Recensioni della trilogia di Calvino

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura

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Testo

Recensione trilogia de
I Nostri Antenati
di Italo Calvino
“Il Visconte Dimezzato”
“Il Barone Rampante”
“Il Cavaliere Inesistente”
La Vita e le Opere dell’Autore
Italo Calvino nacque il 15 ottobre 1923 a Santiago de Las Vegas, nell’isola di Cuba, dove il padre dirigeva una stazione sperimentale di agricoltura e una scuola di agraria. Due anni dopo la famiglia si trasferì in Italia, a Sanremo. Dai genitori lo scrittore derivò un grande interesse per le scienze. Nel 1941 Calvino si iscrisse alla Facoltà di Agraria di Torino.
Dopo aver passato l’infanzia e l’adolescenza a Sanremo, a vent’anni aderì alla Resistenza combattendo nelle Brigate di Garibaldi, sui monti liguri. Questa esperienza significò per lui la certezza che, il corso progressivo della storia italiana fosse cominciato e che nuovi compiti attendessero ogni uomo di cultura. Nel 1945 si stabilì a Torino. Si iscrisse alla Facoltà di Lettere, laureandosi nel 1947.
Entrato i contatto con la casa editrice torinese Einaudi, conobbe scrittori e intellettuali come Elio Vittorini e Cesare Pavese. Fu proprio quest’ultimo ad incoraggiarlo a scrivere la sua prima opera: “Il Sentiero dei Nidi di Ragno”, che pubblicò nel 1947, trasformando l’esperienza partigiana ed interpretandola in chiave poetica sino a renderla una favola naturale, superando i modi del verismo.
Così nei racconti di guerra partigiana di “Ultimo Viene il Corvo”, pubblicato nel 1949, i motivi realistici e fantastici si fondono a rendere innocenti la crudeltà della vita, a scoprire poeticamente l’istintiva volontà di giustizia e di libertà che è nell’uomo.
Nello stesso anno Calvino iniziava la composizione di una serie di racconti realistici, pubblicati nel 1958 con il titolo “gli amori difficili”, incentrati su storie di vita quotidiana filtrate dal velo dell’ironia.
Nel corso degli anni cinquanta lo scrittore si impose all’attenzione del pubblico e della critica con una serie di libri, a partire da “Il visconte dimezzato” (1952) che, con “Il barone rampante” (1957) e “Il cavaliere inesistente” (1959), costituisce la trilogia de “ I Nostri Antenati” (1960).
Nel 1955, per circa un anno, Calvino si dedicò alla realizzazione della raccolta di duecento favole, recuperate dalla tradizione popolare con finissima intelligenza nelle “Fiabe Italiane”, pubblicate nel 1956: questo lavoro gli ispirò la continuazione del filone fantastico.
I racconti de” L’entrata in guerra, (1959) nascono dalla memoria dei sentimenti dell’infanzia.
Nello stesso anno uscì a Torino il primo numero de “Il Menabò”, un periodico con caratteri di rivista e di collana letteraria insieme. Il fondatore, Elio Vittorini, volle Calvino come condirettore.
Nel 1963 Calvino pubblicò nella collana “Libri per Ragazzi” favole ironico - malinconiche che sembrano volere sfiorare la realtà piuttosto che penetrarla, come il “Marcovaldo” (1963) e la “giornata di uno scrutatore” (1963).
Conosciuta Esther Judith Singer, argentina e interprete di professione, lo scrittore la sposò nel 1964, stabilendosi a Parigi. Maturò poi due raccolte di racconti strettamente collegati: “Le cosmicomiche” (1965) e “Ti con zero” (1967).
