entro cui si colloca il sogno vero e proprio, descritto fino al risveglio “Ille discessit; ego somno solutus sum..”
[“Egli se ne andò; e io mi sciolsi dal sonno.”]
Il corpus del Somnium consta dell’apparizione dell’Africano il quale, dopo aver predetto all’Emiliano le future imprese gloriose e la morte prematura, gli mostra lo spettacolo grandioso delle sfere celesti, rivelandogli che l’immortalità e una dimora in cielo, nella via Lattea, sono il premio riservato dagli dei alle anime dei grandi uomini di stato, benefattori della patria.
In questo celebre testo Cicerone si ispira a svariate dottrine:
• Pitagorica, con la credenza della via Lattea come sede delle sfere celesti, la teoria degli influssi astrali, la simbologia numerica (numero 7 = numero perfetto) e l’ origine celeste dell’anima;
• Stoica, con la concezione della supremazia dell’impegno politico sulle altre attività e la sopravvivenza astrale delle anime dei sapienti;
• Platonica. Quest’ ultima è palese nella concezione dell’immortalità dell’anima nonché nel passo in cui si nega la liceità del suicidio, dal momento che Cicerone adduce le stesse motivazioni date da Platone nel Fedone: anche se la vita vera a cui l’anima umana aspira non è quella terrena, ma quella che l’attende dopo la liberazione dalle catene del corpo, non spetta all’uomo ma alla divinità, che governa il mondo, stabilire quando è il momento, per il singolo individuo, di lasciare questa vita; anticipando di sua iniziativa la morte, l’uomo verrebbe meno al compito affidatogli dalla divinità.
Nel contesto di quest’opera, ma comunque in generale per Cicerone, si può parlare dunque di eclettismo filosofico.
Per ciò che concerne lo stile ed il linguaggio, essi si compongono di diversi registri linguistici e di una varietà di soluzioni formali tendenti sempre ad uno stile maestoso ed elevato, talvolta permeato di arcaismi e termini rari.
Da rilevare è anche l’impegno ad adeguare la lingua della composizione a quella in cui si immagina sia svolto il dialogo (129 a.C.)..
A MIDSUMMER NIGHT’S DREAM.
Un altro illustre esempio di utilizzo letterario dell’ ”espediente sogno” è fornito dal celebre “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare
“A midsummer night’s dream” è una commedia composta da quattro trame che si intrecciano fra loro e presenta quattro gruppi di personaggi: Teseo, duca di Atene, e Ippolita, regina delle Amazzoni, il cui matrimonio fornisce la cornice per l’intera vicenda; quattro amanti ateniesi (Elena, Ermia, Demetrio e Lisandro) la cui felicità è resa possibile soltanto alla fine; le Fate che da figure mitologiche divengono personaggi reali e i lavoratori di Atene, attori improvvisati che tentano di rappresentare il dramma Piramo e Tisbe in occasione delle nozze di Ippolita e Teseo.
(I) La commedia ha inizio nel palazzo di Teseo, ove Egeo si lamenta col duca di sua figlia Ermia. Ella desidera sposare Lisandro, mentre egli ha già dato il consenso a Demetrio di sposarla. Nel contempo vi è Elena, amica di Ermia, la quale è innamorata di Demetrio. Lisandro ed Ermia progettano di fuggire nel bosco e sposarsi segretamente, e Demetrio, venutolo a sapere, la notte della fuga li segue, così come Elena, non vista, segue lui.
(II) Il bosco si rivela un luogo insolito popolato di figure magiche: appaiono il re e la regina delle fate, Oberon e Titania, i quali hanno appena litigato. Per ottenere ciò che desidera (il possesso di un paggio) Oberon manda il folletto Puck a cogliere dei fiori contenenti un succo magico d’amore e ne versa parte sulle palpebre di Titania mentre ella dorme. Il rimanente è destinato a Demetrio, per far sì che si invaghisca di Elena, ricambiando il suo amore. Tuttavia Puck scambia Lisandro per Demetrio, creando una catena di equivoci ErmiadLisandroLElenaEDemetrioDErmia.
