Rissunto VI cap. Promessi Sposi

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

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Testo

VI CAPITOLO
Don Rodrigo, piantatosi in piedi nel mezzo della sala, chiese a Padre Cristoforo in che cosa potesse servirlo; ma il tono, voleva dir chiaramente, bada a chi sei davanti, pesa le parole e sbrigati. Fu appunto questo tono che diede coraggio a Padre Cristoforo e gli fece venir sulle labbra più parole del necessario. Temperò le frasi e disse che era giunto per compiere un atto di giustizia, poiché certi uomini di male affare avevano messo innanzi il nome di Don Rodrigo per far paura a un povero curato a soverchiare due innocenti. Don Rodrigo lo interruppe con arroganza, ma Padre Cristoforo lo esortò a non ostinarsi a negare una giustizia così facile, per non doversi un giorno pentire di non aver ascoltato la parola di un ministro di Dio. Allora Don Rodrigo ribatté con insolenza che aveva capito che una fanciulla gli stava molto a cuore, e poiché il padre credeva che egli potesse far molto per lei, lo consigliò di metterla sotto la sua protezione. A questa proposta, l’indignazione del frate, traboccò e piantando in faccia i suoi due occhi infiammati, gli rispose che quella fanciulla era sotto la protezione di Dio, e che aveva compassione di quella casa, sulla quale era sospesa la maledizione. “Verrà un giorno in cui”. Don Rodrigo allora, afferrò quella mano minacciosa e gridò “Escimi di tra i piedi, villano, temerario, poltrone incappucciato” e il padre chinò il capo e se n’andò, vedendo, dopo aver chiuso l’uscio, il vecchio servitore, il quale era rimasto nella casa del nuovo padrone perché aveva un’alta opinione della dignità della casa e una gran pratica del cerimoniale. Padre Cristoforo passando lo salutò e il vecchio gli si accostò misteriosamente e gli disse che l’indomani si sarebbe recato al convento per riferirgli tutto ciò che avesse scoperto. Uscito fuori, respirò più liberamente e voltate le spalle a quella casaccia se n’andò. Intanto alla casetta di Lucia, Agnese aveva esposto un suo progetto. Essa sapeva che per fare un matrimonio ci voleva bensì un curato, ma non è necessario che voglia, basta che ci sia. Occorrevano due testimoni, si andava dal curato in modo da acchiapparlo all’improvviso, e non abbia il tempo di scappare; l’uomo diceva: signor curato questa è mia moglie, e la donna questo è mio marito. Se il curato sentiva, se i testimoni sentivano, il matrimonio era fatto. Renzo accettò, ma Lucia non ne fu molto convinta. Renzo uscì in fretta per procurarsi i due testimoni. Andò alla casetta di un certo Tonio, e lo trovò in cucina, che dimenava una piccola polenta. La madre, un fratello, la moglie, erano a tavola, mentre tre o quattro ragazzetti stavano aspettando che venisse il momento di scodellare. Renzo invitò Tonio ad andare a mangiare all’osteria e gli propose di pagargli un debito di venticinque lire che egli aveva con Don Abbondio, che gli ricordava ciò tutte le volte che lo vedeva. Tonio accettò perché così poteva riavere la collana d’oro della moglie. Usciti dall’osteria, Tonio pensava la fandonia che avrebbe raccontato, Agnese pensava a Perpetua, mentre Lucia non ne voleva sentir parlare. Mentre la disputa continuava arrivò Fra Cristoforo.

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