Scaturirono da qui gli studi di semiologia e le sperimentazioni linguistiche che diedero vita a “Le città invisibili” (1972) e al “Castello dei destini incrociati” (1973), opere in cui lo scrittore applica abilissimi e interessanti meccanismi narrativi. Prodotto di una letteratura che studia se stessa è anche “Se una notte d’inverno un viaggiatore” (1979), in un gioco di colloqui tra autore e lettore. Nel 1980 Calvino tornò in Italia per stabilirsi a Roma e iniziò a collaborare con il “Corriere della Sera” e con “ La Repubblica”. Nel 1983 pubblicò “Palomar”. L’anno successivo accettò l’offerta dell’editore Garzanti e curò la raccolta di articoli “Collezioni di sabbia”.
Colpito da un’emorragia cerebrale a Castiglione della Pescaia, terminò la sua vita a Siena, nel settembre del 1985.
Il Visconte dimezzato
Sintesi
In Boemia a fianco dei cristiani si arruola il Visconte Medardo di Terralba per combattere contro i Turchi, ma in seguito ad una cannonata il Visconte è colpito e dimezzato in parte destra e sinistra.
Fortunatamente i medici riescono a salvare entrambi, ma separatamente. La parte destra detta il Gramo, la sinistra, il buono; infatti, mentre il Gramo semina terrore fra la sua gente, il Buono cerca sempre di aiutarla. Entrambi si innamorano della stessa contadina Pamela e lei decide di sposarli entrambi, ma il Gramo non è d’accordo e sfida il suo rivale in un duello, nello stesso, i due si feriscono proprio dove erano stati dimezzati e il dott. Trelawney li riunisce con delle bende riuscendo a far tornare il Visconte ciò che era prima, così Pamela ebbe il suo sposo “con tutti gli attributi”.
Personaggi
I personaggi principali sono: il Visconte Medardo, protagonista di tutta la storia, colui che nella prima giovinezza non distingue il bene dal male, infatti, decide di arruolarsi per compiacere certi Duchi suoi vicini impegnati in quella guerra; il nipote del Visconte, del quale non si conosce il nome, è odiato dal Gramo che più volte tenta di uccidere, è anche il narratore della favola.
La vecchia Sebastiana, che aveva dato il latte a tutti i giovani della famiglia Terralba, fu mandata a Pratofungo nel paese dei lebbrosi dal Gramo, fortuna che non prese la lebbra grazie ad un infuso da lei preparato; il dott. Trelawney era un inglese naufragato a Terralba a cavallo di una botte, non si preoccupava mai dei malati, ma solo di fare scoperte scientifiche per campi e boschi senza mai combinare niente di buono; meno male che alla fine del racconto si ricorda di essere un medico e riporta il Gramo e il Buono alla sua vera natura; e Pamela, personaggio della quale il Visconte dimezzato si innamora, ci è presentata più come bambina, che ancora gioca con i suoi animaletti di campagna, che come giovane donna, matura per maritarsi.
I personaggi secondari e poco menzionati, solo per il semplice intreccio narrativo sono:il padre di Medardo, Visconte Aiolfo; lo scudiero Curzio che accompagna il Visconte Medardo in guerra, Esaù amico del narratore; i genitori di Pamela e Mastro Pietrochiodo, colui che costruiva le forche che il Gramo gli ordinava.
Commento
Il racconto, tratta, in modo fantastico, ma verosimile la natura umana divisa a metà tra bene e male, tra vero e falso, buono e cattivo, ma possiamo anche notare che se il Gramo è rifiutato per le sue ingiustizie, anche il Buono perde la sua credibilità per la troppa bontà: salva il Gramo dalla congiura, vuole prendersi cura elle anime e dei corpi dei lebbrosi e per questo loro non lo potevano “soffrire”, cercava di far diminuire i prezzi della farina rovinando il commercio agli Ugonotti. Da ciò si desume che l’uomo ha bisogno della sua completa natura per star bene con gli altri e con se stesso, cercando di avere una personalità equilibrata.