(III) La mattina seguente un gruppo di lavoratori ateniesi si ritrova nel bosco per eseguire una prova del dramma Piramo e Tisbe da rappresentare in occasione delle nozze di Teseo ed Ippolita. Il dispettoso Puck pone sulle spalle di uno di essi, Rocchetto, una finta testa d’asino: mentre gli altri attori lo abbandonano spaventati, egli, indispettito poiché non riesce a vedere il magico copricapo che indossa, intona un canto che desta Titania: ella, a causa del magico succo d’amore postole sulle palpebre, s’invaghisce di lui.
(IV) Oberon decide di interrompere l’incantesimo poggiando delle erbe magiche sulle palpebre di Titania: l’ordine viene ristabilito anche nelle relazioni sentimentali dei giovani, i quali sono fatti addormentare da Puck nella foresta. Essi vengono risvegliati da Egeo, Ippolita e Teseo che perdonano loro l’avventata fuga. Rocchetto recupera le sue sembianze originarie.
(V) Si celebrano i matrimoni di Teseo con Ippolita, Lisandro con Ermia e Demetrio con Elena, mentre la compagnia di Rocchetto può goffamente recitare il suo dramma
A midsummer night’s dream è forse uno dei capolavori meglio riusciti di William Shakespeare, una brillante commedia frutto di un sapiente gioco di illusioni ed equivoci che tengono il lettore sospeso in un mondo ove realtà e fantasia si amalgamano a tal punto quasi da fondersi e creare una distaccata perdita di certezze.
Appunto a questo scopo è confacente il sogno: esso rappresenta lo spazio ed il momento in cui s’incontrano e si uniscono le due sfere della realtà e dell’irrealtà..
E mirabile è il modo in cui Shakespeare fa giocare questi due piani tra di loro.
Anzitutto viene spontaneo chiedersi se quanto accade nella selva sia realmente vissuto o soltanto frutto di immaginazione: i quattro nobili ateniesi, una volta che le tensioni si sono risolte, hanno maturato la convinzione di aver sognato.
Dice Ermia(IV ,i, 189-90):
Methinks I see this things with parted eye, (A me pare di aver guardato con gli occhi torti,
When everything seems double. Quando le cose si vedono sdoppiate).
E Demetrio (IV, i, 192-95)
Are you sure ( Ma sei proprio sicura
That we are awake? It seems to me che siam desti? Mi pare
That yet we sleep, we dream. … di dormire ancora, di sognare. …)
Per poi aggiungere, dopo aver sollecitato gli altri a seguire Teseo in città – Teseo comparso non a caso all’alba (IV, i, 199)
And by the way let us recount our dreams (E strada facendo ci racconteremo i nostri sogni)
Rimarranno tutti esterrefatti quando constateranno che i loro sogni collimano!
E’ da notare che nessun personaggio umano vede le Fate. Unica eccezione è Rocchetto, che però crede di aver sognato.
Il gioco delle illusioni è spettacolare e lo si rileva anche su altri livelli, in quella che si potrebbe chiamare una fuga di prospettive.
Sia la storia di Piramo e Tisbe che la fantastica avventura dei quattro giovani appaiono allo spettatore come due irrealtà, pur nella finzione della commedia, in quanto tale.
Ma la prima, nella sua finzione scoperta, viene a conferire –appunto per un gioco di prospettive- solidezza reale all’altra, che invece è sogno.
L’una e l’altra appariranno poi uguali irrealtà agli occhi di Teseo, il quale, tuttavia, non è un personaggio reale, bensì una figura del mito, e quindi finzione lui stesso.
Ma ancora, l’epilogo integra finalmente il tutto nell’illusione, essendo rivolto al pubblico.
Dice Robertino – Puck (V,i,415-18):
If we shadows have offended Se noi ombre vi abbiamo scontentato
Think but this – and all is mended pensate allora - e tutto è accomodato-
That you have but slumber’d here che avete qui soltanto sonnecchiato
While these visions did appear. Mentre queste visioni sono apparse.
