Vittorio Alfieri

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Testo

Vittorio Alfieri
Nasce 1749 ad Asti; intraprende la carriera militare, che subito fallisce. Inizia così nel 1766 la sua lunga e incredibile stagione di viaggi che lo porta attraverso molti luoghi dell’Italia e dell’Europa: per lui è una “sfida” esistenziale che lo forma culturalmente, ma in modo incerto e tardivo; si avvicina infatti alla letteratura con insofferenza e ribellione, costringendosi addirittura ad imparare la lingua italiana. La sua prima tragedia è “Cleopatra” del 1775; poi, nel periodo 1775-1782 compone ben 14 delle 19 tragedie “approvate”; nel ’77 a Firenze ha una relazione con la contessa d’Albany, con cui va a vivere a Roma nell’80. Tra l’83 e l’85 pubblica le sue tragedie; nell’86 si reca a Parigi componendo le ultime tragedie e la “Vita”, ovvero la sua autobiografia. Le ultime opere le compone a Firenze dal 1792; qui muore nell’anno 1803 a 54 anni. 13 opere inedite verranno pubblicate postume.

L’ideologia del letterato~eroe – A. detestava la sua origine piemontese per l’arretratezza culturale e sociale della regione; ma mancando egli di ogni fondamento nella reale società civile del suo paese, il suo desiderio di rottura resta astratto e irrealizzabile. Critica l’Ancient Régime e difende i propri privilegi da intellettuale; infatti si basa su grandi modelli classici e “fuori dal tempo” piuttosto che sulla realtà presente e sull’illuminismo. Ciò è riscontrabile nel suo trattato “Della Tirannide” (1777), che presenta una totale assenza di un confronto col presente. L’universo tragico Alfieriano è fondato su immani conflitti tra individui; dei princìpi illuministici accetta la critica all’autoritarismo ma non l’etica dell’individuazione sociale del soggetto; la lotta tra “io e oppressore” è idealizzata e resa metafisica, non storica. La letteratura sta quindi in antitesi radicale rispetto al potere. Egli fonda inoltre un modello di intellettuale “solitario” e “aristocratico”, proteso a una “virtù” proitettata in modelli atemporali. Questo suo aspetto si trova espresso in Del Principe e delle Lettere (1778-86). È ostile verso la borghesia rivoluzionaria e verso la Francia. L’opposizoine eroica dello scrittore contro la tirannide richiedeva una condizione eterna, che egli mette in scena nelle sue tragedie per “bilanciare” radicalismo aristocratico e tendenze reazionarie.
Rime e altre opere in versi – nella lirica alfieriana è presente una dimensione civile e un autobiografismo; nelle Rime prevalgono forme concentrate ed incisive come il sonetto e l’epigramma. Alla base della sua scrittura c’è il Canzoniere del Petrarca direttamente rivissuto e assimilato. I paesaggi sono carichi di tensioni: la natura appare spesso orrida e minacciosa; A. mira alla rappresentazione del dissidio interiore, non alla sua risoluzione: per questo cerca di rappresentare al meglio la disarmonia, e per questo le sue liriche mostrano una configurazione aperta ed irrisolta. Nel soggetto virtù e difetti si “bruciano” in una prospettiva di moderno soggettivismo laico in cui l’io stesso misura i valori. | Accanto alle Rime le altre composizioni sparse, le Odi e le Satire (in cui A. sperimenta una forma puntata su temi di carattere sociale e polemici).