La favola irreale e fantastica presenta due uomini tagliati a metà che si comportano come la società di oggi:una società malata e una apparentemente sana, la cattiveria rivolta verso i propri cari e propri averi e la Bontà che cerca di riparare a tutti i mali; io, invece, dico che se ognuno di noi potesse uscire dall’ignoranza, dall’egoismo, dalla possessività ed avere un’immagine più umile e tollerante di sé e degli altri, forse a nessuno verrebbe in mente di disegnare un mostro diviso in due.

Il Barone Rampante
Sintesi
Biagio, il narratore, ripercorre la vita del fratello Cosimo Piovasco di Rondò, figlio del barone Arminio e della generalessa Von Kuertewitz, che il 15 giugno del 1767 dopo essersi rifiutato di mangiare un piatto di lumache cucinato dalla sorella Battista, ha un’ennesima ma civile discussione col padre e per questo decide di lasciare la famiglia per vivere per sempre sull’elce del loro giardino. A parte il fatto di vivere sugli alberi senza mai scendervi, Cosimo è una persona normale; all’epoca dei fatti ha solo 12 anni e come tutti i bambini fa le sue amicizie: con i ladruncoli di frutta, con Violante (chiamata anche Viola), vicina di casa per la quale nutre una particolare simpatia. Prosegue i suoi studi con l’abate Fauchelafleur, legge moltissimi libri, studia le piante e gli animali, scambia opinioni con contadini, carbonai e passanti; tutti lo salutano cordialmente, raggiungendo la fama persino in Europa, aveva persino scoperto traffici illeciti dei pirati e salvato i boschi dagli incendi costruendo egli stesso opere antincendio. Ha avuto le sue esperienze amorose: la prima è con una spagnola di nome Ursula; poi si diceva che avesse avuto molti figli dalle ragazze del paese ombrosino, ma la storia più importante la vive con Viola poiché si amano fino alla gelosia ma che in seguito perde per la sua ostinata volontà di rimanere per sempre sugli alberi. Dopo la partenza di Violante, Cosimo ha anche dei ruoli politici facendo parte di alcune assemblee, ma presiedute sempre sugli alberi, ha persino l’onore di conoscere l’Imperatore Napoleone, anche se a Cosimo non interessa molto. Sul punto di morire all’età di 65 anni, Cosimo con la forza della volontà riesce ad attaccarsi all’ancora di una mongolfiera che stava passando di là e svanisce verso il mare…
Personaggi
I personaggi principali sono: Cosimo, protagonista del racconto (e quindi la narrazione si concentra su di lui); la sua famiglia che è rappresentata come era nello stile di vita dell’epoca settecentesca: il padre autoritario, la madre che aveva uno stile militare ereditato dai suoi e quindi di rigide maniere; la sorella dispettosa; il fratello minore che è anche il narratore ed ha un attaccamento particolare per Cosimo, è posato e pieno di buon senso; lo zio Cavalier Avocato Enea Carrega fratello del padre, che sotto quell’apparenza sottomessa se ne infischia di tutto e di tutti e sembra sordomuto e timido; la ragazza più importante per Cosimo, Violante detta Viola o chiamata Sinforosa dai ladruncoli di frutta. Tra i personaggi secondari c’è il cane di Violante poi divenuto di Cosimo, Ottimo Massimo che ha un ruolo importante nell’intreccio amoroso tra Cosimo e Violante.
Commento
L’inizio del racconto ci presenta il contrasto tra padre e figlio, tanto comune anche nelle nostre famiglie, contrasto peraltro combattuto con parole molto civili, il quale si placa con l’allontanamento di Cosimo facendo sì che padre e madre accettino in qualche modo il suo volere. Infatti in seguito il padre gli lascia la sua spada in segno di riconciliazione rassegnandosi ormai al fatto che anche suo figlio può e deve andare per la sua strada.
