Determinazione delle perdite di carico localizzate e distribuite

Materie:Altro
Categoria:Meccanica

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Testo

Vicenza 23/04/2005
ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE
"ALESSANDRO ROSSI"
Via Legione Gallieno, 52-36100 Vicenza
tel. 0444-500566 - fax 0444-501808
e-mail: [email protected]
LABORATORIO DI MECCANICA
Relazione di Meccanica numero 3

DETERMINAZIONE DELLE PERDITE DI CARICO LOCALIZZATE E DISTRIBUITE
CLASSE: 3°CMD
ALUNNI: Pacciana Luca;
Bruttomesso Riccardo.
DOCENTI: Sabin Alfonso;
Tommasini Lorenzo.

Valutazione:
1-SCOPO DELLA PROVA
Lo scopo principale di questa esperienza era di calcolare le perdite di carico che si verificavano nella condotta d’acqua utilizzata. Queste perdite potevano essere:
- Distribuite: sono quelle che il fluido incontra con continuità lungo tutto il percorso;
- Localizzate: sono perdite di energia che il fluido incontra quando lungo il percorso sono ubicate accidentalità, variazioni di sezione, deviazioni, raccordi, ecc..
Inoltre abbiamo ricavato, in un secondo momento, le perdite di carico localizzate particolari di alcune valvole in relazione alla loro apertura.
Per comodità ho preferito suddividere l’esperienza in due parti distinte, la prima riguardante le perdite di carico distribuite e poi quella che riguarda le perdite di energia localizzate della condotta.
2-DESCRIZIONE DEGLI STRUMENTI, APPARECHIATURE E ATTREZZATURE
Per trovare le perdite di carico distribuite, abbiamo utilizzato i seguenti strumenti:
1. tubo di Pitot: è costituito da un tubicino piegato a 90° il cui beccuccio viene immerso
completamente nel fluido in esame e rivolto contro la sua corrente. L’acqua entra nel foro con la sua velocità, viene fermata e trasforma la propria energia cinetica in energia piezometrica e pertanto poi, sul ramo verticale dello strumento, è in grado di salire al di spora del pelo libero del fluido del canale. È necessario ottenere il parallelismo tra la direzione della velocità e la direzione dell’asse del becuccio. Per evitare che attorno allo strumento si formino delle onde per cui risulta difficoltosa la valutazione precisa dell’altezza del liquido, si preferisce, di solito, usare un tubo di Pitot doppio che presenta anche un secondo tubo attorno al primo con la presa d’acqua “statica”, cioè con il foro ad asse verticale. Nelle condotte forzate però, il liquido si trova ad una certa pressione e pertanto, se usassimo il tubo di Pitot aperto, avremmo altezze molto grandi. È necessario allora sfruttare il doppio tubo di Pitot e collegare le due prese (statica e dinamica) ai rami di un manometro differenziale a U con del liquido monometrico. Per calcolare la velocità del fluido si stilla perciò questa formula:
dove Cv : coefficiente caratteristico di taratura dello strumento;
h: differenza tra l’altezza raggiunta dal liquido nel tubo piezometrico con presa dinamica e l’altezza raggiunta dal liquido nel tubo piezometrico con presa statica.
2. tubo piezometrico: è semplicemente un tubo verticale graduato e trasparente collegato direttamente lungo la condotta così che il fluido possa risalire mostrandoci la sua altezza piezometrica. Il fluido si trova alla pressione atmosferica.

