La peste, di Albert Camus

Materie:Scheda libro
Categoria:Lettere
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Testo

FABRIZIO NICOLINI 3^AM SCHEDA DEL LIBRO DI ALBERT CAMUS: LA PESTE

TITOLO:
La peste

AUTORE:
Albert Camus

EDIZIONE:
© 1947 by Édition Gallimard
©1948/2004 RCS Libri S.p.A.
XXIV edizione Tascabili Bompiani

ANNO DI EDIZIONE:
2004

RIASSUNTO:
Orano un giorno d’aprile, il medico Rieux scopre il cadavere di un ratto sul suo pianerottolo. Il portinaio, il signor Michel, pensa che siano dei burloni che si divertono a mettere questi cadaveri di ratti all’interno dell’edificio. A mezzogiorno, Rieux accompagna alla stazione la moglie che, malata, parte a farsi curare in una città vicina, qui alla stazione incontra il giudice Othon col figlio e cominciano a parlare del gran numero di topi morti trovati, e neanche a farlo apposta passa un manovale con una cassa piena di queste bestie morte. Si comincia a pensare ad un rimedio al gran numero di topi che muoiono all’aperto ogni giorno, allora si pensa che degli operai del comune, ogni mattina presto sarebbero dovuti passare a raccoglierli, anche se nel corso della giornata questi animali tornano a comparie. Alcuni giorni più tardi, un’agenzia di stampa annuncia che più di sei mila ratti sono stati raccolti quel giorno. L’allarme aumenta. Alcune persone iniziano a prendersela col sindaco. Quando, improvvisamente, il numero di cadaveri diminuisce, le strade tornano pulite, la città si crede salva.
Il Signor Michel, il portinaio, cade però malato con dei bubboni sul petto. Rieux tenta di curarlo la malattia peggiora rapidamente. Rieux non può fare nulla per salvarlo. Il portinaio soccombe ad un male violento e misterioso.
Rieux è chiamato da Grand, un dipendente del Municipio. Ha appena impedito ad un certo Cottard di suicidarsi. Le morti si moltiplicano. Rieux consulta i suoi colleghi. Il vecchio Castel, uno di loro, conferma i suoi sospetti: si tratta di peste. Dopo molte riserve e lentezze amministrative, Rieux ottiene che le autorità prendano coscienza dell’epidemia prendendo precauzioni precise per questa malattia però senza farlo sapere alla gente che sarebbe scappata così diffondendola e si decide di chiudere la città e dichiarare lo stato di peste.
La città si chiude poco a poco nell’isolamento, esso unito alla paura modificano i comportamenti collettivi ed individuali: “la peste fu un affare di tutti”, dice il narratore.
Gli abitanti devono convivere con l’isolamento sia all’esterno che all’interno . Incontrano difficoltà a comunicare con i loro genitori o i loro amici o i loro compagni che sono all’esterno visto che si era deciso di vietare l’uso del telefono causa le file che si formavano alle cabine pubbliche, se non cause di vera emergenza; si decise alla fine di utilizzare il telegrafo per comunicare. A fine giugno, Rambert, un giornalista parigino separato della sua compagna, domanda invano l’appoggio di Rieux per raggiungere Parigi. Cottard che aveva, in aprile, per ragioni sconosciute tentato di suicidarsi, sembra provare una insana soddisfazione nella disgrazia dei suoi concittadini. Gli abitanti di Orano tentano di compensare le difficoltà dell’isolamento, abbandonandosi ai piaceri materiali. Grand, il dipendente municipale, si concentra sulla scrittura di un libro di cui riscrive ossessivamente la prima frase.
Padre Paneloux indica la peste come lo strumento della punizione divina e chiama i suoi fedeli a meditare su questa punizione mandata ad uomini privi di qualsiasi spirito di carità.
Tarrou, figlio di un procuratore e straniero alla città, tiene nei suoi taccuini la sua cronaca dell’epidemia. Egli ha grande fiducia nell’uomo. Dà prova di un coraggio straordinario e si mette a disposizione di Rieux per organizzare un servizio sanitario di emergenza. Rambert si aggrega ai due.
Siamo in estate, la tensione monta e l’epidemia cresce esponenzialmente grazie anche al caldo che fa. Ci sono migliaia di vittime che occorre d’urgenza gettarle nelle fosse comuni, come animali. La forza pubblica è obbligata a bloccare rivolte e saccheggi. Gli abitanti sembrano rassegnati, danno l’impressione di avere perso i loro ricordi e la loro speranza, e non nutrono più illusioni e si limitano ad aspettare...
Tra settembre e dicembre accaddero varie cose, una di queste riguarda Rambert che ha avuto l’opportunità di lasciare la città, ma rinuncia a partire. È deciso a lottare fino alla fine a fianco di Rieux e di Tarrou. L’agonia di un bambino, figlio del giudice Othon e le sofferenze provate dal piccolo innocente scuotono nell’intimo Rieux e minano le certezze di Padre Paneloux. Il prete si rinserra nella solitudine della propria fede, e muore senza avere chiamato i medici, stringendo febbrilmente al petto un crocifisso. Tarrou e Rieux, conoscono un momento di comunione amichevole prendendo un bagno d’autunno in mare. A Natale, Grand cade malato e lo si crede perso. Ma guarisce sotto l’effetto di un nuovo siero. Dei ratti, riappaiono nuovamente ma vivi e si pensa che possa cominciare di nuovo tutto.
È il mese di gennaio e la peste regredisce. Fa tuttavia le ultime vittime: Othon quindi Tarrou che muore, serenamente a casa di Rieux e affida i suoi taccuini al medico. Da quando è evidente la regressione del flagello, l’atteggiamento di Cottard è cambiato. È arrestato dalla polizia dopo una crisi di follia.
Un telegramma arriva a Rieux e diceva che sua moglie è morta.
All’alba di una bella mattina di febbraio, le porte della città si riaprono visto il successo ottenuto con il siero inventato dal dottore e non vi erano stati più ammalati. Gli abitanti gioirono tutto il giorno facendo festa, sparavano fuochi d’artificio, l’unico brutto episodio è quando Cottard comincia a sparare sulle persone, però al di là di questo episodio la gente assaporò finalmente di nuovo il gusto della libertà ma non dimenticano la terribile prova “che li ha messi di fronte all’assurdità della loro esistenza ed alla precarietà della condizione umana.”
Si conosce infine l’identità del narratore che è Rieux, che ha voluto riferire questi eventi con la più grande obiettività possibile e sa che il virus della peste può ritornare un giorno e chiama alla vigilanza.

SCENA PIACIUTA DI PIÙ:
La scena che mi è piaciuta di più è quella che descriveva la riapertura delle porte delle città celebrata una mattina di febbraio all’alba. Tutte le persone, la radio, la televisione, i giornali erano lì per narrare la felicità di quei momenti e quelli di tutto il giorno.

SCENA PIACIUTA DI MENO:
La scena che mi è piaciuta di meno è stata quella in cui un ratto moriva rigurgitando del sangue e c’era Lambert che lo guardava morire fumando una sigaretta.

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