Nel Barone Rampante troviamo la realizzazione della pienezza umana, cosa che manca nel Visconte dimezzato; lui si sottopone ad un ardua disciplina volontaria e accomuna quasi tutti i personaggi nell’essere dei solitari, ognuno con una maniera sbagliata di esserlo, ma proclamando un approccio alla libertà, una libertà gioiosa nonostante le difficoltà che comporta vivere sugli alberi, ma è grazie alla condizione di vedere le cose dall’alto, che lui ha una partecipazione più attiva agli eventi che lo circondano. Nonostante sia stato scritto alla fine degli anni 50, sembra ancora molto attuale il messaggio dell’autore; i difficili rapporti tra vecchie e nuove generazioni forse oggi più di allora poiché le famiglie sono meno unite per motivi di lavoro, per le tante separazioni o per eccesso di egoismo a spese dei figli sempre più soli. Fortunatamente Cosimo poteva camminare sugli alberi e respirare aria sana, forse oggi camminerebbe sui tetti e si arrampicherebbe sulle ciminiere delle nostre fabbriche.
Quello che non mi piace e non riesco a capire è la testardaggine di Cosimo nel voler continuare quella assurda situazione rinunciando persino agli affetti dei suoi cari compreso l’amore di Violante che ha cercato in tutti i modi di fargli cambiare idea: persino in punto di morte ha voluto farsi curare sugli alberi facendo salire i medici. “Ormai hai dimostrato quello che volevi dimostrare” gli dice il fratello Biagio. In questo pecca di un esagerato egoismo.
Il Cavaliere inesistente
Sintesi
Il racconto narrato da Suor Teodora, è ambientato nella Francia medioevale di Carlo Magno e racconta alcune imprese dei suoi paladini, tra questi c’è Agilulfo impersonato solo dalla sua corazza lucida e bianca, in segno di soldato modello che combatte con la sola forza della volontà e la fede nella Santa causa senza il bisogno di un vero corpo. Agilulfo, il cavaliere inesistente appunto, rimane estraneo agli alti paladini, affiancato da altri personaggi singolari come Gurdulù e Rambaldo ai quali cerca sempre di far loro notare sbagli e inefficienze, infatti, per il suo ossessivo comportamento di ordine e perfezione resta antipatico a tutti. Dopo l’assedio di Parigi, Agilulfo decide di ritrovare Sofronia, la ragazza che credeva vergine e che aveva salvato da due briganti e per la quale salvandola aveva ricevuto gli onori e i titoli: infatti, un tale Torrismondo asseriva che Sofronia di Scozia legata ai Cornovaglia fosse sua madre e quindi il Cavaliere inesistente non avrebbe potuto avere i titoli conseguiti e così il cavaliere si toglie la vita, togliendosi la corazza e Rambaldo avendola ritrovata se ne impossessa prendendo il suo posto anche nel cuore di Bradamante.
Personaggi
I personaggi principali sono: Carlo Magno, vecchio e stanco che dava la carica ai suoi paladini prima di cominciare una battaglia che sapevano di aver vinto prima di farla, un Re pasticcione ma comunque saggio e comprensivo; Agilulfo, il protagonista della storia, così preciso e pignolo nelle sue cose, da fare invidia quanto antipatia, determinato, volenteroso, rappresenta l’inesistenza munita di volontà e coscienza ma forse anche l’egoismo di voler essere sempre il migliore, tanto da suicidarsi per aver preso il titolo di Cavaliere senza merito, tra l’altro senza sapere la verità dei fatti; il vero protagonista della storia, colui che non sa se c’è o non c’è (di questo Bradamante ha il suo merito) è Rambaldo di Rossiglione, baccelliere del fu Marchese Gherardo, che si era arruolato per vendicare suo padre morto da eroe sotto le mura di Siviglia per mano di Isoarre, un argalif, che poi in battaglia muore cadendo su di una lancia, ma non per mano di Rambaldo; Torrismndo, colui che mette in discussione l’onore di Agilulfo, lanciando la supposizione che la donna da lui salvata quindici anni prima, Sofronia, non poteva essere vergine perché era sua madre, rivelatasi in seguito figlia del Re di Scozia e Torrismondo figlio della Regina di Scozia, ma entrambi da relazioni clandestine; Bradamante (Suor Teodora) prende parte per due ruoli, Bradamante che partecipa attivamente ai fatti ed è innamorata del Cavaliere Inesistente proprio per la sua perfezione, Suor Teodora, la narratrice, religiosa nell’ordine di San Colombano scrive dal convento per aver ricevuto l’incarico di scrittrice, desumendo il tutto da vecchie carte e chiacchiere sentite qua e là. Colei che cerca il diverso da sé, quindi il non essere.