3. Venturimetro: viene utilizzato nelle condotte forzate ed è costituito da un tubo di Venturi il quale è un tubo inizialmente convergente e, successivamente, divergente in modo da formare una variazione di sezione che viene valutata da un manometro differenziale ad U. la parte convergente presenta un’ apertura di circa 21°, mentre quella divergente una apertura che varia dai 5° ai 7° in modo da evitare il distacco della vena. La portata si ricava con la seguente formula:
dove α: coefficiente di portata che si estrae dalle tabelle CNR – UNI 10023;
pm : massa specifica del liquido monometrico;
p: massa specifica del fluido analizzato;
hm : altezza del manometro differenziale ottenuta dal liquido monometrico.
4. Diaframmi: poiché i venturimetri sono molto ingombranti e bisognerebbe averne uno per ogni tubazione con un determinato diametro, si preferisce utilizzare i diaframmi. Questi ultimi sono però meno precisi e provocano perdite di carico ma comunque meno ingombranti e ne viene usato uno solo da un diametro minimo a uno massimo. Sono costituiti da un disco sottile d’acciaio che presenta un foro centrale attraverso il quale il fluido defluisce e che viene montato trasversalmente alla tubazione per creare una variazione di pressione che viene valutata da un manometro ad U e da un liquido monometrico.
Le attrezzature sfruttate sono state invece le seguenti:
1. Tubi d’acciaio (ma anche di plexiglas): presentavano differenze nelle misure dei loro diametri e avevano dei piccoli fori nella parte superiore per consentire l’istallazione dei piezometri.
2. Vasca di raccolta: nella condotta utilizzata ne avevamo due, una posta in cima al percorso (che alimentava lo strumento), e l’altra che raccoglieva il fluido per poi riportarlo nella prima vasca di raccolta (operazione consentita grazie all’utilizzo di una pompa).
3. Scatola di derivazione: sono particolari “scatole” che avevano il compito di suddividere la condotta principale in due o più condotte che si riunivano poi nella Scatola di raccolta posta poco più avanti.
4. Bidone: parte della condotta di forma cilindrica con diametro maggiore di quello della condotta originaria. Il suo compito è quello di provocare un brusco allargamento nel momento in cui il fluido si immette al suo interno, e un brusco restringimento quando il fluido ne esce.
L’unico apparecchio utilizzato per calcolare le perdite di carico distribuite è stato:
1. Pompa: con la quale davamo energia al fluido che risaliva, dalla vasca di raccolta posta in fine della condotta, fino ad arrivare alla vasca superiore.
3-BREVE TRATTAZIONE TEORICA DELL’ARGOMENTO
Partendo dalla semplice equazione di Bernoulli per i liquidi reali e considerando le tre energie espresse in metri:
- altezza geodetica;
- altezza cinetica;
- altezza piezometrica;
notiamo così che le due altezze cinetiche sono uguali poiché il liquido è in regime permanente ed è costante il diametro della tubazione. Ma ci accorgiamo anche che le due altezze geodetiche sono relative all’ unica quota 0. Perciò semplificando con quanto detto otteniamo che la perdita di carico è data solamente dalla differenza delle due rimanenti altezze piezometriche:
In caso di differenze tra i diametri è necessario considerare l’energia cinetica con la quale possiamo ricavare le due velocità conoscendone solamente una e le misure dei due diametri.
Le perdite di carico, come già detto, si suddividono in distribuite e localizzate. Le prime si possono calcolare con la formula di Darcy e Meisbach:
Dove λ: fattore d’attrito, numero dimensionale che dipende dal regime della vena: se il regime è laminare dipende solamente dalla viscosità del fluido e vale:
Ma se è turbolento dipende da R e dalla rugosità della superficie interna del tubo e si può ricavare dal diagramma di Moody.
Di: diametro idraulico.
Le perdite di carico localizzate, invece, si possono trovare grazie alla formula:
Dove ξ (csi): coefficiente che dipende dal fluido e dall’accidentalità e ricavabile grazie ad apposite tabelle.
4-CONDOTTA DELLA PROVA
Utilizzando una pompa, abbiamo messo in circolo l’acqua che, per motivi pratici, è stata colorata con del colore solubile. Una volta assicuratici che il fluido fosse in regime permanente (sfruttando l’indicatore di portata) abbiamo proceduto leggendo e annotando qualunque valore di altezza raggiunta dal liquido si presentasse nei tubi di Pitot e in tutti i piezometri. Ma abbiamo considerato notevolmente anche tutti i manometri differenziali (sia ad acqua che a mercurio) presenti nei diaframmi e nel venturimetro. Tutto questo riportando i dati in un’apposita tabella e facendo riferimento allo schema che il professore ci aveva precedentemente consegnato. Inoltre ci siamo accertati di quale fosse stata la portata di fluido transitante nella condotta e il dato ottenuto è stato di 3,55 m3/h.