And this weak and idle theme, Ed il tema, ozioso e vano,
No more yielding but a dream, che non più di un sogno è stato,
Gentles, do not reprehend: signori, vi prego, non venga biasimato.
If you pardon, we will mend. Se clementi voi sarete, migliori poi ci troverete.
Tutto è dunque sogno ed illusione ,ed il gioco degli specchi produce infinite rifrazioni, che non si limitano soltanto alla sfera del contesto del “dream”. Nel suo ultimo atto, infatti, spettatori dell’interludio “Piramo e Tisbe” non sono soltanto Teseo e Ippolita, e i quattro giovani nobili: spettatori siamo anche noi, ombre con le ombre (shadows), nella scia di un teatro che viene da Shakespeare continuamente paragonato al mondo, come si legge in As You Like It nel King Lear e nel Macbeth “a poor player…”: consci di questa quasi identificazione teatro-vita, nonostante le rassicurazioni di Puck, possiamo benissimo anche noi, in quanto genere umano, e non soltanto gli attori, essere considerati “della stessa sostanza dei sogni”, come si legge in The tempest, atto IV, scena I:
(Prospero)… We are such stuff Noi siamo di quella materia
As dreams are made on (…) di cui sono fatti i sogni (…)
Accanto all’antinomia principale (e per alcuni versi irrisolta) tra sogno e realtà, se ne pone un’altra, ossia quella tra ragione e follia.
Essa emerge nell’ultimo atto, quando l’autore presenta i punti di vista dei vari personaggi riguardo quanto accaduto la notte precedente, nel bosco.
Tutto ciò si risolve in un’appassionata ma celata dichiarazione di poetica.
Poeti ed amanti vengono accomunati da Teseo ai pazzi, eppure dal racconto si evince che nella poesia e nell’amore sono insite verità ben più profonde di quelle che la razionalità apprende e la legge amministra.
Ciò che risalta infatti è che la poesia è stata in grado di creare un’illusione più vera della realtà, nel descrivere il momento e l’attimo dell’amore giovane e spensierato, che una volta vissuto può forse portare al riso, ma che permette la costruzione di un mondo a sé stante, e comunque reale.
A distanza seppur breve i personaggi infatti possono ridere non solo di quanto hanno vissuto ma anche di quella tragedia di Piramo e Tisbe che è anche un po’ la loro.
L’inadeguata esecuzione del dramma ovidiano è non solo una metafora divertente delle frequenti rudimentali imperfezioni della recitazione e degli allestimenti elisabettiani; è anche l’occasione (ed è questa la vera dichiarazione di poetica) per dire che tutto il teatro chiede allo spettatore di credere, per un attimo, al mondo degli incantesimi, e perciò di rientrare, per quell’attimo, nella sfera fantastica di cui si parla, di fare parte del sogno.
Si tratta, in sostanza, dello stesso appello che Coleridge farà al lettore di poesia, la cui sintonizzazione con il peculiare messaggio dell’arte dovrà compiersi mediante una “volontaria sospensione dell’incredulità.”

BIBLIOGRAFIA
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- AAVV, “Enciclopedia medica per la famiglia”, Edizioni M. Confalonieri;
- AAVV, “Enciclopedia multimediale Video Arts” (vol.11 e 13);
- G. Garbarino, “Letteratura Latina” (vol. 2), Paravia;
- Guglielmino-Grossier, “Il Sistema Letterario”(vol. Novecento), Principato;
- William Shakespeare “A Midsummer Night’s Dream”(trad. Marcello Pagnini), Garzanti;
- Spiazzi-Tavella “Only Connect”(vol. 1 e 2), Zanichelli;
- Sigmund Freud “L’interpretazione dei sogni”, TRIS Newton;
- http://www.salvadordali.it;
- http://bh.knu.ac.kr/~kstek/20poesie/Eluard/eluard.htm;
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