Commento
Il Cavaliere Inesistente è un personaggio senza volto e senza corpo, l’unica cosa visibile è la sua corazza che contiene però un’anima, quella di Agilulfo che solo “con la forza di volontà e la fede nella santa causa” presta servizio al Re Carlo Magno.
Il racconto affronta il tema dell’essere e del non essere, di questo è emblematico lo scudo che ne porta lo stemma, un disegno grande che ne contiene altri fino a non vederne più uno, segno dell’apparire e dello svenire, è la ricerca di una perfezione che mai si potrà raggiungere.
In questo racconto sono stati presentati personaggi molto vicino alla nostra maniera di vivere forse oggi più di quando è stato scritto il messaggio: all’epoca c’era un disagio esistenziale ancora palpabile dell’effetto della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia si affacciava ai dieci Paesi più industrializzati, il famoso boom economico, perciò mi sembra piuttosto normale la voglia di emergere e di apparire, ma oggi nell’era del consumismo, dove abbiamo tutto a portata di mano, dove in poco tempo siamo dall’altra parte del mondo, siamo ancora alla ricerca dell’essere? La televisione, Internet, la radio, il cellulare…ne sono testimoni. In tutti i modi, in tutte le maniere l’essere umano vuole apparire, ma pensandoci bene la storia è piena di testimonianze, quindi secondo me anche questo è nella natura umana.
Cosa hanno in comune i tre racconti
Il tempo delle storie dei tre racconti è collocato al passato con pochissime anticipazioni; il narratore, infatti sta raccontando i fatti di quando lui era un bambino, sia nel “Visconte Dimezzato”, che nel “Barone Rampante”, utilizzando il periodo storico della Guerra Austro-Turca a fine ‘600 nel primo, e il periodo della Rivoluzione Francese nel secondo; diverso è invece il narratore nel “Cavaliere Inesistente” (Suor Teodora) e utilizza il periodo medioevale di Carlo Magno e i suoi paladini.
Il narratore è interno ai racconti e partecipa agli eventi. Il suo ruolo nelle vicende è solo convenzionale nell’intreccio narrativo come in altri personaggi. Conosce tutte le vicende dei fatti, i luoghi, i pensieri e le storie di ogni personaggio ed è in grado di esporre gli eventi poiché la storia è accaduta nel suo passato. I racconti sono narrati con una serie di eventi collegati tra loro, con una ricostruzione ironica e illogica, narrando anche i fatti realmente accaduti, ma rappresentanti in altre vesti. Sono citati anche personaggi reali che interferiscono con i personaggi dei racconti. Questi hanno in comune il fatto di essere inverosimili e di svolgersi in epoche lontane ed in Paesi immaginari. Date queste caratteristiche comuni, nonostante altre caratteristiche non omogenee, si pensa che costituiscano come un “ciclo compiuto”.
Calvino ha voluto farne una trilogia di esperienze su come realizzarsi esseri umani: nel “Cavaliere Inesistente” la conquista dell’essere, nel “Visconte Dimezzato” l’aspirazione ad una completezza aldilà delle mutilazioni imposte dalla società, nel “Barone Rampante” una via verso una completezza non individualistica da raggiungere attraverso la fedeltà e un’autodeterminazione individuale: tre gradi d’approccio alla libertà, visti come un albero genealogico degli antenati dell’uomo contemporaneo, in cui ognuno nasconde qualche tratto delle persone che ci sono intorno.

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