5-RACCOLTA ED ELABORAZIONE DEI DATI
Questa tabella seguente raccoglie tutti i dati relativi alle altezze traguardate dal fluido all’interno dei tubi piezometrici e tubi di Pitot:
Diametro della condotta ø [mm]
Punto di Presa
h della colonna di liquido [cm]
hmax della presa dinamica del tubo di Pitot [cm]
54,2
Tubo di Pitot 1
197
202
54,2
Tubo di Pitot 2
193
197
54,2
Tubo di Pitot 3
193
/
54,2
Tubo di Pitot 4
192,3
/
54,2
Tubo di Pitot 5
192
/
54,2
Tubo di Pitot 6
192
194
54,2
Tubo di Pitot 7
190
/
54,2
Tubo di Pitot 8
189
/
54,2
Tubo di Pitot 9
186,5
/
131,1
Tubo di Pitot 10
186,5
187,5
54,2
Tubo di Pitot 11
182,2
/
42,8
Tubo di Pitot 12
175,5
180
28,2
Tubo di Pitot 13
177,8
179,9
17
Tubo di Pitot 14
177
179
42,8
Tubo di Pitot 15
168,9
/
42,8
Tubo di Pitot 16
162
/
42,8
Tubo di Pitot 17
160,3
/
42,8
Tubo di Pitot 18
156,8
/
42,8
Tubo di Pitot 19
155,6
/
42,8
Tubo di Pitot 20
144,4
/
42,8
Tubo di Pitot 21
48,5
/

Quest’altra tabella, invece, raccoglie i valori riguardanti i manometri differenziali utilizzati:
Punto di Presa
Livello min e max [cm Hg]
Livello min e max [cm H2O]
Diaframma
- 4,2 / 4,2
22,4 / 4,2
Venturimetro
/
/
Oltre alle perdite di carico, oggetto di questa relazione, non eravamo a conoscenza nemmeno di altri dati utili come la velocità del fluido in particolari zone della condotta. Per questo motivo abbiamo proceduto matematicamente utilizzando formule e facendo spesso calcoli. Per calcolare, per esempio, ∆h abbiamo dovuto effettuare la differenza tra i valori di hmax della presa dinamica e quelli di hmin della presa statica. Per la velocità invece, abbiamo utilizzato la formula:
Dove Cv: coefficiente di taratura che si avvicina all’unità e perciò noi la consideriamo pari a 0,99.
Diametro della condotta ø [mm]
Punto di Presa
hmin della presa statica [cm]
hmax della presa dinamica [cm]
∆h [cm]
v [m/s]
54,2
Pitot 1
197
202
5
0,981
54,2
Pitot 2
193
197
4
0,877
54,2
Pitot 6
192
194
2
0,620
131,1
Pitot 10
186,5
187,5
1
0,439
42,8
Pitot 12
175,5
180
4,5
0,930
28,2
Pitot 13
177,8
179,9
2,1
0,635
17
Pitot 14
177
179
2
0,620
Con questa tabella abbiamo infine calcolato le perdite di carico distribuite:

Diametri delle condotte ø [mm]
Punti di Presa
∆h [cm]
Y [m]
54,2 – 54,2
Tubo di Pitot 1 – 2
4
0,04
54,2 – 54,2
Tubo di Pitot 2 – 3

54,2 – 54,2
Tubo di Pitot 3 – 4
0,7
0,007
54,2 – 54,2
Tubo di Pitot 4 – 5
0,3
0,003
54,2 – 54,2
Tubo di Pitot 5 – 6

54,2 – 54,2
Tubo di Pitot 6 – 7
2
0,02
54,2 – 54,2
Tubo di Pitot 7 – 8
1
0,01
54,2 – 54,2
Tubo di Pitot 8 – 9
2,5
0,025
54,2 – 131,1
Tubo di Pitot 9 – 10