Teatro e poetica tragica – in tutto 6 commedie e 19 tragedie; nelle 6 comm., è forte il risentimento reazionario e il moralismo di A.; le tragedie invece vengono scritte negli anni “migliori”, in cui A. è più portato alla tetralizzazione e alla radicalizzazione dei suoi conflitti interiori; si pone come sfida di diventare il teorizzatore della nuova tradizione teatrale tragica in Italia (ragione di temperamento). È riscontrabile in A. una tipologia fissa di antinomie elementari (bene/male, ecc…) a cui la tragedia offre grandi possibilità di sviluppo. La sua concezione aristocratica del teatro è indifferente ai gusti del pubblico. Il suo metodo di composizione è “…ideare, stendere, verseggiare…”. La sua poetica, affidata a diversi scritti teorici (cfr. Risposta dell’Autore, 1783) è consapevole e matura; rispetta il modello aristotelico in vista della massima concentrazione drammatica ed espressiva; a quest’ “innalzamento” cooperano anche la metrica e lo stile.
Tragedie – 1775-1788; sono un’espressione totale della personalità alfieriana; le sue tragedie più famose sono: Filippo (:tiranno e virtù eroica), Polinice e Antigone (:affermazione dell’io e debole purezza degli ideali), Agamennone e Oreste (:eroismo e insensatezza); “Tragedie della Libertà”: Virginia (:virtù civili), Congiura de’ Pazzi (:declino dei moderni), Timoleone (:tirannia e libertà), Maria Stuarda (:crudeltà e inesperienza), Ottavia (:fragilità della virtù), Merope (:tirannicidio virtuoso); INFLUENZA NEOCLASSICA: Agide (:dimensione problematica del potere).
IL “SAUL” – 1782, è uno dei capolavori prediletti dall’autore; la fonte è il Libro Dei Re della Bibbia, alfiericamente rielaborato; trama: Saul, re degli ebrei, attende lo scontro, incerto per la mancanza di David, da lui stesso cacciato per infondati sospetti. David ritorna, S. si fida ma poi ritorna a dubitarne; S. fa trucidare i sacerdoti che predicevano David suo successore, lo minaccia quindi di morte ed egli fugge. Riaffida ad Abner il comando con folli piani; perdono la guerra e muore inutilmente con la disfatta. La semplicità dell’opera mira a centralizzare Saul, unico personaggio “problematico”, sospesp tra desiderio di affermazione e bisogno di aiuto; David, Micol (la figlia) e Gionata rappresentano l’obbedienza coatta. David rappresenta inoltre l’oggetto dell’ambivalenza psicologica di S., che trova l’unico confronto risolutivo al suo dissidio completamente interiore con la morte.
LA “MIRRA” – capolavoro tardo (1784) di argomento ovidiano; il tema è l’incesto: Mirra insiste, nonostante la famiglia e il promesso sposo siano disposti ad attendere, a sposarsi, ma si rifiuta nettamente all’ultimo momento; Pereo (il promesso) s’uccide, poi Mirra copre d’infamie la madre e infine, rimasta sola col padre, gli confessa il suo amore e subito dopo si suicida gettandosi sulla spada di lui, consapevole d’essersi macchiata di una terribile infamia. Sia la madre che il padre non osano avvicinarsi poi al cadavere. Anche qui il conflitto è tutto calato all’interno della protagonista. Quest’opera è l’espressione dell’incupirsi ideologico e affettivo di A., sempre più pessimistico e complicato. L’antinomia qui è “innocenza/empietà”, la prima basata sulla menzogna e sulla dissimulazione, la seconda causata dalla confessione della verità. La morte sancisce l’esclusione di Mirra dalla società e conferma la sua consapevolezza.
LA “VITA” – composizione: 1790/morte; risulta divisa in 2 parti: 1^ - dalla nascita al 1790, suddivisa in 4 epoche (Puerizia, Adolescenza, Giovinezza, Virilità); 2^ - incompiuta, dal 1790, come prolungamento della 4^ epoca. Il tema centrale è la conversione letteraria dell’autore, che dopo la giovinezza scopre la sua “vocazione” tragica; c’è poi quello dell’esaltazione della letteratura e del rapporto preromantico col paesaggio naturale, vissuto appassionatamente, con trasporto. La scrittura è agile e scorrevole ma anche impostata letterariamente. Lo stile persegue l’obiettivo di rendere un modello sublime i fatti narrati, che però cerca di rendere “familiari”.
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