0,00826
131,1 – 54,2
Tubo di Pitot 10 – 11
4,3
0,0347
54,2 – 54,2
Tubo di Pitot 9 – 11
4,3
0,043
54,2 – 42,8
Tubo di Pitot 11 – 12
6,7
0,068
54,2 – 28,2
Tubo di Pitot 11 – 13
4,4
0,05
54,2 – 17
Tubo di Pitot 11 – 14
5,2
0,0582
42,8 – 42,8
Tubo di Pitot 12 – 15
6,6
0,0514
28,2 – 42,8
Tubo di Pitot 13 – 15
8,9
0,0649
17 – 42,8
Tubo di Pitot 14 – 15
8,1
0,0612
54,2 – 42,8
Tubo di Pitot 11 – 15
13,3
0,119
42,8 – 42,8
Tubo di Pitot 15 – 16
6,9
0,069
42,8 – 42,8
Tubo di Pitot 16 – 17
1,7
0,017
42,8 – 42,8
Tubo di Pitot 17 – 18
3,5
0,035
42,8 – 42,8
Tubo di Pitot 18 – 19
1,2
0,012
42,8 – 42,8
Tubo di Pitot 19 – 20
11,2
0,112
42,8 – 42,8
Tubo di Pitot 20 – 21
95,9
0,959
54,2 – 42,8
Tubo di Pitot 1 – 21
148,5
1,47
6-CONCLUSIONI
Per concludere posso dire che la prova è stata svolta con discreto successo nonostante abbiamo riscontrato vari tipi di errori. Questi sono stati causati da vari inconvenienti come, per esempio, il regime non permanente del fluido all’interno della vena che presentava variazioni di pressione nei tubi piezometrici. Ma ci sono stati errori anche nel rilevamento dei valori delle altezze dovute all’operatore. La lettura dei valori degli strumenti, effettuata abbastanza grossolanamente, ha causato notevoli errori così che i dati raccolti spesso non sono considerabili. Anche la portata Q utilizzata ci ha spinto a commettere degli errori poiché il misuratore istantaneo non possedeva buona precisione. Per le misure di velocità, come già detto, abbiamo considerato Cv, il coefficiente caratteristico, pari a 0,99. Riguardo al banco, abbiamo notato le differenze di perdite di carico tra i tratti rettilinei, tra le brusche variazioni di sezione e anche tra curve e curve a gomito. Da queste osservazioni abbiamo potuto dedurre, per esempio, che le perdite lungo i tratti rettilinei sono minori di quelli riscontrati nelle condotte che presentavano curve o curve a gomito. Le perdite di carico più “interessanti” si sono trovate nelle condotte 12,13 e 14: difatti le perdite in queste tre tubazioni sono risultate uguali nonostante esse avessero diverso diametro. Questo è stato possibile ricordando la formula delle perdite di carico distribuite:
nella quale osserviamo che le perdite sono proporzionali alla velocità del fluido elevato alla seconda. Da questa affermazione deduciamo che, nella condotta con diametro più piccolo, è necessario che il fluido abbia una velocità bassa per far sì che le sue perdite siano uguali a quelle di una tubazione con diametro maggiore (al cui interno scorrerà perciò il liquido ad alta velocità).
Ora trattiamo le perdite di carico localizzate che sono perdite di energia che il fluido incontra quando, lungo il suo percorso, sono ubicate delle accidentalità come brusche variazioni di sezione (allargamenti o restringimenti), deviazioni, raccordi a T e a V, confluenze, valvole, strumenti di misura o altro.
1-DESCRIZIONE DEGLI STRUMENTI, APPARECHIATURE E ATTREZZATURE
A differenza della prima parte, è stato introdotto l’utilizzo di altri due attrezzi di misurazione:
1. Manometro differenziale a mercurio: del quale nella prova ce ne siamo serviti ponendone due subito dopo due manometri a mercurio. Questo manometro è dotato di un tubo a U collegato in due punti della tubazione, all’interno del quale vi scorre un fluido, che il più dei casi è mercurio, e serve per calcolare la differenza raggiunta dai livelli nei due rami data la pressione della tubazione;
2. Misuratore di portata a colonna di mercurio, ovvero un apparecchio in grado, tramite una colonna contenente mercurio, di indicare la portata istantanea della tubazione, mostrandola con il livello del mercurio su una scala graduata riportante i litri per ora.
Nella seconda prova sono state utilizzate le attrezzature seguenti:
1. Tronchetto: ovvero un tubo di sezione pari a 27 mm;
2. Valvola a sfera: una valvola composta da una parte sferica unita ad un volantino per permetterne la rotazione. La sfera è cava all’interno ed è in grado di ruotare di 90°, così facendo, inserendo la sfera in una sezione di tronchetto di tubazione, si può chiudere la sezione o permetterle di far scorrere il fluido facendola ruotare e mettendo quindi il foro della sfera sullo stesso asse della tubazione. La sfera era di sezione pari al tronchetto, 27mm;
3. Valvola a globo: una valvola composta internamente da un disco, il quale comandato dal volantino con un sistema vite-madrevite, va in rotazione e permette la chiusura della sezione. Anche questa valvola può essere innescata in un tronchetto ed il suo disco interno di chiusura ha una sezione di 27 mm;
4. Valvola a disco: detta anche a saracinesca, è composta da un sistema di chiusura dotata, come nella precedente, di un disco che, comandato con un volantino a funzionamento vite-madrevite, permetteva al disco di scorrere perpendicolarmente all’asse della tubazione e chiuderla, totalmente o parzialmente, per creare volute perdite di carico. Anche questo tipo di valvola si può innescare in un tronchetto e, nella prova, il disco era ugualmente agli altri casi di sezione di 27 mm.
L’unico apparecchio utilizzato per calcolare le perdite di carico localizzate è stato:
1. banco Astra: ovvero una condotta dalla quale, utilizzando dei rubinetti, si era in grado di dirigere il fluido in una sezione di tubazione interrotta e divisa da due bocche in un punto. Una parte della sezione era fissa e l’altra mobile tramite un volantino con funzionamento vite-madrevite, questo per distanziare in modo corretto le due bocche e poter inserire quindi diversi tronchetti per chiudere la tubazione. Tra le due bocche vi era differenza di pressione, misurabile con un manometro differenziale a U. Le estremità del manometro erano collegate alle boccole sfocianti in quattro vie selezionabili singolarmente, ognuna con un proprio misuratore e scala di portata. Il fluido in fine era convogliato grazie alla caduta libera in una cisterna con misuratore di riempimento e di portata, la quale era comunque regolabile tramite un rubinetto all’ingresso.
2-CONDOTTA DELLA PROVA
Innanzitutto abbiamo dovuto considerare che durante l’esperienza avremmo incontrato comunque delle perdite di carico distribuite e, per evitare di commettere errori troppo grandi, abbiamo calcolato le perdite distribuite del tronchetto semplice. Lo abbiamo introdotto tra le bocche di misura del banco Astra e lo abbiamo serrato con il volantino. Abbiamo quindi impostato la bocca di deflusso del fluido voluta con la scala graduata del misuratore di portata. Una volta azionata la pompa e aperto il rubinetto di deflusso dell’acqua, abbiamo fatto scorrere il fluido attraverso il tronchetto calcolando quindi la perdita distribuita. Questo valore è stato sottratto a quello ricavato dalle esperienze così da ottenere solamente le perdite di carico localizzate poiché:
Al fine di conoscere meglio il comportamento delle valvole, abbiamo preferito variare la posizione del volantino di ogni valvola, perciò lo abbiamo posto in posizione di interdizione del fluido e in conduzione del fluido (con la valvola chiusa e aperta).
3-RACCOLTA ED ELABORAZIONE DEI DATI
Ponendo costante la portata di acqua fluente pari a 3 m3/h, questa è la tabella riguardante le altezze traguardate dal manometro differenziale a U e alle relative perdite di carico.
Tipo di Valvola
Stato do apertura del volantino [%]
Perdita di Carico Ph [mmHg]
Senza Valvola
100
32
Valvola a Sfera

50
/
100
51
Valvola a Disco

50
164
100
38
Valvola a Globo

50
/
100
/

La perdita di carico localizzata, espressa in metri, si ottiene sottraendo le altezze delle colonne piezometriche e, una volta sottratto il valore della perdita distribuita da quella ottenuta, ricaviamo finalmente la misura della perdita incognita. Lo trasformiamo, per comodità, in metri per colonna d’acqua (mH2O):
e troviamo il suo coefficiente e dipendente dal fluido e dall’accidentalità. Così facendo possiamo calcolare la velocità del fluido che scorre tra i tronchetti che equivale a:
Tipo di Valvola
Stato di apertura [%]
Perdita di Carica Ph [mmHg]
h = hl [mmHg]
Yl [m]
Senza Valvola
100
32

Valvola a Sfera

50
/
/
/
/
100
51
19
0,258
2,41
Valvola a Disco

50
164
132
1,79
16,7
100
38
6
0,0814
0,760
Valvola a Globo

50
/
/
/
/
100
/
/
/
/
4-CONCLUSIONI
La prima cosa che posso notare osservando la tabella ottenuta, riguarda tutte le valvole con uno stato di apertura dello 0 %, cioè completamente chiuse. Difatti quando il flusso dell’acqua viene bloccato totalmente si hanno delle perdite di carico praticamente infinite. Anche in questa esperienza, comunque, abbiamo riscontrato notevoli errori che possono essere stati causati dalla lettura dei valori sul manometro differenziale, o dall’errato esame che l’operatore aveva sui vari tronchetti e sulla loro apertura. Proprio per questo genere di errori dalla prova abbiamo ricavato dei dati di perdita di carico localizzata abbastanza elevati, come si può notare dalla tabella sopra riportata.

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